sabato 10 novembre 2018

Bologna (BO) - La Madonna di San Luca



Un immaginario viaggio verso il
Monte della Guardia

In una bella mattina di maggio, serena e tersa, muovono lentamente due carri trainati da coppie di buoi. Escono dalla città e si avviano verso il Monte della Guardia. Più tardi anche il vescovo di Bologna con il seguito e i canonici renani raggiungerà il luogo convenuto, e lì avverrà la cerimonia tanto desiderata da Angelica.
La giovane siede sul primo carro assieme ai genitori e ad alcuni familiari. Sul secondo carro un gruppo di amiche di Angelica, ancora incerte sul loro futuro, ma desiderose di capire meglio il progetto che Angelica sta perseguendo da tempo.
La distanza tra la loro casa, entro le mura, e il Monte si percorre in un paio d’ore, ma i carri procedono lentamente e più avanti bisognerà che almeno i più giovani scendano dai carri per aiutare gli animali ad affrontare la salita.
Angelica pensa di ricongiungersi alle amiche e confidarsi con loro. Quanti dubbi ora che la meta è a portata di mano. Su, sul Monte, gli operai lavorano da giorni alla costruzione di un edificio destinato a ospitare Angelica e quante, tra le amiche, vorranno rimanere. Oggi il vescovo porrà la prima pietra dell’oratorio che sarà presto eretto. Un luogo di preghiera per le donne che abiteranno l’eremo e per quanti vorranno sostare per un momento o per la vita.



Circa a metà mattina il gruppo appiedato affronta le ultime salite, e si scorge ormai vicino il Monte che domina le valli circostanti. Il sole lo illumina per la maggior parte e ne sottolinea il profilo pulito, di campo coltivato che contrasta piacevolmente con le frasche del rado bosco nel quale si apre il sentiero tracciato qualche tempo prima per raggiungere e lavorare uno dei poderi della famiglia.


Una terra che è in parte coltivata a vigna e per il resto lasciata a pascolo. Il pascolo è illuminato dal sole e coperto da milioni di pratoline che ondeggiano leggere mosse da una tenera brezza che ne asciuga la rugiada. La vigna, ancora in ombra, conserva l’umidità della notte. Le giovani viti, appena rifiorite alla vita, custodiscono nei loro incavi gocce di rugiada simili a preziose perle. Anche l’erba, in quest’area che il sole non ha ancora carezzato, mantiene la sua umidità. Angelica ha un brivido quando i piedi nudi entro gli zoccoli di legno si immergono nella soffice, ma umida erbetta. Per il grande giorno la ragazza ha indossato l’abito della penitenza, quello che forse diverrà l’abito dell’eremo, se mai ci sarà un eremo e soprattutto se sarà abitato da persone che vorranno condividere con lei una vita di preghiera e ascolto.
In quel lontano 25 maggio del 1194 il Creatore in persona sembra abitare il Monte. Il cielo è di un azzurro intenso e l’occhio spazia da un lato per le valli frondose fino ai boschi sempre più fitti degli Appennini, coronati dalle cime ancora innevate dei monti più alti e più lontani. Un bianco ghiaccio che funge da contrappunto e unione tra il verde intenso dei boschi e il luminosissimo cielo.
Dall'altro lato la pianura e al centro Bologna cinta dalle giovani mura e soprattutto protetta da una miriade di torri. Fuori dalle mura la strada che ha percorso Angelica, visibile per un tratto, fiancheggiata dai campi coltivati con le messi al momento verdi, ma adulte in attesa di un altro mese di sole per essere raccolte e dare quanto sembrano promettere.


 

Allontanandosi dalla città, man mano che la pianura lascia il posto alla collina, la natura sembra avere la meglio sull'operosità dell’uomo e il bosco e la frasca sostituiscono i campi coltivati. Anche il bosco è una ricchezza per l’uomo. Riserva di caccia, legna e piante officinali poi purificate dai monaci in città, utilissime soprattutto nei mesi invernali. I monaci di Santo Stefano sono tra i più esperti e custodiscono nel monastero preziosi quanto antichi ricettari.


La loro fama è ulteriormente cresciuta dopo il ritrovamento del corpo di san Petronio sepolto nel loro monastero. È stato necessario riordinare le notizie sul santo e nello stesso monastero, circa dieci anni prima, i monaci hanno elaborato una leggenda in lingua latina per soddisfare le nuove esigenze del culto. Crescendo la devozione e le visite alla tomba del santo, anche l’officina del monastero ha dovuto aumentare la produzione di erbe e unguenti tanto per i bolognesi che per i forestieri che si fermano a venerare il corpo del vescovo bolognese.

Sembra che la devozione sia destinata a crescere molto, ma non è ancora così evidente nel maggio del 1194 quando Angelica, sul Monte della Guardia, attende trepidante l’arrivo del vescovo per iniziare la sua avventura spirituale affidandola nelle mani del successore del riscoperto Petronio.

Ho provato a introdurre in forma narrativa la figura di Angelica, iniziatrice del culto cristiano sul Monte della Guardia. Donna bolognese del tutto reale la cui personalità possiamo ricostruire solo tramite le dispute sorte con i canonici renani da lei scelti per la direzione spirituale dell’eremo. 



Dalla lettura degli atti scritti per verbalizzare la disputa economica non emerge la spiritualità di questa donna che fa una scelta di vita radicale. Una radicalità che non costituisce in assoluto un’eccezione, che la Chiesa prova a controllare rendendosi conto che lo Spirito sta soffiando su una generazione di laici e religiosi che mirano a grandi ideali.


Scisso da questo avvenimento – ma chi può dire fino a che punto – in quel lontano 25 maggio del 1194, in Assisi un ragazzo dodicenne imparava il mestiere di mercante e nutriva grandi ideali cavallereschi. Nella stessa città era appena nata una bella bambina di nobile casato. Accudita da schiere di fantesche e vezzeggiata dalla madre e dai parenti tutti. Per entrambi le rispettive famiglie immaginavano grandi cose e soprattutto una gloria il più possibile grande in questo mondo.
Su questi bambini ha posato lo sguardo il Signore e anche lui ha pensato a grandi cose per loro, anche se l’ordine di grandezza è certamente diverso. I due bambini si chiamavano Francesco e Chiara. 

Angelica muove i primi passi del suo misterioso cammino spirituale – misterioso per noi che non possiamo carpirne i segreti – mentre Chiara nasceva e Francesco cresceva educandosi al commercio. Saranno loro a segnare la svolta epocale e a rendere concrete le molte esigenze di rinnovamento che persone ben più modeste, ma altrettanto autentiche, forse come Angelica, testimoniavano da tempo.

La prima chiesa e la sua committente.

Angelica, una donna bolognese di buona famiglia, ha chiesto al pontefice di poter edificare un luogo di culto su questo Monte. È il 1193 e papa Celestino III, su manifesta richiesta di mulier Angelica, ha inviato al vescovo di Bologna la prima pietra del nuovo edificio perché provveda, su suo mandato, a porla sul Monte della Guardia dando così inizio ai lavori di costruzione dell’oratorio . Mesi dopo, il 25 maggio del 1194, il vescovo di Bologna Gerardo Gisla interra la prima pietra sul Monte della Guardia. Sarà stata presente Angelica, la famiglia, forse le prime compagne con le quali Angelica comincia questo suo itinerario di fede, che per noi rimane inaccessibile. In una giornata di maggio inizia questa avventura cristiana che tanta importanza ha tutt'ora per i bolognesi che proprio in maggio festeggiano la Madonna di San Luca con la discesa dal Monte in città della venerata icona. Dalla bolla del 2 luglio 1228 indirizzata a Pietro, priore della chiesa di Santa Maria del Monte della Guardia, sappiamo che la chiesa è intitolata alla Madonna. Ancora più interessante è la descrizione di un sigillo del Capitolo della chiesa del Monte, sempre del 1228, nel quale vi è l’immagine di Maria con il Figlio. Un sigillo che richiama, per la prima volta, la nostra icona. 


Torniamo però al maggio del 1194 e proviamo ad accostarci ad Angelica e alla sua famiglia per evidenziare una vocazione rimasta celata dagli stessi documenti, tutti incentrati su una lunga disputa con i canonici di Santa Maria di Reno per l’amministrazione dei beni legati al monastero.
I canonici erano stati coinvolti in questa esperienza di vita dalla stessa Angelica per l’assistenza spirituale della nascente comunità eremitica sul Monte della Guardia. Non era del tutto inusuale assistere alla nascita di eremi retti da eremite “irregolari”, cioè non collegate a una delle regole di vita religiosa riconosciute. Più che una contestazione dell’esistente, c’è il desiderio del tutto personale di vivere una ricca esperienza di fede fuori da schemi costituiti, che in alcuni casi diventa innovativa e dirompente, ma che il più delle volte va avanti serenamente con l’assistenza di chierici che vigilano sulla vita spirituale dell’eremo. Sono anni fervorosi che non sempre emergono nella loro quotidianità e diffusione anche perché oscurati da altre analoghe esperienze di vita che stanno per nascere. Non dimentichiamo infatti che gli stessi pontefici che dovranno occuparsi delle dispute sorte tra Angelica e i canonici renani, da Onorio III a Gregorio IX, debbono governare il fenomeno ben altrimenti complesso di Francesco d’Assisi e Chiara. Altri giovani – a dire il vero non conosciamo l’età di Angelica, ma visto che muore intorno al 1244, non doveva certo aver superato di molto i vent'anni quando fece la sua scelta di vita eremitica – e altre scelte di vita radicali. 


Tra le similitudini, l’appartenenza a famiglie benestanti e nel caso di Chiara tra i maggiorenti di Assisi. Angelica però si trova accanto la famiglia nella sua scelta di vita che sarà invece ostacolata violentemente dal padre di Francesco e dalla famiglia di Chiara, anche se infine la madre e le sorelle di quest’ultima vivranno con lei la stessa radicalità evangelica in San Damiano.
Anche la vocazione di Angelica è radicale, ma equilibrata per quanto può esserlo una scelta così particolare. Il luogo in cui insediarsi non è troppo lontano dalla città, né è selvoso e inospitale come siamo abituati a leggere nelle leggende dei santi. Del resto per Angelica – per cui nessuno ha ricercato una possibile santità – le informazioni non le ricaviamo da amici che scrivono appassionate biografie, ma da documenti notarili e da dispute giuridiche per il possesso delle terre dell’eremo. Dati freddi, ma anche obiettivi, attraverso i quali possiamo ricostruire uno spaccato di vita senza purtroppo poter carpire le motivazioni più profonde di Angelica. Dai documenti si delinea però una famiglia unita che condivide e aiuta la scelta della figlia.


La donna agisce in sintonia con i genitori e soprattutto con la madre Bologna, che evidentemente condivide l’ideale di vita che si delinea e che sarà stato a lungo discusso a casa e con l’assistenza degli stessi canonici scelti come guida spirituale e custodi del patrimonio materiale. Il seguito della storia vedrà contrapposta la ricerca di autonomia e di indipendenza di Angelica nella gestione del patrimonio, ma anche nel modello di vita eremitica, e gli interessi dei canonici che vedono intaccata una possibile forma di utile per il lavoro che svolgono. È una storia che fa sparire l’ideale di vita eremitica di Angelica che verrà sempre difesa dai pontefici ai quali si rivolge più volte e anche direttamente. È anche questo il segno di un’autonomia al femminile alle volte contrastata dall'autorità costituita che, però, nel caso di Angelica ne affianca l’azione e difende gli ideali.
Non possiamo penetrare più a fondo questa esperienza di fede, e se continuassimo nella lettura del lungo carteggio che vede i contrapposti interessi dei canonici e di Angelica, perderemmo del tutto il senso della ricerca di spiritualità che certamente ha animato Angelica e la sua famiglia. Ci fermiamo qui evidenziando che sul Monte della Guardia, sul finire del XII secolo, nasce un luogo di culto per volontà di Angelica, una laica bolognese, e della sua famiglia. Un luogo dedicato alla Madre di Dio che fin dal 1228 – ma evidentemente anche prima – era raffigurata anche sul sigillo dell’eremo come una Madre con in braccio il Bambino.


La prolungata osservazione dell’icona della Madonna del Monte di Bologna, durante una manutenzione straordinaria effettuata nel maggio del 2011, ha confermato un’impressione nota e sperimentata da quanti si avvicinano all'immagine salendo dalla scalinata che da destra immette all'altare della Theotokos, percorrono lo spazio davanti all'immagine e scendono dal lato opposto. Molti si sentono guardati costantemente dalla Madre di Dio che comunemente è celata da un pannello in argento e mostra soltanto il proprio volto e quello del Figlio. L’effetto, lungi dall'essere una suggestione, è invece probabilmente voluto e causato dal leggero strabismo delle sue pupille, ben osservabile da vicino. Allo stesso modo la tempera a uovo offre una particolare rifrazione alla luce, animando l’icona e rendendola sempre nuova perché interagisce con fenomeni naturali come il variare della luce e soprattutto con la disponibilità umana di quanti vi si accostano. Non siamo infatti in un museo e le aspettative e le attenzioni di quanti salgono la scalinata che porta all'icona prescindono da considerazioni stilistiche e culturali e affondano nelle istanze misteriose, ma non meno reali, della fede espressa attraverso la devozione. (Tratto da http://www.noteartistiche.it/)


La Madonna di San Luca

mercoledì 31 ottobre 2018

Altamura (BA) - La Madonna del Buon Cammino



Storia ed Origini

Sulla strada che anticamente portava a Bari, ossia sulla via per La Mena, gli abitanti della.città avevano eretto una nicchia, seu Conella, in contrada della Vasci e propriamente nel luogo detto Tufara, collocandovi una immagine della Madonna. Costituiva per il viandante un segno di protezione lungo il cammino che si snodava attraverso la Murgia, dove la strada si faceva più solitaria e non poche volte più insidiosa a causa della facile presenza di ladri.’Ai viandanti e pellegrini, scrive Simone, che all’entroterra Appulo-Lucano, dopo aver fatto religiosa sosta nei vasti prati circostanti la vetusta (a. 1400) Cappella Madonna della Croce o di Bisanzio, riprendevano il cammino per recarsi devoti sulla tomba di S Nicola di Bari o a Barletta per imbarcarsi per i Luoghi Santi, il popolo altamurano intendeva rivolgere l’augurio di buon viaggio: "la Madonna v’accunbagn". Quivi, nel 1747, il canonico Giambattista Nicolai, mosso dalla devozione verso la gloriosa Madre di Dio, mediante la cessione del sito fattane dalla vedova Angiola Selvaggi, costruì una cappella onde con più fervore concorrano i fedeli a rendere alla Beata Vergine del Buoncammino il dovuto culto costituendo per dote sessanta ducati d’argento e a titolo di pio legato un tomolo stuppelli quattro di terre piantate di vigne e stimato in somma di ducati centotrentacinque per la celebrazione di sette Messe piane seu lette ogni anno in perpetuo nei giorni delle sette festività della beatissima Vergine e più una messa cantata nel dì 2 luglio, giorno della Visitazione designato per la festa in detta Cappella.

L’atto di erezione con rispettiva dote ed obblighi viene firmato il 9 giugno 1747 (vedi dipinto della Madonna del 1747) da Giovanni Battista de Nicolai, umilissimo oratore e da don Pasquale Bove e don Pietro Onofrio de Bernardi, testi, presso la Rev. Curia, sede vacante, e chiedeva il beneplacito e la licenza per la benedizione e la licenza della detta Cappella ad un sacerdote da destinarvi. In data 16 giugno 1747 il can. Tesoriere Mercadante, vicario capitolare di Altamura, accetta ed incarica per la benedizione il reverendissimo don Michele Tancredi riservandosi di nominare in seguito l’economo che celebri nei giorni stabiliti in detta Chiesa (Arch. Capit. Erectio Ecclessiarum, ff. 164 e seg.). Il 1844, si legge nel depliant curato da D. Carlucci, il can. Tommaso Carlucci all’antica Cappellina fatiscente affiancò, senza distruggerla, una cappella più grande, con la volta a botte e dotata di organo e arredi sacri. Per soddisfare la devozione popolare dei viandanti poi fu aperta una porta laterale, con architrave e stipiti in pietra, e uno spioncino e un grosso pesùle davanti: attraverso lo spioncino il fedele poteva vedere l’immagine della Madonna sulla parete di fronte dell’antica cappellina e invocarla. Inoltre per facilitare l’accesso alla chiesa, collegò con una strada la nuova via per Bari con via per La Mena costruendo anche una edicola in pietra e una croce in ferro proprio sulla svolta di via Bari. La conservazione e la manutenzione della Chiesa fu affidatata alla solerzia dei Rettori, succedutisi nei tempi: don Giovanni Genco, don Paolo Tafuni, don Salvatore Maggi, don Peppino Lagonigro, sacerdoti altamurani. 



Verso il 1950 il sac. Paolo Colonna dotò la cappella di un abside e costruì una sagrestia più grande. Nel 1950, a ricordo dell’Anno Santo, perchè della devozione degli avi rimanesse gloriosa memoria, S.E. Mons. Rotolo, prelato Ordinario di Altamura, elesse la chiesetta a Santuario con tutti i privilegi che tale titolo comporta. Nel 1965 il Santuario venne affidato alla cura dei PP. Barnabiti i quali operarono un adattamento creando due cappelle laterali, una dedicata al S.Cuore e l’altra destinata a conservare l’immagine della Madonna. Nel 1995 alla cura del Santuario si succedettero i Padri Oblati Figli del Divino Amore: questi per rispondere alle esigenze sempre crescenti del Santuario, stanno accarezzando l’idea della costruzione di un Santuario più grande, ma nel frattempo hanno realizzato una costruzione. polivalente per n.700 posti, che dovrà attualmente servire anche per il culto nei giorni di maggiore affluenza dei fedeli.Oggetto di culto al Santuario sono l’affresco e la statua. L’affresco risale probabilmente all’inizio della seconda metà del ‘700, può essere stato realizzato nella chiesa costruita nel 1747, si tratta di una immagine, come nota Carlucci, diversa per atteggiamento ed espressione da tutte le altre immagini di Maria venerate in Altamura.


In occasione dei rifacimenti operati al Santuario dai FP. Barnabiti l’affresco fu trasferito al centro dell’abside. La rimozione del quadro fu fatale per l’antico dipinto che si spezzò in due a causa di una preesistente frattura non consolidata, come si legge in una nota del Bollettino Vocazioni in Cammino (Altamura- Settembre 1970).

L’affresco fu restaurato ad opera dei pittori Pio e Silvio Eroli e nel 1969 fu collocato al centro dell’abside. Oltre l’affresco, oggetto di culto al Santuario è la statua della Madonna. Si avvertiva il bisogno di portare in processione la Madonna, per questo, si pensò a realizzare una statua.Sono state, nel tempo, realizzate due statue: la seconda in seguito al deterioramento della prima. Non si conservano nè le date, nè i luoghi delle due realizzazioni. Per i luoghi nella tradizione si fa riferimento a Lecce e a Napoli. Si tratta, per la statua attuale, di una maceln in legno, ossia un telaio per la gonna e un manichino per il busto, con la testa, le mani, i piedi, il tutto rivestito di ricchi abiti e manto azzurro, Con la statua ebbero inizio le processioni, prima nell’ambito della cappella campestre poi verso la città specie in occasione di siccità e pertanto per rogazioni di acqna. In tali occasioni la statua veniva collocata su un carro tirato a braccia, con grande sforzo, con pesanti corde da parte di uomini.

In città la Statua veniva allogata alternativamente nelle chiese diS.Teresa e di S.Domenico, soltanto nel settembre del 1920 per la prima volta fu portata in Cattedrale per soddisfare la pietà dei fedeli ed in special modo di molti giovani soldati che, dopo parecchi anni di lontananza, volevano rendere alla Vergine Santissima un omaggio di maggiore onore o venerazione (Del.Cap.vol.XVII f.7). Dopo questa circostanza si deliberò (10 maggio 1923) ‘che la Venerata Immagine possa essere accolta in Cattedrale sempre’ (Del.Cap.vol.VII, f.36).
Il 15 settembre 1954 ricordando il centenario della proclamazione del dogma dell’Immacolata ci fu l’incoronazione della statua per mano del cardinale Masella, il quale pose sul capo della vergine e del Bambino le corone d’oro forgiate con l’oro raccolto dai fedeli e fuso in Cattedrale, alla presenza del popolo, il 14/5/54. Le corone erano state benedette personalmente dal Papa Pio XII. (Tratto dal sito dell'Associazione http://www.madonnadelbuoncammino.com/storia-ed-origini/)


Per saperne di più


martedì 30 ottobre 2018

Trieste (TS) - Maria Madre e Regina, Monte Grisa

Storia

Questo Tempio è dedicato a Maria Madre e Regina e qui si venera l’immagine di Nostra Signora di Fatima chiamata la “Pellegrina”. Ricorda la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria celebrata per l’Italia il 13 settembre 1959 da un Delegato di Sua Santità il Papa Giovanni XXIII, alla presenza di tutti i Vescovi italiani, a conclusione del XVI Congresso Eucaristico Nazionale.

Immaginetta del Santuario Mariano di Monte Grisa

La consacrazione, venne richiesta dalla Madonna alla veggente Lucia con le parole:
“Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare. Egli vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Prometto la salvezza a chi l’abbraccerà e queste anime saranno care a Dio come fiori collocati da me per ornare il Suo Trono”.
Fatima, 13 giugno 1917
E successivamente, nel 1929, mentre Suor Lucia stava facendo l’Ora Santa, la Madonna le disse:
“È giunto il momento in cui Dio chiede che il Santo Padre faccia, in unione con tutti i vescovi del mondo, la consacrazione della Russia al mio Cuore Immacolato, promettendo di salvarla con questo mezzo”. Tuy, 13 giugno 1929
Questa Sacra immagine è dono del Santuario di Fatima alla città di Trieste ed è stata recata presso questo Santuario dal Vescovo di Fatima-Leiria Mons. Joao Pereira Venancio, a ricordo della “Peregrinatio Mariae” italiana detta “delle meraviglie” del 1959; Da questo altare vuole annunciare a tutti il suo profetico messaggio di misericordia, preghiera, riparazione e penitenza per la conversione dei peccatori.


Origini del Tempio


In un momento tragico della storia di Trieste, precisamente il 30 aprile 1945 alle ore 19.45, il Vescovo della città, Monsignor Antonio Santin, fece questo voto alla Madonna: “Se con la protezione della Madonna, Trieste sarà salva, farò ogni sforzo perché sia eretta una Chiesa in suo onore”. 
Nel 1948, Mons. Strazzacappa, su un numero della rivista “Settimana del Clero” auspicò e scrisse: “A conclusione (di un programma proposto per riaccendere in tutta Italia la devozione alla Madonna facendo conoscere il messaggio di Fatima) sarà bello erigere a Trieste un Tempio in onore della Madonna”.

Passarono gli anni ed esattamente dieci anni dopo, nel 1958, durante una riunione della Conferenza episcopale italiana tenutasi a Roma, venne preso in seria considerazione l’auspicio del Sommo Pontefice Pio XII, che invitava i Vescovi italiani, come già in altre Nazioni era stato fatto, a consacrare l’Italia al Cuore Immacolato di Maria. Si stabilì perciò di preparare la popolazione a questo evento, facendo passare la statua della Madonna di Fatima per i 92 capoluoghi di provincia del nostro Paese, pellegrinaggio che iniziando dalla Sicilia avrebbe dovuto concludersi a Trieste. Affinché l’Atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria fosse riconosciuto come un evento storico di straordinaria importanza per la Nazione italiana, fu accolta questa proposta espressa con grande entusiasmo dal Cardinale di Bologna, Giacomo Lercaro: “L’itinerario mariano si concluderà a Trieste con una cerimonia che riuscirà cara al cuore di ogni italiano: la posa della prima pietra di un Tempio dedicato a Maria Regina d’Italia, in ricordo della Consacrazione e quale atto di riconoscenza della Patria preservata dalla tirannide del comunismo ateo. Trieste manca di un vero e grande Santuario mariano: è quanto mai bello che l’Italia glielo offra in questa occasione! Dalle colline di Trieste la Vergine guarderà e benedirà tutta l’Italia”.

lunedì 22 ottobre 2018

Biella (BI) - Madonna nera di Oropa


La Madonna Nera di Oropa, collocata all’interno del Saccello, anche oggi, come da tanti secoli continua ad accogliere i pellegrini che vengono a pregare al Santuario. 
La statua lignea, alta mt 1,32, rappresenta la Madonna nel mistero della presentazione del Bambino al Tempio e della sua Purificazione. Infatti il Bambino reca la colomba e la Vergine stende il braccio destro con la palma della mano a racchiudere le monete dell’offerta. (Il prezioso pomo in oro, sormontato dalla croce tempestata di diamanti, che porta ora è un oggetto votivo posteriore).
I suoi tratti e l’espressione del volto, come pure il drappeggio delle vesti richiamano caratteri arcaici ed orientali. Anche l’espressione del Bambino, che non ha tratti infantili ma di un piccolo uomo, richiama le antiche icone. Secondo la tradizione, la statua venne portata da Sant'Eusebio dalla Palestina nel IV secolo d.C. mentre fuggiva dalla furia della persecuzione ariana; adoperandosi per la diffusione della devozione mariana, Sant'Eusebio avrebbe nascosto la statua tra le rocce dove ora sorge la Cappella del Roc, costruita nella prima metà del Settecento dagli abitanti di Fontainemore, località valdostana ancora oggi fortemente legata al Santuario dall'antica processione che si snoda ogni cinque anni tra i monti che separano le due vallate. Il manto blu, l'abito e i capelli color oro fanno da cornice al volto dal sorriso dolce e austero. E’ stato constatato che sul viso della Madonna e del Bambino, non si posa mai la polvere. Il fatto è attestato pubblicamente da prove periziali, tra cui quella del can. Agostino Penna. 

La statua, nonostante i secoli, non presenta alcun segno di logoramento. Il suo piede, nonostante l’uso di essere toccato ripetutamente dai pellegrini, anche con oggetti ricordo, non presenta segni di usura. 
Nel 1621 furono fatti due tentativi, in tempi diversi, per trasportare la Sacra Statua in località più vicina a Biella; uno dalla parte di Cossila, l’altra verso Pralungo. Ma tutte e due i tentativi fallirono: a poca distanza dal Santuario la Statua diventò così pesante che i portatori non poterono continuare il trasporto. Perdette il peso straordinario solo quando si accinsero a riportarla al suo primitivo sacello.
Fino a poco tempo fa, sul capo della Madonna vi erano posate tre corone, omaggio delle secolari incoronazioni e tanti preziosi gioielli ornavano il suo petto.
La devozione alla Madonna di Oropa è sempre molto sentita. Tanti fedeli della Diocesi di Biella e dalle diocesi vicine, ogni anno, salgono con i loro Parroci, per esprimere, con solenni processioni, la loro fede e l’amore per la Madre di Dio.
La storia del santuario racconta anche di persone illustri, civili, politiche e religiose, che hanno lasciato la testimonianza del loro passaggio:
Il Beato Giovanni Paolo II fu a Oropa il 16 luglio 1989 in visita ufficiale. Altri futuri papi, ancora cardinali, visitarono il Santuario: I cardinali Acchille Ratti, Angelo Roncalli, Albino Luciani, Giovanni Battista Montini, Joseph Ratzinger.
Anche molti santi si recarono ai piedi della Madonna nera tra cui si ricordano: San Giovanni Bosco, San Giuseppe Benedetto Cotolengo, Santa Maria Domenica Mazzarello, il Beato Michele Rua, la Beata Anna Michelotti, La Beata Teresa Grillo, San Guido Maria Conforti, il Beato Luigi Maria Monti. (Articolo tratto dal sito http://www.reginamundi.info/)


Preghiera alla Madonna di Oropa
Che si recita ogni giorno nel Santuario

O Madre di Dio e Madre nostra Maria, 
che hai scelto la Conca di Oropa 
per collocarvi la tua prodigiosa immagine, 
strumento della Divina Misericordia 
per i molti che ti invocano:
continua la tua materna assistenza a favore di noi, 
del popolo cristiano e dell’umanità tutta.
Sostienici 
perché la nostra testimonianza 
dilati il Regno di Dio, 
nella Chiesa, nella famiglia, 
nella scuola nella società. 
Conforta i giusti nel divino servizio, 
conduci a penitenza i peccatori, 
ottieni consolazione agli afflitti e salute agli infermi.
La tua materna bontà avvalori la nostra preghiera 
per coloro che ci hanno preceduto nella via dell’eternità . 
E noi continueremo ad amarti, invocarti e benedirti.
O Regina potente e pietosa del Sacro Monte di Oropa.
Ave Maria…
Regina del Monte di Oropa, prega per noi.



Il Santuario di Oropa

Il santuario di Oropa è un santuario mariano - dedicato alla Madonna Nera - situato una dozzina di chilometri a nord della città di Biella, a circa 1.159 metri di altitudine, in un anfiteatro naturale di montagne che circondano la sottostante città e fanno parte delle Prealpi biellesi.
Il santuario comprende oltre, ad un Sacro monte (il Sacro Monte di Oropa), la chiesa originaria sorta sulla base di un antico sacello ed il santuario attuale vero e proprio dotato di diverse strutture destinate all'ospitalità di fedeli e turisti. Dal santuario è possibile raggiungere il rifugio Savoia (quota 1900 m circa) e da qui, in pochi minuti, il Lago del Mucrone sul monte omonimo. Una cestovia arriva dal rifugio Savoia fino alla cima del monte Camino, a circa 2.400 metri di altitudine.

Nel marzo del 1957 papa Pio XII l'ha elevato alla dignità di Basilica minore. Come parte del sistema dei Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia, il Sacro Monte di Oropa è stato dichiarato nel 2003 patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Secondo la tradizione, il santuario di Oropa venne fondato da Sant'Eusebio vescovo di Vercelli nel IV secolo. Benché questa tradizione non goda di riscontro documentale, certo è che Eusebio diffuse il Cristianesimo e la devozione mariana nelle valli biellesi. A quei tempi infatti la popolazione del vastissimo territorio che corrisponde grosso modo all'odierno Piemonte era ancora quasi tutta pagana. In Vercelli prevaleva il politeismo romano mentre nelle valli alpine e nel Monferrato si conservava intatto il culto degli antichi celti tra i quali la venerazione di grandi massi erratici. Dove rifulse l'animo apostolico di Eusebio fu l'impegno nell'eliminare il paganesimo specialmente nei centri di antichissimo culto come ad Oropa e a Crea sostituendo il culto delle deità femminili celtiche con il culto della Madre di Dio, Maria.

In una Bolla di Papa Innocenzo III del 2 maggio 1207 sono menzionate a Oropa due chiese dedicate a Santa Maria e a San Bartolomeo. Secondo i più recenti studi storici questi edifici risalirebbero almeno all'VIII - IX secolo. Si tratta di due piccoli edifici montani. Mentre Santa Maria è scomparsa nell'espansione del santuario, San Bartolomeo è stato recentemente riscoperto e riaperto al culto.

Santuario di Oropa, Chiesa nuova
Della prima metà del Trecento è la statua gotica della Madonna nera che si venera nel santuario. Alla Vergine sono attribuiti numerosi miracoli e grazie particolari. Inizialmente il simulacro della Vergine era ospitato in un sacello, il cui sito è ancora visibile nella parete nord della basilica antica, presso un masso erratico, che probabilmente era stato un luogo di culto precristiano.

Dal XV secolo le famiglie biellesi iniziano a costruire ad Oropa case private, che occasionalmente possono ospitare i pellegrini. Del 1522 è il primo quadro ex voto, opera di Bernardino Lanino. In epoca barocca il santuario ha una grande espansione architettonica, grazie anche alla protezione della Casa di Savoia. Furono le infante reali Maria Apollonia e Francesca Caterina (sepolta nella navata centrale della Basilica antica) che fondarono le "Figlie di Maria", un gruppo di donne che, pur senza proferire i voti in forma pubblica, si dedica ancora oggi all'assistenza dei pellegrini e alle necessità del santuario. Sono attivi ad Oropa architetti illustri, fra i quali Filippo Juvarra (cui si deve fra l'altro la monumentale Porta Regia del santuario), Ignazio Galletti e Guarino Guarini.


Attorno alla basilica antica, che risale agli inizi del Seicento, viene edificato un santuario, che aveva le funzioni di ospizio per i pellegrini.
Durante la peste del Seicento, la città di Biella fa voto alla Madonna d'Oropa e rimane incontaminata. Tuttora, annualmente, la città compie ad Oropa una processione solenne in osservanza di questo voto.
Nel 1620 si ha la prima solenne incoronazione della Statua della Madonna nera. Successive incoronazioni si ripeteranno ogni cent'anni.
Su un colle a ovest del santuario viene costruito un Sacro Monte.
Oropa, nonostante la difficoltà delle comunicazioni, divenne dunque meta di frequenti pellegrinaggi agevolati a partire dal 1911 dalla costruzione della tranvia Biella-Oropa, soppressa nel 1958.
L'effigie della Madonna d'Oropa viene riprodotta con affreschi sulle case e nei piloni votivi, statuette e immagini di ceramica si trovano in tutti i paesi attorno a Oropa per un raggio di cinquanta chilometri. Molte chiese ospitano copie del Simulacro oropense, fra cui celebre è la copia barocca della chiesa di San Giacomo al Piazzo di Biella.

Sacro Monte di OROPA
al tramonto e di sera (UNESCO)

Nelle cronache relative alla fondazione del santuario si narra che la statua della Madonna Nera fosse stata nascosta da sant'Eusebio sotto un masso erratico per impedire che essa cadesse nelle mani degli eretici. Sopra tale masso gli abitanti di Fontainemore costruirono nel primo Settecento una cappella, oggi detta del Ròc (ovvero del masso).

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sabato 20 ottobre 2018

Moncrivello (VC) - Beata Vergine del Trompone


Santuario della Beata Vergine del Trompone

Situato nel comune di Moncrivello, il santuario è sorto per celebrare un'apparizione mariana, risalente al XVI secolo, connessa alla presunta guarigione miracolosa di una donna, Domenica Millianotto, affetta da numerose infermità. L'apparizione sarebbe avvenuta sul tronco di un castagno, completamente potato, in dialetto locale trumpone, in quanto molto grande.

La costruzione, voluta da Gabriella di Valperga di Masino, moglie del marchese di Moncrivello, ed autorizzata da papa Pio IV, con bolla pontificia del 31 agosto 1562, ebbe inizio appena giunse l'autorizzazione papale.

Nel 1568 fu conclusa la rotonda rinascimentale e nel 1600 si prolungò il lato sud con tre navate. Nel 1659 fu terminato il convento affidato ai frati Minori Riformati della provincia di Torino. I nuovi palazzi in stile neoclassico furono edificati nel 1893.

Nel 1827 il santuario e il convento passarono ai monaci cistercensi.

L'arcivescovo di Vercelli Celestino Matteo Fissore istituì al Trompone la sede di un Seminario, la cui attività proseguì fino al 1970. In quello stesso anno dall'incontro tra monsignor Luigi Novarese e l'arcivescovo Albino Mensa nacque il progetto per la realizzazione di una struttura sanitaria riabilitativa gestita dai Silenziosi Operai della Croce. Dal 2006 di fronte al santuario fu inaugurata la nuova sede denominata Centro di recupero e rieducazione funzionale mons. Luigi Novarese.

Il Santuario del Trompone

Le parole di San Carlo Borromeo, che visitò il santuario il 9 ottobre 1584, documentano le credenze relative ai fatti miracolosi che portarono Gabriella di Valperga a far costruire il Santuario nella località detta "Trompone":
«Principio di questa divota fabrica fu il miracolo fatto nella persona di Domenica di Millianotto di Cigliano; egli era gobba balbuziente che cascava di male caduco, e ritrovandosi in questo loco, dove non vi era segno di habitatione né dimora li aparve la gloriosa Vergine in splendore, et fu liberata da dette tre infirmitati l’anno 1562 a dì 26 di giugno...» 
(Atti della Visita Apostolica di San Carlo Borromeo al Santuario del Trompone, presso l'archivio della Curia Arcivescovile di Milano) (notizie tratte da Wikipedia)
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venerdì 5 ottobre 2018

Roma (RM) - La Vergine della Rivelazione



Le Apparizioni delle Tre Fontane


IL VEGGENTE
Bruno Cornacchiola nacque a Roma il 9 maggio 1913. La sua famiglia, composta dei genitori e di cinque figli, era molto misera, materialmente e spiritualmente. Il padre, spesso ubriaco, poco si interessava ai figli e sperperava il denaro in osteria; la madre, dovendo pensare a sostenere la famiglia, era assillata dal lavoro e si curava poco dei figli.

A quattordici anni Bruno se ne andò di casa e visse - fino al tempo del servizio militare - come vagabondo, abbandonato a se stesso, sui marciapiedi e nelle più squallide aree della emarginazione di Roma.

Nel 1936, dopo il servizio militare, Bruno si sposò con Iolanda Lo Gatto. La prima figlia fu Isola, il secondo Carlo, il terzo Gianfranco; dopo la conversione ebbe un altro figlio.

Partecipò giovanissimo, come volontario, alla guerra di Spagna, militando dalla parte dei marxisti. Lì aveva conosciuto un protestante tedesco che gli aveva inculcato un odio feroce per il Papa e il cattolicesimo. Così, nel 1938, mentre si trovava a Toledo, comprò un pugnale e sulla lama incise: «A morte il Papa!». Nel 1939, terminata la guerra, Bruno ritornò a Roma e ottenne un lavoro di controllore nell'azienda tranviaria. Aderì al partito d'azione e ai battisti, e più tardi entrò a far parte degli "avventisti del settimo giorno". Tra gli avventisti, Bruno venne fatto direttore della gioventù missionaria avventista di Roma e del Lazio e si distinse per il suo impegno e fervore contro la Chiesa, la Vergine, il Papa.



Nonostante tutti i tentativi fatti da sua moglie per convertirlo (per accontentarla accettò di fare i nove venerdì del Sacro Cuore), per molti anni fece di tutto per allontanare Iolanda dal cattolicesimo, arrivando al punto di incendiare tutte le immagini dei santi e perfino il crocifisso della sua sposa. Infine Iolanda, per amore del marito, fu costretta a ritirarsi dalla Chiesa.

Il 12 aprile 1947 fu protagonista delle apparizioni delle Tre Fontane. Da allora il veggente trascorse tutta la sua vita a difendere l'Eucarestia, l'Immacolata e il Papa. Più tardi fondò un'opera catechistica, la SACRI (Schiere Arditi di Cristo Re Immortale). Tenne innumerevoli conferenze dal Canada sino all'Australia, narrando la storia della sua conversione. Questo suo impegno gli diede modo di incontrare diversi papi: Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.

Bruno Cornacchiola è morto il 22 giugno 2001, Festa del Sacro Cuore di Gesù.


IL LUOGO DELLE APPARIZIONI

La famiglia di Bruno Cornacchiola
Secondo un'antica tradizione che rimanda ai primi secoli del cristianesimo, confermata da documenti storici di grande valore, il martirio dell'apostolo Paolo, avvenuto nel 67 dopo Cristo per ordine dell'imperatore Nerone, sarebbe stato consumato nel luogo allora denominato Aquae Salviae, precisamente dove oggi sorge l'abbazia delle Tre Fontane.

La decapitazione dell'Apostolo, sempre secondo la tradizione, avvenne sotto un pino, presso un cippo marmoreo, che ora si può vedere in un angolo della chiesa stessa. Si dice che la testa dell'Apostolo, mozzata con un deciso colpo di spada, sia rimbalzata per terra tre volte e che a ogni balzo sarebbe scaturita una sorgente di acqua.

Possiamo supporre che la Madonna abbia scelto quella località proprio in riferimento a san Paolo, non solo per la sua conversione ma anche per il suo amore alla Chiesa e alla sua opera di evangelizzazione. Ciò che accadde all'Apostolo sulla via per Damasco ha parecchi punti di contatto con ciò che si verificò in questa apparizione della Vergine a Bruno Cornacchiola. Gesù disse a Saulo: «Io sono colui che tu perseguiti!». Alle Tre Fontane la Madonna dirà al veggente, rivestendolo della sua luce affettuosa: «Tu mi perseguiti, ora basta!». E lo invitò a entrare nella vera Chiesa che la celeste Regina definisce «ovile santo, corte celeste in terra».

LE APPARIZIONI E I MESSAGGI
È sabato in Albis quel 12 aprile 1947. Verso le 14, papà Bruno parte con i suoi tre bambini: Isola, di undici anni, Carlo di sette e Gianfranco di quattro. Li conduce alla periferia di Roma, sulla Laurentina, non lontano dal convento dei trappisti delle Tre Fontane.
Mentre i tre bambini giocano, Bruno prepara un testo col quale intende dimostrare che Maria non è Vergine, che l'Immacolata Concezione è una fantasia al pari dell'Assunzione in Cielo. Mentre Cornacchiola consulta la Bibbia per trovare i passi adatti a sostenere le sue affermazioni, i bambini lo interrompono dicendogli di aver perso la palla.


Articolo di Antonio Socci (clicca sull'immagine)
Lasciamo ora alle parole di Bruno la descrizione particolareggiata dei fatti: "Raccomando a Gianfranco, il più piccolo, di non muoversi e gli do per passatempo un giornaletto. Poi con gli altri mi metto a frugare ogni cespuglio. Per assicurarmi che il più piccino non si allontani rischiando di cadere in qualche buca, lo chiamo di quando in quando. Ma, a un certo punto, non mi risponde più. Allora mi precipito a vedere. E scopro il bambino a sinistra dell'ingresso di una grotta, in ginocchio e con le mani giunte. Parlava con qualcuno che non vedevo, ma che pareva stare davanti a lui: «Bella signora, bella signora!». Chiamo mia figlia Isola, che aveva un mazzetto di fiori in mano, e Carlo. Ci avviciniamo tutti e tre a Gianfranco. «Vedete qualcosa?», faccio io. «Niente», rispondono i ragazzi. Ma ecco che Isola piega le ginocchia, congiunge le mani ed esclama, rivolta verso un punto della grotta: «Bella signora!». Penso a uno scherzo dei ragazzi, penso anche che la grotta sia stregata. Dico allora a Carlo che mi sta vicino: «E tu non ti inginocchi?». «Ma va'!», mi fa lui. Però non finisce la frase e cade a terra in ginocchio con le mani in preghiera, guarda là dove sono rivolti gli sguardi dei fratelli. Mi impaurisco, cerco di scuotere gli inginocchiati, ma sembrano di pietra. Li guardo meglio: sono diventati bianchissimi, quasi trasparenti. Le loro pupille sono dilatate. «Signore, salvaci tu!», mi viene spontaneo di mormorare.


Famiglia di Bruno Cornacchiola (tratta dal Web)
Ho appena finito l'invocazione che mi sembra di sentire due mani che da dietro mi spingono e quindi mi tolgono un velario dagli occhi. In quell'istante la grotta scompare dinanzi a me, mi sento leggero leggero, quasi sciolto dalla carne e avvolto da una luce eterna, in mezzo alla quale vedo la figura di una donna paradisiaca, che descrivere non mi è possibile. Posso dire solo che il viso, di tipo orientale e di colorito olivastro, era bello, di una bellezza dignitosa. La donna aveva i capelli neri riuniti sul capo, visibili quanto poteva permetterlo il manto che dalla testa le scendeva fino ai piedi. Il manto era del colore dell'erba dei prati a primavera. La veste invece era candida, stretta in vita da una fascia rosea le cui bande giungevano fino alle ginocchia. I piedi nudi poggiavano sopra un blocco di tufo. Sarà stata alta circa un metro e 65 centimetri. La «bella signora» aveva un libricino grigio nella mano destra [...].

Poi la «bella signora» parlò con voce dolcissima e disse: «Sono colei che sono nella Trinità divina. Sono la Vergine della Rivelazione. Tu mi perseguiti, ora basta! Rientra nell'Ovile Santo, Corte Celeste in terra. Il giuramento di Dio è e rimane immutabile: i nove venerdì del Sacro Cuore che tu facesti, amorevolmente spinto dalla tua fedele sposa, prima di entrare nella via della menzogna, ti hanno salvato!»".

Bruno è pervaso da un'intensissima felicità, mentre la grotta - abitualmente molto maleodorante - si riempie di un dolcissimo profumo.

Bruno Cornacchiola
Poi la Madonna muove il braccio sinistro e punta l'indice verso il basso, indicando qualcosa ai suoi piedi. Bruno segue con l'occhio il gesto e vede per terra un drappo nero, una veste talare da prete e sopra di essa una croce spezzata in più punti. «Questo è il segno che la Chiesa soffrirà, sarà perseguitata, spezzata; questo è il segno che i miei figli si spoglieranno... Tu, sii forte nella fede!...». La celeste visione non nasconde al veggente che lo attendono giorni di persecuzione e di prove dolorose, ma che Lei lo avrebbe difeso con la sua materna protezione. Poi Bruno viene invitato a pregare molto e a far pregare: «Si preghi assai e si reciti il Rosario quotidiano per la conversione dei peccatori, degli increduli e per l'unità dei cristiani...». E gli rivela il valore delle Ave Maria ripetute nel Rosario: «Le Ave Maria del Rosario che voi dite con fede e con amore sono tante frecce d'oro che raggiungono il Cuore di Gesù...».


Gli fa una bellissima promessa: «Con questa terra di peccato opererò potenti miracoli per la conversione degli increduli...», «Io convertirò i più ostinati con prodigi che opererò con questa terra di peccato...». La Madonna inoltre rivela a Bruno: «Il mio corpo non marcì, né poteva marcire. Mio Figlio e gli angeli mi vennero a prendere al momento del mio trapasso...». Con queste parole Maria si presentava anche come Assunta in Cielo in anima e corpo. Mentre a Lourdes (1858) l'apparizione della Madonna confermò il dogma dell'Immacolata Concezione promulgato l'8 dicembre 1854 da Pio IX, alla Grotta delle Tre Fontane, nel 1947, la Madonna anticipa il Dogma dell'Assunzione in Cielo di Maria promulgato da Pio XII il 1° novembre 1950. La Madonna, alla Grotta delle Tre Fontane, raccomandò con chiarezza e precisione di vivere la Divina Dottrina, di vivere il cristianesimo, cioè di vivere la religione.

Ma occorreva dare al veggente la certezza che quella esperienza che stava vivendo, e che tanto avrebbe inciso nella sua vita, non era una allucinazione o un inganno di Satana. Per questo gli dice: «Desidero darti una sicura prova della divina realtà che stai vivendo perché tu possa escludere ogni altra motivazione del tuo incontro, compresa quella del nemico infernale, come molti ti vorranno far credere. E questo è il segno: dovrai andare per le chiese e per le vie. Per le chiese, al primo sacerdote che incontrerai e per le strade, a ogni sacerdote che incontrerai, tu dirai: "Padre, devo parlarle!". Se costui ti risponderà: "Ave Maria, figliolo, cosa vuoi", pregalo di fermarsi, perché è quello da me scelto. A lui manifesterai ciò che il cuore ti dirà e ubbidiscilo; ti indicherà infatti un altro sacerdote con queste parole: "Quello fa per il caso tuo"».


 Continuando, la Madonna lo esorta a essere «prudente, ché la scienza rinnegherà Dio», quindi gli detta un messaggio segreto da consegnare personalmente alla «Santità del Padre, supremo pastore della cristianità», accompagnato però da un altro sacerdote che gli dirà: «Bruno, io mi sento legato a te». «Poi la Madonna», riferisce il veggente, «mi parla di ciò che sta avvenendo nel mondo, di quello che succederà nell'avvenire, come va la Chiesa, come va la fede e che gli uomini non crederanno più... Tante cose che si stanno avverando adesso... Ma molte cose si dovranno avverare...». E la celeste Signora lo conforta: «Alcuni a cui tu narrerai questa visione non ti crederanno, ma non lasciarti deprimere». Al termine dell'incontro, la Madonna fa un inchino e dice a Bruno: «Sono colei che sono nella Trinità divina. Sono la Vergine della Rivelazione. Ecco, prima di andare via io ti dico queste parole: la Rivelazione è la Parola di Dio, questa Rivelazione parla di me. Ecco perché ho dato questo titolo: Vergine della Rivelazione». Poi fa alcuni passi, si gira ed entra dentro la parete della grotta. Termina allora quella grande luce e si vede la Vergine che si allontana lentamente. La direzione presa, Nei giorni successivi Cornacchiola va alla ricerca di un sacerdote e ne interpella parecchi; nessuno però gli risponde con le parole indicate dalla Vergine. Finalmente, su consiglio di sua moglie, decide di rivolgersi al parroco; siccome però questi lo conosce come un acerrimo nemico della Chiesa, non osa andare subito da lui, ma interpella prima un altro prete che officia nella stessa chiesa: questi gli risponde esattamente con le parole che Bruno attendeva e lo indirizza al parroco stesso come alla persona più adatta. Bruno e sua moglie si confessano e si comunicano e rientrano a far parte della comunità parrocchiale, dalla quale da tempo erano usciti.
andando via, è verso la basilica di San Pietro.


Leggi l'articolo su Bruno Cornacchiola
Ripresosi dall'avvenimento mistico, il padre con i suoi tre figli prendono in silenzio la via del ritorno. Prima di rientrare a casa fanno una sosta nella chiesa di Tre Fontane dove Bruno impara da Isola, sua figlia, l’Ave Maria che non ricordava più. Quando inizia a recitare la preghiera si sente muovere da una commozione e da un pentimento profondo; piange e prega per molto tempo. All'uscita dalla chiesa, compra del cioccolato per i suoi figli e dice loro calorosamente di non raccontare a nessuno quella storia. I ragazzi però, giunti a casa, non possono trattenersi dal narrare alla madre la vicenda. La moglie di Bruno riconosce subito il cambiamento del marito e sente il meraviglioso odore che emanava dal marito e dai bambini. Iolanda perdona Bruno per tutto quello che le aveva fatto subire negli anni precedenti.

Seguono altre apparizioni. Il 6 maggio, Cornacchiola torna alla grotta per ringraziare la Madonna di quanto gli è stato concesso, e di nuovo la Madre di Dio gli appare, sorridente e materna: non parla, ma gli fa capire quanto sia grande la sua gioia per la sua conversione.

Uno dei sacerdoti della chiesa di Ognissanti, don Mario Sfoggia, manifesta a Bruno il desiderio di visitare anche lui la grotta. Il 23 maggio si recano assieme alla grotta; i due si inginocchiano vicino al sasso dove la Madonna aveva appoggiato i piedi e cominciano la recita del Rosario. Bruno risponde regolarmente alle preghiere, ma poi improvvisamente smette di parlare. Allora don Mario vuole vedere meglio cosa accade ma mentre sta per farlo, viene investito come da una scarica elettrica che lo blocca, rendendolo incapace di ogni minimo movimento. 
Sente Bruno che mormora: «Quant'è bella!... Quant'è bella!... Ma è grigio, non è nero...». «Don Mario, è rivenuta!» gli dice Bruno. Gli racconta che durante la visione la Madonna aveva posto le sue mani sul capo a tutti e due e poi se n'era andata, lasciando un profumo intenso. Il sacerdote abbraccia Bruno e gli dice: «Bruno, mi sento legato a te!». A queste parole il veggente ha come un sussulto e pieno di gioia riabbraccia don Mario. Quelle parole pronunciate dal sacerdote erano il segno che la Madonna gli aveva dato per indicargli che sarebbe stato colui che lo avrebbe accompagnato dal Papa per consegnargli il messaggio.


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Bruno era solito andare alla Grotta e vi s'intratteneva in preghiera. Sapeva che quello era stato luogo di peccato, ma si augurava che dopo l'apparizione non lo sarebbe stato più. Invece, da certi segni trovati dentro la Grotta, apprese che quello era ancora luogo di peccato. Amareggiato, scrisse sopra un foglio un accorato appello; fu la stessa Madonna a dettarglielo: «Non profanate questa grotta col peccato impuro! Chi fu creatura infelice nel mondo del peccato, rovesci le sue pene ai piedi della Vergine della Rivelazione, confessi i suoi peccati e beva a questa fonte di misericordia. È Maria la dolce Madre di tutti i peccatori. Ecco, che cosa ha fatto per me peccatore: militante nelle file di Satana, nella setta protestante avventista, ero nemico della Chiesa e della Vergine. Qui il 12 aprile 1947 con i miei bambini, è apparsa la Vergine della Rivelazione, dicendomi di rientrare nella Chiesa Cattolica Apostolica Romana, con i segni e le rivelazioni che lei stessa mi ha manifestato. L'infinita misericordia di Dio ha vinto questo nemico, che ora ai suoi piedi implora perdono e pietà. Amate Maria! È la dolce Madre nostra. Amate la Chiesa con i suoi figli! Ella è il manto, che ci copre nell'inferno che si scatena nel mondo. Pregate molto ed allontanate i vizi della carne! Pregate!».

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