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domenica 29 maggio 2022

Częstochowa (Polonia) - La Madonna di Częstochowa


La Madonna di Jasna Gòra

Il tesoro più prezioso di Jasna Gòra è il Quadro Miracoloso della Madonna. Ciò che rese in breve tempo Jasna Gòra il più famoso santuario del paese, che già contava numerosi luoghi di culto mariano, non fu forza della tradizione che vuole l' Evangelista Luca autore del quadro, né la perlazione dei reali che da sempre avevano cara Jasna Gòra: Ciò che rese questo luogo famoso è la presenza miracolosa dell'Immagine che ha sempre richiamato pellegrini da tutta la Polonia e dal mondo intero, come attestano i numerosissimi ex-voto.

Il Quadro della Madonna è il cuore del santuario di Jasna Gòra e la forza che attira folle di pellegrini: infatti questo santuario non è sorto in seguito ad un'apparizione della Madonna, come accade solitamente per i grandi santuari mariani. Senza il Quadro, Jasna Gòra non sarebbe altro che un complesso di edifici, memorie e opere d'arte, certamente belle e preziose, ma prive di vitalità. Il mistero, il fulcro, l'atmosfera del santuario di Jasna Gòra è l'Immagine. Essa è dipinta su una tavola di legno delle seguenti dimensioni: 122 x 282 x 23,5 centimetri, a raffigura il busto della Vergine con Gesù in braccio. Il volto di Maria è dominante nel quadro, con l'effetto che chi lo guarda si trova immerso nello sguardo di Maria: egli guarda Maria che lo guarda. Anche il viso del Bambino è rivolto al pellegrino, ma non il suo sguardo, che risulta in qualche modo fisso altrove. I due volti hanno un'espressione seria, pensierosa, che dà anche il tono emotivo a tutto il quadro. La guancia destra della Madonna è segnata da due sfregi paralleli e da un terzo che li attraversa; il suo collo presenta altre sei scalfitture, due delle quali visibili, quattro appena percettibili. Gesù, vestito di una tunica scarlatta, riposa sul braccio sinistro della Madre. La mano sinistra tiene il libro, la destra è sollevata in gesto di magisterialità, sovranità, benedizione. La mano destra della Madonna sembra indicare il Bambino. La veste e il mantello della Madonna sono ornati con gigli, simbolo della famiglia reale di Ungheria. Sulla fronte di Maria è raffigurata una stella a sei punte. Elemento di risalto sono le aureole attorno ai volti della Madonna e di Gesù, in quanto la loro luminosità contrasta con le tinte dei loro visi.


Il Quadro della Madonna si annovera fra le icone di tipo Odigitria ("Colei che indica e guida lungo la strada"). L'Icona di Jasna Gòra, visualizzando il messaggio biblico, favorisce la riflessione e invita alla preghiera.

Sulle colline calcaree che si estendono da Cracovia fino a Wielun (denominate "tratto dei nidi delle aquile"), affacciata sul fiume Warta, sorge la città di Czestochowa. Si ritiene che il nome della città provenga dal suo fondatore, uno slavo di nome Czenstoch. Nei documenti del XIII secolo essa viene menzionata come un vilaggio di cavalieri chiamato Czenstochowa. Alla fine del secolo XIV ricevette lo status di città.


Nella parte occidentale della città, chiamata nel XIV secolo "Vecchia Czestochowa", si trova una collina alta 293 metri, concessa ai Monaci Paolini venuti dall'Ungheria nel 1382. Su di essa fu eretto il complesso di edifici del santuario e del monastero, circondato da mura e parchi, che porta il nome. di Jasna Gòra (Clarus Mons). Il nome ricalcava quello della loro casa madre a Buda: San Lorenzo in Claro Monte Budensi. L'Ordine di San Paolo Primo Eremita - Monaci Paolini - fu fondato all'inizio del secolo XIII in Ungheria, in seguito al grande movimento eremita che coinvolse tutta l'Europa nei secoli XI-XII. Il fondatore dell'Ordine, il beato Eusebio, cannonico di Esztergom, diede vita alla prima comunità di Paolini, raccogliendo gli eremiti che vivevano nelle foreste dell'Ungheria e della Croazia. La loro vita monastica si modellò sulla regola di Sant'Agostino. Come patriarca scelsero San Paolo di Tebe chiamato "primo eremita".

Nato a Tebe, probabilmente nell'anno 230, Paolo fuggì nel deserto di Tebe a soli 16 anni, durante la persecuzione di Decio ove, secondo la tradizione trasmessaci da San Girolamo, dimorò per 90 anni, cibandosi del pane che gli veniva portato da un corvo. Al termine dalla vita, sempre secondo la testimonianza di San Girolamo, si recò da lui Sant'Antonio Abate, che seppellì il corpo del Santo, deponendolo in una fossa scavata, secondo la leggenda, da due leoni. Per questo motivo lo stemma dell'Ordine dei Monaci Paolini presenta una palma, due leoni e un corvo con un pezzo di pane nel becco.

Fu il principe Vladislao di Opole, pleni-potenziario del re Ludovico di Ungheria per la terra polacca negli anni 1367-1372, a chiamare i Monaci Paolini in Polonia. Essi vennero a Czestochowa nel 1382, ricevettero in dono una piccola chiesa e vi deposero il Quadro Miracoloso della Madonna, che il principe aveva portato dalla città di Belz. La storia del quadro di Jasna Gòra viene tramandata secondo due versioni: una tradizionale, avvolta nella leggenda, ed una storica, ricostruita dai critici d'arte interessati alla genealogia di questa straordinaria Immagine.
Secondo la versione della tradizione, il Quadro fu dipinto dall'Evangelista Luca sul tavolo della casa della Santa Famiglia. San Luca avrebbe dipinto due immagini di Maria, una delle quali pervenne in Italia, e fu conservata a Bologna, ove ancora oggi viene venerata; l'altra quella di Jasna Gora venne traslata da Gerusalemme a Costantinopoli dall'imperatore Costantino e deposita in una chiesa. Sei secoli più tardi, il principe russo Lev, ottenne dall'imperatore il Quadro come riconoscimento dei suoi meriti militari. Durante le guerre in Ruttenia il principe Vladislao di Opole trovò il Quadro, nel castello di Belz, dove veniva venerato come miracoloso. A seguito della grazia della vittoria riportata sui Tartari, portò con sé quel Quadro a Czestochowa, affidandolo alla custodia dei Monaci Paolini. Queste notizie ci sono pervenute tramite un manoscritto, il più antico, intitolato "Translatio tabulae", di cui una copia dell'anno 1474 viene conservata nell'archivio di Jasna Gòra (Notizie tratte dal sito web: http://www.parrocchie.it/). 


sabato 25 maggio 2019

Seminara (RC) - Maria SS.ma dei Poveri



Basilica Santuario della Madonna dei Poveri di Seminara 

[…] Il recente restauro, con le analisi scientifiche fatte sulla statua, ha potuto stabilire come data alla quale farla risalire il XII secolo. Questo dato scientifico mi porta a non prendere in considerazione altre narrazioni antecedenti a questa data, che non hanno possibilità di verifica provata, per cui è a partire da questo periodo che si può fare una riflessione documentata, anche dal punto di vista del culto e della devozione, sulla Madonna dei Poveri di Seminara. Questo dato scientifico, che sarà oggetto di approfondimento offrendoci una lettura esauriente di quanto ha detto la statua con il restauro, se confrontato con quanto tramanda la tradizione popolare, ci aiuta a capire che quest’ultima non è del tutto leggendaria ma ha un fondamento storico comparabile col dato scientifico. Tra il dato che la tradizione ci offre e il dato scientifico la differenza è minima. Narra infatti la tradizione che il ritrovamento è avvenuto in maniera casuale un martedì della Settimana Santa tra la fine del sec. XI e l’inizio del sec. XII. Tale data la si può identificare con l’inizio della pubblica venerazione da parte dei fedeli e quindi con l’inizio del culto alla Beata Vergine Maria, madre dei Poveri. Da questi pochi dati e inserendo l’evento nel contesto del mondo culturale e religioso della Calabria dell’XI-XII secolo possiamo avere degli elementi significativi sul culto della Madonna dei Poveri. La Calabria, e in modo particolare la Piana delle Saline, è stato territorio di grande sviluppo culturale, politico-sociale e religioso soprattutto grazie al monachesimo, che è vivo in Calabria fin dai tempi di Cassiodoro e cioè dal V secolo in poi. 

Particolare della statua (Foto 1)
Una comunità di monaci molto numerosa vi era certamente al tempo di San Gregorio Magno, perché Gregorio, nel 591, scriveva al Vescovo di Taureana, Paolino, di voler riunire in un unico monastero a Messina i monaci sbandati in seguito all’arrivo dei Longobardi. Dal secolo VII in poi molti monaci vennero dall'Oriente in Calabria per sfuggire alle invasioni arabe e alla persecuzione iconoclasta. Tra i secoli IX e XI larghe schiere di monaci scapparono dalla Sicilia araba, varcarono lo Stretto di Messina e vennero a stabilirsi a Reggio e alle falde dell’Aspromonte e in modo particolare a Seminara, S. Cristina, Sinopoli Vecchio, Melicuccà. 
«Nel secolo IX, vicino a Seminara, che forse allora cominciò ad acquisire l’importanza poi goduta dalla città nei secoli successivi, c’erano almeno altri due luoghi di culto: S. Pantaleone, frequentato da S. Elia il Giovane e il tempio di S. Maria del Buon Approdo, dove lo stesso Santo si recò col discepolo Daniele (…). Sembra che un’ampia opera di vitalizzazione monastica, sviluppatasi attorno ai centri Maggiori di Seminara, Melicuccà e Oppido, abbia ormai interessato tutta la parte centrale delle Saline, cioè il territorio attraversato dai molti affluenti del Petrace» 

Interno del Santuario (Foto 2)
La presenza di questi monaci è stata apportatrice di una vita religiosa e culturale che ha vivificato tutto il territorio rendendola appetibile a tutti. Ciò che caratterizzava questi monaci era la preghiera e il lavoro. Con la preghiera si rivolgevano a Dio per aiuto e protezione e con il lavoro essi venivano incontro alla popolazione, costretta a subire non solo ruberie, saccheggi, incendi e devastazioni da parte dei Saraceni ma anche gli effetti delle carestie, dei disastri sismici, dell’esoso fiscalismo di rapaci esattori di imposte. 

Basilica della Madonna dei Poveri (Foto 3)
I monaci di Calabria sono impegnati in ogni genere di lavoro: contadini, calligrafi, copisti, artigiani, miniaturisti, cesellatori, pittori, architetti, muratori, sarti, tessitori, arcolai, vasai in rame, in ferro e in terracotta, pescatori. Lavoravano particolarmente la terra, diradavano la foresta, incanalavano le acque, intensificavano le colture. Di questa spiritualità si sono nutrite le popolazioni di Calabria perché i monaci venivano condotti come da un invisibile potere verso le folle sulle quali esercitavano un’invincibile forza, quella della povertà, della preghiere e della laboriosità. La terra della Piana, dove numerosi erano i monasteri, è stata una terra feconda di virtù umane e sociali. Essa deve alla presenza del monachesimo tutta la sua ossatura religiosa ed economica. In questo contesto è nato il culto alla Beata Vergine Maria Madre dei Poveri perché nella figura della Madre del Signore erano sintetizzati tutti i valori evangelici che i monaci si sforzavano di vivere e di incarnare nella loro vita e di proporre a modello di tutti i fedeli del luogo. La devozione alla Madonna dei Poveri non è sorta magicamente per un ritrovo casuale, ma ha avuto un retroterra significativo per coltivare quei valori che nel leggendario ritrovamento sono significati: l’apertura al mistero di Dio nell’esperienza della vita povera dei contadini, la laboriosità esistenziale nella ricerca della legna, la pari dignità tra le persona senza privilegi di casta o di ceto nel ruolo dei poveri nello spostare la Statua; tutti valori che ritroviamo nella devozione popolare alla Madonna dei Poveri che, se per qualche tempo si sono persi, con il restauro possono diventare opportunità di riproposizione al popolo. Quanto narra la tradizione è la traduzione in forma popolare e semplice, perché sia comprensibile da tutti, di un evento di fede di grande portata teologica che riflette la dimensione culturale alta che si respirava attorno ai monasteri della Piana. 

Simulacro della Madonna dei Poveri dopo il restauro (Foto 4)
Circa l’origine del culto alla Madonna dei Poveri, rimontando esso a tempi molto remoti, non si trovano notizie storiche ben definite e criticamente accertate. Esiste però una pia tradizione che non contenendo, almeno sotto l’aspetto dell’ortodossia, alcunché d’inverosimile e di contraddittorio, possiamo accettare senz’altro, tanto più che si presenta su sfondo storico. 

Nella tradizione popolare c’è un fatto comune a tutte le tradizioni che sono sorte attorno ad un santuario e che troviamo, a titolo di esempio, a Polsi, alla Madonna della Grotta di Bombile, a Seminara, a Tindari e persino a Santiago di Compostela in Spagna e cioè la difficoltà di trainare l’immagine; questa ha un valore esemplare e ci indica la difficoltà umana di penetrare il mistero di Dio se non si hanno particolari qualità interiori come la semplicità, la povertà, il senso della propria precarietà e in questo senso ci viene in aiuto la Bibbia che indica i poveri e i piccoli come coloro che possono trovare Dio a scapito dei ricchi e dei potenti. 
Le notizie storiche sul culto alla Madonna dei Poveri nel periodo medievale sono poche. Si sa con certezza che nel 1325 esisteva a Seminara una chiesa intitolata alla Madonna dei Poveri; di altro non si sa se non qualche notizia fornita dal Vescovo Marco Antonio del Tufo in visita pastorale a Seminara nel 1586 a fare delle ricerche storiche serie su questo periodo potrebbe offrire sorprendenti notizie per colmare questo vuoto. 
Certamente il culto alla Madonna dei Poveri ha varcato i confini del territorio andando oltre la stessa Calabria, “fu il simulacro più venerato in tutta l’Italia meridionale fino alla fondazione del santuario di Pompei nel 1875”
I numerosi canti in onore della Madonna dei Poveri che venivano cantati dai contadini nel loro quotidiano lavoro dei campi teneva desto nel cuore l’amore alla Madonna in attesa della stagione dei pellegrinaggi a Seminara a metà di agosto, a piedi, per omaggiare la Madre dei Poveri; questi pellegrinaggi imponevano enormi sacrifici fisici perché i pellegrini provenivano non solo dai paesi limitrofi ma dalla locride, dal vibonese, dal reggino e dal messinese. L’incoronazione della statua della Madonna nel 1905 è una tappa miliare del culto alla Madonna di Seminara. La solennità dell’avvenimento ha fatto incrementare la presenza dei pellegrini che in questa circostanza, come riportano le cronache del tempo, furono migliaia. 


L’amore alla Vergine Maria quando è autentico lo si vive nei momenti di gioia e di dolore come avvenne qualche anno dopo dall’incoronazione, il 28 dicembre 1908, con il terribile terremoto di Reggio e Messina che distrusse Seminara provocando oltre 100 morti. 


Questa tragedia unì a Maria di più il popolo, soprattutto seminarese, il quale ogni anno fa memoria in questo giorno con una breve e silenziosa processione penitenziale di preghiera implorante (Articolo di Elio Buggè, che ringraziamo – tratto dal web https://www.youreporter.it).


Gli autori del Blog invitano a leggere la nota in calce allo stesso.
Non potendo individuare gli autori delle Foto 1-4 e dei Video qui 
vogliono ringraziarli. Questo blog non ha finalità commerciali 
ed è gestito al solo scopo di diffondere tutto l'amore e la 
venerazione alla Santissima Madre di Gesù, di Dio e Madre Nostra. 
Per qualsiasi segnalazione interverranno immediatamente. Grazie.


mercoledì 22 maggio 2019

Positano (SA) - Madonna di Positano (Icona del XII sec.)


La Madonna Nera di Positano


Al centro di Positano, si staglia maestosa, con la grande cupola maiolicata, la Collegiata di Santa Maria Assunta, che domina come una grande madre sulle altre costruzioni e sulla spiaggia del rinomato centro turistico della costa amalfitana non a caso chiamata “divina”. La chiesa si presenta oggi imponente, mentre in passato possedeva una sola navata, ed è ancora visibile parte del pavimento in mosaico di stile bizantino. Sull'altare maggiore è collocata un’immagine di una Madonna nera con Bambino, dipinta su tavola di cedro di Bisanzio, giunta per miracolo nel XII su di una nave, che per ripararsi da una violenta tempesta, trovò rifugio nella baia di Positano. All'improvviso ai marinai parve udire una voce: “Posa, posa”. Per questo prodigio, che il capitano interpretò come manifestazione della volontà della Vergine di restare in quel posto, l’icona fu accolta dagli abitanti di Positano come un segno divino e rimase custodita presso la chiesetta di San Vito, in attesa di costruire un tempio in suo onore nei pressi della spiaggia. Dal libro La chiesa di Santa Maria in Positano di Angelo Raffaele Celentano che ha ricostruito tutte le vicende storiche del complesso religioso, apprendiamo che la Cattedrale è un esempio di stratificazione culturale e religiosa che probabilmente affonda le sue radici nel periodo arcaico. Ben cinque sono state le fasi di trasformazioni documentate a partire del XVII secolo sopra l’impianto originario, risalente al XII secolo. Due sono gli eventi principali derivanti da fonti storiche: il primo verificatosi intorno alla metà del X secolo con l’arrivo a Positano di un gruppo di profughi pestani, i quali si sarebbero insediati in questo luogo, portando con sé il culto per San Vito. Alla fine dello stesso secolo, il secondo evento è la decisione della comunità dei benedettini di fondare nello stesso luogo dove con alta probabilità preesisteva un tempio dedicato alla Madre, un monastero con annessa una chiesa intitolata alla Vergine. Successivamente, da un documento conservato nell'archivio parrocchiale, ad opera di Giovanni II vescovo di Amalfi, possiamo affermare che il 14 giugno 1159 fu costruito il nuovo tempio, eretto con l’arrivo dell’icona.


Panorama di Positano (Foto 1)
Per capire la locazione della chiesa primavera, bisogna ricorrere ancora una volta alla tradizione popolare, la quale testimonia che dopo il prodigioso arrivo a Positano, l’icona della Madonna fu collocata nella parrocchiale di San Vito, ma il giorno dopo scomparve. La ritrovarono poco lontano su di un cespuglio di mirto, questo fatto fu preso come richiesta della Madonna di far erigere il suo tempio proprio in quel luogo e così iniziarono ad edificare la nuova chiesa. In tempi più recenti, gli anziani di Positano raccontavano che sotto la chiesa di Santa Maria vi era un’altra chiesa nella quale quel cespuglio di mirto avrebbe continuato a vegetare per molto tempo. A seguito di scavi, negli Anni ‘40-’50 verso est, è stato ritrovato un ambiente sotterraneo. Attualmente gli ipogei di Positano rappresentano un caso di stratificazione architettonica eccezionale, che consente la lettura di duemila anni di storia e affondano le proprie radici nell’arcaico e più sconosciuto passato.

Cupola della Chiesa di Santa Maria Assunta (Foto 2)
Le cripte si collocano in aree e su quote differenti sotto la chiesa madre: la prima struttura, più ampia e articolata, è posta in coincidenza dell’attuale Oratorio e della zona sinistra della Chiesa; l’altra si pone sotto l’area della cupola e dell’abside. Nel 2004, durante i lavori di restauro della cripta all'interno della chiesa Madre di Positano, fu riportata alla luce una villa romana ricoperta dalla lava del Vesuvio, costruita in un periodo compreso tra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C., il suo proprietario originario dovrebbe essere il liberto Posides Claudi Caesari. Splendide sono le immagini affrescate sulle pareti della villa come ippocampi, colonne dorate, grifoni, amorini a cavallo e un bellissimo Pegaso alato. L’opera, che è in fase di restauro, una volta riportata completamente alla luce è destinata a diventare una delle principali attrazioni archeologiche del territorio nazionale.

Interno della Chiesa (Foto 3)
Dalla tradizione di Positano, apprendiamo che la Madonna scelse il luogo del suo tempio proprio sul cespuglio di mirto, pianta considerata, nelle tradizioni di tutti i popoli mediterranei e dalle più antiche fonti classiche, simbolo di femminilità. Si testimoniano usanze legate alla fecondità durante i banchetti nuziali, in ricordo della dèa dell’amore, Afrodite. Plinio ne segnala infatti le proprietà afrodisiache, chiamandolo myrtus coniugalis. In epoca romana, nelle monete repubblicane, Venere veniva raffigurata con in mano un ramoscello di mirto, a testimoniare che un antico culto, probabilmente legato alla Grande Madre, resistette nell'immaginario mitologico sino alla tarda latinità. I culti della Mater e altri antichi culti femminili, si respirano ovunque nella terra di Positano e dove le fonti documentate si fermano, bisogna ricorrere al mito, alla tradizione, che va oltre la dimensione dei fenomeni storici, e sono propriamente una “metafisica” della storia. L’archetipo più importante nelle antiche religioni pagane è quello della Grande Madre, la divinità femminile primordiale terrena e celeste, figura regnante nella zona di Positano, terra di Sirene e quindi di Sapienza, dove l’elemento femminino si respira nell'essenza più profonda nelle sue grotte mesolitiche, nelle sue caverne, che rappresentano i più antichi luoghi di culto dell’umanità. All'interno della grotta, attraverso il contatto con la Madre terra, l’uomo cerca le forze cosmiche che hanno generato l’universo, che rappresentano un mistero. Dentro la Madre terra è infatti presente il flusso energetico e vitale, lo slancio interiore che serve all'uomo per ascendere.

Panorama di Positano (Foto 4)


All'interno delle caverne, considerate un vero e proprio utero, la Grande madre diverrà la mediatrice tra l’umano ed il divino, tra il corpo e lo Spirito. È questo il senso delle Madonne nere medievali, nere come la terra, perché in esse era ancora presente la Grande Madre pagana, trasformata pur con profonde differenze in Maria. Ancora oggi le Madonne nere, come quella di Positano, la cui prima casa non dimentichiamo è stata una cripta, sono considerate miracolose e sono oggetto tra i fedeli di una particolare adorazione. La Madonna nera ha in braccio un bambino, ovvero la Madre attraverso il suo Amore partorirà il Cristo o Luce Spirituale. Questa quindi è la profonda essenza del Natale, ed ecco perché questa festa ci prende il cuore e siamo mossi a commozione davanti l’immagine del presepe che è una grotta, dove la purezza di Gesù Bambino e la Splendida Maria sembrano fatti di Luce, perché questa gioia è dentro di noi e fa parte del nostro archetipo universale. Molte le probabilità che le feste agostane, oggi legate al culto mariano, siano da ricercare nell'ascensione in cielo della Grande Madre celeste e nei culti della Dea egizia Iside. Di fatto le Madonne più venerate e importanti, si festeggiano tutte il giorno di ferragosto. 


A Positano la festa della propria Madre inizia il 14 di Agosto con la celebre Alzata del Quadro. Un tempo i fedeli entravano quasi in uno stato di follia, oggi la cerimonia è meno delirante, più composta, ma credo che il brivido che corre lungo la schiena come raccontano gli abitanti di Positano è il segno di come la Madre, che tutti noi acclamiamo e invochiamo, ci appartenga e rappresenti la bellezza e il mistero più profondo (articolo tratto dal sito web https://www.partenope.org/)


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