sabato 17 dicembre 2016

Le Nozze di Cana


A CANA DI GALILEA
(Giovanni 2,5)

Per compiere la missione, affidatagli dal Padre,
vedesti uscire dalla casa di Nazareth
il Figlio Tuo Gesù, Maria,
per non fare più ritorno tra le tue mura.
Lo chiameranno il Nazareno,
ma non sarà più con te,
nella tua casa, nel tuo villaggio.
Lo rincorrerai, di nascosto, seguendo i suoi passi,
anche lungo il suo cammino verso il Calvario,
facendo tua la sua croce, per compiere
la tua silenziosa opera di corredentrice,
solidale con la sua missione.
Lo hai ritrovato in Cana di Galilea,
assieme a quelli che Lui ha raccolto attorno a sé,
senza gelosia alcuna,
per seguirlo e prolungare la sua missione,
dopo che sarà salito al Padre.
Hai accolto la Parola di Dio,
e nel tuo grembo il Verbo si è fatto carne,
e ora contempli, nel Figlio,
l’esserti totalmente consacrata
al compiersi del suo volere:
appartenere totalmente, nel disegno del Padre,
all’umanità da redimere,
non più a te stessa e nemmeno al Figlio.
A una nuova famiglia, universale,
hai visto ormai appartenere il Tuo Figlio: 

“Mia madre e i miei fratelli sono
coloro che ascoltano la Parola di Dio
e la mettono in pratica”.
Una famiglia costituita da uomini
attratti dall'autorità divina della Sua Parola,
postisi alla sua sequela per costituire
quella nuova famiglia universale,
senza confini, che è la Chiesa,
forgiata dal Tuo Figlio
e generata dallo Spirito Santo nel Cenacolo,
il luogo cruciale della missione del Tuo Figlio,
che ha visto te presiedere,
quale Madre di tutti i redenti
dal sangue del Tuo Figlio, la Chiesa nascente.
Il Figlio è uscito dalla tua casa,
dalla famiglia di cui ne faceva parte,
secondo la carne, per concedersi
familiare ad ogni uomo,
che con cuore puro e retta coscienza
avrebbe aderito all'annunzio evangelico del Regno,
facendone parte mediante la Chiesa,
posta sul fondamento degli apostoli,
chiamati dal Tuo Figlio,
per costituire il nuovo popolo di Dio,
per mezzo del dono dello Spirito.
Comunità di credenti nel nome del Figlio Tuo
estesa a tutte le genti,
nel riecheggiare l’annunzio del regno,
nelle parabole della vigna e dei vignaioli,
a tutti i chiamati, anche all'ultima ora ,
per ricevere dal Padre la stessa ricompensa.
Sapevi bene che non poteva
compiutamente appartenerti,
perché aveva da compiere la missione
che il Padre gli ha affidato.
Come è avvenuto per te che,
mentre stavi per congiungerti a Giuseppe,
sei stata chiamata da Dio Padre,
per essere colei che ci avrebbe
dato vita all'Emanuele, il Dio-con-noi.
Già nel Tempio di Gerusalemme
il tuo Gesù aveva affermato deciso: 


“Non sapevate che io devo occuparmi
delle cose che riguardano il Padre mio” ?

Presagio di quando avrebbe abbandonato la tua casa.
Una diversa contiguità
avresti vissuto con il Tuo Figlio,
cresciuto in 

"sapienza, età e grazia
presso Dio e presso gli uomini",

nell'obbedienza a te, nella condivisa dimora.
Una diversa contiguità con il Tuo Figlio
è esplosa alle nozze di Cana,
quasi a configurare il nuovo rapporto
tra la Madre del Signore Dio e il Figlio di Dio,
mandato ad attendere alla salvezza degli uomini.
Tu, sempre silenziosa,
perché nel tuo cuore serbavi
ogni movenza del Tuo Figlio,
mentre ogni parola che proferivi
era sola sapienza, che proveniva
dalla comunione con il Padre.
Sei stata attenta alle persone,
ad ogni persona, ad ogni umana situazione.
Nulla è sfuggito, nel gioioso trambusto dell’evento sponsale,
alla tua sensibilità e premura materna,
per condividere la gioia degli sposi.
Solo tu hai visto che quella gioia sponsale
potesse essere spezzata dalla mancanza di vino,
di quel 



“vino che allieta 
il cuore degli uomini”,
come affermavano gli antichi, e confermato dal salmista.
Hai imposto al Tuo Figlio
di dimostrarsi obbediente alla Madre,
nell'essere soccorritrice di ogni vivente
nelle contingenti avversità,
come nelle gioie da conservare.
Il Vangelo ci dice che conservavi
nel tuo cuore ogni cosa,
anche l’obbedienza di Tuo Figlio
nel tempo dell’infanzia e dell’adolescenza.
La stessa che gli hai imposto da adulto
e nel mezzo della missione tra i suoi discepoli,.
La costatazione fatta a Lui,
che era venuto meno il vino,
era il desiderio e la tua volontà di madre
che Lui dovesse provvedere, assecondandoti.
Hai voluto ed espresso, in Cana,
che saldo rimanesse il rapporto con il Figlio Tuo,
pur conscia della missione
che il Padre gli ha dato di compiere
e conscia ancora di non avere su di Lui
alcuna potestà se non quella di attendere, come Lui,
a salvare ogni uomo e in ogni circostanza.
Nella tua sensibilità di donna e di madre,
in Cana ti sei rivelata attenta alle condizioni dell’uomo.
A noi comuni mortali, attestati alle esteriori forme
e manifestazioni eclatanti,
avremmo voluto che il Tuo Figlio avesse dispiegato
la potenza divina in Lui,
risuscitando un qualunque altro Lazzaro
e non quanto avvenuto a una festa sponsale,
a motivo della mancanza di vino.
“Donna, che vuoi da me?
Non è ancora giunta la mia ora

Tu, invece, hai fatto sì che tutto avvenisse
nel silenzio del tuo cuore premuroso e sensibile di Madre,
per condividere con il Tuo Figlio la gioia degli sposi,
e perché la stessa non venisse meno.
E Tuo Figlio, prima riluttante,
ha conservato l’ossequio e l’amore verso Sua Madre.
E nel:
“Fate tutto quello che egli vi dirà”
ai servi, non solo hai disposto che compisse
il primo segno della sua potenza divina,
tramutando l’acqua in vino, quanto hai indicato a tutti noi
di ascoltare il Verbo che si è incarnato nel Tuo seno:
“Fate tutto quello che egli vi dirà”,
lo hai detto ai servi e lo dici oggi a noi tutti,
alla tua Santa Chiesa,
a modo di come l’hai proiettata nel Cenacolo,
mandando gli apostoli per il mondo, a evangelizzare le genti,.
A fare e dire quanto in testamento ci ha lasciato,
nella fedeltà al suo nome.
Tu, nascosta nella tua umiltà, non hai voluto apparire
soltanto la mediatrice del primo segno
della potenza divina del Tuo Figlio,
ma hai umanamente voluto
che la gioia degli sposi non fosse smorzata,
quasi a voler nascostamente benedire
la loro felicità sponsale,
lieta, come madre di ogni uomo,
nel vedere non interrotta
la gioia degli sposi
invitati al loro convito nuziale.
Da te abbiamo appreso
del gioire con chi è nella gioia
e soffrire, con chi è nella sofferenza
come hai fatto lungo il Golgota,
quale Madre del Tuo Figlio e di ogni uomo.
In questo mondo ove ognuno
tende quasi solo ad appartenersi,
donaci la tua sensibilità,
per condividere
la condizione e la sorte di ogni uomo.

lunedì 12 dicembre 2016

Beata Maria Vergine di Guadalupe



La Madonna di Guadalupe
12 dicembre
Memoria Facoltativa 


L'apparizione, il 9 dicembre 1531, della "Morenita" all'indio Juan Diego, a Guadalupe, in Messico, è un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. 
L'evento guadalupano fu un caso di “inculturazione” miracolosa: meditare su questo evento significa oggi porsi alla scuola di Maria, maestra di umanità e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l'immagine misteriosa sulla tilma del veggente messicano, che la Chiesa ha di recente proclamato santo.

Martirologio Romano: Beata Maria Vergine di Guadalupe in Messico, il cui materno aiuto il popolo dei fedeli implora umilmente numeroso sul colle Tepeyac vicino a Città del Messico, dove ella apparve, salutandola con fiducia come stella dell’evangelizzazione dei popoli e sostegno degli indigeni e dei poveri.

Con gli oltre venti milioni di pellegrini che lo visitano ogni anno, il santuario di Nostra Signora di Guadalupe, in Messico, e’ il più frequentato e amato di tutto il Centro e Sud America. Sono pellegrini di ogni razza e d'ogni condizione - uomini, donne, bambini, giovani e anziani - che vi giungono dalle zone limitrofe alla capitale o dai centri più lontani, a piedi o in bicicletta, dopo ore o, più spesso, giorni di cammino e di preghiera.
L’apparizione, nel XVI secolo, della “Virgen Morena” all'indio Juan Diego e’ un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. La basilica ove attualmente si conserva l'immagine miracolosa e’ stata inaugurata nel 1976. Tre anni dopo e’ stata visitata dal papa Giovanni Paolo II, che dal balcone della facciata su cui sono scritte in caratteri d'oro le parole della Madonna a Juan Diego: “No estoy yo aqui que soy tu Madre?”, ha salutato le molte migliaia di messicani confluiti al Tepeyac; nello stesso luogo, nel 1990, ha proclamato beato il veggente Juan Diego, che e’ stato infine dichiarato santo nel 2002. 

Che cosa era accaduto in quel lontano secolo XVI in Messico? Con lo sbarco degli spagnoli nelle terre del continente latino-americano aveva avuto inizio la lunga agonia di un popolo che aveva raggiunto un altissimo grado di progresso sociale e religioso. Il 13 agosto 1521 aveva segnato il tramonto di questa civiltà, quando Tenochtitlan, la superba capitale del mondo atzeco, fu saccheggiata e distrutta. L’immane tragedia che ha accompagnato la conquista del Messico da parte degli spagnoli, sancisce per un verso la completa caduta del regno degli aztechi e per l’altro l’affacciarsi di una nuova cultura e civiltà originata dalla mescolanza tra vincitori e vinti. E’ in questo contesto che, dieci anni dopo, va collocata l’apparizione della Madonna a un povero indio di nome Juan Diego, nei pressi di Città del Messico. La mattina del 9 dicembre 1531, mentre sta attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la citta’, l’indio e’ attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama per nome con tenerezza. La Signora gli dice di essere "la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio" e gli ordina di recarsi dal vescovo a riferirgli che desidera le si eriga un tempio ai piedi del colle. Juan Diego corre subito dal vescovo, ma non viene creduto.
Tornando a casa la sera, incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli, dichiarandosene indegno. La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo, che, dopo avergli rivolto molte domande sul luogo e sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno. La Vergine promette di darglielo l’indomani. Ma il giorno seguente Juan Diego non puo’ tornare: un suo zio, Juan Bernardino, è gravemente ammalato e lui viene inviato di buon mattino a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi il moribondo; giunto in vista del Tepeyac decide percio’ di cambiare strada per evitare l’incontro con la Signora. Ma la Signora è la’, davanti a lui, e gli domanda il perche’ di tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le chiede perdono per non poter compiere l’incarico affidatogli presso il vescovo, a causa della malattia mortale dello zio. La Signora lo rassicura, suo zio e’ gia’ guarito, e lo invita a salire sulla sommita’ del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova sulla cima del colle dei bellissimi "fiori di Castiglia": è il 12 dicembre, il solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora vigente, e né la stagione nè il luogo, una desolata pietraia, sono adatti alla crescita di fiori del genere. Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porta alla Vergine, la quale pero’ gli ordina di presentarli al vescovo come prova della verita’ delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e giunto al cospetto del presule, apre il suo mantello e all’istante sulla tilma si imprime e rende manifesta alla vista di tutti l’immagine della S. Vergine. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti. 

La mattina dopo Juan Diego accompagna il presule al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la Madonna ha chiesto le sia innalzato un tempio. Nel frattempo l’immagine, collocata nella cattedrale, diventa presto oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni. La Dolce Signora che si manifesto’ sul Tepeyac non vi apparve come una straniera. Ella infatti si presenta come una meticcia o morenita, indossa una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, che nella cultura india denotavano le donne incinte. E’ una Madonna dal volto nobile, di colore bruno, mani giunte, vestito roseo, bordato di fiori. Un manto azzurro mare, trapuntato di stelle dorate, copre il suo capo e le scende fino ai piedi, che poggiano sulla luna. Alle sue spalle il sole risplende sul fondo con i suoi cento raggi. L'attenzione si concentra tutta sulla straordinaria e bellissima icona guadalupana, rimasta inspiegabilmente intatta nonostante il trascorrere dei secoli: questa immagine, che non e’ una pittura, nè un disegno, nè e’ fatta da mani umane, suscita la devozione dei fedeli di ogni parte del mondo e pone non pochi interrogativi alla scienza, un po’ come succede ormai da anni col mistero della Sacra Sindone.
La scoperta piu’ sconvolgente al riguardo e’ quella fatta, con l’ausilio di sofisticate apparecchiature elettroniche, da una commissione di scienziati, che ha evidenziato la presenza di un gruppo di 13 persone riflesse nelle pupille della S. Vergine: sarebbero lo stesso Juan Diego, con il vescovo e altri ignoti personaggi, presenti quel giorno al prodigioso evento in casa del presule. Un vero rompicapo per gli studiosi, un fenomeno scientificamente inspiegabile, che rivela l’origine miracolosa dell’immagine e comunica al mondo intero un grande messaggio di speranza. Nostra Signora di Guadalupe, che appare a Juan Diego in piedi, vestita di sole, non solo gli annuncia che e’ nostra madre spirituale, ma lo invita – come invita ciascuno di noi - ad aprire il proprio cuore all'opera di Cristo che ci ama e ci salva. Meditare oggi sull'evento guadalupano, un caso di “inculturazione” miracolosa, significa porsi alla scuola di Maria, maestra di umanità e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l'immagine misteriosa sulla tilma del veggente messicano, che la Chiesa ha recentemente proclamato santo (tratto dal sito Santi e Beati, di Maria Di Lorenzo).








domenica 11 dicembre 2016

Madre di Dio di Kazan' - Sec. XIX (Odigitria)


La Madonna di Kazan'

La Madonna di Kazan' è un'immagine di Maria, madre di Gesù, che prende il nome dalla città di Kazan', nel XVI secolo capitale del Khanato di Kazan' che fu conquistata nel 1552 da Ivan il Terribile durante la sua spedizione contro i Tatari.
Divenne ben presto l'icona mariana più venerata in Russia nel tardo Medioevo. Era considerata la protettrice della famiglia: veniva donata agli sposi subito dopo la cerimonia nuziale e collocata nella carrozza che conduce gli sposi verso la loro nuova casa. Secondo la tradizione, l'icona doveva entrare per prima nella casa, come Signora del focolare domestico.

Dal punto di vista iconografico, è una variante della Madonna Odigitria, in cui

  • Cristo è raffigurato in piedi, in posizione eretta, 
  • con la mano destra benedicente, 
  • mentre la sinistra è nascosta dalle pieghe dell'abito. 
  • La Madre di Dio (Theotókos) è raffigurata fino alle spalle, 
  • con il capo leggermente reclinato verso il Bambino in un gesto di tenerezza (secondo il tipo iconografico della Tenerezza o Eleousa). 
  • Le mani della Madre di Dio restano invisibili. 
L'icona è dipinta su una tavola di tiglio di cm 31,5 x 26,1 e presenta evidenti tracce di cera colata attribuibili all'originale uso liturgico e cultuale; l'autore doveva essere un maestro provinciale; la pittura è autentica e testimonia che l’Icona è stata dipinta per venire ricoperta da un rivestimento metallico (riza); lungo i bordi si notano fori di chiodi di diverso diametro, il che permette di pensare ad una copertura precedente l’attuale; La riza è eseguita in argento dorato, con una incisione semplice in stile provinciale tardo barocco russo, e appositamente realizzata per questa icona in tempo non lontano dalla pittura della stessa; la riza è arricchita da numerose pietre preziose, applicate alcune originariamente e altre in fasi successive, come evidenziato sia dall'esame diretto che dalla documentazione fotografica presentata alla Commissione (Fonte Wikipedia).



L'Icona della Madonna di Kazan lascia Roma
(Finalmente il 25 di agosto 2004 il Santo Padre nell'Aula Paolo VI con una solenne cerimonia si accomiata dall'Icona).
Quante volte, da quel giorno [che la ho avuta], ho invocato la Madre di Dio di Kazan, chiedendole di proteggere e guidare il popolo russo che le è devoto, e di affrettare il momento in cui tutti i discepoli del suo Figlio, riconoscendosi fratelli, sapranno ricomporre in pienezza l’unità compromessa. (...).
La Russia è una nazione da tanti secoli cristiana, è la Santa Russia. Anche quando forze avverse si accanirono contro la Chiesa e tentarono di cancellare dalla vita degli uomini il nome santo di Dio, quel popolo rimase profondamente cristiano, testimoniando in tanti casi con il sangue la propria fedeltà al Vangelo e ai valori che esso ispira.
È perciò con particolare emozione che rendo grazie con voi alla Divina Provvidenza, che mi concede oggi di inviare al venerato Patriarca di Mosca e di tutte le Russie il dono di questa santa Icona.
Dica, questa antica immagine della Madre del Signore, a Sua Santità Alessio II e al venerando Sinodo della Chiesa Ortodossa russa l’affetto del Successore di Pietro per loro e per tutti i fedeli loro affidati. Dica la sua stima per la grande tradizione spirituale di cui la Santa Chiesa russa è custode. Dica il desiderio e il fermo proposito del Papa di Roma di progredire insieme con loro nel cammino di reciproca conoscenza e riconciliazione, per affrettare il giorno di quella unità piena dei credenti per la quale il Signore Gesù ha ardentemente pregato (cfr Gv 17, 20-22). (...)
La Provvidenza divina, che ha la forza di vincere il male e di trarre il bene perfino dalle cattive opere degli uomini, ha fatto sì che la tua santa Icona, scomparsa in tempi lontani, ricomparisse nel santuario di Fatima, in Portogallo. Successivamente, per volontà di persone a Te devote, essa è stata accolta nella casa del Successore di Pietro.
O benedetta tra tutte le donne, venerando la tua Icona in questa Città segnata dal sangue degli Apostoli Pietro e Paolo, il Vescovo di Roma si unisce spiritualmente al suo Fratello nel ministero episcopale, che presiede quale Patriarca alla Chiesa ortodossa russa. E Ti chiede, Madre Santa, di intercedere affinché si affretti il tempo della piena unità tra l’Oriente e l’Occidente, della piena comunione tra tutti i cristiani.
O Vergine gloriosa e benedetta, Signora, Avvocata e Consolatrice nostra, riconciliaci con il tuo Figlio, raccomandaci al tuo Figlio, presentaci al tuo Figlio! Amen.
(Giovanni Paolo II - UDIENZA GENERALE - Mercoledì, 25 agosto 2004)

Link per approfondire

giovedì 8 dicembre 2016

Festa dell'Immacolata Concezione


Preghiera alla
Beata Vergine Maria Immacolata



O Maria, tu sei un incanto di bellezza, uno splendore di grazia, perché hai offerto la tua vita a Dio vivendola totalmente e solo per Lui. La tua perpetua verginità ha fatto di te il fiore più bello della terra, perché il più aperto al sole di Dio che, inondandoti del suo fulgore, ti ha resa simile a Lui comunicandoti la pienezza della sua grazia. Per questo ti ha scelta come la sua madre, il Paradiso dell'Incarnazione. Hai accolto nel tuo grembo la sua Parola che divenne la carne della nostra salvezza. Cristo, Figlio di Dio, e il vero tuo Figlio. Il suo corpo è la tua carne Immacolata.

"Vergine Madre, figlia del tuo Figlio umile ed alta più che creatura". Madre di Cristo Redentore, tu generi la sua vita in noi redenti dal suo Sangue, la custodisci, la sviluppi facendo di noi membra vive del suo Corpo mistico.

Contemplandoti, o sempre Vergine di mente, di cuore, di corpo, ti chiediamo di penetrare nel tuo Cuore Immacolato attratti dalla fragranza della tua Verginità per vivere come Te, con cuore indiviso, la totale e perfetta consacrazione al Signore. Il Cuore di Gesù trova in Te la sua compiacenza, si riposa nel tuo Cuore che è più simile al suo; fa che si compiaccia anche del nostro, riempiendolo del suo amore, appagandone tutte le sue più vive aspirazioni e le sue più forti esigenze.

O Maria "sempre Vergine", suscita in noi il fascino della tua verginità nella gioiosa appartenenza a Dio. Egli che e tutto, merita tutto; comunicaci l'ardore della tua carità cosi da riempire il nostro cuore. 

Sii l'ideale radioso per molti giovani chiamati a donarsi all'Amore assoluto nel servizio dei fratelli; per le persone chiamate alla vita matrimoniale, perché sentano la bellezza della castità coniugale, garanzia di autenticità e fonte di generosità per il loro amore oblativo in un'eroica fedeltà.

O Maria "sempre Vergine" e Madre nostra, noi ti vogliamo amare. Sei la vera Madre nostra, avendo cooperato con Cristo per la nostra salvezza.


Ti vogliamo onorare. Sei il capolavoro di Dio nell'ordine della natura e della grazia, degna della più affettuosa ammirazione.

Ti vogliamo imitare. Madre di Cristo he sei la perfetta discepola: chi riproduce te, riproduce Cristo nella propria vita.

Ti vogliamo invocare. Abbiamo bisogno di te, l'Immacolata, l’Avvocata, la Consolatrice, la Benedetta, la Tutta Santa.

Maria sempre Vergine, rivolgi a noi il tuo sguardo materno, stendi la tua mano, aprici il tuo Cuore, mettici nel Cuore di Gesù per sempre.
 Siamo tanto peccatori, ma siamo sempre figli tuoi.

 IMMACOLATA PREGA PER NOI


sabato 26 novembre 2016

Sonico (BS) - La Madonna di Pradella


Il Santuario della Madonna della Pradella già nel 1292 risulta esistere una cappella tra i prati, donde il nome, in località romita. Nel 1299 risulta tra i beni posseduti dal vescovo di Brescia. E’ stata oggetto di numerosi interventi nel corso dei secoli successivi: anche attualmente luogo di pellegrinaggio, come lo fu per secoli.

All’interno troviamo la statua lignea della Vergine del XVII secolo, di Lorenzo Branchi di Sonico, e alcuni affreschi di Enrico Peci. Sul lato destro troviamo un affresco raffigurante lo scoppio della polveriera durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’origine del Santuario, secondo la tradizione, sarebbe da far risalire all'apparizione della Vergine nel 1100 a Lorenzo, capitano dei crociati camuni in Terrasanta, e a sua moglie Domenica di Mù, soprannominata Prebella per la sua bellezza. Sfuggita mediante matrimonio clandestino al “diritto della prima notte” del tiranno di Sonico, ebbe il marito torturato; riuscì a liberarlo ma stavano per essere ricatturati; pregata con devozione apparve loro la Madonna che fece travolgere da una frana la roccaforte del tiranno. La Vergine diede alla sposa la possibilità di far maturare in agosto le pere, al sol tocco dell’anello nuziale. Gli abitanti di Sonico nel XVII° secolo trassero dall’antico pero la statua della Madonna col Bambino Gesù che tiene tra le mani una pera. Il 23 agosto 1580 sostò qui a pregare san Carlo Borromeo e ordinò la costruzione del campanile che terminò nel 1603. Della campana posta sul campanile, recante la data 1421, possiamo dire che è sicuramente la più antica dell’ intera provincia di Brescia e che la tradizione tramanda che sia stata fusa con gli argenti offerti da Omobono Federici (tratto dal sito web http://www.proloco.sonico.bs.it/).

 Santuario della Madonna della Pradella


Sonico: tra storia e preistoria
 Nell’alto medioevo a Sonico erano signori i nobili Federici: a testimonianza di ciò rimangono nel paese bei portali di granito, una grande torre e costruzioni in pietra bugnata, nella chiesa parrocchiale una raffinatissima tomba in marmo azzurrino con lo stemma gentilizio ed il ritratto dei committenti di tale famiglia in una bella pala raffigurante la Madonna del Rosario, circondata dai suoi Misteri. Il paliotto dell’altare maggiore era uno dei tanti gioielli che ci hanno lasciato gli artisti del legno del XVII e XVIII secolo. Purtroppo è stato recentemente derubato dei dodici apostoli e degli angioletti sparsi e sospesi un pò ovunque. Per fortuna è rimasto nel centro il Martirio di S. Lorenzo, che necessita di un pronto restauro, ma che ancora mostra tutta la sua bellezza. Il Picini, che l’ha scolpito, ha creato un forte contrasto tra l’espressione di classica serenità del santo e la carica di odio dei brutti ceffi tutt’intorno. “In una delle famose cappelle di Cerveno si trova quasi identica la faccia del ragazzo che maneggia il bastone a sinistra della graticola” (Vezzoli). Il Martirio è ora protetto da un vetro, ma se avete con voi una grossa pila o se vi fate aiutare dal parroco, potrete osservarlo attentamente e goderne a pieno. Sorprende piacevolmente anche il campanilino quattrocentesco del Santuario della Madonna della Pradella ed il suono della sua campana, la più antica della Valle, fusa con gli argenti offerti da Omobono Federici. Vicino al paese, in un bosco di castagni, ci sono numerose rocce incise dagli antichi camuni. I nomi delle rocce indicano la magica sorpresa di chi per primo le scoprì: Corno delle Fate, Dos delle Strie, Al del Roc. Le incisioni sono di epoca tardo neolitica, dell’età del rame e anche di epoca cristiana: vi sono molte coppelle, figure idoliformi, dischi solari raggiati, simboli medioevali e cristiani. 
Potete continuare il vostro itinerario salendo a Garda. La rupe sulla quale sorge la chiesa di S. Lorenzo deve essere stata, fin da tempi remoti, un osservatorio che teneva sotto controllo le primitive vie d’accesso a Edolo: infatti, Garda significa in antico germanico recinto militare di osservazione. La tradizione militare parla di un castello che sorgeva sul luogo dove poi fu fondata la chiesa: innegabilmente i muraglioni dell’antica canonica fanno pensare ad un fortilizio (da studi di don Lino Ertani). Attraversando un portale dall’aspetto antico e romantico si arriva al sagrato della chiesa, circondato da un muretto di granito: da qui la vista è splendida. La chiesa primitiva doveva essere in stile romanico longobardo a giudicare dalla muraglia laterale, costruita in pietra regolarmente squadrate ed allineate e rimangono tracce di romanico anche nella parte inferiore della facciata, dopo i vari rifacimenti ed ampliamenti dei secoli successivi. Internamente sono belle l’antica pavimentazione in grossi blocchi di arenaria e la soasa dorata opera del XVIII secolo. Da Garda scendendo per l’antica strada arrivi a Rino, dove ho potuto osservare antiche costruzioni: resti di una torre con datazione intorno all’anno mille, portali, piccole finestre quadrate circondate di granito, archetti e colonnine e resti di affreschi ormai rovinatissimi sui muri delle case, circondati da delicati cornici di legno. Ho sperato che qualcuno li recuperasse (dal sito web http://www.invallecamonica.it/).


S. Leonardus a Portu Mauritio


San Leonardo da Porto Maurizio Sacerdote

26 Novembre

Porto Maurizio, Imperia, 1676 - Roma, 26 novembre 1751

È il santo a cui si deve il merito di aver ideato la Via Crucis. Ligure (1676-1751), era figlio di un capitano di marina. Nato a Porto Maurizio, l'odierna Imperia, compie i suoi studi a Roma presso il Collegio romano, per poi entrare nel Ritiro di san Bonaventura, sul Palatino, dove vestirà il saio francescano. Inviato dal Papa in Corsica a ristabilire la concordia tra i cittadini, riuscì ad ottenere, nonostante le gravi divisioni tra gli abitanti, un impensabile abbraccio di pace. Il tema della Croce era al centro della sua predicazione: richiamava le folle alla penitenza e alla pietà cristiana. 
Alfonso Maria de' Liguori lo definì «il più grande missionario del nostro secolo». (Avvenire)

Patronato: Missioni al popolo
Etimologia: Leonardo = forte come leone, dal latino e dal tedesco
Martirologio Romano: A Roma nel convento di San Bonaventura sul Palatino, san Leonardo da Porto Maurizio, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che, pieno di amore per le anime, impegnò tutta la sua vita nella predicazione, nel pubblicare libri di devozione e nel far visita ad oltre trecento missioni a Roma, in Corsica e nell'Italia settentrionale.


Giovane francescano, Leonardo aveva chiesto di andare missionario in Cina. Il Cardinale Colloredo gli aveva risposto: " La tua Cina sarà l'Italia ".
E alla fine del Seicento, l'Italia aveva abbastanza miserie e sufficienti disgrazie per essere considerata terra di missione.
Leonardo era ancora studente a Roma, quando un compagno gli propose di andare a udire una predica. Fatti pochi passi, trovarono un impiccato che ciondolava dalla forca. " Ecco la predica " dissero i due giovani.
Pochi giorni dopo, il figlio del capitano marittimo di Porto Maurizio, in Liguria, seguì due figure di frati che salivano verso il convento di San Bonaventura, sul Palatino, dove vestì l'abito dei Francescani detti " della riformella ", o " scalzati ".
Datosi alla predicazione, forse ricordando quel suppliziato pendente dalla forca, fra Leonardo ebbe sempre in mente l'altro suppliziato, pendente dalla Croce. Perciò, il suo tema preferito fu quello della Via Crucis, devozione tipicamente francescana, alla quale egli dette la più grande diffusione.
La sua predicazione aveva qualcosa di drammatico e di tragico, spesso al lume delle torce e con volontari tormenti, ai quali fra Leonardo si sottoponeva, ora ponendo la mano sulle fiaccole accese, ora flagellandosi a sangue.
Folle immense accorrevano ad ascoltarlo e rimanevano impressionate dalla sua bruciante parola, che richiamava alla penitenza e alla pietà cristiana. 
" E’ il più grande missionario del nostro secolo " diceva Sant'Alfonso de' Liguori. 
Spesso l'uditorio intero, durante le sue prediche, scoppiava in singhiozzi.
Predicò in tutta l'Italia, ma la regione più battuta fu la Toscana, a causa del freddo Giansenismo, ch'egli voleva combattere prima di tutto con l'ardore del suo cuore, poi con i suoi temi più efficaci, e cioè quello del Nome di Gesù, della Madonna e della Via Crucis.
In una sua missione in Corsica, i briganti dell'isola tormentata scaricarono in aria i loro archibugi, gridando: " Viva frate Leonardo, viva la pace! ".
Tornato in Liguria, fu messa in mare una galera, intitolata, in suo onore, San Leonardo. Ma di lui, gravemente ammalato, i marinai dicevano: " La barca fa acqua ".
Consumato dalle fatiche missionarie, venne infine richiamato a Roma, dove, con le sue appassionate prediche, alle quali assisteva anche il Papa, preparò il clima spirituale per il Giubileo del 1750. In quella occasione, piantò la Via Crucis nel Colosseo, dichiarando quel luogo sacro per i Martiri. Gli storici hanno dimostrato poi che nel Colosseo non furono mai martirizzati cristiani, ma la predicazione ~ in buona fede - di San Leonardo impedì l'ulteriore rovina del monumento, considerato fino allora come una cava di buona pietra.
Fu l'ultima sua fatica. Morì l'anno dopo, e a San Bonaventura al Palatino occorsero i soldati, per tenere indietro la folla che voleva vedere il Santo e portar via le sue reliquie. " Perdiamo un amico sulla terra - disse il Papa Lambertini - ma guadagnamo un protettore in Cielo ".
Fu lui a proporre la definizione del dogma mariano dell'Immacolata Concezione, mediante una consultazione epistolare con tutti i pastori della Chiesa. (Fonte: Archivio Parrocchia)

sabato 19 novembre 2016

Roma (RM) - Mater Divinae Provvidentiae


La Madre della Divina Provvidenza

L'origine di tale titolo viene fatta risalire al quadro "Mater Divinae Providentiae" dipinto da Scipione Pulzone da Gaeta intorno al 1580. Tale dipinto è stato donato nel 1663 all'ordine dei Chierici Regolari di San Paolo, noti come Barnabiti, i quali lo esposero nella Chiesa di San Carlo ai Catinari a Roma.

Nel 1774, Papa Clemente XIV autorizzerà la Confraternita laica di Nostra Signora della Divina Provvidenza per la promozione delle opere di carità e misericordia cristiana. Sarà Papa Gregorio XVI a elevarla nel 1839 al grado di Arciconfraternita. Il 5 agosto 1896 Padre Benedetto Nisser, Superiore Generale dei Barnabiti, stabilì che ogni chierico regolare doveva avere una copia di tale dipinto nella propria residenza.

Dagli "Scritti" del Padre Giovanni Semeria, barnabita

Ha tanti bei titoli la Madonna, creati il più delle volte dalla semplice e spontanea pietà del popolo cristiano, informati a quella teologia affettuosa che è il sensus fidei. Hanno quei titoli un calore di affetto, un profumo esalano di schietta bontà. Sono poesia, luce calore. Esprimono una verità e la esprimono efficacemente: c'è tutta la teologia Mariana in quei titoli. A ripeterli si ritrovano, si intensificano idee ed affetti.

Il nostro titolo (Madre della Divina Provvidenza ndr.) ci mette in piena teologia.

MADRE: è la sintesi delle grandezze della Madonna. Essa è la Madonna, perché è stata madre. Madre di Gesù Cristo! dice tutto. Di là la grandezza umana della Madonna. Una donna raggiunge la sua pienezza, quando diviene madre. Madre è il titolo più augusto di e per una donna. Anche una regina non è contenta, se non è mamma; e una mamma ha nella sua maternità il segreto di gioia e di orgoglio che una regina non conosce. La madre è la benedetta fra le donne, come Maria è la benedetta fra le mamme.
Dice, quel nome di madre, la grandezza divina della Madonna. Alta più che creatura, perché Madre di Gesù, figlio dell'uomo, figlio di Dio. La grandezza divina del Figlio si riverbera sulla Madre. Tra le madri Ella è benedetta, è la benedetta, perché il frutto del suo seno si chiama Gesù, è Gesù Cristo.
Madre di noi tutti, Maria; madre, in Gesù, universale, da quanto è unica. L'amore, l'azione, il sacrificio di Gesù spazia per il mondo, per i secoli, raggiunge i confini della terra, si perde nell'eternità. E dove arriva, dove si allarga l'azione, l'amore, la carità di Gesù, si slarga l'amore della madre Maria.

Ma il titolo, la canzone breve, la rapida, densa poesia prosegue: della DIVINA PROVVIDENZA, mettendo in rapporto Maria e, attraverso quel rapporto, conducendo noi al dogma fondamentale non più soltanto del cristianesimo, ma di ogni, per quanto elementare e povera, vita religiosa:il dogma della Provvidenza di Dio. 

Madonna della Divina Provvidenza
 di Udine
Chi si accosta, chi vuole anche semplicemente accostarsi a Dio, fare un passo, sia pure piccolo, ma sempre un passo verso Dio, deve credere non solo che Egli c'è, ma anche che è equo rimuneratore delle opere umane, provvido nel senso più fondamentale, più alto (cfr. Ebr. 11,6). Tagliati i ponti fra il cielo e la terra, che importa che il cielo ci sia, che importa a noi? Ecco perché San paolo proclama, che alla vita religiosa nostra non basta la fredda, nuda i dea di un Dio: c'è Dio. Ci vuole in più la calda, luminosa, benefica nozione di un Dio provvido, che pensa a noi, che si preoccupa di noi. Il cristianesimo, religione calda,viva; il cristianesimo, rivelazione piena di Dio, il resto vien giù con una sua logica facile, meravigliosa.

Tutto è assurdo, sarebbe assurdo, inconcepibile nel cristianesimo, se negassimo o dimenticassimo questo gran dogma della Provvidenza. Tutto è facile, se quel dogma gioiosamente si accoglie. Sopra di esso è specialmente imperniata tutta la nostra vita pratica, tutta...

Maria, Madre della divina Provvidenza, ci riconduce col suo bel nome, col suo soave titolo, a questo nocciolo di cristianesimo vero, sano, santo. Introduce noi soavemente, assiduamente in questa atmosfera che dobbiamo respirare, se vogliamo vigorosa, cristianamente forte l'anima nostra. La Madre ci conduce al Padre (Novembre 1922).

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sabato 12 novembre 2016

Roma (RM) - S. Maria in Traspontina


Immaginetta raffigurante
l'altare Maggiore della Chiesa
Il bellissimo altare maggiore fu eretto come monumento alla bella immagine della Madonna italo-bizantina che, secondo l’antica tradizione, è una di quelle che i Carmelitani portarono in Europa al tempo della loro trasmigrazione dal Monte Carmelo nella prima metà del sec. XIII. 

L’immagine attuale che si contempla sotto il ricchissimo baldacchino è una copia tardiva (forse del sec. XIX) dell’originale, andato perso quasi certamente durante il periodo della repubblica romana (1798-1799). 

L’altare, realizzato in una bottega provvisoria situata accanto alla chiesa, è opera di modesti artigiani sotto la direzione del Fontana e fu consacrato nel 1674. 

Il paliotto, raffigurante un drappo con intarsi in agata e marmi preziosi, è stato eseguito da mastro Giuseppe Marini; la grande corona in legno rivestita di rame dorato è di Padredio Carlo, mentre gli angeli di stucco che reggono la corona sono di Leonardo Retti a cui appartengono, a quanto pare, anche i due angeli marmorei al centro del ciborio. 

L’altare è unito alle pareti del presbiterio mediante due porte in diaspro, ai lati delle quali poggiano due coppie di statue eseguite nel 1695: a destra, S.Elia e S.Eliseo; a sinistra, S. Angelo martire e S. Alberto degli Abati. L’altare sembra di base ellittica, mentre invece è a base circolare a cerchi concentrici.

Immaginetta della Vergine del Carmelo
La cappella della Madonna del Carmelo (ex Cappella dell’Immacolata Concezione) fu eretta nel 1581 dalla marchesa della Guardia Vittoria Tolfa degli Orsini. I due medaglioni raffiguranti S. Anna e S. Gioacchino sono del Caroselli (1895). Coeva è la decorazione della volta a botte, con lacunari ornati dal pittore Attilio Palombi con al centro la Colomba dello Spirito Santo e ai lati Angeli musicanti e reggicorna. Il pavimento fu rifatto poco dopo la metà del ‘700. Nel secolo scorso vi fu posta in venerazione la statua della Madonna del Carmine, oggetto di particolarissima devozione non solo da parte dei fedeli di Borgo e Prati, ma di Roma intera, e di quanti, passando nella via della Conciliazione, la “Via Sacra” che porta alla tomba del Principe degli Apostoli, si soffermano nella chiesa ad ammirare il Simulacro della Madonna del Carmine, che come Regina siede su un trono dorato. 
Il trono venne eseguito nel 1922 e la statua, benedetta da Papa Pio XI in udienza privata, fu solennemente incoronata dal vescovo Luigi Pellizzi nella vigilia della festa del Carmine (16 luglio) del 1928. Nel 2001, è stata ancora una volta solennemente incoronata da Papa Giovanni Paolo II, in Piazza San Pietro, in occasione del 750° anniversario del dono dello Scapolare. Era il 12 settembre 2001, all’indomani della tragedia delle “Torri gemelle” negli U.S.A. Tra questa cappella e la successiva si trova un pulpito ottocentesco in marmo, ornato dallo stemma dell’Ordine.



Santa Maria in Traspontina (o Traspontina ) è una chiesa carmelitana di Roma. Il santuario si trova sulla via della Conciliazione, la strada principale del Rione Borgo. La chiesa anticamente era molto più vicina a Castel S. Angelo: in tutte le piante di Roma antica, la nostra chiesa è disegnata quasi di fronte alla Porta S. Angeli, cioè Porta Castello, in corrispondenza dell’arco situato nelle fosse di Castello su cui si vede tuttora lo stemma di Pio V. La facciata era volta verso il fiume con una finestra circolare in alto e tre porte, corrispondenti alle tre navate. La navata centrale era più alta di quelle laterali i cui tetti si appoggiavano ai muri laterali della prima. Le dimensioni dovevano essere all’incirca 40 metri di lunghezza per 18 di larghezza. In questa chiesa, dove erano già conservati un Crocifisso miracoloso e le due colonne alle quali, secondo tradizione, furono legati per la flagellazione gli Apostoli Pietro e Paolo, si riuniva il corteo imperiale in occasione dell’incoronazione dei Re germanici ad Imperatori dei Romani. Un aneddoto interessante riguarda Benvenuto Cellini che trovò asilo, durante la sua fuga da Castel Sant’Angelo, proprio in questa chiesa. Nel 1484, esattamente il 13 novembre, il Papa Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cybo), con la bolla Sacrosanctae et militantis Ecclesiae, concedeva la chiesa della Traspontina ai Carmelitani. Nella bolla stessa è la spiegazione del motivo di questa assegnazione: Il Papa stesso, quando era ancora Cardinale, aveva avuto modo di apprezzare l’opera dei Carmelitani nella chiesa di S. Martino, rimpiangendo però il fatto che quella chiesa fosse posta fuori dall'abitato; la chiesa della Traspontina, invece, sorgeva in un Borgo già sovrappopolato, non aveva clero, se non un arciprete, ed era in stato fatiscente. Il Papa era certo che la chiesa, nelle mani degli operosi Carmelitani, sarebbe presto rifiorita. L’ingresso dell’ordine nella chiesa portò subito ai restauri e alla costruzione di un convento che, nel 1498, era già pronto ad ospitare una comunità carmelitana di sette frati, guidata dal priore padre Alessandro Cornelio e comprendente anche padre Pietro Terrasse Provinciale di Roma, Procuratore generale e Vicario generale per tutte le province italiane (notizie tratte dal sito web della Parrocchia).
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martedì 8 novembre 2016

Capranica Prenestina (RM) - Madre delle Grazie di Mentorella


Sulla cima di una rupe che cade a picco sulla valle di Giovenzano sorge il Santuario della Mentorella. 

La chiesa, dedicata alla Beata Vergine, si dice che sia stata edificata dall'imperatore Costantino e consacrata da papa Silvestro I. La leggenda intorno alla nascita della chiesa è, come accade spesso, intrecciata alla realtà storica dell'epoca e si arricchisce di fascino e mistero. 

Il nome Mentorella ha, secondo gli studiosi, diverse origini, tra cui riportiamo le due più plausibili: dalla Torre Morella, fortilizio alto-medioevale non più esistente; dal generale goto Wult, che convertitosi al Cristianesimo a Montecassino si ritirò successivamente in questo sito, che da lui trasse il nome il Wultvilla, volgarizzato, attraverso vari passaggi (Vultvilla, Vultuilla), in Vulturella e poi Mentorella. 

La storia del sito si accompagna con quella di Guadagnolo; il Santuario fu proprietà dei Monaci di Subiaco fino al tardo secolo XVI, quando lo lasciarono e ad essi subentrarono i Gesuiti. A questo ordine appartenne fino al 1879 e poi, dopo alterne vicende, di nuovo ai Benedettini, finché nel 1857 il papa Pio IX non lo concesse ai Padri Resurrezionisti Polacchi, ai quali ancora oggi appartiene. 

Già nel XIII secolo, Claro vescovo di Tivoli lamentò le cattive condizioni in cui versava il Santuario, pregando i fedeli di provvedere al suo decoroso mantenimento con somme di denaro. Nel 1390 risulta tra l'altro che la chiesa e il convento vennero di fatto abbandonati, forse per un breve periodo. Il grande rinnovamento del complesso monastico si ebbe nel XVII secolo, ad opera del gesuita Atanasio Kircher, che dal 1660, con l'aiuto economico dell'imperatore Leopoldo I d'Austria e di molti altri principi tedeschi, restaurò la chiesa e il convento e l'abbellì di molte immagini dipinte.Tra queste di un certo interesse sono la decorazione della cappella di S. Silvestro, la prima a destra, con storie relative al Santo affrescate dal pittore Antonio Rosati da Vicovaro e le storie di S. Eustachio nella cappellina omonima, che sorge sulla rupe che sovrasta la chiesa. Padre Atanasio Kircher fu anche un insigne studioso del luogo; a lui si deve una Ò Historia Eustachio-MarianaÓ edita nel 1665, in cui si narrano le origini e le vincende storiche relative al Santuario. 


Fin dal 1664, il Kircher stabilì di solennizzare la festività annuale il 29 settembre

Ancora oggi il Santuario della Mentorella, il più antico santuario mariano d'Italia e forse d'Europa, è meta abituale di fedeli, che salgono a deporre le loro preghiere ai piedi della Vergine. La facciata della chiesa mostra una grande semplicità architettonica. è adornata da due finestrelle e nel mezzo, sopra il portale d'ingresso, si apre un ovale, con pilastrini a raggiera sormontati da un archivolto a sesto acuto, impostato su capitelli di piccole colonne pensili. L'interno è a tre navate e la travatura è scoperta. La navata centrale è più alta e vasta delle laterali, divise tra loro da grandi archi a sesto acuto, schiacciati e larghi, sorretti da grossi pilastri rettangolari. Un grande arco separa la navata di mezzo dal presbiterio. 

Le navate laterali terminano con due piccole cappelle. Nel mezzo del presbiterio si eleva un grande ciborio, che posa su un grande altare marmoreo di costruzione moderna. Quattro esili colonne coronate da capitelli di semplice fattura sorreggono un architrave quadrilatero. 
Su questo un attico poligonale ad un piano, composto di piccole colonne, sorregge la cupola a forma di piramide ottagona, sormontata dalla lanterna e dalla croce (secolo XIII).Nel ciborio è racchiusa la statua della Vergine, in legno, alquanto più piccola del naturale. 

Essa è seduta in cattedra, nell'atto di sorreggere sul ginocchio sinistro Gesù, che la guarda teneramente e l'abbraccia. L'opera deve essere attribuita ad una bottega romana del secolo XII. Su una parete della piccola cappella a sinistra del coro è appesa una tavola di quercia a due ante. La parte superiore è decorata da intagli, quella inferiore da piccoli alveoli. Il bassorilievo della parte superiore si divide in due composizioni. In una è rappresentato l'interno di un tempio, dove si svolge una solenne cerimonia religiosa: innanzi ad un altare cubico, il pontefice Silvestro I compie la cerimonia della consacrazione della chiesa; vi assistono un diacono e due accoliti. Nel paliotto dell'altare si legge la data della consacrazione: 23 ottobre. Nell'altra parte del bassorilievo è rappresentato il cervo con l'immagine di Cristo fra le corna e vi è inciso il nome dell'intagliatore: Guilielmus. 
Le due tavole, ora sovrapposte, sembra che facessero parte di un altare (XII secolo).

ll Santuario segreto di Papa Giovanni Paolo II

"Sono venuto a cantare il Magnificat". La prima uscita da Roma di Giovanni Paolo II è stata un pellegrinaggio. Il Papa si è recato proprio al Santuario della Mentorella, dove già altre volte, affascinato dalla bellezza del luogo, era salito a piedi per raccogliersi in preghiera."In occasione dei miei soggiorni a Roma, ho spesso visitato il Santuario della Madonna della Mentorella... Leggiamo nel Vangelo di S. Luca che Maria, dopo l'annunciazione si reco tra le montagne per visitare la sua parente Elisabetta. Arrivata ad Ain-Karin, mise tutta la sua anima nelle parole del cantico, che la Chiesa ricorda ogni giorno nei Vespri: "L'anima mia magnificat il Signore". Ho desiderato di venire qui, tra queste montagne per cantare dietro le orme di Maria il "Magnificat...". Questo luogo mi ha aiutato molto a pregare. È perciò anche oggi ho desiderato venire qui. La preghiera, che in vari modi esprime il rapporto dell'uomo col Dio vivo, è anche il primo compito e quasi il primo annuncio del Papa ". Per salutare il Santo Padre alla Mentorella, 29 ottobre 1978 sono pervenute circa 20 mila persone dove la maggioranza erano la gioventù e scout (tratto dal sito web http://www.comunecapranicaprenestina.it/).

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sabato 5 novembre 2016

Montalto Uffugo (CS) - Madonna della Serra



Siamo a Montalto Uffugo (CS) bellissimo centro di Calabria per visitare seppur virtualmente il popolare Duomo della Madonna della Serra. Monumento celebre e tutelato dall'Unesco è stato inserito nell'Atlante mondiale del Barocco. Per lo stile unico e per la conservazione nonostante i terremoti del passato. 

Secondo la leggenda, un giorno la Statua della Madonna della Chiesa di Santa Maria Maggiore scomparve e il popolo di Montalto la ritrovò grazie all'incredibile luce che irradiava su un colle di siepi e pruneti, chiamato della Serra, un tempo Serrone. Fu così che i cittadini di Montalto decisero di erigere un nuovo tempio in questa zona. Il famoso tempio sorge su un terrazzo naturale che domina la vallata tufacea. Sorge comunque sui ruderi di un mausoleo del comandante romano L.S. Serrano.

La chiesa è un continum di rifacimenti fin dal 1227 e poi ricostruita dopo il nuovo disastroso terremoto del 12 Febbraio 1854. La nuova Chiesa venne costruita fuori le mura della città proprio perché l’antica chiesa dell’Assunta non poté più essere riadibita. Ad occuparsi dei lavori della prima Chiesa fu l’architetto roglianese Niccolò Ricciulli, mentre l’interno decorata con stucchi realizzati dal napoletano Giovanni Calì. Egli si rese conto della sensibilità dei terreni locali ai terremoti e della fragilità dei materiali disponibili per la costruzione della zona. In seguito vi fu l’ingegnere Miceli di Longobardi il quale si impuntò a mantenere l’assetto del passato, con un’accorgimento trasformò la croce greca in latina. 

Duomo della Madonna della Serra - Montalto Uffugo (CS)

Malgrado ciò costruì tre portali con archi a tutto sesto allontanandosi così dallo stile barocco. Bellissima la facciata di calcare con una imponente scalinata. All’interno della chiesa si possono ammirare, la scultura lignea dedicata alla Madonna della Serra con il Bambino (XII-XV sec.), un quadro a olio della Sacra Famiglia del XIX secolo realizzato ad opera di Rocco Ferrari; un coro ligneo con figure a rilievo realizzato da Giovan Battista Altomare nel 1751; un altare barocco in legno dedicato a San Francesco d’Assisi, opera di artigiani calabresi del XVIII sec.; una statua marmorea del Sacro Cuore di Gesù, scolpita da Giulio Barberis nel 1922. La chiesa fu elevata a santuario nel 1988 e affidata alla cure dei Padri Ardorini (articolo di Maria Lombardo)

Visita il Santuario

mercoledì 2 novembre 2016

Monopoli (BA) - Maria SS. Addolorara


La “Chiesa del Purgatorio” di Monopoli . . .

[. . .] La città di Monopoli recupererà un nuovo interessantissimo tesoro religioso e artistico, la chiesa a tutti nota come “del Purgatorio”. [. . . fu edificata nel 1681 dalla confraternita di Santa Maria del Suffragio e benedetta nel 1700. La Chiesa è in stile barocco, ha cinque altari di cui quello maggiore è in pietra leccese; opera di Pasquale Simone ospita un dipinto di Paolo Da Matteis, “La Madonna del Suffragio”, donato alla chiesa dall'abate Palmieri, un nobile monopolitano. Vi sono delle opere molto belle di Domenico Carella e la cantoria ospita un organo settecentesco di pregevole fattura realizzato dal Maestro Felice Scala. Al visitatore non può sfuggire il motivo ritornante della chiesa: la morte.

Già dall'esterno si può ammirare il bel portale ligneo del 1736, nella cui parte superiore sono raffigurati gli emblemi del potere, invece, in quella inferiore sono raffigurati i vari strumenti da lavoro. 

Nella parte centrale, sono raffigurati due scheletri che sono uno lo specchio dell’altro, essi rappresentano la morte che appiana le differenze sociali e invitano ad indovinare chi dei due sia stato una persona importante e ricca e chi abbia lavorato umilmente o abbia sofferto la povertà.

Anche all'interno ci sono dei riferimenti alla morte, sulla bussola lignea vi è un’alternanza di metope che alternano il motivo dei teschi a quello delle ossa incrociate; nella zona della cupola ci sono simboli della morte che di volta in volta sono affiancati ad un papa, ad un vescovo, ad un soldato, ad un popolano; tutto ciò vuole significare che nella vita terrena ci possono essere delle differenze ma nell'aldilà tutti sono uguali perché la morte abbatte ogni distinzione sociale.

La presenza sicuramente più rappresentativa è quella degli otto confratelli mummificati. Esistono altre chiese in Puglia che celebrano il culto della morte, ma solo in questa chiesa ci sono questi confratelli che venivano custoditi nei due sepolcreti della chiesa, il primo si trova all'interno dell’edificio stesso, il secondo si trova nel giardino e fu costruito nel 1724 per la famiglia Palmieri (articolo di Cosimo Lamanna).

  
Particolari del portone della chiesa e del portale


A Monopoli il «segreto» delle antiche mummie

Nobili famiglie contrapposte in vita e unite dal culto della morte dal XVII secolo in poi. Accade a Monopoli (Bari) e le famiglie di cui parliamo sono gli Indelli e i Palmieri. I primi donarono alla chiesa di Santa Maria del Suffragio (detta del Purgatorio) l’oratorio che oggi ospita le 9 mummie tra cui la piccola Plautilla di Francesco Indelli. I secondi non furono da meno e realizzarono il putridarium della chiesa di via Padre Nicodemo Argento 16. Come dire che la «camera di mummificazione» fu un dono degli antagonisti di sempre. In quel soccorpo sistemato proprio sotto la canonica avvenivano i processi di tanatometamorfosi (mummificazione) dei corpi per la scolatura naturale, così tanto in auge nel Regno delle Due Sicilie dal XVIII al XIX secolo.

Nelle mummie di Monopoli come in quelle di tante altre località del meridione resta in auge il retaggio dei riti antichi della doppia sepoltura. L’antico concetto per cui il defunto non è più vivo e nemmeno completamente morto fino al disfacimento della carne che lasciava affiorare il candore inalterabile delle ossa. La metamorfosi cadaverica come metafora di purificazione dell’anima fino alla seconda sepoltura. Che non avvenne per le mummie del Purgatorio ancora esposte in un’ala laterale della chiesa dove ha sede la confraternita di Nostra Signora del Suffragio per le anime del Purgatorio. Sorse sul suolo di una tragedia, il crollo del campanile della vecchia cattedrale romanica, nel 1687, con 37 morti e molti feriti.

In quel luogo di morte ha preso vita la due giorni di studi su «Riti e pratiche della morte in età moderna». Relatrice Annastella Carrino (Università di Bari), Francesco Paolo de Ceglia (Università di Bari) e l'esperto di mummie, il curatore della Cripta dei Cappuccini di Palermo Dario Piombino Mascali. La Carrino ha chiarito che «dopo la Controriforma ci fu un tentativo di normalizzazione dei riti della morte. Ritualità intorno al defunto e riti sul defunto, in un segno di continuità fra i vivi e i morti». De Ceglia ha relazionato su Plautilla di Francesco Indelli. Morta a 2 anni, in un’epoca in cui un bambino su 3 non sopravviveva ai 2 anni. L’unica mummia senza data di morte, unica anche in quanto bambina.

«Gli occhi di Plautilla sono delle protesi – spiega de Ceglia -. Dobbiamo recuperare quel modo di guardare alla morte tipico degli uomini del passato e così lontano dal nostro per comprendere il senso di queste mummie. Erano l’estensione della vita dei cari che si erano persi. Tutto questo si coniuga con il grande slancio del Purgatorio che si ha dopo la Controriforma perché la Madonna che dà sollievo alle anime del Purgatorio è il segno che contraddistingue la differenza fra il mondo cattolico e quello protestante». Il viso di Plautilla sembra fosse ricoperto di una sostanza chiara per simulare il colorito di una bimba viva.

Tra le mummie Giovanni Amato Giaquinto di Caserta, governatore di Barletta prima e di Monopoli poi (morto il 24 novembre 1793). Due Longo, Cesare (morto il 1 gennaio 1776) e Onofrio (morto il 15 gennaio 1786). E tra i misteri irrisolti anche quel Pietro (?) Insanguine (morto il 2 dicembre 1772) organista del Purgatorio e della cattedrale e fratello del più noto musicista napoletano del ‘700 Giacomo Insanguine detto «Monopoli» per la città di nascita (articolo di Eustachio Cazzorla della Gazzetta del Mazzogiorno.it)




PREGHIERA A
MARIA SS. ADDOLORATA

Santa Maria, Madre coraggiosa, Tu che
nelle tre ore di agonia sotto la croce, hai
assorbito le afflizioni di tulle le madri del
Mondo, prestaci un po' della tua fortezza.

Alleggerisci le pene di tante vittime dei
soprusi, conforta il pianto nascosto di
tante donne oppresse, nella casa, della
prepotenza del maschio. Guida i passi
delle donne coraggio perché scuotino
l'omertà di tanti complici. Scendi sulle
piazze per confortare coloro che piangono
i figli "spariti".

Santa Maria, Madre coraggiosa, Tu sul
calvario, pur senza morire, hai meritato
la palma del martirio, col tuo esempio
rincuoraci a non abbatterci nelle avversità;
aiutaci a portare il peso delle tribolazioni,
mettiti accanto a chi è sfiorato dalla
tentazione di farla finita perché non ce la
fa più.

Ripetici parole di speranza, o Vergine
Benedetta e gloriosa. Cosi sia.