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venerdì 5 maggio 2023

Vallecorsa (FR) - Madonna della Sanità


Madonna della Sanità

Durante lo scisma d’Occidente, all’inizio del secolo XV, nella Chiesa Matrice di S. Martino in Vallecorsa, comparve, forse per caduta improvvisa dell’intonaco sulla parete sinistra della Chiesa, il prodigioso affresco della Vergine. La sua apparizione fu accompagnata da fatti cosi straordinari che il Vescovo diocesano di Fondi, Mons. Domenico Astalli, con una bolla del 17 novembre 1412 concedeva a tutti i pellegrini sante indulgenze. Per le grazie ricevute, il popolo chiamò l’Immagine col titolo di Madonna della Sanità.
La Chiesa di S. Martino risale al 1000-1100, è a tre navate, con colonne e arcate in pietra, in stile romanico. Nel 1600 fu eretto l’altare. La facciata, tutta in pietra, manifesta i restauri avvenuti nel tempo. Il campanile, anch’esso in pietra lavorata è del 1805. L’Effigie prodigiosa rappresenta la Vergine che tiene amorevolmente tra le braccia il Bambino Gesù e fu incoronata nel 1922 con diadema d’oro. L’affresco della Madonna è stato restaurato dopo l’ultima guerra perché gravemente danneggiato. Nella Chiesa c’è un Crocifisso ligneo del 1600 ed arredi sacri di pregevole fattura, restaurato recentemente. Ci sono due grandi reliquiari del 1800 e una preziosa reliquia di santa Maria De Mattias, gloriosa cittadina di Vallecorsa, fondatrice delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo. Nell’aula consiliare si può ammirare un trittico del pittore Dante Ricci, che raffigura tre momenti della vita della Santa.


La quarta domenica di luglio si celebra la festa della Madonna della Sanità; mentre la festa di S. Rocco, S. Martino vescovo di Tours (titolare della Chiesa), S. Lucia, Santa Maria De Mattias (4 febbraio), le Rogazioni il 25 aprile, si festeggiano secondo il calendario.

Fonte: https://www.diocesifrosinone.it/luoghi/parrocchie/chiesa-di-san-martino-vallecorsa.html

Link Chiesa di S. Martino


La Donna nella Storia Filatelica Italiana

In data 23 aprile 2022 è stato emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico un francobollo celebrativo della Madonna della Sanità di Vallecorsa, nel centenario dell’Incoronazione. L’iconografia del dipinto, di autore ignoto, si configura nella tipologia mariana della Madre della tenerezza (dalla fattispecie della più antica Eleousa nell’arte bizantina): la Madonna trattiene in grembo il Figlio con gentilezza, con il volto chino e lo sguardo pieno di materna dolcezza rivolto verso il piccolo, il quale si affida con naturalezza alla protezione della Madre appoggiando il capo sul suo seno e cingendole delicatamente il braccio. Maria tiene nella mano destra un ramoscello fiorito di roselline bianche, quale simbolo di innocenza, mentre la collana di grani di corallo al collo di Gesù allude alla sua futura passione.

L’icona, risalente al XV secolo, era in origine un affresco, affiorato, secondo la tradizione, nel 1412 nella chiesa di San Martino di Vallecorsa (Frosinone) a seguito della caduta dell’intonaco. L’affresco fu in seguito staccato dal muro e collocato sull’altare. Il culto dell’immagine si stabilizzò in riferimento alla “salus infirmorum” (salvezza degli ammalati) traducendola iconologicamente nella “Madonna della Sanità”. L’effigie fu impreziosita nel 1922 con la solenne Incoronazione, in seguito al riconoscimento da parte del Capitolo della Basilica di San Pietro (1891) «per abbondanza di grazie e prodigi, per singolare e costante frequenza di popolo».

(Notizie tratte dal sito web https://mgdosio.myblog.it/2022/04/23/madonna-sanita-vallecorsa/)



mercoledì 3 maggio 2023

Frattocchie (RM) - Madonna dell'Equilibrio


La Madonna dell’Equilibrio

Nell’anno 1967 un monaco cistercense delle Frattocchie a Roma, mentre in soffitta riordina oggetti fuori uso, trova una lastra di bronzo col rilievo di una orante: l’Alma Aequilibri Mater, Santa Maria dell’equilibrio. Vi raffigurata una Madonna che si mantiene in equilibrio ritta in piedi con le mani allargate. L’anno successivo un dipinto a colori di tale immagine viene donato al Papa. Quando Paolo VI la vide, ne fu molto consolato ed esclamò: «Ah, proprio quella che ci vuole!». Forse non sapevamo che esistesse anche una “Madonna dell’equilibrio”,
eppure quante volte l’abbiamo invocata, rendendoci conto che è “proprio quella che ci vuole” per la nostra vita o per il mondo e le situazioni che ci circondano! 
Ma che cos’è, in un senso cristiano e ad una riflessione più profonda, questo equilibrio? Non si tratta certamente dell’immobilismo di cui danno prova quelle “statue viventi” che vediamo nelle piazze delle nostre città, e che potrebbe tradursi per noi in un immobilismo interiore per cui, per paura del cambiamento o della caduta, restiamo arenati in situazioni che non concorrono al nostro bene. Relazioni sbagliate, ad esempio, che non costruiscono un progetto di vita cristiano ma sono diventate ormai un nido rassicurante e comodo. O, al contrario, la paura di impegnarsi fino in fondo, che porta a rimandare il passo definitivo stagnando in un eterno fidanzamento. Si sa, ogni scelta comporta un rischio, ma a voler evitare il rischio di vivere si arriva direttamente alla morte. Se non altro, alla morte dei progetti, dei desideri, e, su questa strada, alla morte della relazione con Dio, che si nutre proprio della nostra disponibilità a metterci in gioco. Il rischio allora di seguire i propri ideali più profondi, di interrogarsi sulla propria vocazione, di mettere al mondo un altro figlio… Un autore contemporaneo ci provoca chiedendosi,senza mezzi termini: «Esiste un uomo tanto codardo da non preferire cadere almeno una volta piuttosto che vacillare in eterno?» (C. McCarthy). Meglio rischiare, cioè, di perdere l’equilibrio, nell’avventura di tutta una vita per cercarlo.


Perché il cristiano non si accomoda mai. Il suo equilibrio non è quello di chi sta comodamente nel mezzo, senza esporsi troppo, così da non dispiacere a nessuno. A volte, per un “quieto vivere”, lasciamo che le ingiustizie, i giudizi temerari, il pettegolezzo passino davanti a noi senza prendere posizione. Il cristiano non è neutrale, e chi cerca in questo modo la pace non sta cercando Cristo che è venuto piuttosto «a portare la guerra» (cfr. Lc 12,49). Simone Weil scrisse che «il dovere dell’uomo spirituale è quello di ristabilire l’equilibrio, portandosi al fianco dei vinti e degli oppressi», e che occorre dunque essere pronti a spostarsi come si sposta continuamente, nel nostro mondo, la giustizia.


La virtù dell’equilibrio non si identifica dunque con la saggezza del mondo, che segue spesso un criterio di convenienza personale. Per il cristiano «essere saggi è più pericoloso che essere pazzi. E’ l’equilibrio di un uomo dietro cavalli che corrono a precipizio» (G. K. Chesterton), e questo perché la saggezza cristiana è vivere e pensare a partire da Cristo e dalla Sua presenza viva nella storia. Egli è il Dio che viene, che abita in mezzo a noi, che nutre pensieri di pace, che interviene, che apre strade nei nostri deserti, che semina novità nelle nostre giornate sempre uguali. Se viviamo e pensiamo a partire da Lui e in riferimento a Lui, abbiamo un nuovo centro, un nuovo bari-centro per la nostra esistenza. In Maria, fin dall’Annunciazione, è accaduto in maniera unica ed esemplare tutto questo. Maria è la donna dell’equilibrio perché si è lasciata portare da Dio sull’orlo del più grande precipizio. “Sarai la Madre di Dio”: baratro di mistero, paradosso abissale, dove la mente dell’uomo si ferma colma di spavento. Era un annuncio da vertigine, fu una vita intera da vertigine, quella di Maria, così sospesa tra l’umano e il divino, la grandezza ineffabile e la concretezza del corpo di un bambino. Eppure Maria non cadde, perché accettò il rischio di essere condotta da Dio, portata dal suo stesso Figlio. Una donna incinta reimpara l’equilibrio perché, anche se impercettibilmente, il baricentro del suo corpo cambia, a seconda del peso del bimbo che porta in grembo. I santi, coloro cioè che portano Cristo nella loro persona, nel loro cuore, nella loro mente, e nel loro corpo – e si scoprono così portati da Lui – sono uomini che hanno rinunciato al loro equilibrio, a conservare gelosamente cioè tutto ciò che per noialtri è così difficile da donare a Cristo. Preoccupazioni, calcoli, paure, interessi: Cristo ci scardina, ci decentra, ci “squilibra” per donarci un nuovo equilibrio. Quello, appunto, di un uomo “dietro cavalli che corrono a precipizio”, un uomo aperto al nuovo, disponibile al fiat, fatto per la generosità. «L’amore del Cristo ci spinge» (2Cor 5,14): ecco il nuovo, rischioso equilibrio che hanno vissuto Maria, S.Paolo e la grande schiera dei santi.

Link Monastero Monaci Trappisti

E che anche noi possiamo umilmente imparare, mettendoci alla loro scuola e accettando di allenarci, come l’equilibrista sul filo. Denunciando, ad esempio, tutto ciò che in noi è immobile, stretto dalle paure, condizionato dalla mentalità dominante; tutto ciò che non fa spazio al coraggio, alla generosità. E’ la generosità ad equilibrare la nostra vita, in tutte le sue dimensioni, perché essere generosi è essere spinti dall’amore di Cristo che si è fatto il nostro punto di appoggio. La generosità di quel giovane marito di Milano che chiedeva alla moglie, già madre di due bimbi, di accoglierne un altro in adozione. E che di fronte al timore della moglie, che gli prospettava tutte le possibili difficoltà del progetto, arrivando a chiedergli: “E se io morissi dopo poco tempo?”, rispose: “Anna, ma io non vivo per te”. Il coraggio di un uomo che nulla temeva, perché viveva in equilibrio sulla grande, potente fune della fedeltà di Dio.

Preghiera alla Madonna dell’Equilibrio
Vergine Madre di Dio e degli uomini Maria,
noi ti chiediamo il dono dell’equilibrio cristiano,
tanto necessario alla Chiesa e al mondo di oggi.

Liberaci dal male e dalle nostre meschinità;
salvaci dai compromessi e dai conformismi;
tienici lontano dai miti e dalle illusioni,
dallo scoraggiamento e dall’orgoglio,
dalla timidezza e dalla sufficienza,
dall’ignoranza e dalla presunzione,
dall’errore, dalla durezza del cuore.
Donaci la tenacia nello sforzo,
la calma nella sconfitta,
il coraggio per ricominciare, l’umiltà nel successo.

Apri i nostri cuori alla santità!
Donaci una perfetta semplicità, un cuore puro,
l’amore alla verità e all’essenziale,
la forza d’impegnarci senza calcolo alcuno,
la lealtà di conoscere i nostri limiti e di rispettarli.

Accordaci la grazia di sapere accogliere e vivere la Parola di Dio.
Accordaci il dono della preghiera.
Apri i nostri cuori a Dio!

Noi ti chiediamo l’amore alla Chiesa,
cosí come tuo Figlio l’ha voluta,
per partecipare in essa e con essa,
in fraterna comunione con tutti i membri dei Popolo di Dio
gerarchia e fedeli, alla salvezza degli uomini nostri fratelli.

Infondici per gli uomini comprensione e rispetto, misericordia e amore.
Apri il nostro cuore agli altri!

Mantienici nell’impegno di vivere
e di accrescere questo equilibrio, che è fede e speranza,
sapienza e rettitudine, spirito di iniziativa e prudenza,
apertura e interiorità, dono totale, amore.

Santa Maria, noi ci affidiamo alla tua tenerezza.

Amen.

 (Notizie tratte dal sito web http://www.trappisti.org/almamater.html)


lunedì 1 maggio 2023

Messina (ME) - Madonna della Lettera

Madonna della Lettera


«Benediciamo voi e la vostra Città»
(Dalla Lettera di Maria ai messinesi)

Madonna della Lettera su stele votiva posta all'ingresso del porto di MessinaLa statua argentea di Lio Gangeri all'interno del duomo, in occasione della festaLa statua della Madonna della Lettera all'ingresso del porto di Messina, con la scritta sottostante Processione della Madonna della Lettera
Madonna della Lettera è uno degli appellativi utilizzati dalla Chiesa cattolica nella venerazione di Maria, madre di Gesù.
Così, una delegazione di messinesi si recò in Palestina con una missiva, nella quale i molti concittadini convertiti alla fede di Cristo professavano la loro fede e chiedevano la protezione di Maria. Maria li accolse e, in risposta alla missiva, inviò indietro una sua lettera, scritta in ebraico, arrotolata e legata con una ciocca dei suoi capelli. La delegazione tornò a Messina l'8 settembre del 42 recando l'importante missiva: in essa Maria lodava la loro fede, diceva di gradire la loro devozione e assicurava loro la sua perpetua protezione. La ciocca di capelli è custodita presso il Duomo di Messina e viene esposta nel giorno del Corpus Domini, incastonata nell'albero di un piccolo galeone costruito in argento, che rappresenta uno degli esempi della protezione della Madonna per Messina.


Nel 1647 suor Maria Roccaforte, monaca benedettina di Bivona e nota per le sue rivelazioni confessate al suo padre spirituale su Santa Rosalia, ebbe delle visioni della Vergine Maria e dell'Angelo Custode che le confermarono l'autenticità della Lettera. Il culto della Madonna della Lettera, comunque, si affermò nel 1716, anno in cui il monaco Gregorio Arena portò a Messina una traduzione dall'arabo della lettera di Maria. Da allora, la città di Messina celebra la festa il 3 giugno, con una affollata processione del fercolo argenteo della Madonna. Dal culto della Madonna della Lettera viene la tradizione, diffusa soprattutto a Messina e provincia, dei nomi Letterio e Letteria.


Il testo della lettera consegnata alla delegazione di messinesi recita:

«Umilissima serva di Dio,
Madre di Gesù crocifisso,
della tribù di Giuda,
della stirpe di Davide,
salute a tutti i messinesi
e Benedizione di Dio Padre Onnipotente.
Ci consta per pubblico strumento che voi tutti con fede grande
avete a noi spedito Legati e Ambasciatori,
confessando che il Nostro Figlio,
generato da Dio sia Dio e uomo
e che dopo la sua resurrezione salì al cielo:
avendo voi conosciuta la via della verità
per mezzo della predicazione di Paolo apostolo eletto
per la qual cosa benediciamo voi e la vostra città
della quale noi vogliamo essere perpetua protettrice.
Da Gerusalemme 3 giugno anno 42 di Nostro Figlio. Indizione 1 luna XXVII»
Una fase della processione sulla via Garibaldi. Si notino i drappi sui balconi, secondo l'antica tradizione La varetta della Madonna della Lettera e della reliquia del Sacro Capello, esce dal Duomo di Messina per la processione in occasione della festività del 3 giugno Icona di Maria Santissima della Sacra Lettera, venerata a Palmi.

La frase Vos et ipsam Civitatem benedicimus ("Benediciamo voi e la vostra Città") è oggi scritta a caratteri cubitali alla base della stele della Madonnina sul braccio estremo del porto di Messina. 

Da notare che il testo della lettera reca un'incongruenza nella data, poiché a quel tempo non esisteva ancora la datazione cristiana. Non sono stati trovati documenti storici sufficientemente attendibili a conferma dei fatti narrati dalla tradizione. 

Esiste un'opera, il Chronicon Omnimodae Historiae dello storico Flavio Lucio Destro (IV-V secolo d.C.) che afferma:
 
«Celebre è presso i messinesi la memoria della
dolce epistola mandata dalla Beata Vergine Maria»

Tuttavia, secondo alcuni storici, tra cui Theodor Mommsen, tale frase sarebbe un'interpolazione al testo, inserita in epoca posteriore.
 
Il culto a Palmi verso la Madonna della Sacra Lettera deriva da un evento storico. Nel 1575 scoppiò a Messina una epidemia di peste che procurò la morte di oltre 40.000 persone. I cittadini di Palmi, accolsero quanti fuggirono dalla città peloritana ed inoltre, tramite i suoi marinai, mandarono aiuti tramite generi di vitto e olio. Superata la calamità, la città di Messina volle donare alle autorità ecclesiali di Palmi, in segno di ringraziamento per gli aiuti prestati, uno dei capelli della Madonna che furono portati nella città siciliana unitamente alla lettera di benedizione. Nel 1582 arrivò quindi alla Marina di Palmi un reliquiario contenente un Sacro Capello della Vergine. Da quel momento, anche nel popolo palmese, cominciò la venerazione verso la Madonna appellata col titolo "della Sacra Lettera" e si adottò la sua Effigie nera racchiusa in una manta d'argento a somiglianza di quella venerata nella città peloritana. La Sacra Congregazione dei Riti, con Decreto del 12 settembre 1733, elesse la Madonna della Lettera quale patrona principale della città, fissandone l'Ufficio Divino e la Santa messa nell'ultima domenica di agosto. Ercole Michele Ajerbi d'Aragona, vescovo della Diocesi di Mileto, il 22 marzo 1734 concedeva 40 giorni d'indulgenza a tutti i sacerdoti di Palmi che, dopo le recita dell'Ufficio Divino, avessero letto devotamente la Lettera di Maria al popolo. Anche Papa Pio VI, in data 26 gennaio 1776, dette l'indulgenza.

Il culto della Madonna della Lettera arrivò a Finale (PA) tramite il casato dei Ventimiglia, marchesi di Geraci, proprietari feudali delle Madonie, di cui anche il feudo di Finale era parte. Tale borgata era la residenza estiva della nobile famiglia. Il culto è dovuto soprattutto alla parentela con la famiglia nobile messinese dei Moncada, molto devota alla Madonna della Lettera.

martedì 31 maggio 2022

Assunzione di Maria

L'Assunzione di Maria
L'Assunzione di Maria al cielo è un dogma di fede della Chiesa cattolica, secondo il quale Maria, madre di Gesù, al termine della sua vita terrena, andò in paradiso in anima e corpo.

Questo culto si è sviluppato a partire almeno dal V secolo d.C., diffondendosi e radicandosi nella devozione popolare. Il 1º novembre 1950, papa Pio XII, avvalendosi dell'infallibilità papale, proclamò il dogma con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus con la seguente formula:
«La Vergine Maria, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». 
Queste parole volutamente non chiariscono se l'Assunzione di Maria sia stata preceduta o meno da sonno profondo o da morte naturale (Dormitio Virginis, espressione che in effetti può riferirsi sia ad un sonno che alla morte naturale): pertanto la Dormizione di Maria non è oggetto di dogma, mentre la sua glorificazione in corpo ed anima è parte integrante della fede della Chiesa cattolica.

È una solennità celebrata il 15 agosto da tutte le Chiese cristiane (cattolici, ortodossi e non solo) che accettano questo articolo di fede e - corrispondendo per la Vergine a ciò che per gli altri santi è il dies natalis (transito) - costituisce la festa principale della Madonna, la solennità mariana per eccellenza dell'anno liturgico. Secondo una pia credenza, in questo giorno Dio elargirebbe agli uomini abbondanti grazie e benedizioni. Secondo questa tradizione, Maria, la madre di Gesù, terminato il corso della vita terrena, fu portata in Paradiso, sia con l'anima sia con il corpo, cioè fu assunta, accolta in cielo.

L'Assunzione di Maria non implica necessariamente la morte (tesi della Dormizione), ma neppure la esclude. L'Assunzione, nel pensiero cattolico, è un'anticipazione della risurrezione della carne, che per tutti gli altri uomini avverrà soltanto alla fine dei tempi, con il Giudizio universale. È quindi differente dall'approdo in Paradiso riconosciuto ai vari Santi, i quali hanno raggiunto la beatitudine celeste solo con l'anima. Questo, tra l'altro, giustifica le numerose apparizioni di Maria nel corso del tempo in tutto il mondo, che la Chiesa cattolica, nei casi in cui le riconosce credibili, lo fa anche riguardo al fatto che la Madonna appare realmente in carne e ossa.

L'Assunta è un dipinto di Tiziano, databile al 1516-1518 conservato
nella basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia

Al riguardo, non è contraddittorio il fatto che Maria sia apparsa nei vari secoli e continenti con aspetto fisico differente: 
la Chiesa cattolica crede e professa che il corpo con cui i redenti vivono la beatitudine eterna è un corpo 'glorificato', e non lo stesso corpo con cui le persone conducono la loro esistenza sulla terra. Il corpo glorificato non è soggetto alla relativizzazione spazio-temporale né alla caducità così come a nessuna legge fisica. 
La Chiesa professa che Maria è, con Gesù, l'unica persona in tutta la storia dell'umanità a essere ufficialmente riconosciuta assunta in cielo (quindi in corpo e anima) già ora, prima della seconda venuta del Cristo. Ciò è possibile perché Maria, secondo la Chiesa, è stata l'unica persona a essere preservata dal peccato originale che ha coinvolto tutta l'umanità. Per questo, la tradizione, e poi il dogma che ne è scaturito, dell'Assunzione di Maria sono in stretta connessione logica con i loro corrispettivi inerenti all'Immacolata Concezione, secondo cui appunto Maria fu preservata dal peccato originale alla sua nascita, anche qui unica con Gesù tra l'umanità post peccato originale, anche se la tradizione dell'Immacolata Concezione è successiva nel tempo rispetto a quella dell'Assunzione, e anche più elaborata e discussa teologicamente. Tuttavia, paradossalmente, il dogma dell'Assunzione di Maria è successivo a quello dell'Immacolata, anzi, è in ordine di tempo, l'ultimo dogma della Chiesa cattolica, essendo stato proclamato da Pio XII solamente il 1º novembre 1950, quasi un secolo dopo quello dell'Immacolata Concezione, proclamato da Pio IX nel 1854.



La parola “assunta” sta proprio ad indicare l’essere “accolta”, in questo caso nel regno dei cieli, perché stando a questa tradizione il trasferimento di Maria in Paradiso fu completato tanto dalla sua anima quanto dal suo corpo. La Chiesa non ha mai stabilito se prima dell’Assunzione, Maria fosse morta oppure se si trovasse in uno stato di sonno o trance (tesi chiamata della Dormizione).

Gesù era stato il primo ad Ascendere al regno dei cieli, e dopo di lui solo la sua Beata Madre ha avuto lo stesso onore. Questo perché Maria è priva del peccato originale, al contrario del resto dell’umanità. L’Assunzione di Maria si ritrova quindi fortemente legata al dogma dell’Immacolata Concezione, che stabilisce la purezza della Vergine Beata, nata priva del peccato originale per poter poi accogliere in grembo il Salvatore. 
La più antica testimonianza della dottrina dell’Assunzione di Maria si trova nel Liber Requieie Mariae (IV secolo circa), mentre in diversi altri testi è stata riportata nel corso dei secoli.

Questo fatto non deve sorprendere: contrariamente al pensare comune, i dogmi più che essere imposizioni dall'alto ai credenti sono riconoscimenti e ufficializzazioni di credenze e tradizioni già diffuse nel seno della comunità della Chiesa; tra l'altro, spesso sono stati proclamati non per affermare un nuovo fatto di fede ma per difendere una tradizione già esistente da attacchi teologici ritenuti eretici. Riguardo all'Assunzione, l'antica tradizione, unanimemente accettata da parte della Chiesa cattolica, non necessitava di nessuna difesa, e quindi la relativa proclamazione del dogma è stata fatta solo nel XX secolo, sollecitata dalla pressione che la critica scientista moderna ha operato su tutti gli aspetti della fede cattolica. L'Assunzione di Maria è il quarto mistero della gloria nella devozione del Santo Rosario.


Definizione e proclamazione del Dogma
Il dogma cattolico è stato proclamato da Papa Pio XII il 1º novembre 1950, anno santo, attraverso la costituzione apostolica Munificentissimus Deus.

Papa Pio XII proclama la definizione dogmatica
dell'Assunzione di Maria il 1º novembre 1950

Si tratta dell'unico dogma proclamato da un Papa nel XX secolo. Questo è il passaggio finale del documento, con la solenne definizione dogmatica:
«Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo. Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica.» (Munificentissimus Deus).
 

Prima di proclamare il dogma Pio XII promosse una consultazione di tutti i vescovi cattolici del mondo, che espressero un parere favorevole quasi plebiscitario. Solo ventidue vescovi manifestarono qualche riserva. Giacinto Tredici fu l'unico vescovo italiano a esprimere parere contrario alla proclamazione del dogma dell'assunzione della Madonna, non perché non ne condividesse il contenuto, ma perché pensava che l'introduzione di un nuovo dogma mariano non fosse necessaria e avrebbe reso più difficile il dialogo ecumenico coi protestanti. Secondo alcuni teologi, la proclamazione di questo dogma sarebbe l'unica occasione in cui un pontefice ha fatto uso dell'infallibilità papale ex cathedra, definita formalmente nel 1870. La Chiesa riconosce che in questa specifica occasione il papa ha proclamato un dogma esercitando l'ufficio di pastore e dottore di tutti i cristiani, e quindi con il carisma dell'infallibilità (Notizie tratte da Wikipedia).


sabato 28 maggio 2022

Minervino Murge (BT) - Madonna del Sabato


La Grotta e il Santuario della Madonna del Sabato

Nell'immensa e verdeggiante pianura che si stende verso ponente, chiamato Bosco da Piedi, a due chilometri dal centro abitato, sorge il Santuario dedicato alla Madonna del Sabato, protettrice di Minervino.
Fu costruita verso la metà del XVII secolo su di una grotta basiliana scavata nel tufo, dove fu trovata dipinta sul muro un'immagine della Vergine col Bambino.
Entrandovi si notano tre scalinate in marmo, due laterali per salire al tempio e, l'altra al centro, per scendere nella cripta in fondo alla quale esiste l'altare su cui troneggia l'antichissimo dipinto.
Il dipinto su tufo (alto cm. 80 x 60) risale alla fine del XIV secolo e rappresenta la Vergine col Bambino tra una coppia di angeli. La Madonna è seduta sotto una cortina rossastra fregiata di bianco. La chioma, di un biondo cupo, le scende ondulata sopra le spalle, la faccia ben disegnata, lo sguardo profondo e pensoso come di una madre preoccupata dei propri figli. Con la mano destra sorregge il divino Bambino mentre con la sinistra il suo piedino.
Una leggenda, che per altro è comune a molte altre località, vuole che durante una battuta di caccia, alla quale partecipava anche il Principe Pignatelli, barone della Città, un cane si sia infilato in un'apertura del terreno e non sia più venuto fuori.


Guidato dai latrati dell'animale, qualcuno della comitiva si rese conto trattarsi di una grotta, nella quale fu appunto scoperta l'immagine sul muro.
Da allora la Madonna del Sabato fu proclamata Patrona di Minervino, mentre forse precedentemente lo era stata la Vergine Assunta.
Molto più verosimilmente l'origine e la scoperta del dipinto è da imputarsi a pastori in transumanza.
Secondo tali fonti la Madonna del Sabato sarebbe da identificarsi con la Madonna delle Grazie di Vastogirardi (IS), di cui i pastori molisani erano soliti portare con sè una statua durante i loro tragitti stagionali di transumanza che conducevano verso il nostro abitato.


La prima Cappella rurale fu fatta erigere verso la metà del secolo XVII con il patrocinio del principe Marzio Pignatelli fratello del Papa Innocenzo XII, come si può rilevare dallo stemma in pietra della principesca famiglia, collocato sull'arco che tramezza il lucernario tra le due parti dell'edificio.
Questa prima cappella rurale, secondo un documento del 1657 era costituita da una navata con due altari, di cui uno con l'immagine della Madonna e l'altra con l'immagine di S. Vito.
Il santuario fu completato alla fine del 1700 con la definitiva edificazione della parte sovrastante la grotta, di stile neoclassico, composta da una navata ampia oltre 250 metri quadri, ove si conservano due tele pregevoli: S. Nicola di Bari del pittore fiammingo Hovic (sec. XVI) e la Vergine tra Santa Lucia e Santa Maria Maddalena (1586) dipinta da Orazio Iacobotta da Spinazzola.
In tale tempio superiore esistono due altari il più piccolo dedicato a San Luigi Gonzaga; il grande con il quadro rappresentante la Vergine coronata della Santissima Trinità.
Nella chiesa superiore si può trovare l'immagine della Vergine che fino al 1990 copriva l'affresco di recente restaurato. Alle spalle del Santuario la casa del clero.


La denominazione Madonna del Sabato ci richiama al legame tra Maria e il Mistero Pasquale: nel Sabato Santo solo Maria ha conservato la fede nella Resurrezione del Figlio di Dio; il probabile rinvenimento della grotta nel giorno di sabato ad opera dello stesso Pignatelli, ha stabilito la festa due sabati dopo Pasqua.
Sul coro si possono ammirare gli ex-voto degli ultimi due secoli; molti altri che un tempo adornavano le pareti del Santuario furono distrutti cancellando così un'espressione della religiosità popolare.
Le tele da destra: San Francesco Saverio, il Transito di San Giuseppe, la Vergine tra le due sante (già citato), San Nicola (già citato), sull'altare maggiore l'incoronazione della Vergine tra i santi Michele, Vito e Rosa, ancora a sinistra Santa Rita, San Felice, i santi Gennaro, Vito e Sabino, Santa Rosa da Lima.


Verso il 1880 Mons. Francesco Maria Galdi, vescovo della diocesi di Andria, fece costruire un fabbricato, addossato all'abside della chiesa , destinandone i locali del pianterreno a ricovero dei pellegrini. Nell'aprile del 1934, sotto il vescovado di Mons. Ferdinando Bernardi, il Rettore del Santuario l'Arcidiacono don Giovanni Lacidogna decise di coprire con un quadro in tela l'affresco della Madonna delle Grotte al fine di iniziare un'urgente opera di restauro resa necessaria dall'avanzato stato di corrosione. Come già detto nel settembre del 1990 venne portato a termine il restauro con il concorso nelle spese di enti e semplici devoti e con le perizie ed i sopralluoghi delle Sopraintendenze ai beni ambientali e architettonici di Bari (Articolo tratto dal sito web: http://web.tiscali.it/ProLocoMinervino).

martedì 17 maggio 2022

Vicoforte (CN) - Madonna del Pilone

Si ringrazia l'amico Mario Di Serio
per la donazione dell'immaginetta


Santuario di Vicoforte

Il santuario di Vicoforte, noto anche come santuario della Madonna, santuario basilica della Natività di Maria Santissima o santuario-basilica Regina Montis Regalis è un edificio religioso situato nel territorio del comune di Vicoforte, in provincia di Cuneo. Si tratta di una chiesa monumentale, tra le più importanti del Piemonte, la cui cupola con sezione orizzontale ellittica risulta essere la più grande di tale forma al mondo. Ha la dignità di basilica minore.

Il complesso trae le sue origini da un santuario medievale, composto da un modesto pilone decorato da un affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna col Bambino, probabilmente eretto da un fornaciaio per propiziare la buona cottura dei mattoni. A partire dall'anno 1594 il diacono Cesare Trombetta iniziò a interessarsi allo stato del Pilone, che era sostanzialmente abbandonato nel fondovalle boscoso della Berbonesca, poco distante da Vicoforte. In quel periodo, in seguito a un'epidemia di febbri che aveva lasciato indenne la maggior parte della popolazione di Vico, si verificò un primo forte impulso di devozione. 

Coordinati da Trombetta, nel corso dell'autunno 1594 e della primavera 1595 si costruì la prima cappelletta intorno al pilone. In quei mesi, la voce di numerose grazie concesse dalla Vergine ai popolani iniziò a circolare per le valli, e si sviluppò così un movimento devozionale che raggiunse vertici mai visti fino a quel momento e mai raggiunti in seguito. Nel corso del 1595 migliaia di persone raggiunsero il fondovalle in pellegrinaggio, suscitando l'interesse del duca Carlo Emanuele I.

Nel 1594 e nel 1595 si concretizzò un movimento popolare straordinario di devozione, che si allargò fino a richiamare compagnie, confraternite e comunità da quasi tutto il nord-ovest dell'Italia. Il pilone fu meta di pellegrinaggi sempre più frequenti e attirò anche le attenzioni del duca Carlo Emanuele I di Savoia che, nel 1596, commissionò la costruzione di un grande santuario, affidando l'incarico inizialmente all'architetto di corte Ercole Negri di Sanfront e successivamente ad Ascanio Vittozzi, altro architetto di fiducia della corte sabauda. Nelle intenzioni del duca, il santuario avrebbe dovuto accogliere i molti pellegrini e diventare in seguito il mausoleo di Casa Savoia, luogo destinato alle tombe della famiglia, funzione assunta in seguito dalla basilica di Superga sulla collina torinese. Il Vittozzi morì nel 1615, quando la grande costruzione era stata eretta fino al cornicione, dove avrebbe dovuto essere innestato il tamburo della cupola. Morto anche il duca (che volle essere sepolto nel santuario), a distanza di quindici anni dall'architetto, la costruzione si arrestò del tutto, lasciando l'edificio a lungo tempo scoperto. Un nuovo interesse dei fedeli si ebbe nel 1682, quando la Vergine del pilone venne solennemente incoronata, come ringraziamento del termine della guerra del sale. 

Da allora si riprese la costruzione, senza contare più sull'appoggio dei Savoia (che all'epoca stavano rivolgendo tutta la loro attenzione alla costruzione della basilica di Superga), grazie all'impegno dell'architetto e ingegnere monregalese Francesco Gallo che, incoraggiato da Filippo Juvarra, si cimentò nella grande impresa a partire dal 1728. Sopra il possente basamento in arenaria, di stampo manierista, venne rapidamente costruito il tamburo, di evidenti linee barocche, e la cupola, che venne terminata nel 1732. La poderosa cupola ellittica innalzata dal Gallo, alta 74 metri, lunga 37,15 metri sull'asse maggiore e 24,80 metri sull'asse minore, venne disarmata non senza trepidazione, data l'arditezza della costruzione, tanto che si narra che dovette andare lui stesso a togliere le impalcature, poiché nessuno pensava che una struttura di quel tipo potesse reggere.

Controversa fu invece la costruzione dei campanili, quattro secondo il progetto del Vittozzi. Il primo fu costruito rapidamente, su richiesta della madama reale Cristina di Francia, in visita a Vico (1642), e collegava il Santuario con il vicino monastero cistercense. Dieci anni dopo vennero innalzati i due campanili frontali e, per simmetria, anche il quarto, opposto al primo campanile, che rimase fino al 1830 l'unica torre campanaria funzionante. All'annosa questione della sistemazione dei campanili si pose rimedio nel 1880, anno in cui il Santuario divenne monumento nazionale, quando venne indetto un concorso, al quale partecipò anche, con un progetto, Alessandro Antonelli. Nel 1884, finalmente, vennero avviati i lavori di sistemazione, con la costruzione di poderose ed elaborate cuspidi barocche, riprendenti lo stile di quella posta sulla lanterna che sovrasta la cupola. Per questioni di stabilità, però, le cuspidi vennero abbattute nel 1906 e i campanili ottennero la conformazione attuale.

Le decorazioni in affresco degli oltre seimila metri quadrati di superficie furono poi completate fra il 1746 e il 1748 da Mattia Bortoloni e Felice Biella; il tema è quello della Salvezza. Nel 1709 lo scultore Giuseppe I Gaggini assunse l'incarico di realizzare il monumento con la statua di Margherita di Savoia, figlia del duca, terminato nel 1714. Il santuario assunse la forma attuale nel 1884, quando vennero costruiti i campanili e le tre facciate per opera dell'ingegnere e architetto Camillo dei conti Riccio (a cui si deve anche il piedistallo dell'imponente statua rappresentante Carlo Emanuele I in cappa e spada).


Nel 1881 fu inaugurata la tranvia Mondovì-San Michele, la cui fermata centrale era situata dirimpetto al santuario, agevolando gli spostamenti dei pellegrini. Dopo numerosi passaggi di proprietà e l'elettrificazione, avvenuta nel 1923, la linea venne soppressa nel 1953.

Il 15 dicembre 2017 vi è stata traslata da Montpellier la salma di Elena del Montenegro, seconda regina d'Italia e consorte del re Vittorio Emanuele III. Due giorni dopo, a fianco della moglie, è stata tumulata anche la salma di Vittorio Emanuele III, proveniente dalla cattedrale cattolica latina di Alessandria d'Egitto. 

Link Sito ufficiale

Il foro della pallottola sull'immagine della Madonna, un simbolo.
Il pilone era caratterizzato da un foro di pallottola, che la tradizione attribuisce all'errore di un cacciatore, Giulio Sargiano. L'uomo confessò in punto di morte quanto accaduto e lasciò l'archibugio in eredità alla parrocchia di Villanova. Il lascito testamentario, che non ci è pervenuto ma che è citato da alcuni storici, attesta questi avvenimenti. L'arma fu poi affidata al Santuario ed era custodita nel Museo storico "Ghislieri" insieme ad altri cimeli della storia del monumento. Una tradizione successiva, attribuì all'episodio l'origine della devozione al Santuario, per via di un successivo sanguinamento dell'icona, ma si tratta di un falso storico. Non è attestato in alcuna fonte storica contemporanea infatti la notizia della fuoriuscita del sangue dall'immagine, mentre è citato dalla missiva indirizzata da Giuseppe Alamanni al padre generale dei Gesuiti Bernardino Rossignolo (padre generale dei Gesuiti) e dalla descrizione resa dal vescovo Giovanni Antonio Castrucci, la presenza del foro del proiettile nel 1595 (Notizie tratte da Wikipedia).


martedì 10 maggio 2022

Monopoli (BA) - Madonna della Madia


Beata Vergine Maria della Madia

Il titolo di Beata Vergine Maria della Madia è il titolo con il quale la Vergine Maria è venerata come patrona della città di Monopoli e della diocesi di Conversano - Monopoli.

La storia dell'arrivo di questa icona affonda le sue radici nell'anno 1107, quando Romualdo, vescovo di Monopoli, iniziò la costruzione della nuova Cattedrale per la sua città, che avrebbe dovuto sostituire il vecchio tempio ormai troppo usurato e angusto. Dieci anni dopo i lavori vennero bloccati perché non si riuscivano a trovare i legni per costruire la volta a capriate della chiesa (secondo le caratteristiche proprie dello stile romanico). Il vescovo si affidò fervidamente all'intercessione della Vergine Maria. È qui che la storia inizia ad intrecciarsi con la tradizione: la notte tra il 15 e il 16 dicembre 1117 la Madonna stessa si mostrò in sogno ad un pio monopolitano, chiamato - secondo una parte della tradizione -Mercurio, annunciando che al porto era giunto quanto il vescovo aveva richiesto. L'uomo senza perdere tempo, di notte, corse a comunicare quanto visto al vescovo il quale, incredulo, lo rispedì a casa a dormire. La cosa si ripeté per tre volte. Alla terza volta Mercurio volle andare di persona al porto per accertarsi di ciò che in sogno gli veniva annunciato e, con sua grande sorpresa, scorse nel bacino portuale una grande zattera fatta di 31 lunghe e grosse travi. 


Pieno di gioia corse al vescovado e annunciò a Romualdo che le travi erano arrivate e che lui stesso le aveva viste. Disposta una grande processione il vescovo si recò al porto dove, sulla zattera, si accorse della presenza di una icona che raffigurava la Madre di Dio con in braccio il Cristo. La tradizione orale, non riportata tuttavia in nessuna fonte, racconta che la zattera sia arretrata per tre volte impedendo al presule di prendere l'Immagine, sdegnata per l'incredulità di Romualdo. Dopo aver incensato l'icona l'anziano vescovo poté toccare l'immagine miracolosa e in processione ritornò in Cattedrale portando sia le travi che la venerata effigie. Di qui il titolo di Madia (dallo spagnolo almadía, che vuol dire proprio "insieme di travi, zattera"): Madonna della Madia, quindi, vale come "Madonna della zattera".

La provenienza dell'icona
Alcune particolari caratteristiche di questa icona sono di grande importanza per definirne le sue coordinate spazio-temporali. La sua origine è collocabile nell'area costantinopolitana, in quanto è proprio nel monastero degli Odighoi (delle guide) di Costantinopoli che si diffuse il culto verso la prima e più antica icona della Madre di Dio Odigitria (oggi andata perduta) giunta da Gerusalemme nel V secolo. Il colore rosso scuro del maphorion della Vergine è tipico delle icone scritte in quella zona. Anche l'uso dei colori per gli incarnati fanno riscontrare una notevole somiglianza con l'icona della Madre di Dio di Vladimir, proveniente anch'essa dalla zona di Costantinopoli.

La postura del Cristo permette di fissare una precisa datazione dell'icona. Le antiche Odigitrie lo raffiguravano in posizione frontale rispetto al fedele, ma nel periodo della dinastia dei Comneni esso subisce una graduale rotazione del corpo verso la Madre; questo movimento darà poi vita al tipo iconografico della Glycophilousa (Madonna della dolcezza). L'anno 1117 trova perciò una sua perfetta corrispondenza in questo particolare legame storico con la dinastia comnena che, infatti, ha governato l'impero bizantino tra l'XI e il XII secolo.

Le due figure che sono riprodotte in basso, una presenza inconsueta in un'icona, dipinte in un secondo momento rispetto alla scrittura della tavola, rimandano ancora al monastero costantinopolitano dove, oltre ai monaci (di cui abbiamo un richiamo nella figura prostrata ai piedi del Cristo), risiedeva anche la Confraternita dell'Odigitria che indossava come abito liturgico una veste rossa molto simile a quella della figura in basso a sinistra della Madia. 


Un'altra possibilità, meno certa della prima, è che l'iconografo stesso abbia voluto evidenziare in maniera più forte la provenienza di questa icona aggiungendo in basso i due uomini in preghiera, ma la loro fattura e lo stile utilizzato molto diversi rispetto alla Madre e al Cristo portano a pensare alla loro aggiunta posticcia. La notizia sembra confermata dalle analisi svolte sull'Icona durante il suo restauro negli anni Ottanta del Novecento. Le sue grandi dimensioni, inoltre, fanno pensare ad una sua origine per uso liturgico, quindi sicuramente anche processionale.

Alcune ipotesi tradizionali, infine, attribuiscono l'arrivo di questa icona a Monopoli da Costantinopoli per mano di un certo Euprasio, tuttavia non ci sono fonti storiche che lo accertino. Secondo altri studiosi, le aureole a racemi realizzati con un rilievo in pastiglia farebbero pensare anche ad un collegamento con le produzioni iconografiche cipriote o crociate.

Il culto liturgico
La forte devozione che nei secoli si è concentrata attorno a questa immagine ha conosciuto un momento di splendore soprattutto a partire dall'opera del vescovo Giuseppe Cavalieri (1664-1696), il quale avviò il cammino verso un riconoscimento della Chiesa di una liturgia propria dedicata alla Vergine con il titolo "della Madia". Nel 1680 riuscì ad ottenere dal Pontefice Innocenzo XI “che nel giorno 16 dicembre di ciascun anno in commemorazione di detta miracolosa venuta si celebrasse in questa Città, e sua Diocesi l’Officio di S.ta Maria ad Nives sotto il rito di prima classe ad libitum" con le "lezzioni del secondo notturno dell'Officio di S. Maria in Sabato". Da quell'anno il 16 di dicembre assume un carattere festivo anche dal punto di vista liturgico.

Papa Benedetto XIII, che più volte da cardinale aveva pregato dinanzi alla venerata icona di Monopoli, con breve apostolico del 5 marzo 1727 concesse in perpetuum l’indulgenza plenaria a chi, confessato e comunicato pregava davanti alla Vergine della Madia durante l’Ottava dell’Assunta. Lo stesso Pontefice, con breve apostolico del 6 dicembre 1727, aggiunse l’indulgenza plenaria a chi il giorno 16 dicembre visita la Chiesa Cattedrale di Monopoli e, inoltre, dichiarò il suo altare privilegiatum in perpetuum per tutte le Messe di Requiem.

Il 17 marzo 1728, accogliendo le richieste del Vescovo Giulio Sacchi (Vescovo di Monopoli dal 1724 al 31 luglio 1738) e del Capitolo Cattedrale, la Congregazione dei Riti concede a Monopoli e alla sua Diocesi la Messa e l’ufficio proprio per la solennità della Beata Vergine Maria della Madia con il seguente titolo:
Die XVI Decembris - Festum Commemorationis solemnis adventus sacræ imaginis Beatæ Virginis Mariæ de Madia, Monopolim - Duplex primæ classis.

Le travi della zattera
Questi lunghi tronchi, trentuno secondo la tradizione, sono stati sempre oggetto di venerazione da parte dei fedeli, nonché della loro curiosità. Il Glianes nella sua opera (1643) ne esalta l’incorruzione e il profumo, e le classifica come legno di cedro. Il Nardelli riporta come ignota la provenienza e la tipologia di legname. Nella documentazione inviata a Roma da Mons. Giuseppe Cacace (vescovo di Monopoli dal 1761 al 1778) per l’ottenimento delle corone auree, circa le travi era scritto: "Di che alberi siano le dette travi nessuno dei periti dell’arte del legno è stato capace di accertare, neanche quelli di cotesta Alma Urbe, ai quali si rivolse Mons. Giuseppe Cavalieri, già Vescovo di questa Città di Monopoli, quando compì la visita alle Sacre Soglie degli Apostoli" [nel 1680]. Alcuni campioni del legno furono inviati anche a Napoli, ma senza ottenere risultati illuminanti. Dalla cronaca dell’Indelli non si ricavano notizie che affermino nulla di diverso: "Le travi di qual legno siano non si può con certezza affermare".

Con la nomina dell’Arcidiacono don Cosimo Tartarelli a Custode della Madia si procedette finalmente, per sua volontà, a tre analisi scientifiche diverse compiute nel 1960. La prima, all’inizio dell’anno, presso il Centro Nazionale del Legno di Firenze per mano del Prof. Guglielmo Giordano. Una seconda analisi, il 18 novembre, presso l’Istituto di Botanica dell’Università di Bari dalla Dott.ssa Franca Scaramuzzi. La terza, infine, il 6 dicembre, eseguita dalla Dott. Albina Messeri, Preside dell’Istituto di Botanica dell’Università di Messina. I referti portarono ad identificare le travi della Madia come legno di Pinus Halephensis (Pino d’Aleppo, detto anche Pino di Gerusalemme).

L'incoronazione canonica
Le corone in oro donate dal Rev. Capitolo Vaticano alla Vergine della Madia, realizzate dall'argentiere Bartolomeo Boroni, Roma 1769. Accanto i relativi ornamenti donati dalla Marchesa Teresa Palmieri nel XIX secolo che venivano posti alla base della corone.


Lettura teologica dell'icona
L'immagine si risolve anzitutto in un atto di amore per il Bambino. La Madre è rivolta a lui con una tenerezza che è pari solo alla segreta e raccolta adorazione. 

La Madre con umiltà indica ed intercede presso il suo Re che ha sulle braccia. Il Cristo è atteggiato ad una serietà che trascende gli anni, è vestito con panni aulici, l'himàtion, l'abito della gloria che indossa il Risorto. No ha vesti di pargolo, intense le pupille nelle orbite scure; è immerso in un ascolto fatto di benevolenza e maestà. Ascolta e guarda assorto la Madre sul cui cuore poggia la mano benedicente, (centro di tutta l'opera) arra di sicura e potente protezione. Dionìsio da Furnà (XVIII secolo), monaco del monte Athos, attribuisce alle dita della mano benedicente le lettere iniziali del nome Gesù Cristo espresso in greco (IHSOYC XPISTÓC). Nelle mani del Cristo il rotulus, segno della Legge antica che lui è venuto a compiere e perfezionare. La Madonna indossa il maphorion greco, abito proprio della donne sposate, di colore rosso scuro. Sotto il manto i capelli raccolti nella mitella (cuffia) di colore azzurro, oggi molto sbiadito. Il volto della Vergine è la zona più vibrante in cui si esprime con grande eloquenza il momento focale dell'opera pittorica. Il volto è appena inclinato sul Figlio e valore espressivo hanno gli occhi grandi a cui fanno corona accentuati e lunghi sopraccigli, elementi che danno forza monumentale e colpiscono come negli antichi mosaici anche da lontano. Il naso è aquilino, la bocca raccolta e fine. Le pupille scrutano l'osservatore, anzitutto l'occhio destro che insiste non certo a caso in un punto centrale della tavola e si fa chiave di volta di tutta la sapiente composizione. Sul capo una stella, in origine certamente tre, segno della sua perenne e divina verginità.

I nove secoli che questa tavola porta su di se hanno tracciato il loro corso rendendo scuro il fondo dell'icona realizzato certamente in foglia oro e cancellando gli anagrammi con il titolo teologico della figure: MHP-OU (Madre di Dio) e IC-XC (Gesù Cristo), era l'imprimatur dell'autorità ecclesiastica che definiva canonica un'icona, cioè degna di venerazione, di culto.


La rievocazione annuale dell'approdo
Il 16 dicembre, solennità liturgica della Beata Maria Vergine della Madia, alle cinque del mattino, l'intera città si riversa sul porto (Cala batteria) e rivive I'approdo della venerata icona. L'appuntamento mattutino è preceduto dalla cosiddetta nottata: le famiglie si riuniscono in casa e trascorrono insieme tutta la notte in un clima di festa per poi recarsi al porto e accogliere la Madre venuta dal mare su di una zattera (nel gergo popolare la gente dice: scende la Madonna). Ogni anno vengono stimate circa 40.000 persone. Quello di dicembre è un appuntamento molto suggestivo e sentito sia perché è la rievocazione propria del giorno in cui l'icona arrivò a Monopoli sia per il fascino che aggiunge il clima natalizio. I festeggiamenti si ripetono nel mese di agosto, mese mariano per Monopoli. La sera del 31 luglio una grande folla di fedeli si raccoglie davanti al sagrato della Basilica Cattedrale per la recita del S. Rosario; a mezzanotte viene aperto il grande portale d'ingresso, inaugurando così il mese della Protettrice. Nei giorni 13-14-15-16 di agosto si svolgono i festeggiamenti solenni, soprattutto per i monopolitani residenti all'estero che ritornano ad omaggiare la loro patrona. Non mancano le artistiche luminarie, i fuochi pirotecnici, le bande e le attrazioni per i piccoli; in questa cornice, il 14 agosto, si ripete l'approdo dell'icona, questa volta in tarda serata, seguendo lo stesso cerimoniale dell'approdo invernale.

I miracoli
Gli eventi straordinari in cui i fedeli hanno riscontrato una protezione celeste attribuita alla Vergine monopolitana sono diversi, raccontati dalle testimonianze scritte che nei secoli si sono raccolte, cui si aggiungono gli ex voto custoditi presso il Santuario della Cattedrale. Oltre gli scritti, i dipinti custoditi nella cosiddetta sala dei miracoli adiacente al Santuario. Queste tavolette dipinte, realizzate dal “miracolato” stesso o in genere commissionate ad una mano più esperta, rappresentano solitamente la situazione in cui si è compiuto il miracolo e in alto l’immagine raggiante della Madonna. Nel caso di Monopoli i fatti miracolosi sono legati fondamentalmente alla vita marinara. Gli ex voto sono spesso in ringraziamento per uno scampato naufragio o tempesta; non mancano episodi legati al mondo contadino, come incidenti con carri e incendi, e altre situazioni legate alla vita quotidiana come la caduta di fulmini o incidenti stradali. Alle tavolette dipinte si aggiungono anche i tradizionali ex voto in argento con la sigla P.G.R. (per grazia ricevuta) che non sono esposti nella sala dei miracoli. Di notevole importanza è da considerarsi la venerazione della gente verso le travi della zattera (visibili ancora oggi in un grande armadio nella prima Cappella a destra entrando in Cattedrale). Quasi tutti i marinai portano sulla loro imbarcazione un frammento di quel tronco e non di rado ne gettano una scheggia in mare in situazione di pericolo. Un altro segno della devozione, oggi caduto in disuso, era legato alle colonnine in argento e oro che fino agli anni ’80 erano collocate proprio nella nicchia dove è custodita la sacra icona. Realizzate nella seconda metà del XVIII secolo, furono pensate come supporti dove appendere gli oggetti preziosi che venivano donati alla Madonna. Tuttavia dal primo inventario

in cui vengono menzionate compaiono come: “La colonnetta di M.a SS. p[per] le partorienti”. Si deduce che queste piccole colonnine, a seconda delle richieste, uscivano dalla Cattedrale per essere posate sul grembo della partoriente come segno di protezione della Madonna. L’intervento maggiormente ricordato, e più vicino a noi nel tempo, è quello del bombardamento di Monopoli del 16 novembre 1940, in piena seconda guerra mondiale. Le testimonianze raccontano che quel giorno una fitta nebbia rendeva Monopoli quasi invisibile. Sulla città furono sganciate sessanta bombe, delle quali solo tre esplosero. 


I danni furono molto meno di quelli che ci si poteva aspettare: due case distrutte senza alcun ferito e un solo morto. Dopo due anni il Vescovo scopriva una lapide a memoria perenne dell’accaduto con queste parole:

D.O.M. /LA CITTADINANZA DI MONOPOLI /SCAMPATA ALL'INCURSIONE NEMICA/ DELLA NOTTE DEL 16 NOVEMBRE 1940 XIX /ALLA /DIVINA PATRONA /LA MADONNA DELLA MADIA /PER LA CUI INTERCESSIONE IN SI DURA PROVA /FU MIRACOLOSAMENTE PRESERVATA /CON VIVA FEDE RENDE UNANIME/ TESTIMONIANZA DI GRATITUDINE ETERNA /AUSPICE ECC. G. BIANCHI VESCOVO - ASSUNTA 1942.

La lapide è collocata accanto alla porta di ingresso dallo scalone destro del Santuario.

(Notizie tratte da Wikipedia)