giovedì 31 maggio 2018

Recanati (MC) - Maria Santissima Consolatrice degli afflitti


Convento
dei Cappuccini

Nel 1616 furono costruiti il convento e la chiesa dedicati alla Madonna di Loreto. I frati cappuccini hanno sempre avuto rapporti con la vicina famiglia Leopardi: appartiene a essa la prima Cappella laterale destra, dove fu esposto il quadro della Madonna Consolatrice degli Afflitti, protettrice dei Conti Leopardi. Secondo la Regola dell'Ordine è senza ornamenti. Nell'altare maggiore, costruito in noce, si trova un quadro della Madonna di Loreto dipinto da Girolamo Cialderi (1593 - 1680 Urbino), ai lati due tele settecentesche raffiguranti Santa Chiara e Santa Margherita da Cortona. Nel secondo altare, alla destra di chi entra, La Madonna dell'Insalata, pregevole tela attribuita da storici dell'arte al grande artista del Cinquecento, Caravaggio. Sul piazzale di fronte alla chiesa fu eretta una stele in travertino, decorata con ceramiche di Arturo Politi e Rodolfo Ceccaroni. Nel 1774 il convento venne ingrandito; dopo la soppressione del 1810 i frati vi ritornarono nel 1815; pochi mesi dopo la soppressione del 1866 la chiesa poté essere riaperta al culto. Questa presenta esternamente una facciata a capanna, con una finestra termale, preceduta da un portico con cinque archi alternativamente a tutto sesto e a sesto ribassato; all'interno navata unica coperta a botte con due cappelle per lato. Il convento si sviluppa a destra dell’edificio sacro ed è attualmente sede del Centro Missioni Estere. All'interno del convento dei Frati Cappuccini di Recanati è stato allestito il nuovo museo missionario.


mercoledì 30 maggio 2018

Ferrara (FE) - Madonna delle Grazie



Detta anche Madonna del Cantone 

Madonna dell’Atrio


Sulla controfacciata del primitivo edificio, vi era una targa con iscrizione commemorativa datata 1570.
 Il settecentesco altare in marmo, opera di Agapito Poggi, è adorno con statue di Andrea Ferreri.

Il 24 maggio 1779 l’immagine viene solennemente incoronata dall'arcivescovo card. Alessandro Mattei; il 28 settembre 1849 la Madonna delle Grazie è dichiarata Patrona di Ferrara.

Oggetto del culto è l’affresco della Madonna che allatta il Bambino, opera del Trecento ora trasferito su tela. (http://www.viaggispirituali.it/)


La Cattedrale di San Giorgio


LA FACCIATA
La grandiosa facciata, dalla particolarissima struttura a tre cuspidi, fu iniziata in stile romanico, ancora prevalente nella parte inferiore: da notare il San Giorgio e le scene del Nuovo Testamento sopra la porta centrale, opera dello scultore Nicholaus (1135).
La parte superiore, di qualche decennio più tarda, è in stile gotico e presenta, oltre alle numerose arcatelle e ai finestroni strombati, un magnifico Giudizio Universale scolpito da ignoto, sopra la loggia centrale.
Sotto queste sculture si trova un’elegante loggia gotica contenente una statua, anticamente dorata, della Vergine e il Bambino, opera della prima metà del Quattrocento attribuita a Michele da Firenze.
Nella parte bassa della facciata, a sinistra, una lapide ricorda il passaggio di Ferrara dal potere estense a quello del papa Clemente VIII. A destra, entro una nicchia, è posta invece la statua del marchese Alberto d’Este, fondatore dell’Università (1391).
La fiancata posta lungo la piazza Trento e Trieste è decorata da due logge con colonnette scolpite.In basso corre la Loggia dei Merciai, occupata da negozi fin dai tempi del Medioevo.
Al centro della fiancata si notano le strutture superstiti dell’antica Porta dei Mesi, distrutta nel XVIII secolo, le cui sculture sono in parte conservate nel Museo della Cattedrale.
L’imponente campanile rinascimentale,in marmo bianco erosa, è opera incompiuta attribuita a Leon Battista Alberti.
L’abside in laterizio è opera del massimo architetto e urbanista ferrarese, Biagio Rossetti.




INTERNO

L'interno fu interamente rifatto in varie epoche; l’abside nel XVI secolo, il transetto nel XVII e le navate nel XVIII. Oggi si presenta in stile classico, con una complessa e sontuosa decorazione pittorica e scultorea.

A. All'ingresso San Pietro e San Paolo, affreschi staccati da una chiesa sconsacrata, opera di Benvenuto Tisi da Garofalo (1481-1559), maestro della scuola ferrarese. Al di sopra le monumentali statue dei patroni di Ferrara, San Giorgio e San Maurelio Vescovo del 1746.

B. Cappella della Madonna delle Grazie con un’immagine della Vergine conservata all'interno di un sontuoso altare in marmi policromi di Agapito Poggi e Andrea Ferreri (XVIII secolo).

C. La Vergine in gloria con le Sante Barbara e Caterina, tela di Sebastiano Filippi, detto il Bastianino (1532-1602 ca).
D. I Santi Lorenzo e Francesco, con ritratto del donatore, di Ippolito Scarsella, detto lo Scarsellino (1550-1620).
E. Il martirio di San Lorenzo, di Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino (1591-1666).
F. Sopra la statua giacente dell’arcivescovo Ruggero Bovelli si trova un prezioso gruppo di statue bronzee del Quattrocento; Crocifissione con la Vergine e San Giovanni di Niccolò Baroncelli; ai lati i Santi Giorgio e Maurelio di Domenico di Paris.
G. Tomba di papa Urbano III. Il Pontefice morì inaspettatamente a Ferrara nel 1187, mentre sostava in città durante un viaggio.
H. Coro (primi decenni del XVI secolo): opera dei Canozi da Lendinara, ebanisti operanti in tutta l’Italia settentrionale.
I. Le pareti dell’abside sono coperte da una sontuosa decorazione di stucco dorato eseguita nel 1583-84 da Agostino Rossi e Vincenzo Bagnoli.
J. Nel catino absidale: Giudizio Universale, di Sebastiano Filippi (Bastianino). L’impianto dell’affresco (terminato nel 1580) è di chiara ispirazione michelangiolesca.
K. L’Incoronazione della Vergine e Santi, tela di F. Francia (1450 ca. - 1517).
L. Sposalizio della Vergine, di Niccolò Roselli (XVI secolo).
M. Madonna liberatrice, eseguita dal Garofalo nel 1532 quale ex-voto per la liberazione dalla peste iniziata nel 1528.
N. Madonna in trono con il Bambino e i Santi Silvestro, Maurelio, Girolamo e Giovanni, firmata e datata (1524) dal Garofalo
O. Cappella del Battistero: il fonte battesimale fu ricavato da un unico blocco di marmo nel Duecento, su modelli bizantini. È circondato da un’elaborata costruzione neogotica della seconda metà dell’Ottocento. (Articolo tratto dal sito http://www.ferraraterraeacqua.it/)


martedì 29 maggio 2018

Acqualagna (PU) - Madre della Misericordia


Madonna del Pelingo

A pochi passi da Fermignano (Ps) nel territorio di Acqualagna possiamo ammirare in un vero e proprio Paradiso il santuario del Pelingo

La chiesa prende il nome dalla famiglia Pelingo che verso la fine del XIV secolo ne volle l’edificazione. Nata come oratorio sacro al SS. Sacramento e alla Madonna, la chiesa fu dapprima dedicata a S. Maria del Pelingo (per la presenza di un’immagine della Vergine ivi collocata verso il 1440) e successivamente (fine secolo XVI) a S. Michele.

Essendo diminuita col tempo l’attenzione dei fedeli nei confronti dell’immagine della Vergine, l’oratorio fu gradualmente abbandonato e dimenticato. Un grande risveglio di venerazione si ebbe a partire dal 1781 quando, a seguito di un forte terremoto, si decise l’abbattimento dell’edificio che era stato gravemente danneggiato; infatti, tornata alla luce l’immagine originaria della Madonna che era stata ricoperta da un altro dipinto, alla stessa furono attribuite alcune miracolose guarigioni; pertanto fu necessario edificare una cappella per proteggere l’immagine ed ospitare le folle di pellegrini che invocavano la Vergine col nome di Madonna della Misericordia. 

Santuario del Pelingo
L’edificio attuale fu iniziato verso il 1820 e consacrato nel 1859. Il dipinto della Madonna, restaurato nel 1981 e di autore ignoto, è posto sopra l’altare maggiore e protetto da una bacheca di vetro. Nelle due cappelle laterali sono ospitati da un lato il dipinto dedicato a S. Michele Arcangelo e dall’altro quello della Madonna del Rosario, opera di Girolamo Cialdieri.

Ogni anno, il giorno 8 Settembre, in questo santuario viene celebrata la festa della natività della Madonna. Dal piazzale del santuario è possibile ammirare, verso il monte di Pietralata le rovine del castello di Pietrala. Adiacente al santuario c’è un ristoro -albergo chiamata “La casa del pellegrino” atta a ospitare i turisti che vogliono godere oltre che alle bellezze del luogo anche le meraviglie gastronomiche e pernottare. 

(Fonti : la valle del Metaturo, articolo tratto da   https://mondomorenix.it/)



lunedì 28 maggio 2018

Spiazzi (VR) - Madonna della Corona



Il Santuario della Corona


Il Santuario della Corona è luogo di silenzio e di meditazione, sospeso tra cielo e terra, celato nel cuore delle rocce del Baldo. Documenti medievali attestano che già intorno all'anno Mille nell'area del Baldo vivevano degli eremiti legati all'Abbazia di San Zeno in Verona e che almeno dalla seconda metà del 1200 esistevano un monastero ed una cappella dedicata a S. Maria di Montebaldo accessibili attraverso uno stretto e pericoloso sentiero nella roccia. 

Una pia tradizione collocava la nascita del Santuario della Madonna della Corona nel 1522, anno in cui la scultura qui venerata sarebbe stata miracolosamente traslata per intervento angelico dall'isola di Rodi, invasa dall'armata mussulmana di Solimano II, ma la datazione viene smentita dall'esistenza, nei recessi dell’attuale Santuario, di un dipinto di una Madonna con bambino, di fattura trecentesca, che costituì la prima immagine venerata nell'originaria chiesetta, che da essa prese nome. 

Tra il 1434 ed il 1437 S. Maria di Montebaldo, passò in proprietà ai Cavalieri di San Giovanni, o del Santo Sepolcro, presenti a Verona dal 1362 come commenda di San Vitale e Sepolcro, che conservarono la proprietà del Santuario fino allo scioglimento con provvedimento napoleonico nel 1806. A questo periodo sembra risalire il gruppo in pietra della Pietà poi venerata come Madonna della Corona. 

Alta 70 centimetri, larga 56 e profonda 25, la statua è in pietra locale dipinta. La statua poggia su un piedistallo recante la scritta 

“HOC OPUS FEClT FIERI
LODOVICUS D CASTROBARCO D 1432”, 

tradizionalmente considerata come prova che la statua venne fatta realizzare e donata alla Corona nel 1432 da Lodovico Castelbarco, proveniente da una nobile famiglia roveretana. Nei quattro secoli di gestione, la Commenda trasformò radicalmente la Madonna della Corona, facendola diventare un autentico Santuario capiente ed accessibile grazie alla sistemazione del ponte in legno di accesso a valle (1458) e alla costruzione sopra la preesistente di una nuova chiesa, di circa 18 metri per 7 (1490- 1521). 
Nel corso del Cinquecento vennero realizzate le due scale di accesso tuttora visibili: la più ampia, di 556 gradini, che dalla fonte di Spiazzi, poi denominata “Fonte dell’Indipendenza”, scendeva al ponte del tiglio, e quella più stretta, di 234 gradini, ricavata nella roccia lungo l’originario strettissimo percorso che conduceva dal ponte alla chiesa.


La nuova Chiesa

Nel 1625, iniziò la costruzione di una nuova e più ampia chiesa 4 metri sopra la precedente che rimase inglobata sotto il nuovo presbiterio. I lavori si protrassero per alcuni decenni, giungendo al tetto nel 1664 e concludendosi definitivamente nel 1685.
Nel frattempo vennero risistemate le vie d’accesso grazie al contributo del commendatore Tancredi venne costruito in una cavità del monte un ospizio per le necessità di alloggio dei pellegrini sempre più numerosi. L’assetto complessivo dell’intera area del Santuario è documentato in due preziosi inventari, del 1724 e del 1744, ed è perfettamente visibile in una bellissima incisione eseguita nel 1750 da Giovanni Antonio Urbani su incarico del rettore don Giancarlo Balbi. Sul finire del secolo XIX, su progetti dell’arch. Giuseppe Magagnotti di Verona e dell’ing. Emilio Paor di Trento, la chiesa fu ampliata e dotata di una nuova facciata in stile gotico, ornata di marmi; la conclusione dei lavori fu solennizzata il 17 settembre 1899 con la cerimonia d’incoronazione della statua dell’Addolorata.
Negli anni successivi facciata e chiesa furono impreziosite da statue dello scultore Ugo Zannoni, nel 1921-1922 fu rifatto il campanile con guglia svettante e nel 1922, in occasione del quarto centenario della comparsa della statua dell’Addolorata, venne migliorata la strada e aperta, su disegno dell’ing. Federici, la galleria d’accesso al Santuario, agevolando così il percorso ai pellegrini.
Dopo l’ultimo conflitto mondiale, dal 1946 al 1949, il rettore don Sandrini fece eseguire, su progetto dell’arch. Banterle, un ampliamento della chiesa nella parte del presbiterio.

La basilica attuale

Nel 1974 venne affidato all’architetto Guido Tisato l’incarico di redigere un progetto di un intervento globale che prevedesse l’abbattimento della Chiesa esistente, la conservazione delle parti più valide e significative e la costruzione di una struttura più ampia. Demolizione e ricostruzione del Santuario vennero effettuati dal 1975 al 1978 ed il 4 giugno 1978 il Vescovo Giuseppe Carraro poté procedere alla dedicazione del nuovo Santuario e del nuovo altare. Nel 1982 al Santuario venne attribuito il titolo “basilica minore”. Il 17 aprile 1988 Papa Giovanni Paolo II visita il e prega la Madonna della Corona. (Articolo tratto dal sito http://www.madonnadellacorona.it/)



domenica 27 maggio 2018

Monfalcone (GO) - Beata Vergine Marcelliana



LA STATUA DELLA MADONNA 

La statua della Beata Vergine Marcelliana, che è una fra le più antiche immagini marmoree della regione, si trova sull'altare maggiore, che è in marmo locale.
Rinvenuta intorno al 500 in un'imbarcazione, giunta senza equipaggio, spinta e guidata lungo il fiume Rosega da una mano invisibile al luogo, dove, accolta con devozione, le fu costruito lungo i secoli un Santuario sempre più degno.
Il fatto prodigioso è ricordato da un affresco recente (1943) del veronese Agostino Pegrassi.
La statua è di forme alquanto rozze e primitive, attribuite ad arte romanica o anche ad arte bizantina o di gusto orientale.
La Madonna è rappresentata seduta, stringe con la destra il Bambino ritto in piedi, mentre tiene nella sinistra un oggetto ancora imprecisato, o uno scettro, o un'arma, o un frutto. Con maggiore probabilità si tratta di un "pane", quale dono della Provvidenza ai più bisognosi, come conferma il ricorso alla intercessione della Vergine Marcelliana da parte delle popolazioni nei momenti più gravi di fame e di desolata miseria che segnarono gli anni più oscuri della storia di queste terre.
Si osservi l'espressione del volto della Vergine, la mestizia che vela un sorriso appena accennato, e quella del Bambino, quasi partecipe, nella sua innocenza, del dolore della Madre.
Gli eventi della prima guerra mondiale non risparmiarono la chiesa che subì danni dal tiro delle artiglierie. Quando poi in essa fu installata un ospedaletto da campo, andarono perduti tutti gli arredi.
Solo la statua della Madonna rimase intatta sull'altare maggiore a conforto dei feriti. Vi rimase anche durante il secondo conflitto mondiale, e rimane ancora, non costretta da nessuna forza umana, ma solo dal suo amore materno, per ascoltare le preghiere dei Monfalconesi e di tutti i suoi figli ed elargire loro il "Pane" che nutre il corpo e lo spirito.


Documenti scritti risalenti a quell'antico periodo sono andati perduti in seguito al susseguirsi di invasioni barbariche; solo nel XII secolo troviamo un primo cenno dell'esistenza della "Pieve Marcelliana" in un decreto del Patriarca Volrico, emesso tra il 1120 e il 1122: con questo documento, il patriarca assegnava metà della Pieve Marcelliana all'Abbazia benedettina di S. Martino della Beligna, cui già era affidata la Chiesa ed il Monastero di S. Giovanni al Timavo.

L'opera caritatevole dei benedettini in queste terre resterà legata nei secoli, al "Ponte dei mendicanti" presso cui convenivano i poveri per l'elemosina; le ultime vestigia di questo ponte scomparvero con la nascita del borgo operaio di Panzano e la conseguente tubatura del torrente Roggia da esso scavalcato.

Nei secoli XII e XIII il territorio della Pieve andò spopolandosi sia in seguito alle frequenti guerre di fazioni, sia per il diffondersi della malaria.

Gli abitanti delle campagne tendono a rifugiarsi nel nuovo borgo che sorge ai piedi della rocca di Monte Falcone, difeso da solide mura, e per secoli la Chiesa nuova ivi sorta nel 1500 (ora porta il nome di Sant'Ambrogio) continuerà a chiamarsi Santa Maria Marcelliana acquistando sempre maggior importanza, anche se, formalmente, la parrocchiale rimarrà la vecchia Marcelliana, divenuta popolarmente il "Santuario di Maria".

Tra il 1360 e il 1364 l'antica Chiesa fu demolita e ne fu costruita una nuova: una delle tante ricostruzioni dell'edificio nel corso della sua lunga storia.
Nel 1381, in seguito a discordie sul sistema di nomina del patriarca di Aquileia (il Papa Urbano VI l'aveva affidato al Cardinale Filippo d'Alencon, la città di Udine voleva fosse eletto dal capitolo aquileiese secondo la tradizione) scoppiò una guerra civile che vide la città di Monfalcone divisa tra i partigiani dei due partiti. Dopo aver sopportato le gravi conseguenze di queste lotte, nel 1386 fece la sua comparsa il terribile flagello della peste.


In questa circostanza i monfalconesi ricorsero alla Vergine per implorare il suo aiuto, facendo voto di recarsi settimanalmente in processione alla Marcelliana. Voto fedelmente man-tenuto ogni sabato fino agli inizi del nostro secolo e oggi, purtroppo, dimenticato.

Altre terribili prove subirono le popolazioni di queste terre, quali l'invasione dei Turchi alla fine del 1400 e le incursioni dei pirati Uscocchi nel 1615.
In questo periodo l'edificio della Marcelliana subì vari interventi di restauro e di ampliamento. Tra questi, importante da ricordare è l'esecuzione degli affreschi della volta e delle pareti, opera del celebre Arsenio Nigris (XVI secolo).

In seguito al grande sviluppo economico della prima metà del XIX secolo, Monfalcone conobbe un notevole aumento demografico che portò alla demolizione delle mura medievali (1838) per permettere la fusione del centro con i nuovi borghi, tra cui quello della Marcelliana.

Le strutture ormai crollanti dell'antico edificio portarono alla decisione di demolire e ricostruire ex novo la Chiesa, fra l'11 maggio 1840 e il 4 agosto 1844.
La consacrazione del nuovo edificio avvenne il giorno 8 settembre 1844 ad opera dell'allora Arcivescovo di Gorizia, Francesco Saverio Luschin.
La nuova chiesa fu ornata da affreschi del veneziano De Santis, quale degno coronamento alla statua della Vergine Marcelliana, posta sull'altar maggiore. Purtroppo gli eventi della prima guerra mondiale non risparmiarono la Chiesa che subì danni dal tiro delle artiglierie. Quando, poi, in essa fu installato un ospedaletto da campo, andarono praticamente perduti tutti gli arredi. Solo la statua della Madonna rimase intatta sull'altar maggiore a conforto dei feriti.



sabato 26 maggio 2018

Sorso (SS) - Vergine Santissima Noli Me Tollere


Immaginette donate da Ignazio Contu

La storia della Madonna di Noli Me Tollere

“Fermati o passeggero
E il capo inchina,
saluta del ciel
la gran Regina,
a Maria Noli Me Tollere”


Si narra che….

…. nel lontano 1208 nei pressi della marina di Sorso, ad un pover uomo, muto dalla nascita, apparve la Madonna mentre cercava della legna per vivere.

Era una giornata primaverile, il 26 Maggio, quando l’uomo fu abbagliato dalla luce emanata dalla candida bellezza della Vergine che gli chiese di portare un Suo messaggio ai sacerdoti e ai compaesani: 

“Venite a prendermi!”

Voleva stare con loro e proteggerli. L’uomo pensava di non essere in grado di esaudire il desiderio della Vergine e di non poter riferire ciò che gli era stato chiesto, per la sua difficoltà nell'esprimersi, ma la Santissima lo esortò dicendogli: “Ti farai capire”.

Arrivato in paese, il muto si recò dal parroco e dagli uomini delle autorità e provò con i gesti a farsi capire; la gente accorreva per la novità dell’accaduto e nello stesso tempo l’uomo cominciò a parlare. La meraviglia nel sentire l’uomo parlare fu tale che si pensò al miracolo! Ciò confermava quello che egli stesso stava raccontando con le sue parole.

Il saggio sacerdote, dopo averlo ascoltato, radunò il popolo di fedeli per andare a prendere Lei che li avrebbe salvati dall'invasione dei cristiani cattivi e dei saraceni, esortandoli alla riconoscenza e alla speranza. I sorsensi si avviarono in pellegrinaggio verso il luogo in cui, all'uomo risanato, apparve la Madonna. In riva al mare trovarono una statua della Beata Vergine che, con riverenza e immensa gratitudine per la grazia ricevuta, portarono nella Chiesa parrocchiale di San Pantaleo. Gli animi erano colmi di gioia: 

“Sorso è Benedetta!” 
“Sorso sarà preservata dai mali!”

Ma il giorno seguente la statua non c’era più. La notizia della scomparsa si divulgò velocemente in tutto il paese. La disperazione si diffuse tra gli abitanti, già nostalgici per la gioia del giorno precedente e disperati per la sventura. Si pensò che la statua fosse stata rubata, fu cercata dagli uomini a cavallo, vennero battute tutte le vie, le campagne e i paesi vicini, fu una giornata di pianto e durante la notte tutti pregarono affinché la statua venisse trovata.

Il 28 Maggio, di Sabato, un uomo che si recò nei campi nella parte bassa del paese in cerca dei suoi buoi, vide la statua della Madonna con il Bambino su un albero di ulivo. Corse subito in paese per dare la notizia, la gente sobbalzò per la forte emozione e le lacrime di dolore divennero lacrime di gioia. La statua fu portata in processione dai devoti, per la seconda volta, nella Chiesa di San Pantaleo.

Ma nuovamente, il giorno appresso, la statua era sparita. Tutti tornarono nel luogo dove era stata trovata la volta precedente, era là, sullo stesso albero. Sotto i suoi piedi c’era una pietra di marmo con su inciso: 

Noli Me Tollere,
“Non toglietemi da qui”. 

Molti non compresero le parole del messaggio ma tutti capirono che quel sito era stato scelto per volontà di Dio e della Sua Madre Santissima, come la Sua sede.

Il sacerdote insieme con i fedeli fecero subito il voto di costruire lì un Santuario, la Statua rimase in parrocchia finché non venne costruita la Chiesa campestre.

Il 4 Giugno, di Domenica, si riunirono insieme i laici e gli ecclesiastici e dopo un sopralluogo, fu tracciata una croce sul terreno nel punto del ritrovamento. La Chiesa fu eretta in meno di un anno, grazie all'incessante lavoro dei fedeli iniziato subito dopo la promessa. L’altare maggiore fu costruito dove era piantato l’albero su cui fu ritrovata la statua che, una volta terminati i lavori, venne trasferita nella nuova Casa di Dio e i sorsensi poterono iniziare a celebrare solenni feste in Suo onore.

Foto tratta da siti Web
(si ringrazia l'autore per l'utilizzo "no profit")

Il popolo di Sorso fedele nei secoli alla Madonna di Noli Me Tollere, racconta dei tanti miracoli avvenuti grazie alla Beata Vergine, dalla liberazione degli invasori alla conservazione del paese che in quell'epoca, nonostante fosse situato vicino al mare, non fu oggetto di attacchi nemici. Inizialmente la facciata della Chiesa campestre era rivolta verso il mare ma in tempi più recenti fu abbattuta per edificarne una nuova con la Madonna rivolta verso il paese. (Notizie tratte dal sito http://www.sorsoturismo.it/)
La Preghiera della Vergine Santissima
"Noli Me Tollere"

Vergine Santissima “Noli Me Tollere”,
che nella storia più tragica del nostro paese appariste
maternamente ai nostri padri e sceglieste questo Santuario
quale Vostra dimora e quale trono di grazia e di misericordia, 
mostrandoVi sempre il rifugio, la protezione e la difesa delle 
anime, della famiglia, del paese, accettate benigna l’omaggio 
della nostra venerazione e della nostra consacrazione; 
conservate nelle nostre anime il dono della Fede e della Grazia Divina; 
elargite alle nostre famiglie la gioia della pace, della concordia e 
della prosperità; Liberateci da tutti i nemici dell’anima e del corpo; 
vegliate amorosa sulle nostre persone e sui nostri lavori; 
illuminateci nelle nostre imprese e santificateci nelle nostre croci, 
affinché tutta la vita nostra si svolga sotto il Vostro sguardo materno, 
nel beneplacito del Vostro Divin Figlio Gesù e nel gaudio delle 
Vostre celesti benedizioni. Cosi sia.

Amen.


venerdì 25 maggio 2018

Finale Ligure (SV) - Madonna Immacolata



La Madonna Immacolata e
la Basilica di S. Giovanni Battista 

A te che entri per la prima volta in questa chiesa, la comunità cristiana di San Giovanni Battista a Finale Ligure dà il suo più cordiale benvenuto.

Ti trovi nella Chiesa Madre di tutte le chiese del Finalese, ed è per noi un onore poterti accogliere all'interno di una tra le più belle chiese della Liguria.

Làsciati sorprendere dalla solennità di questaBasilica, ossia “casa del Re Signore”, antica per la sua storia, gloriosa per le sue tradizioni, bella per le sue forme architettoniche e le numerose opere d’arte qui contenute… Ma soprattutto làsciati avvolgere dal clima di preghiera e di raccoglimento di cui è intriso questo luogo sacro.

Devi sapere che la costruzione di questo Duomo si deve a tutta la popolazione ed ebbe inizio il 7 aprile del 1619. Fu aperto al culto il 1 novembre 1674 ed ebbe termine nel 1780 quando venne ultimata la grande cupola alta 24 metri. Sei, dunque, in un grande tempio lungo oltre 65 metri e in una delle chiese barocche più belle artisticamente, concreta espressione di un periodo di grande floridezza di Finale Ligure.


Forse hai già osservato la bellezza della facciata decorata a stucco, elegante e leggera, con un corpo centrale altissimo e fiancheggiato da due leggiadri campanili, arricchita di elementi decorativi. Le statue alla sommità rappresentano il patrono San Giovanni Battista, gli apostoli Pietro e Paolo, le virtù della fede e della speranza. Ora sei colpito dalla vastità ariosa e dalla leggerezza di questo luogo sacro, frutto principalmente delle due file di colonne binate in bianco marmo di Carrara, che separano la navata centrale dalle due laterali. 

Lo sguardo converge naturalmente verso l’Altare maggiore in marmo bianco intarsiato di marmi policromi, riccamente ornato di foglie, fiori e due volti d’angelo dall'aspetto solenne e pacato. Qui si trova il tabernacolo con il SS.mo Sacramento, sormontato da sei angeli che paiono reggere il grande Crocefisso sovrastante l’altare e che domina tutto il presbiterio. Dietro l’altare potrai ammirare il coro a doppio ordine di sedili in noce intagliato, con disegni vari e ad alta spalliera. Guardando in alto, osserva come la volta centrale è tutta affrescata con scene della vita del Battista, opera del pittore Gerolamo Brusco, vissuto tra la metà del XVIII secolo e i primi anni del XIX secolo. Noterai poi ai lati della basilica 12 cappelle con altare e relativa pala e al cui interno sono esposti pregevoli quadri di santi. 
Tra le cappelle spicca per bellezza e importanza quella dedicata alla Immacolata Concezione, la cui statua del 1681, vestita al gusto spagnolo con abiti sontuosi, è assai venerata dai Finalesi che la onorano del titolo di Patrona principale della città. 

Alla sua sinistra trovi la Cappella di San Pietro, in cui è custodito un bel gruppo ligneo del savonese Antonio Brilla, raffigurante Gesù che consegna le chiavi del primato a Pietro, anch’esso venerato in modo particolare dai pescatori, che lo festeggiano ogni anno con grande solennità. Ti consigliamo, perciò, di sostare dapprima in ginocchio per una preghiera a Gesù Eucaristia. Percorri poi con devozione e rispetto le navate della basilica, aiutato – se vuoi – dal libretto in fondo alla chiesa con tutte le spiegazioni. Fermati ad assaporare la bellezza delle opere d’arte. Lasciati avvolgere dalla luminosità che filtra dalle finestre poste in alto e che danno abbondante luce; immergiti nella suggestione del colore delicato delle numerose decorazioni pittoriche, nonché dalla sobrietà nei diversi fregi in rilievo.
Per ulteriori informazioni rivolgiti pure in sacrestia, dove puoi trovare immagini sacre, oggetti e libri religiosi.
Ti ringraziamo per essere venuto nella nostra Casa del Signore e ti invitiamo a unirti a noi nel condividere la celebrazione comunitaria dell’Eucaristia, la preghiera della Liturgia delle Ore e le altre forme di devozione che innalzano i nostri cuore alla santità e alla bontà del Dio Vivente in mezzo a noi.
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Da “Basilica di S.Giovanni Battista”, ed. Giors, Albisola, 1974 , a cura di Monsignor Botta
(in parte adattato e integrato )

La Cappella dell’Immacolata Concezione

La cappella dell’ Immacolata è la più bella tra le dodici cappelle della Chiesa.
L’altare, solenne ma non sovraccarico, è organico ed unitario nel disegno. Fu decorato nel 1674 dallo scultore Domenico Falcone di Lugano e da Anselmo Quadro, pure svizzero, nel 1680.
Ha la base realizzata con un intarsio di marmi policromi e un frontespizio ricco, adorno di numerose teste di angioletti di notevole finezza. E’ tutto in funzione dell’immagine della Madonna Immacolata: una statua del 1668, realizzata dal finalese Sebastiano Bocciardo. Vestita secondo il gusto spagnolo con abiti sontuosi, spira dolcezza materna e suggerisce un fiducioso abbandono: è assai venerata dai Finalesi quale Patrona della Città. E’, dopo l’altare maggiore, il secondo centro della Basilica.
Intorno alla nicchia dell’Immacolata, ci sono quattro figure di angeli, due per parte.
Ai lati dell’altare sono poste due statue ottocentesche dello scultore genovese Giambattista Villa (1878). Sono Giuditta ed Ester, donne bibliche la cui storia è richiamata dalla liturgia come parallela alla figura della Madre di Cristo. La cosa più rilevante dal punto di vista artistico è la decorazione della volta. Il pittore è G.B. Merano, genovese (1632-1698), discepolo di Valerio Castello. Raffigura la gloria di Maria Santissima assunta al cielo, tra una festa di angeli, sotto lo sguardo meravigliato dei dodici apostoli. Fuori del grande quadro centrale, ci sono altre importanti figure: Davide, Isaia, Mosè ed Abramo. La pittura del Merano è elegante, armoniosa ed equilibrata.
(Articolo tratto dal sito ufficiale della parrocchia http://www.parrocchiafinalmarina.it/)


giovedì 24 maggio 2018

Beata Vergine Maria Ausiliatrice

Festa di Maria Ausiliatrice, 
la MADONNA DEI TEMPI DIFFICILI


Clicca sull'immagine

Maria è la “Madre della Chiesa”,
Ausiliatrice del popolo cristiano nella sua continua lotta per la diffusione
del Regno di Dio.
“Auxilium Christianorum”

mercoledì 23 maggio 2018

Fiorano (MO) - Beata Vergine del Castello di Fiorano


Santuario della Beata Vergine del Castello di Fiorano


Nel 1630, in adempimento ad un voto espresso dai fioranesi, si dava inizio alla costruzione, sul colle di Fiorano, di un Oratorio sufficientemente capace per custodire una Sacra Effigie della Beata Vergine. L'immagine della Madonna, originariamente dipinta sull'arcata sovrastante il portale d'ingresso dell'antico castello di Fiorano, era stata miracolosamente risparmiata dall'incendio appiccato alle case del borgo del castello dai soldati spagnoli l'8 febbraio 1558. La fama del miracolo si era sparsa velocemente e, quindi, numerosi erano divenuti nel tempo i fedeli che si recavano al borgo di Fiorano per venerare la Sacra Immagine. Quindi, nel 1630, sparsasi per il modenese la terribile epidemia di pestilenza, i fioranesi, al primo annuncio dell'avanzare del morbo, ricorsero all'intercessione della Beata Vergine, la cui Effigie si trovava ancora esposta alle intemperie e fecero voto che, se il paese si fosse salvato dal flagello, avrebbero iniziato la costruzione di un oratorio. A Fiorano non si ebbe alcun caso di contagio e già il 23 aprile 1631 veniva solennemente benedetto, dal vescovo di Modena, il nuovo oratorio dedicato alla Madonna. Sistemato il terreno occupato dai ruderi dell'antico castello ed elaborato, per volontà del duca estense Francesco 1, il progetto ad opera dell'architetto romano Bartolomeo Avanzini, il 15 agosto 1634 si procedette con solenne cerimonia alla posa della prima pietra. La devozione popolare verso il Santuario e l'immagine Miracolosa, in esso conservata, progredì parallelamente ai lavori di costruzione dell'edificio: aumentarono donazioni ed offerte nonché il numero dei pellegrini che si recavano al luogo sacro. 

Nelle funzioni annuali, soprattutto per la celebrazione dell' 8 settembre, giorno della Natività di Maria, il numero dei fedeli divenne immenso e senza precedenti. Dopo la traslazione della Sacra Immagine dall'Oratorio al Santuario, avvenuta nel 1659, e dopo il ripetersi di altro "Miracolo del fuoco" nel 1670, l'8 settembre 1672 parteciparono alla celebrazione più di trentamila persone. Testimonianze tangibili di devozione popolare furono i numerosi oggetti, offerti all'altare della Madonna, che, tuttora conservati, ci narrano la storia dei miracoli e delle grazie ricevute. Nel 1866, ripresero i lavori di costruzione della fabbrica dei Santuario (iniziati nel 1634 ed interrotti nei 1683), con la ristrutturazione della cupola ed il rinnovamento delle secentesche pitture di Sigismondo Caula ad opera del pittore modenese Adeodato Malatesta. 
L'8 settembre dei 1889 veniva inaugurata la nuova facciata marmorea e la costruzione della seconda torre del Santuario. Dopo il definitivo compimento del Tempio, si dava infine incarico, nel 1906 ai pittori Giuseppe Mazzoni ed Alberto Artioli, per il completamento delle decorazioni interne ed il 13 settembre 1907 l'Arcivescovo di Modena consacrò il Santuario dopo l'attuazione degli ulteriori lavori edilizi. Nel 1984, nel 350' anniversario della fondazione dei Santuario, l'Arcivescovo Mons. Bartolomeo Santo Quadri, su richiesta di don Eligio Silvestri, Rettore del Santuario, e di Mons. Rino Annovi, Parroco del Duomo di Modena, dava avvio alle procedure affinché il tempio fioranese, acquistando una sempre maggiore dignità, venisse annoverato fra le Basiliche minori. Il Decreto Papale del 27 settembre 1989 ha sancito definitivamente l'alto riconoscimento al Santuario. 

Il papa Giovanni Paolo II ha innalzato il tempio di Fiorano alla dignità ed allo stato di Basilica Minore con i relativi diritti e privilegi, confermandole il diritto di precedenza su tutte le altre chiese. Il Santuario di Fiorano é divenuto, in tal modo, la quarta Basilica minore della Diocesi di Modena-Nonantola, insieme al Duomo ed alla chiesa di San Pietro di Modena ed all'Abbazia di San Silvestro di Nonantola. A circa 370 anni, quindi, dalla costruzione del primo Oratorio sul colle dedicato all'immagine Miracolosa della Beata Vergine, il secentesco Santuario di Fiorano ha ricevuto dal Pontefice l'ambito onore del titolo basilicale, con il quale é stata coronata la sua lunga storia, che prese avvio da quel lontano 8 febbraio dei 1558. Nel settembre 1998, a quattrocentoquaranta anni da quell'avvenimento, a cura dell'amministrazione comunale di Fiorano e con la collaborazione della parrocchia fioranese, é stata ordinatamente collocata e catalogata la preziosa collezione di ex voto del Santuario, la quale, ora, può documentare attraverso una mostra permanente allestita all'interno dei tempio stesso, i veri aspetti del tessuto socio-economico e religioso nonché della vita quotidiana della comunità fioranese nel suo evolversi storico. Tavolette votive, cuori in lamina d'argento, ex voto oggettuali vengono quindi a costituire un prezioso patrimonio storico e artistico, un importante complesso di memorie religiose e civili, attestando la forte devozione popolare verso l'immagine miracolosa della Madonna e il suo Santuario. (Articolo tratto dal sito http://www.comune.fiorano-modenese.mo.it/)


MOSTRA "EX VOTO"
Tutti i giorni dalle ore 8.00 alle ore 20.00 presso il Santuario di Fiorano, V. Santuario, è possibile visitare la "Mostra permanente degli Ex Voto". Per apertura rivolgersi alla canonica, per visita gruppi è necessaria prenotazione telefonica (ore pasti) allo 0536/830042 oppure allo 0536/833412. E' a disposizione dei visitatori il catalogo "Gli ex voto del Santuario della Beata Vergine del Castello" a cura di Alfonso Garuti, pubblicata in occasione dell'apertura della mostra inaugurata il 4 settembre 1998 organizzata dal Servizio Cultura del Comune di Fiorano (Tel. 0536/833412).
Indirizzo: Via del Santuario - Fiorano Modenese - MO - 41042



martedì 22 maggio 2018

Orvieto (TR) - Madonna dei Raccomandati


La “Madonna dei Raccomandati 
conosciuta anche come "Madonna della Misericordia" o "del Mantello" è conservata nel Duomo di Orvieto. La Cappella del Corporale si trova sul lato nord dell'incrocio principale. Fu costruita tra il 1350 e il 1356 per ospitare il caporale macchiato del miracolo di Bolsena. È da questa cappella che il reliquiario con il caporale viene portato in processioni religiose attraverso la città nella festa del Corpus Domini. 

In una nicchia sulla parete destra si trova il pannello della Madonna dei Raccomandati (1320 circa). Fu dipinto nella tradizione bizantina italiana da Lippo Memmi, che lo firmò LIPUS DE SENA. È una delle prime rappresentazioni di questa iconografia, originaria di Siena, ed è stata magnificamente restaurata.

Il dipinto è stato variamente modificato, specialmente nel XIX secolo. Alcuni pensano che l'unica parte originale del dipinto sia quella inferiore, dove possiamo vedere le pie donne e i fratelli raccomandarsi alla Madonna in preghiera.

Si tratta di un dipinto su tavola realizzato con elegante raffinatezza cromatica e diverse materie lacche, oro e argento fuse a tecniche miste probabilmente prima del 1320 da Lippo Memmi di Filippuccio. 

Intorno al 1330, anche se non tutti concordano - c'è chi proporrebbe una datazione verso il 1325 - Lippo dipinse per la Basilica di Santa Maria dei Servi a Siena una Madonna con Bambino, detta la Madonna del Popolo, oggetto di grande venerazione, ora alla Pinacoteca Nazionale di Siena. Sul bordo inferiore della cornice possiamo leggere "LIPPUS MEMI [ME] PINXIT". Si tratta di una delle sue opere più raffinate. Assieme al Martini nel 1333 dipinse uno dei capolavori gotici del XIV secolo, l'Annunciazione (ora conservata agli Uffizi), in cui già traspare l'aristocratica finezza e delicatezza che porterà Siena ed i suoi pittori ad essere uno dei massimi centri europei del Gotico Internazionale. 



La cattedrale di Santa Maria Assunta è il principale luogo di culto cattolico di Orvieto, in provincia di Terni, chiesa madre della diocesi di Orvieto-Todi e capolavoro dell'architettura gotica dell'Italia Centrale. Nel gennaio del 1889 papa Leone XIII l'ha elevata alla dignità di basilica minore. 

La costruzione della chiesa fu avviata nel 1290 per volontà di papa Niccolò IV, allo scopo di dare degna collocazione al Corporale del miracolo di Bolsena. Disegnato in stile romanico da un artista sconosciuto (probabilmente Arnolfo di Cambio), in principio la direzione dei lavori fu affidata a fra Bevignate da Perugia a cui succedette ben presto, prima della fine del secolo, Giovanni di Uguccione, che introdusse le prime forme gotiche. Ai primi anni del Trecento lo scultore e architetto senese Lorenzo Maitani assunse il ruolo di capomastro dell'opera. Questi ampliò in forme gotiche l'abside e il transetto e determinò, pur non terminandola, l'aspetto della facciata che vediamo ancora oggi. Alla morte del Maitani, avvenuta nel 1330, i lavori erano tutt'altro che conclusi. Il ruolo di capomastro venne assunto da vari architetti-scultori che si succedettero nel corso degli anni, spesso per brevi periodi. Nel 1350-1356 venne costruita la Cappella del Corporale. Nel 1408-1444 venne costruita la Cappella di San Brizio, affrescata però solo più tardi (1447-1504). Anche i lavori della facciata si protrassero negli anni, fino ad essere completati solo nella seconda metà del 1500 da Ippolito Scalza, che costruì 3 delle 4 guglie della facciata.


Lippo Memmi (Siena, nono decennio del XIII secolo – Siena, 1356) è stato un pittore italiano, esponente tipico della scuola senese della prima metà del Trecento e il seguace più valido e rappresentativo di Simone Martini, di cui fu cognato. Nel contesto senese della prima metà del XIV secolo, Lippo Memmi è uno degli autori più significativi e senz'altro la sua arte fu estremamente apprezzata in quanto rispecchiante i gusti più tipici dell'aristocratico ambiente senese dell'epoca. Di tutti gli autori senesi oggi la critica tende forse ad apprezzare di più coloro i quali sono riusciti a distaccarsi da questi stilemi (ad esempio Ambrogio Lorenzetti) e che nella prima metà del XIV secolo non trova nessun pittore veramente in grado di esprimersi al livello di Simone Martini. La sua formazione avvenne nella bottega del padre, Memmo di Filippuccio. Fu uno degli autori impegnati nel cantiere del duomo di Orvieto (come diversi altri senesi) dove realizzò la straordinaria tavola con la Madonna della Misericordia o Madonna dei Raccomandati, databile entro il 1320: il pittore ha firmato l'opera sul gradino ai piedi della Madonna, benché vi si possa notare anche la mano di almeno un altro collaboratore che ha realizzato i devoti genuflessi.

lunedì 21 maggio 2018

Siena (SI) - La Madonna del Voto



Madonna del Voto

I Senesi dedicarono un nuovo altare alla Madonna in Duomo dopo la vittoria nella battaglia di Montaperti (1260). Nel 1262 ne fu promossa la fondazione, nella terza campata della navata sinistra, e nel 1267 si arrivava all'approvazione finale e verosimilmente alla realizzazione dell'opera, che doveva far parte di un insieme più grande. 

L'opera in sé non è comunque documentata nel luogo attuale prima del 1420, quando venne elevata sull'altare di San Bonifacio.

Nel Trecento la sua fama di opera miracolosa le valse l'appellativo di "Madonna delle Grazie" e nell'anno 1400 Francesco e Andrea Vanni l'arricchirono di una predella con al centro lo Sposalizio della Vergine e almeno una Storia di san Bonifacio, santo che doveva comparire a lato di Maria, tra gli scomparti dell'ipotetico polittico.

Nel corso del XV secolo l'usanza di offrirle ex-voto tondeggianti che le erano appesi intorno le valsero il nome di Madonna dagli occhi grossi, da non confondere con un'altra opera pure in Duomo del Maestro di Tressa (oggi al Museo dell'Opera della Metropolitana).

L'opera nella cappella Chigi
Nel 1455 fu autorizzato di segare via le parti laterali e la predella per portare l'immagine in processione e inserirla in un tabernacolo marmoreo nella cappella dell Madonna costruita nel 1447. Solo dal 1630, per ringraziamento per la fine della peste, l'immagine iniziò ad essere nota come "Madonna del Voto". Nel 1659 la cappella fu distrutta e la Madonna collocata alla parete, ma solo fino al 1662, quando trovò una collocazione più degna e definitiva nella cappella intitolata all'Immacolata, commissionata da papa Alessandro VII Chigi nel 1660 e rimasta in patronato alla nobile famiglia Chigi fino alla fine del Novecento. 

L'immagine della Madonna del Voto è considerata la principale e più venerata icona mariana della Città e dell'Arcidiocesi di Siena; ad essa è tributato il titolo di Advocata Senensium.

Dal punto di vista critico, l'opera non ha goduto di particolare attenzione finché Garrison, notandone il buono stato conservativo libero da ridipinture, non la pubblicò nel 1949. Stubblebine, nel 1964, la datò agli anni ottanta del Duecento, riferendola a Guido da Siena. La confusione con la Madonna dagli occhi grossi del Maestro di Tressa fu chiarita solo nel 2003.

 

Fu poi Luciano Bellosi, nel 1991, a riferire l'opera a Dietisalvi di Speme, artista messo a fuoco proprio nei suoi studi come caposcuola della scuola senese del Duecento.

Appaiono remote le ipotesi che l'opera potesse essere stata sull'altare maggiore prima della Maestà di Duccio, o che fosse al centro delle tavolette del Dossale di Badia Ardenga (costituendo un unicuum difficilmente spiegabile).


Descrizione del dipinto e stile


Autore Dietisalvi di Speme
Data 1267 circa
Tecnica tempera e oro su tavola
Dimensioni 122×82 cm
Ubicazione Duomo, Siena

La Madonna è di tipo hodigitria, indicante il Bambino che benedice.
Lo stile mostra un allontanamento, rispetto dalla Madonna di San Bernardino e la Madonna Galli-Dunn, dalle influenze di Coppo di Marcovaldo, avvicinandosi piuttosto alle ricerche del pisano Gilio di Pietro. Lo si vede nella linea d'ombra pressoché ininterrotta dall'angolo interno dell'occhio sinistro fino al labbro superiore, oppure nel bordo rigido e metallico della cuffia sotto il velo.
Il Bambino, un piccolo filosofo con tanto di rotolo, non ha più i capelli ricci, ma a codinzoli. Nel volto malinconico di Maria sono state colte alcune prime influenze di Cimabue in territorio senese. (Notizie tratte da Wikipedia)

Bibliografia
Duccio. Alle origini della pittura senese, catalogo della mostra (Siena 2003-2004), Silvana, Milano 2003. ISBN 88-8215-483-1
AA.VV., Duccio, Simone, Pietro, Ambrogio e la grande stagione della pittura senese, Betti editrice, Siena 2012. ISBN 978-88-7576-259-9