mercoledì 20 luglio 2016

Siracusa (SR) - Madonna delle Lacrime


Madonna delle Lacrime è l'appellativo con cui i cattolici venerano Maria, in seguito a un evento verificatosi a Siracusa nel 1953: da un'effigie mariana in gesso smaltato sarebbero scaturite lacrime, risultate in seguito di tipo umano.

La storia

La lacrimazione sarebbe avvenuta a Siracusa, dal 29 agosto al 1º settembre 1953, in via degli Orti di San Giorgio al n.11, nell'abitazione di due giovani coniugi, Angelo Iannuso e Antonina Lucia Giusto; Antonina, in attesa del primo figlio, aveva una gravidanza difficile, con ricorrenti abbassamenti della vista: verso le tre di notte del 29 agosto la vista scomparve del tutto, per tornare normale alle 8.30 del mattino, quando Antonina vide lacrime scendere sul viso di una Madonnina in gesso, posta a capo del letto. Il mezzo busto in gesso smaltato (cm 23 di base per cm 28 di altezza), montato su di un supporto di vetro opalino, raffigurante la Madonna che mostra il proprio Cuore Immacolato, era un regalo ricevuto per le nozze, celebrate il 21 marzo di quell'anno. La lacrimazione si ripeté almeno 58 volte e la notizia si divulgò rapidamente rendendo casa Iannuso meta di incessante pellegrinaggio.

Il parroco, don Giuseppe Bruno, con il permesso della Curia sottopose il fenomeno a una commissione medica, presieduta dal dottor Michele Cassola. La commissione si recò in casa Iannuso il 1º settembre: venne prelevato circa un centimetro cubo del liquido che sgorgava dagli occhi della Madonnina; sottoposto ad analisi, il liquido fu classificato come "lacrime umane". e, dopo un esame anche del quadretto, il fenomeno fu dichiarato non spiegabile scientificamente.

Domenica 30 agosto dello stesso anno, un cineamatore di Siracusa, Nicola Guarino, era riuscito a filmare una lacrimazione, documentando il fenomeno in circa trecento fotogrammi. Altri filmati amatoriali che documentano la lacrimazione sono conservati presso la curia vescovile di Siracusa, e furono mostrati nel programma Mixer del 2 maggio 1994 (RAI, G. Minoli), all'interno di una ricostruzione degli eventi.

Il giudizio della Chiesa cattolica

L'episcopato della Sicilia, presieduto dal cardinale Ernesto Ruffini, il 13 dicembre 1953 ha dichiarato miracolosa la lacrimazione.

Dopo il giudizio dell'episcopato di Sicilia, l'anno seguente il papa Pio XII, partecipando a un convegno mariano nell'isola, ricordò in un radiomessaggio l'evento:
« Non senza viva commozione prendemmo conoscenza della unanime dichiarazione dell’Episcopato della Sicilia sulla realtà di quell’evento. Senza dubbio Maria è in cielo eternamente felice e non soffre né dolore né mestizia; ma Ella non vi rimane insensibile, che anzi nutre sempre amore e pietà per il misero genere umano, cui fu data per Madre, allorché dolorosa e lacrimante sostava ai piedi della Croce, ove era affisso il Figliolo.
Comprenderanno gli uomini l’arcano linguaggio di quelle lacrime?
Oh, le lacrime di Maria! Erano sul Golgota lacrime di compatimento per il suo Gesù e di tristezza per i peccati del mondo. Piange Ella ancora per le rinnovate piaghe prodotte nel Corpo mistico di Gesù? O piange per tanti figli, nei quali l’errore e la colpa hanno spento la vita della grazia, e che gravemente offendono la Maestà divina? O sono lacrime di attesa per il ritardato ritorno di altri suoi figli, un dì fedeli, ed ora trascinati da falsi miraggi? » (Papa Pio XII, 17 ottobre 1954, Convegno Mariano di Sicilia)

Critiche

Luigi Garlaschelli, membro del CICAP ha riprodotto diverse volte il miracolo della lacrimazione imbevendo una statua di materiale poroso in un liquido salino. Alla statua, successivamente smaltata erano praticati alcuni fori all'altezza degli occhi dove il liquido di cui era intrisa poteva fuoriuscire dando l'effetto di una lacrimazione. Recuperata una copia esatta della statua di Siracusa realizzata dallo stesso produttore nello stesso periodo, Garlaschelli ha fatto notare come essa sia proprio di gesso smaltato, con una cavità dietro la testa.

Tuttavia è da notare come la commissione all'epoca degli eventi avesse smontato l'effigie per verificare la presenza di elementi estranei alla statua e nel rapporto ufficiale avesse riconosciuto che: “È da notare che l'esame con lenti di ingrandimento degli angoli interni degli occhi non ha fatto rilevare nessun poro o irregolarità della superficie dello smalto”. Il rapporto fu firmato dai dottori Michele Cassola, Francesco Cotzia, Leopoldo La Rosa e Mario Marietta. Nello stesso senso si espresse il produttore dell'oggetto.

Il dottor Michele Cassola, dichiaratamente ateo, incaricato di valutarne scientificamente l'attendibilità, non negò mai l'evidenza della lacrimazione, in seguito alla quale si convertì in punto di morte.


Il santuario

Progettato nel 1957 e iniziato nel 1966, il santuario della Madonna delle Lacrime venne inaugurato da Giovanni Paolo II il 6 novembre 1994. Nella parte superiore della basilica, presso l'altare centrale, è custodita l'effigie mariana protagonista dell'evento: il quadretto, prima di essere custodito nel santuario costruito successivamente, rimase esposto fino al 1968 alla venerazione dei fedeli in piazza Euripide (Notizie tratte da Wikipedia).


Interno del Santuario


venerdì 15 luglio 2016

Rossano (CS) - Icona di Maria SS.ma Achiropita, sec. VIII


SANTUARIO MARIA SS. ACHIROPITA

Nella vita dell’abate basiliano San Nilo, scritta tra il 1030 e il 1040 dal discepolo San Bartolomeo, la Cattedrale di Rossano viene chiamata "Chiesa della Madre di Dio". Era infatti dedicata a Maria Santissima e ne conteneva una venerata effigie, detta, secondo l’uso basiliano Odigitria, cioè Conduttrice, Guida.
L’immagine si trova in una nicchia al lato destro della navata centrale, su un altare in pietra di Cipro, decorato con marmi policromi e circondato da una balaustra.
Si tratta di un affresco su un frammento di colonna, venerata fin dal XII secolo col titolo di ACHIROPITA, cioè "
non dipinta da mano umana". Oggi l’icona è perfettamente libera e visibile, ma nei secoli passati ben sette lastre di vetro sovrapposte rendevano l’immagine meno evidente, velandola di un senso di mistero e di arcano. I recenti lavori di pulitura hanno reso leggibili sul lato destro in verticale, alcune lettere greche del nome THEOTOKOS, cioè "Madre di Dio". Da saggi effettuati dai tecnici della Sovrintedenza sembra che l’attuale affresco sia sovrapposto ai resti di uno più antico.
La leggenda narra che una notte, una donna di straordinaria bellezza circondata da una luce abbagliante apparve al guardiano della chiesa che era in costruzione e lo indusse a ritirarsi. Il mattino seguente fu rinvenuta l’effigie della Madonna Achiropita. 



Secondo la tradizione, invece, nel VI secolo il monaco Efrem, dopo aver predetto al nobile Maurizio, in fuga e naufrago a Rossano, la sua elezione a Imperatore di Bisanzio, avrebbe ottenuto per gratitudine la promessa di una cappella da dedicare alla Madre di Dio. Durante i lavori di costruzione, quando si trattò di dipingere l’icona, nottetempo, l’immagine eseguita dagli artisti bizantini scomparve, rimpiazzata miracolosamente dall'Icona Achiropita.

Sorta nell'XI-XII secolo su una preesistente chiesa bizantina, la Cattedrale ha inglobato nella sua struttura l’antica edicola votiva della Madonna Achiropita, a cui poi la chiesa è stata dedicata. Visitata nel 1193 dal re Tancredi, nel XIV secolo venne ampliata nella parte absidale e successivamente rimaneggiata con altri significativi interventi di rifacimento. Nel XVII secolo venne aggiunta una quarta navata riccamente affrescata, destinata a cappelle devozionali. Dall'originario stile gotico normanno-svevo, si è passati pertanto ad uno stile composito che, pur alterando l’antica architettura, non ha intaccato la primitiva solennità e bellezza.

La facciata, distrutta dal terremoto del 1836, fu rifatta in due tempi da Mons. Tedeschi (1833-34) e da Mons. Cilento (1844-88). La lapide sul portale d’ingresso ricorda il fatto. Il portale rinascimentale è sormontato da una statua dell’Assunta tra due Angeli in bassorilievo. In alto, sui pinnacoli sono poste le statue dei Santi Rossanesi Nilo e Bartolomeo. Nel 1455 l’Arcivescovo Lagonessa aprì la porta sulla navata laterale, detta Porta Piccola, in splendido gotico. A sinistra del corpo di fabbrica è affiancato il campanile, anch'esso ricostruito da Mons. Cilento dopo il terremoto del 1836. All'esterno si nota l'affresco di S. Cristoforo, opera di Capobianco, mentre la copertura a cupola è rivestita da marmette gialle e verdi.
L’interno, diviso in tre navate da una fuga di pilastri rettangolari con rivestimento marmoreo dei primi del ‘900, presenta una copertura lignea a cassettoni, costruita in due fasi diverse: nel XVI secolo quella centrale, nel XVII secolo quella delle navate laterali. 

Nell’abside dell’Altare Maggiore è illustrata, in sei affreschi, la storia dell’Icona Achiropita. Sulla volta con tetto ligneo dorato si nota il rilievo dell’Assuntae l’Incoronazione della Vergine, mentre in due lunette appaiono i Santi Rossanesi Nilo e Bartolomeo.

Gli affreschi sono opera di Capobianco (XIX secolo) mentre le vetrate dei Santi Pietro e Paolo, oltre quelle di S. Nilo e S. Bartolomeo nelle navate laterali, sono un’aggiunta dell’Arcivescovo Rizzo (1949-71). Disseminate nel corpo della chiesa si ammirano le tele degli altari votivi, databili tra il XVI e il XIX secolo: una Pentecoste, la Madonna del Carmine con S. Michele, Maddalena Penitente, S. Lucia, la Vergine con i Santi Patroni.


Di pregevole fattura sono i mosaici, residuo dell’antico pavimento dell’area presbiteriale, risalente al XII secolo, in cui vi risaltano elementi del Bestiario con i simbolismi tipici dell’arte normanna. Opere d’arte degne di nota sono: il coro ligneo (XIX secolo), il pulpito marmoreo (1753), un organo a canne (1622), l’altare marmoreo di S. Nilo con ciborio intarsiato.

La Cattedrale ospitò il rito greco fino al 1460, anno in cui l’Arcivescovo M. Saraceno decretò il passaggio al rito latino (Notizie tratte dal sito http://associb.org.br/tradizio/achiropita/chiesa.html).

Per saperne di più


martedì 28 giugno 2016

Paola (CS) - Mater Gratiae et Misericordiae di Padre Bernardo Clausi



Vincenzo Maria Clausi nasce il 26 novembre 1789 a San Sisto dei Valdesi, frazione di San Vincenzo La Costa (Cosenza). Nel 1805 entra nel noviziato dei Minimi a Paola, uscendone nel 1808 a causa del decreto napoleonico di soppressione degli Ordini e Congregazioni religiose. Tra il 1816 e il 1817 accede ai ministeri inferiori e agli ordini sacri ricevendo il presbiteriato in Monteleone, oggi Vibo Valentia. Dal 1822 al 1827 esercita il suo ministero sacerdotale nella parrocchia di San Michele Arcangelo in San Sisto dei Valdesi, distinguendosi per il suo zelo pastorale nell'intera diocesi cosentina. Nel 1827 ritorna ad abbracciare la vocazione religiosa dei Minimi di San Francesco di Paola, professando i voti il 17 aprile 1828. Nel 1830 viene trasferito al convento collegio di San Francesco di Paola ai Monti in Roma e vi giunge con la fama di "frate santo che fa miracoli". Sarà questo, per Padre Bernardo, un periodo di intensa testimonianza religiosa tra i fedeli e gli infermi, nell’esercizio di quello spirito di umiltà, semplicità e carità che lo contraddistingue. Le sue virtù e lo zelo sacerdotale, uniti ai segni straordinari, lo espongono all'affetto dei fedeli. Nel 1842 viene invitato da Carlo Alberto di Savoia a recarsi in Liguria e Piemonte. Lì darà ovunque testimonianza esemplare, con manifestazioni di grazie molto spesso prodigiose. 

A Torino incontra San Giovanni Bosco e gli profetizza la costituzione dell'Ordine dei Salesiani. Dal 1844 al 1847 viaggia e opera nel regno di Napoli. Nel 1847 è a Paterno Calabro (Cosenza), per ristrutturare e riaprire al culto l'antico convento caro a San Francesco di Paola. Nello stesso anno, su invito di Pio IX, ritorna a Roma. Nel mese di novembre del 1849 fa ritorno al Santuario di Paola, dove il 20 dicembre dello stesso anno muore in concetto di santità.

Vengono attribuiti a Padre Bernardo molti miracoli, che operava specialmente mediante la "Madonnina" che portava sempre con sé. Aveva frequenti estasi e diversi carismi, tra cui: la profezia, la levitazione, la bilocazione.

L'Ordine dei Minimi avviò, subito dopo la sua morte, i processi canonici per arrivare al riconoscimento delle virtù eroiche di Padre Bernardo. Il primo processo ordinario romano sulla fama di santità si tenne dal 15 dicembre 1862 al 14 marzo 1870 e ne seguirono altri quattro ordinari e quattro apostolici. Solo l'11 dicembre del 1987 Papa Giovanni Paolo II, con proprio decreto, riconoscerà ufficialmente l'eroicità delle virtù del Padre Bernardo Maria Clausi dichiarandolo Venerabile (notizie tratte dal sito web: http://profezie3m.altervista.org/ptm_frames.htm).

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sabato 18 giugno 2016

Napoli (NA) - Immacolata di Don Placido


Venerabile Placido Baccher Sacerdote


E’ stato denominato l’"Apostolo dell’Immacolata", per il culto diffusissimo a Napoli, che seppe propagare con la sua ‘Madonnina’ nella Basilica Pontificia del Gesù Vecchio, nel centro antico della città.

Placido Baccher (Napoli il 5 aprile 1781 - 19 ottobre 1851), ultimo dei sette figli di Vincenzo De Gasaro e di Cherubina Cinque, il cognome con cui è conosciuto il venerabile, viene dal padre il quale avendo ricevuto per discendenza, una vistosa eredità dal primo marito della madre Girolamo Baccher, la quale in seconde nozze aveva sposato poi Gerardo De Gasaro, volle per riconoscenza aggiungere al suo cognome anche quello di Baccher; quindi il padre di don Placido si chiamò Vincenzo De Gasaro-Baccher; ma poi nella sua numerosa famiglia prevalse l’uso del cognome Baccher.
I suoi iniziali studi furono fatti in casa, poi ebbe come maestri dotti sacerdoti che lo fecero poi ammettere nel collegio domenicano di S. Tommaso d’Aquino come esterno. Diventò Terziario Domenicano, nutrì sin da ragazzo una tenera devozione all’Immacolata, di cui la madre era devotissima e che lo portava con sé ogni sabato alla chiesa dell’Immacolata, che la venerabile suor Orsola Benincasa aveva edificata alle falde del Castel S. Elmo, quasi a proteggere dall’alto la città.
Durante la rivoluzione napoletana del 1799, che portò all’instaurazione della Repubblica Partenopea, Placido Baccher venne coinvolto pesantemente; venivano perseguiti tutti coloro che fossero sospettati di fedeltà al re, suo padre Vincenzo fu esiliato, i fratelli Gennaro e Gerardo furono fucilati in Castel Capuano e Placido, giovane buono e ingenuo, che non si occupava di politica o moti rivoluzionari, di appena 18 anni, venne rinchiuso nelle carceri del tribunale di Castel Capuano insieme a molti altri, in attesa della sentenza di morte anche per lui.


Ma la notte precedente il giudizio, ebbe in sogno la Madonna, che lo rassicurò sulla sua liberazione, chiedendogli di consacrarsi a Lei; condotto l’indomani davanti al tribunale straordinario, nel Palazzo Reale, i giudici nel guardarlo, si meravigliarono dell’arresto di quel giovane così inoffensivo e incapace di far del male e quindi ne ordinarono la scarcerazione.

La Madonna lo aveva salvato e lo salvò ancora, quando fu spiccato un altro ordine di cattura, perché il Presidente del Tribunale riscontrò che erano stati giustiziati 16 realisti invece dei 17 della lista; per sfuggire alla cattura, Placido fu calato con una corda in un pozzo, ma per errata manovra finì sul parapetto di una loggia, spaccandosi la testa.
Mentre si rimarginava la ferita, la Repubblica Partenopea volgeva al termine (durò sei mesi), con l’esercito del cardinale Ruffo che assediava Napoli e la flotta inglese di Nelson che presidiava e attaccava dal mare.
Nel 1802 Placido vestì l’abito talare frequentando e studiando come chierico esterno, il convento di S. Tommaso. Completati gli studi venne ordinato sacerdote il 31 maggio del 1806, celebrando la prima Messa nella chiesa di S. Lucia al Monte, ai piedi del Santuario di suor Orsola Benincasa.
Prese a fare apostolato in alcune chiese napoletane, instaurando con i fedeli già allora, i raduni del sabato per recarsi alla chiesa dell’Immacolata, ai piedi del castello, finché i superiori lo nominarono, nel 1811, rettore della Chiesa del S.mo Salvatore, già antica chiesa del Gesù, fondata nel 1557 dai gesuiti, i quali furono cacciati nel 1767, per ritornare poi in città nel 1821 con Casa, collegio e chiesa propria, attuale Gesù Nuovo.
Per questo la chiesa del S.mo Salvatore era detta anche del Gesù Vecchio e così poi è stata maggiormente conosciuta, l’edificio abbandonato da molto tempo, rischiò di diventare un teatro o l’Aula Magna della vecchia Università.

Don Placido profuse tutte le sue sostanze, adoperandosi per il ripristino e l’apertura del tempio. Devotissimo alla Madonna trasformò la sua chiesa in un fervido centro di devozione mariana, fedele al suo motto “A Gesù per Maria”; fu ardente zelatore del Rosario, da lui considerato arma validissima di apostolato, promosse il culto eucaristico, esortando i fedeli alla Comunione, fece costruire l’organo per rendere più solenni le funzioni religiose, riportò al loro splendore i marmi, i bronzi, suppellettili, arredi sacri e panche.
Favorì il culto dei santi gesuiti, primi fondatori della chiesa, in particolare di s. Luigi Gonzaga, che aveva abitato lì dal 1586 al 1587; malgrado tutto però a don Placido Baccher, la chiesa sembrava una reggia senza regina, allora si fece costruire, dall’artista napoletano Nicola Ingaldi, una statua dell’Immacolata, così come l’aveva sognata la notte della sua prigionia in Castel Capuano; la rappresentazione dell’immagine è complessa e piena di significati mariani e liturgici.
Il culto che si instaurò nel Gesù Vecchio per la Madonna, si diffuse per tutta Napoli e folle di fedeli vi si recavano per le cerimonie del sabato e in particolare nella Novena e festa dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre, che a Napoli è stata sempre particolarmente celebrata.

Il 30 dicembre 1826 avvenne la solenne incoronazione della piccola ‘Madonnina’ concessa dal papa Leone XII, con la partecipazione del re, della corte, Autorità cittadine, magistrati; con i soldati schierati nelle strade adiacenti e con gli spari a festa dei cannoni di Castel S. Elmo e Castel Nuovo.

La basilica divenuta poi pontificia, del Gesù Vecchio, divenne da allora un centro mariano ed eucaristico importantissimo, lo stesso papa da Roma si compiaceva dell’elevata partecipazione dei fedeli al "Sabato privilegiato" dedicato a Maria e del gran numero di Comunioni distribuite; basti pensare, giusto per dare un dato, che il 1° gennaio 1966 si distribuirono circa 20.000 Comunioni. Questo per far capire che ancora ai nostri tempi, il culto istituito dal venerabile Placido Baccher è vivo e fervoroso.
Don Placido ricevette varie onorificenze; Cavaliere di Malta, mise le sue insegne al collo della Madonnina del suo Oratorio privato, rifiutò un vescovado nel Regno delle Due Sicilie, rifiutò la nomina a canonico della cattedrale; prete umile e penitente non beveva mai liquori o vini, digiunava tutti i sabati con solo pane e acqua, quando il confessore l’obbligò a cibarsi, il suo pasto si componeva di dodici fagioli o 15 ceci; portava sotto la veste talare, il cilicio e spesso si flagellava.
Nei dodici giorni precedenti l’Immacolata, faceva pubblica penitenza con fune al collo e in ginocchio si trascinava dalla porta della chiesa, fin sopra l’altare della Madonna. Santo lui stesso e amico di santi, tante anime elette napoletane ebbero relazione con lui, in uno scambio di spiritualità interiore; fu in primo piano nell'organizzare i soccorsi durante il colera del 1836, correndo da un capo all'altro della città.
Morì dopo breve malattia, il 19 ottobre 1851 e come da suo desiderio, venne tumulato dietro l’altare maggiore della basilica del Gesù Vecchio, sotto il trono della Madonna, di cui per 40 anni era stato attivissimo rettore. La causa per la sua beatificazione fu introdotta il 12 maggio 1909 e il 27 febbraio 1944 si ebbe il decreto sull'eroicità delle virtù e il titolo di venerabile (Articolo di Antonio Borrelli tratto dal sito web http://www.santiebeati.it).

sabato 11 giugno 2016

Morciano di Leuca (LE) - S. Maria di Leuca del Belvedere


Si ringrazia il Dott. Alessandro Martella
per la donazione dell'immaginetta
Il Santuario di Leuca Piccola

Nel 1600, a Barbarano (frazione di Morciano di Leuca (LE)), ci fu un rifiorire della vita religiosa. Molte famiglie nobili, ricche e importanti, decisero di ristrutturare vecchie cappelle e di costruirne delle nuove. Perché anche questo era un modo per redimere i propri peccati. – Non dimentichiamo che si era appena chiuso un triste capitolo nella Storia della Chiesa, quello delle Indulgenze. Questa dottrina si basava sulla convinzione che i Santi e Gesù Cristo avevano creato un grande tesoro di indulgenze cui il Papa e il clero potevano fare accedere i peccatori, rimettendo loro le pene che dovevano scontare nel Purgatorio, attraverso il pagamento di una somma in denaro in favore della Chiesa. – Don Annibale Capece, un sacerdote della famiglia baronale, nel 1685 scelse proprio questo santuario per dare maggior lustro al suo casato, erigendo il monumentale complesso di Leuca piccola, con cui stabiliva un traguardo mai raggiunto dalle altre famiglie del Paese.

Alla chiesetta Mariana preesistente, veniva aggiunto il pronao neoclassico con due lapidi in pietra leccese che suggerivano al pellegrino di pregare e onorare la vergine Maria; sulla porta, lo spazio dell’antica finestra, è stato occupato dallo stemma baronale dei Capece: il leone rampante su uno sfondo azzurro; in alto un affresco riproduce la SS. Trinità.

Inizialmente, le pareti interne erano prive di qualsiasi affresco. C’era un’unica pittura sulla parete di fondo raffigurante il corpo completo di Maria e Gesù come era l’immagine originale della Madonna di Leuca prima che il quadro venisse bruciato dagli Algerini (19 giugno 1624).


Dietro la bella tela del 1989, di Franco ventura, è ancora visibile la sinopia dell’affresco originale. Si tratta dunque dell’immagine, in assoluto, più antica della Madonna di Leuca, ancora più antica di quella che si trova sull'altare dello stesso Santuario di Leuca.

Gli affreschi che fasciano la pareti della Chiesa sono stati realizzati poco dopo, nel 1711. In un primo momento sono state dipinte le immagini di San Francesco di Paola e di San Leonardo, le due figure intere accanto alla sinopia mariana, poi la serie di santi sui tre lati e sulla volta della cappella.

martedì 31 maggio 2016

Collevalenza (PG) - Maria Mediatrice



Maria Mediatrice nel Santuario

Questo quadro della Santissima Vergine si trova in una delle cappelle della Basilica dell’Amore Misericordioso, a Collevalenza (PG). È opera del pittore Elis Romagnoli. Riproduce Maria Mediatrice, col giglio sul petto e con le braccia aperte in atteggiamento d’implorare misericordia dal suo divin Figlio.

Maria ha accolto nel suo cuore immacolato Gesù, significato nell’Ostia posta sul giglio.
Fin dal seno materno Gesù nutriva il desiderio ardente di sacrificarsi per noi, perché entrando nel mondo si rivolge al Padre suo con queste parole: “Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10, 5-7).

L’Ostia sul seno di Maria indica il dono eucaristico di Gesù ed invita anche noi alla stessa oblazione.

Maria Regina è piena di Spirito, schiacciando il capo del Maligno: è segno di sicura speranza della vittoria dell’Amore Misericordioso di Dio sul male del mondo (arcobaleno).

Maria è Mediatrice di Misericordia non solo perché intercede per noi presso il Figlio ottenendoci le grazie, ma anche perché con il suo “Eccomi, sono la serva del Signore” (Lc 1, 38) ci sollecita maternamente a fare altrettanto, cioè a diventare noi stessi capaci di ricevere e di donare sempre meglio la misericordia divina (tratto da http://www.amormisericordioso.org/ws/it/).


La devozione a Maria Mediatrice
(clicca sull'immagine)


lunedì 30 maggio 2016

Boccadirio (BO) - Beata Vergine delle Grazie



16 Luglio 1480 

A VOSTRO CONFORTO

«Boccadirio non è un paese e nemmeno una borgata. È soltanto una sperduta località dove c’è una chiesa, più precisamente un santuario mariano».
Lungo l’Autostrada del Sole, alla stazione di Roncobilaccio, tra Firenze e Bologna, se ne può leggere
l’indicazione ed il nome. 
Il santuario però non si può vedere da lontano. 

Situato a 719 m di altitudine, sul crinale dell’appennino tosco-emiliano, nonostante la sua mole imponente, è nascosto in fondo ad una valle solitaria, tutta circondata da boschi. 

Una cerchia di monti, tra i quali il monte Coroncina (1169 m) e il monte Tavianella, lo circondano come in un grandioso chiostro naturale.

Due piccoli torrenti, confluiscono proprio qui, dando origine al rio Davena. E siccome il Santuario sorge sulla «bocca» di questo «rio», a cavallo tra le due sponde, è chiamato di «Boccadirio».

L’Apparizione

La tradizione popolare, basata su documenti degni di fede, fa risalire la venerazione della beata Vergine, qui alla «bocca del rio Davena» alla fine del 1400.

Il 16 luglio 1480, due fanciulli, Donato Nutini e Cornelia Vangelisti, di Baragazza, si trovano in questo luogo a pascolare il gregge. Mentre attendono al pascolo, forse anche per occupare il tempo, ogni tanto si raccolgono in preghiera. Durante uno di questi momenti la Madonna, tutta avvolta in vesti bianche, appare loro, dall’altra parte del rio, su una balza verso ponente.

Muovendosi da questa balza, la santissima Vergine si avvicina ai due fanciulli dalla parte del rio, dove essi pregano. A Donato dice che diventerà sacerdote, e così felicemente avverrà; a Cornelia dice che diventerà monaca, e le mostra il monastero, nel luogo e nella forma, dove ella vivrà.

È questa la prima grazia che la celeste Signora concede loro, in risposta certo di quanto hanno chiesto nella preghiera. Per cui la loro vocazione appare come dono dall’alto e, insieme, come sicura promessa: «tu sarai sacerdote»; «tu sarai monaca».

La prima «chiesetta»

Oltre alla grazia della vocazione per i due veggenti, dono di primaria importanza, la bianca Signora porta un altro messaggio, che interessa immediatamente gli abitanti più vicini, ed in seguito interesserà quelli di tutte le vallate circostanti. La Signora chiede, infatti, ai due fanciulli, di far conoscere agli abitanti di Baragazza il suo desiderio di essere venerata in quel luogo, e promette per questo protezione e grazie. Io sono la madre di Dio, scesa dal cielo a conforto vostro e di quanti vorranno ascoltare le mie parole!

I due ragazzi ritornano alle loro case e raccontano a tutti, con grande gioia, l’apparizione e le parole ascoltate in Boccadirio.

Dopo un iniziale e naturale momento d’incertezza, la popolazione di Baragazza, presta fede al loro racconto semplice ed ingenuo. Subito si inizia a fabbricare, nel luogo dove la Madonna ha parlato ai due fanciulli, una “piccola chiesa” intitolata alla Vergine delle grazie.

È interessante notare come fin dall’inizio, a Boccadirio la Madonna è venerata e invocata come Vergine delle grazie. A Lei accorrono sempre più numerosi i pellegrini e i devoti, con il loro carico umano di miseria e di speranza, e attorno alla piccola chiesa, via via, cresce il ricco complesso architettonico che è oggi il santuario di Boccadirio.

La vocazione di Donato e Cornelia

L’apparizione della Madonna è in stretta relazione con la vocazione dei due veggenti; effettivamente la chiamata della Vergine ha avuto puntuale compimento, per entrambi i giovani, come era stato loro profeticamente annunziato: «tu sarai sacerdote»; «tu sarai monaca».

Donato Nutini, ordinato sacerdote, fu per diverso tempo cappellano a Castiglione dei Pepoli e in seguito, dal 1531 al 1548, anno della sua morte, parroco a San Pietro di Cirignano presso Barberino, come risulta dagli archivi della curia vescovile di Firenze.

Di Cornelia, la “lettera” di una sua consorella anonima, racconta che fu condotta dai suoi parenti in vari luoghi della Toscana, alla ricerca del monastero indicatole dalla Madonna nell'apparizione, e che giunse infine «al monastero di monache di Santa Caterina in Porta Leone», dove vestì l’abito religioso con il nome di suor Brigida, e fu esempio di ogni perfezione.

Sito del Santuario (clicca)

Il monastero di Santa Caterina in Porta Leone è stato ampliato e completato qualche anno più tardi, e proprio suor Brigida, diventata superiora della sua comunità, lo ha diretto con rara sapienza «per lo di anni quaranta, morendo di anni circa 74», precisamente nel 1543.

Per questo nel Santuario di Boccadirio la Madonna è invocata anche con il titolo «Madonna delle vocazioni». Il Papa Pio XII chiama Maria «Madre dei Sacerdoti» proprio nel discorso pronunciato per la beatificazione del B. Antonio Maria Pucci, il santo curato di Viareggio, che si sentì chiamare ad essere sacerdote mentre pregava davanti alla Madonna di Boccadirio. Come lui sono tanti i Sacerdoti che devono la loro vocazione proprio alla Madonna di Boccadirio.

L’Immagine

La storia dell’immagine della beata Vergine, che si venera a Boccadirio, è strettamente legata alla storia del Santuario stesso.

Il primo storico del Santuario, Don Lorenzo Amorotti, scrive che la veggente, Sr. Brigida, per lasciare perpetua memoria della grazia ricevuta con l’apparizione della Vergine, «procurò di avere un’immagine della Madonna, col Figlio in braccio, vestita di bianco, conforme all'apparizione».

Si tratta di una Madonna di chiara ispirazione “robbiana”, tipica del tardo Quattrocento; 
è un bassorilievo in terracotta invetriata, con figure bianche e fondo turchino. 

La Vergine è rappresentata seduta, a mezza figura, con il Bambino in piedi sulle ginocchia. In alto fanno corona quattro cherubini, divisi simmetricamente dalla colomba, simbolo dello Spirito Santo.

IMMAGINI:
1 La Vergine apparve ai due fanciulli di Boccadirio il 16 luglio 1480 vaticinando il loro futuro. 2-3 Suggestiva visione del Santuario della beata Vergine delle Grazie. In basso il chiostro della chiesa. 4 Quadro della Beata Vergine delle Grazie di Boccadirio

(Articolo di Don Mario Morra tratto dal sito Web:
http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/calendario/06-07/007-BV_delle_Grazie.html)