giovedì 30 luglio 2015

Maria che scioglie i nodi

Un pò di storia

La devozione alla Madonna che scioglie i nodi ( knotenlòserin ) nasce in Germania, e precisamente in Baviera, attorno al 1700 dopo che il nobile Wolfang Langenmantel in procinto di separarsi dalla moglie Sofia, per l'intercessione di Maria e l'aiuto di un sacerdote gesuita, vede salvato il suo matrimonio.

Suo nipote Hieronymus Ambrosius Langenmantel, canonico del monastero di San ( Sankt?) Peter, conosciuta la vicenda del nonno, incaricò il pittore Johann Georg Melchior Schmidtner di dipingere il quadro ora famoso in tutto il mondo.

Così nella chiesa romanica di St. Peter di Augustburg, l' Augusta degli antichi Romani, è possibile ammirare la tela che raffigura Maria, con uno spicchio di luna sotto i piedi mentre schiaccia la testa a un serpente, simbolo del male, pure lui annodato nelle spire

E' chiaro il riferimento alla profezia descritta dal libro della Genesi " Il Signore Dio disse al serpente: Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno" (Gen 3, 14 - 15).
In alto aleggia una colomba, simbolo dello Spirito Santo. Accanto a Maria, vestita di rosso con un manto blu che svolazza attorno alle spalle, stanno due angeli.
Quello a destra di chi osserva la tela, regge un nastro tutto annodato e aggrovigliato; quella a sinistra un nastro ormai liscio e senza nodi. Il nastro passa nelle sottili mani di Maria che, in atteggiamento pensieroso, scioglie i nodi. Diversi angioletti osservano curiosi la scena.
Nel bordo inferiore della tela, l'arcangelo Raffaele prende per mano Tobia nel suo viaggio in cerca di Sara che diventerà sua moglie.
Nella interpretazione originale i diversi nodi, rappresentano: il dolore, la tristezza, l'abbandono, la solitudine, la mancanza di speranza. 
Purtroppo i nodi possono essere anche altri e di numero maggiore.
Ognuno poi ha i suoi; a volte ben visibili; a volte nascosti e questi sono i più dolorosi.

Jorge Mario Bergoglio, sacerdote gesuita, a metà degli anni ottanta del secolo scorso, mentre si trovava in Germania per il dottorato, entrò a pregare nella chiesa di St. Peter; ne restò folgorato.
Da quel momento fece sua la devozione alla Madonna che scioglie i nodi e, tornato in Argentina la fece conoscere alla sua gente. Una riproduzione del quadro di Augustburg venne collocato nella chiesa di San José del Talar al centro di Buenos Aires. Qui padre Bergoglio, diventato nel frattempo cardinale e arcivescovo della città, veniva spesso a pregare.

Eletto papa Francesco, la devozione la portò a Roma e da qui ora si è diffusa in tutto il mondo, Valtellina e Valmalenco compresi (http://www.parrocchia-chiesavalmalenco.so.it).

martedì 28 luglio 2015

Santa Maria in Aracoele e Santa Maria in Via Lata

Icone in Roma attribuite,
per tradizione, a San Luca



SANTA MARIA IN ARACOELI

Sul grande altare barocco è situata l’icona della Madonna, immagine molto venerata dai romani.
Si hanno notizie di questa icona a Roma sin dall’ottavo secolo ma, perduto l’originale, fu sostituita da una copia nella metà del X secolo.
L’originale proveniente da Gerusalemme era custodito nel santuario di Chalcoprateia e arrivato dalla capitale bizantina a Roma nel V secolo.
L’originale perduto fu allora sostituito da una delle numerose copie fatte precedentemente. Si trovano esempi in Grecia, Germania, Russia e in altre parti d’Italia; una celebre icona di questo tipo si trova a Spoleto.
Maria guarda l’osservatore leggermente voltata verso destra, la sua mano destra è alzata mentre la sinistra è appoggiata al petto ad indicare che intercede per tutti coloro che si rivolgono a Lei.
Sulla testa è raffigurato un diadema.
A questo tipo di raffigurazione sono stati dati diversi nomi:

- AGHIOSORITISSA, perché l’originale si trovava nel santuario nel quale era custodita l’Aghia Soros, “Sacra Urna” nella quale era conservata la cintura della Vergine.
- CHALCOPRATISSA, perché il santuario di Chalcoprateia era situato nel quartiere del mercato del rame (in greco chalcos) a centocinquanta metri dalla chiesa di S. Sofia.
- PARAKLISIS o Supplica per il suo gesto di intercessione.

Secondo la tradizione l’originale dell’Aghiosoritissa fu eseguito da San Luca, per cui viene anche indicata come Madonna di San Luca.
A Roma vi sono sei icone molto simili a questa immagine, si trovano a Santa Maria in via Lata, in Sant’Alessio, in San Lorenzo in Damaso, in Santa Maria in Campo Marzio e in Santa Maria del Rosario a Monte Mario.

Si attribuisce a questa immagine dell’Aracoeli la cessazione della peste a Roma nel 1348 e per riconoscenza fu costruita, con sottoscrizione popolare, la scalinata di 124 gradini, inaugurata da Cola di Rienzo. Il 30 maggio 1948 fu consacrata a questa immagine la città di Roma.




SANTA MARIA
IN VIA LATA



In un grande tabernacolo d’argento sull’altare maggiore è venerata questa immagine della Vergine, anche questa attribuita, secondo la tradizione, a San Luca. 

E’ venerata con i due nomi scritti nella parte inferiore:”Fons Lucis”, Fonte di luce, o “Stella Maris”, Stella del mare.

Fonte di luce per illuminare la vita a tutti gli uomini in stato di bisogno; ma generalmente è invocata, fin dall’ottavo secolo, e conosciuta con il nome di “ Madonna Advocata”.

E’ dipinta su tavola, opera di un certo “Petrus pictor”. 

Secondo alcuni studiosi si può attribuire alla seconda metà del XII secolo, secondo altri è più antica; molto ben conservata, è un bell'esempio di pittura bizantina.

Anche questa immagine è simile a quella dell’Aracoeli, stessa posa e stesso atteggiamento con grandi occhi e ricchi ornamenti. Presenta lungo il perimetro una decorazione e nel lato inferiore la scritta: Fonslucisstelamaris.

Arch. Pietro Strini (Cfr. Roma Sacra 15° e 2° itinerario:
E. SENDLER, Le icone bizantine della Madre di Dio, Milano 1995, p. 213.
L. GRASSI, La Madonna di Aracoeli e le tradizioni romane del tema iconografico, in Riv. Arch. Cristiana, XVIII, 1941 pag. 51ss, Rothemund 273).


(Si ringrazia Maurizio Mercuri
per la donazione delle immaginette)


venerdì 24 luglio 2015

Crotone (KR) - Maria SS.ma di Capocolonna


La Festa della Madonna di Capocolonna è una festa cattolica compatronale in onore del quadro bizantino in cui è raffigurata la Vergine Maria con in braccio il bambino Gesù.

La festa in onore della Madonna rappresentata dal dipinto si svolge a maggio. Il 30 aprile il quadro viene deposto dall'altare particolare della cattedrale di Crotone e posto a fianco dell'altare presso la navata centrale; il giovedì della seconda settimana del mese i fedeli si ritrovano per il rito del "bacio", in cui, successivamente alla messa, l'immagine viene baciata; il sabato della seconda settimana del mese il dipinto viene portato in processione nelle vie della città fino a raggiungere l'ospedale civile "San Giovanni di Dio", dove l'arcivescovo di Crotone o il parroco della cappella dell'ospedale tengono una breve preghiera di ringraziamento, e successivamente riaccompagnato nella Cattedrale, che per l'occasione resta aperta fino a tarda ora. 


Il mercoledì della terza settimana del mese viene aperta la fiera che si snoda lungo Viale Regina Margherita, presso il castello di Carlo V, costeggiando il porto commerciale, e presso lo stadio Ezio Scida. Il terzo sabato del mese avviene il grande pellegrinaggio a Capo Colonna, promontorio distante circa 15 km dalla città, che si svolge durante tutta la notte, dopo che il quadro esce dalla basilica verso l'una di notte, salutato dai fedeli. Il dipinto arriva, in processione, prima presso il cimitero, dove viene recitata un'omelia dal vescovo della diocesi; successivamente il corteo riprende il cammino e arriva a Capo Colonna alle prime luci dell'alba ove risiede per tutta la giornata di domenica. Sul far della sera l'icona viene imbarcata e portata via mare al porto turistico di Crotone, salutata al rientro da fuochi artificiali. Via Poggioreale, la strada principale di Crotone che conduce dal centro della città al lungomare, illuminata in occasione della festa.

I festeggiamenti si protraggono per tutto il mese con i bambini delle scuole elementari che visitano a turno la cattedrale e con lo svolgimento del Festival dell'Aurora. La festa si chiude il 31 del mese, con la riposizione del quadro nell'altare privilegiato della basilica.

Ogni sette anni la festa è definita maggiore e il quadro portato in processione non è la miniatura moderna, ma il quadro originale: i festeggiamenti sono prolungati e il quadro, al rientro, non viene imbarcato e portato via mare, bensì posto su un carro trainato da buoi e percorre la via inversa a quella compiuta la sera prima; i pellegrini in questo caso seguono il quadro anche al rientro. In giorni prefissati, all'alba, si tengono concerti presso il promontorio di Capo Colonna. Nel 2008 sono stati effettuati restauri del quadro grande ripristinando, grazie a Gerardo Sacco, 12 stelle che erano state rubate tempo fa.







La storia del quadro della Madonna di Capocolonna

Don Ezio Limina, rettore della Basilica Cattedrale, grazie alla sua cultura e alla profonda dedizione per la Vergine, ha trasformato una intervista di Zenit in un affascinante tuffo nel passato.

Don Ezio Limina: La devozione per la Madonna risale, secondo i documenti pervenutici, intorno al 1500, inquadrandosi nel contesto delle incursioni saracene che all'epoca flagellavano le coste crotonesi. Il 1° giugno del 1519, una razzia saracena quasi distrusse il promontorio di Capocolonna. Era questa un’area magica dove si trovavano, nel periodo magno greco, grandi templi come quello di Hera Lacinia e dove il cristianesimo era subentrato al mondo pagano sostituendo il culto della Dea Madre con quello della Vergine Madre, grazie all'edificazione di un piccolo santuario dove si trovava questa immagine di Maria. Nella razzia i turchi devastarono qualsiasi cosa in segno di disprezzo, inclusa la chiesetta, tanto che il quadro della Madonna fu addirittura bruciato. Secondo un antico racconto del canonico Basoino, però, nonostante i saraceni avessero attizzato il fuoco per oltre tre ore, l’immagine non si bruciò ma anzi irradiò dei bagliori miracolosi. A quel punto la tela venne portata nella nave che doveva tornare in Turchia, ma che in quel caso non riuscì nemmeno a spostarsi. Venne perciò buttata in mare come segno sprezzante di liberazione. E dal mare arrivò fino alla città

Don Ezio Limina: Sì, la tela camminò sulle acque fino ad una zona di poderi e di giardini, dove un contadino la trovò e la conservò per anni in una cassapanca. Questo contadino – un tal Agazio – in preda ad una grave malattia diventò sordo e cieco. In punto di morte giunse nella sua casa un Frate di S. Francesco di Paola, a cui il contadino confessò di possedere una tela della Madonna che aveva trovato a mare. Dopo questo episodio l’uomo guarì completamente e già da allora si gridò al miracolo. Il Frate minimo la portò infatti nel suo monastero fuori dalla città per custodirla. Solo più tardi il vescovo dell’epoca, mons. Antonio Lucifero, dopo un pellegrinaggio devozionale, decise di portarlo nella Cattedrale.

lunedì 20 luglio 2015

Palmi (RC) - Maria SS.ma del Carmelo


La Sacra Effigie di Maria SS.ma del Carmelo collocata nel settecentesco altare maggiore in marmo con policromi intarsi, fu scolpita da Domenico Di Lorenzo nel 1782

Nel periodo tra il 30 ottobre e il 16 novembre 1894 la Sacra Statua fu oggetto di ripetuti Miracoli, culminati con gli eventi catastrofici del terremoto del 16 novembre, quando la Sacra Vergine portata per le vie cittadine salvò la popolazione di Palmi da morte certa.

Il 16 luglio 1896 fu solennemente incoronata dal Capitolo Vaticano.

Il 16 luglio di ogni anno (come pure il 16 novembre) una copia della stessa esce per le vie cittadine.L'immagine di Maria SS.ma del Carmelo è quella più riprodotta per le vie cittadine. 
Oltre alle due statue sopra citate, vi sono edicole sparse per le vie cittadine con riproduzioni della Sacra Vergine del Carmelo, una all'incrocio tra Via Tripoli e Via Mancuso, una in Piazza Primo Maggio, una sul corso Garibaldi dove avvenne il miracolo, e una copia identica a quella miracolosa in Via Trento e Trieste all'ingresso del Rione Impiombato. 
Infine nella Piazza del Carmine vi è una colonna con una splendida Vergine che domina la Piazza antistante il Santuario.


Il miracolo mariano

E' recente la storia degli eventi prodigiosi legati all'intercessione di Maria presso il Padre, in favore dei suoi figli: i palmesi. Era infatti l'alba del 31 ottobre 1894 quando una devota in preghiera si rese conto che le palpebre della statua della Madonna si aprivano e si chiudevano. Pensando ad un effetto ottico causato da qualche riflesso della luce, non osò dire niente a nessuno, se non quando un'altra devota le si accostò e disse se anche lei vedesse la statua della Vergine chiudere ed aprire gli occhi.

La voce si sparse in lungo e in largo nel paese, tanto che il piccolo santuario divenne gremito di gente nei giorni successivi, e le manifestazioni prodigiose sulla statua aumentavano: al chiudere ed aprire delle palpebre, si aggiunse il colorito del volto che impallidiva per poi tornare normale, alla lacrimazione degli occhi e lo spostamento delle pupille, alla sudorazione della fronte e dei muri della chiesetta.

In quei lunghi sedici giorni tutta la popolazione riuscì a fare visita alla Vergine e molte furono le conversioni. Tuttavia a furor di popolo, il pomeriggio 16 novembre 1894, si decise portare in processione la prodigiosa effige, lungo le vie della città, ma non appena il corteo religioso mise piede fuori del centro abitato, un forte rombo dal terreno avvisò i cittadini del terremoto. Al grido di "Fuimu figghioli" tutti corsero dietro la statua allontanandosi maggiormente dal centro abitato, mentre dietro loro il terremoto devastava l'intera città. 

Quando i palmesi si voltarono, del loro paese già non restavano che macerie, e non ci furono vittime alcune: tutti erano sani e salvi al seguito della lignea immagine della Vergine del Carmelo.


Oggi la statua, e il santuario che la custodisce, è meta di grande venerazione in tutta la piana di Gioia Tauro, diversi sono coloro che vengono in pellegrinaggio per onorare la Vergine nel giorno della commemorazione di quel miracolo, in cui si organizza una processione lungo quelle stesse vie che percorse nel 1894, con la rievocazione storica di quella corsa dietro la Madonna al grido di "Fuimu figghioli".


Santuario del Carmine dei Frati Carmelitani
V.le Vittorio Veneto
89015 Palmi (RC)
Tel.: 096645851


giovedì 16 luglio 2015

Beata Vergine del Monte Carmelo


Fiore del Carmelo, 
Stella del Mare

Nella sequenza o canto del Flos Carmeli, che i carmelitani da secoli rivolgono alla Madonna è racchiuso tutto il patrimonio di fiducia e amore dei fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo.

Maria è il fiore del Carmelo, 
vite fiorita e splendore del cielo,

dice il canto. In una terra pre-desertica, qual è il territorio israeliano, l’estesa altura del Monte Carmelo, con la sua coltura lussureggiante e bellezza è configurata a Maria: fiore, vite che fiorisce, cielo terso e splendente, e stella del mare conclude il canto; perché il Monte Carmelo si affaccia sul Mare Mediterraneo. Stella Maris in latino, in ebraico e in arabo è la scritta della via che dal mare, in una chilometrica salita, conduce al Monte Carmelo. La realtà geografica del Carmelo, la sua fioritura, la sua bellezza è figura della Madonna; tanto che il Cantico dei Cantici, nell'elogiare la bellezza della sposa, dice:

”Il tuo capo è come il Carmelo”.

Il cuore della preghiera a Maria è: ”Sii propizia ai carmelitani, o Stella del Mare”. 

mercoledì 15 luglio 2015

Tursi (MT) - Maria SS. Regina di Anglona


Il Santuario Maria SS.ma di Anglona

E' uno dei Santuari mariani più antichi della Basilicata.
E' situato su di un colle alto 263 m., il sito e' conosciuto fin dai tempi ellenici perché vi sorgeva Pandosia, capitale degli Enotri.
Le notizie storico-letterarie sono state confermate dai ritrovamenti archeologici, soprattutto dalla necropoli rinvenuta negli anni 1977-1978, che data all'VIII sec. a.c.

Nel suo territorio avvenne lo scontro tra le Legioni romane, guidate dal Console Levino, e le truppe di Pirro, re dell'Epiro, venuto in Italia in soccorso dei Tarantini. 

Nel fiume Agri, invece, che bagna il suo territorio, trovò la morte Alessandro il Molosso, zio del famoso Alessandro Magno.

Il Santuario dedicato alla Natività della Vergine Maria, comunemente detta "Madonna di Anglona", costruito tra l'XI e il XII secolo in pietra tufacea di stile misto gotico e romanico, è monumento nazionale dal 1931 ed elevata a Basilica Minore da S.S. Papa Giovanni Paolo II il 17.5.1999.

Di questo sobrio Santuario, oltre al ciclo degli affreschi risalenti al periodo della costruzione e ad altri del XV secolo, sono da ricordare il campanile quadrangolare con bifore a doppia colonnina, l'abside semicircolare con archetti pensili ed il magnifico portale sormontato con figure di volti umani, i simboli dei quattro evangelisti con al centro l'Agnello e ai lati le figure dei Santi Pietro e Paolo.
Il Santuario è meta quotidiana di fedeli e visitatori.


La parete destra della navata centrale è decorata interamente da un ciclo di affreschi raffiguranti scene della Genesi. Queste scene sono realizzate su due fasce orizzontali che si prolungano per tutta l'estensione della parete. Narrano la creazione del mondo e dell'universo, la creazione di Adamo ed Eva, il peccato originale, la storia di Caino e Abele, di Noè di Abramo fino a Giacobbe e Giuseppe. Queste ultime scene sono meno leggibili all'osservatore profano, perché molto deteriorate.
La parete dirimpettaia, invece, appare nuda. Essa tuttavia, doveva presentare originalmente scene del Nuovo Testamento. Sono sopravvissute solo due scene. Nei timpani disposti tra gli archi sono raffigurate figure di profeti con artigli, mentre nei sottarchi si snoda una vasta teoria di anacoreti orientali. Sui pilastri sono rappresentati i Santi del calendario occidentale dal lato della navata centrale e Santi del calendario orientale, sul versante della navatella laterale. Vi si può ammirare particolarmente un bellissimo San Sebastiano Martire.
Nell'absidiola della navatella sinistra è rappresentato un volto di Cristo Pantocratore sormontato da un agnello immolato, in piedi, secondo la visione dell'Apocalisse. Sullo stesso lato, affrescato sul pilastro dell'arco trionfale. troviamo la figura ieratica di San Giovanni Crisostomo. Gli affreschi in genere possono essere datati al XIII-XIV secolo. Sono certamente posteriori invece gli affreschi raffiguranti i santi occidentali.
1543: Papa Paolo III instaura la Diocesi di Anglona-Tursi, unendo i territori delle due cittadine.
1976: Anglona-Tursi divenne Tursi-Lagonegro, alla Diocesi soppressa fu consegnato il titolo di Diocesi titolare, che tuttora conserva.


Rabatana

Anche se la tradizione attribuisce ai Saraceni l' edificazione di Tursi, centro del Materano a 210 m s.l.m., e oggi popolato da 5718 abitanti, in realtà è il suo quartiere Rabatana il luogo in cui quelle genti islamiche si installarono, per meglio controllare sia il vicino borgo di Anglona che le sottostanti valli del Sinni e dell' Agri.
Questo quartiere testimonia urbanisticamente - e al pari di Tricarico ove insistono ben due rioni arabi, la Rabata e la Saracena - la conseguenza delle gravi minacce, poi delle invasioni e, quindi, della lunga permanenza di popolazioni islamizzate provenienti dall'Africa settentrionale, più note col nome di Berberi, che vennero coinvolte nell'espansione dell’Islam verso l’Occidente cristiano in funzione di contingenti maghrebini islamizzati. Nel corso dei secoli IX-X da Bari, sede di un loro emirato dall’ 847 all'871, gli Arabi infatti si spinsero all'interno dell'Italia meridionale ed anche della Basilicata, sfruttando le valli come zone più percorribili, per compiervi rapine e fare prigionieri da destinare come schiavi nei centri dell’impero islamico mediterraneo, nel momento della sua massima espansione.
A detta di cronisti, come Lupo Protospata, e secondo le poche fonti documentarie disponibili, gli stanziamenti arabi furono consistenti e di lunga durata in molti centri del medio bacino del Bradano e del Basento, nel basso Potentino da Pietrapertosa ad Abriola e nella Valle dell'Agri. Le consistenti tracce architettoniche, oltre che linguistiche, d'impronta arabo-musulmana che vi si riscontrano e che, essendo attualmente poco esplorate risultano più soggette alla perdita e all'oblìo, dimostrano come non si trattò solo di nuclei di soldati, ma anche di vere comunità di mercanti e di artigiani che, sfruttando il loro predominio politico-militare, trassero vantaggi per incrementare ed espandere i loro commerci.
Senza entrare nel merito del fenomeno storico, gli Arabi impiantarono comunque dei veri presidi, ancora oggi leggibili in modo eclatante nel tessuto urbano di Tursi, Tricarico e Pietrapertosa. Si tratta di quartieri che la tradizione e le fonti scritte connotano come Rabatana, Rabata, Ravata richiamando il fascinoso ribàt maghrebino.
La Rabatana di Tursi si presenta come la parte più alta dell'abitato altomedievale, che insiste sulla cima di un terreno argilloso ma in posizione iperdifesa: è un intrico edilizio su cui domina il Castello, imponente costruzione, ormai ridotto in rovine e di cui si riconosce solo la base della torre. Nei tempi successivi alla presenza araba, perduta la sua funzione di fortezza, esso avrebbe svolto quella di residenza del feudatario e poi quella di rifugio dei briganti.


Un passaggio sotterraneo lo metteva in comunicazione con la Chiesa di Santa Maria Maggiore dove si venera la Madonna dell’Icona, attributo che le deriva da un trittico del trecento attribuito alla scuola di Giotto, rappresentante la Vergine col Bambino al centro e ai lati San Giovanni Battista e la Maddalena. Essa da semplice parrocchia fu eretta in Collegiata con bolla del Pontefice Paolo III del 26 marzo 1546. La sua prima costruzione risale al IX°-X° sec. ad opera dei Basiliani. L'arredo mobile interno annovera un'acquasantiera in pietra lavorata (1513) e, nella cappella, a sinistra dell'altare maggiore, un trittico su tavola della fine del secolo XIV, raffigurante la "Madonna col Bambino" e ai lati "storie della Maddalena e vita di Gesù". La chiesa presenta una cripta completamente affrescata con immagini di sibille, profeti e santi, opera di una personalità dell'ambito di Simone da Firenze. Vi sono conservati ancora un presepe in pietra del XV° secolo, opera di Altobello Persio, un sarcofago in pietra con uno stemma raffigurante San Giorgio, appartenuto prima alla famiglia dei nobili tursitani De Giorgiis e poi ai Doria e due memorie dipinte sui muri: una in versi elegiaci, mentre l’altro è un’epitaffio composte da Pitrantonio De Giorgiis nel 1546, e la tela raffigurante l' "Incoronazione di Maria" datata alla metà del XVI secolo.
Se al percorso storico e al suo specifico carattere umano ed urbano affianchiamo il percorso mentale ed affettivo, l'antico borgo saraceno della Rabatana di Tursi è indubbiamente legato alla poesia dialettale di Albino Pierro ed in particolare alla sua 'A Ravatèna. In questi versi il rione tursitano - abitato dal ceto più povero ed in quelle condizioni di promiscuità tra uomini ed animali, già evidenziate da Levi per i Sassi di Matera e da Scotellaro per la Rabata di Tricarico - riammette, nella sua consistenza fisica, la nozione delle radici primigenie, che sembrano perpetuare, all'interno delle consuetudini quotidiane, temperamenti sanguigni e costumi tenaci (Notizie tratte dal sito Web  http://web.tiscali.it/ghostnet/santuario_di_anglona.htm).


(Si ringrazia Filippo Calciano 
per la donazione delle immaginette)








lunedì 6 luglio 2015

Maria Salute degli Infermi


"Salute degli infermi..."

La Chiesa tutta, popolo e Magistero, ha moltissime volte riconosciuto la presenza, l'opera e l'agire di Maria, nonché accolto le sue parole e i suoi messaggi. Il parlare di Maria, ed è questo un suo segno distintivo e al contempo elemento di verità, altro non fa che riprendere gli insegnamenti del figlio suo Gesù richiamando e sottolineando semmai alcune sue parti o rilanciandone alcune sottaciute o meno presenti, in quel momento storico, alla coscienza del popolo di Dio.

Dall'agire positivo della Chiesa emerge in maniera evidente, a conferma ovviamente della Rivelazione divina, che ella è viva e vive in Dio, è realmente risorta e assunta in cielo con il suo corpo glorioso. In specifico, meditare la presenza di Maria nella storia bimillenaria della Chiesa, puntualmente segnata da innumerevoli momenti di presenza della Madre, ci conduce a comprendere sempre meglio la Rivelazione divina sulla vita eterna, ovvero sulla vita oltre la morte.

Noi crediamo nella risurrezione dai morti e nella vita eterna, le Scritture ci illuminano e ci guidano; gli apostoli e le prime comunità cristiane ci testimoniano una fede talmente grande, forte e appassionata nella vita eterna, da far addirittura desiderare il martirio o comunque tale, come ci testimoniano tantissimi martiri e confessori, da non temere affatto la morte. Ma qual è la nostra vita oltre la morte? La Rivelazione, come dicevamo, ci illumina, ci guida autorevolmente e normativamente; il mistero della presenza attiva e visibile di Maria nella storia della Chiesa ci aiuta al discernimento e alla comprensione, per mezzo dello Spirito Santo, della Rivelazione sui misteri ultimi.

Valleluogo (AV)
Madonna Salute degli Infermi
Maria è una creatura come ciascuno di noi. Come ogni creatura muore, ma non è trattenuta dalla morte. La Rivelazione e la storia della Chiesa ce lo confermano. Ella è beata perché ha creduto; è la donna della fede, è colei che non ha mai peccato, non ha mai tradito, mai fallito nella sua fedeltà a Dio, all'Amore. E dopo la sua morte, in questi duemila anni di storia del popolo di Dio, la vediamo, la ascoltiamo, la seguiamo. Meditando il mistero della sua presenza in mezzo all'umanità, contempliamo il dispiegarsi dell'agire di Dio nel tempo e nella storia. Tantissime sono le apparizioni della Madonna riconosciute ufficialmente dalla Chiesa.

Ella si manifesta nel pieno della sua esistenza umana, ha tratti maturi e al tempo stesso giovanili, ha un corpo splendente, è tale la sua bellezza da essere indescrivibile, potremmo dire è un corpo glorificato. Si fa riconoscere dai suoi figli che ovviamente non l'avevano mai vista prima. È la Madre di ogni figlio di Dio e ognuno la riconosce come tale.

È questa una particolarità di Maria e potrebbe farci rimanere perplessi; non è ella una donna ebrea di Nazaret? Perché ha il volto e le sembianze di ogni madre, di ogni continente ed etnia? Ci ricorda in proposito san Paolo: in cielo non ci sarà più né giudeo, né pagano, né schiavo, né libero, ma saremo tutti uno in Cristo. Meditare il mistero di Maria ci fa ben comprendere perché ella è la salute degli infermi: ella è colei in cui vinta è la morte e con essa il dolore e la sofferenza. Ci è sempre vicina affinché, guariti dai nostri peccati, vinciamo per sempre la causa ultima e vera della morte e della sofferenza. Noi infermi siamo aiutati a guarire da lei, la madre, e la medicina principale è la preghiera. «Salute degli infermi, prega per noi».

Mons. Simone Giusti, vescovo di Livorno

giovedì 2 luglio 2015

Taranto (TA) - Madonna della Salute



Santuario della Madonna della Salute

Il Santuario della Madonna della Salute (anche noto come santuario di Monteoliveto, o chiesa di Monteoliveto, denominazione risalente all'occupazione del complesso da parte dell'ordine degli Olivetani) è una chiesa sita nel borgo antico di Taranto.

La costruzione della chiesa, inizialmente denominata chiesa del Gesù, venne avviata nel 1686 per volere della Compagnia di Gesù. Questa, con ogni probabilità, era giunta per la prima volta in città nel 1612, stanziandosi in maniera definitiva nel 1622, anno in cui la Compagnia ereditò il Palazzo Visconti, adattato a collegio. Al complesso pare fosse annessa una rudimentale chiesa, che i gesuiti decisero di sostituire con l'attuale fabbrica appena fu loro possibile. La costruzione si protrasse per ben 77 anni, fino al 1763, sebbene l'altare maggiore fosse stato consacrato già nel 1752. Appena quattro anni dopo l'ultimazione dei lavori, il 21 luglio 1767, la Compagnia di Gesù fu soppressa da papa Clemente XIV; i padri dovettero lasciare la città nel 1773 e il complesso fu affidato alle cure della congregazione olivetana, che mutò la denominazione del tempio in chiesa di Monteoliveto e trasformò il collegio nel proprio convento. 


Quest'ultimo venne confiscato per decreto di Gioacchino Murat nel 1813 e destinato ad alloggio per gli ufficiali napoleonici. Da allora esso mutò più volte destinazione d'uso e quando i gesuiti rientrarono a Taranto, nel 1924, dovettero trasferirsi in un edificio limitrofo, denominato "Istituto San Luigi" e collegato alla chiesa tramite un cavalcavia. 

Nel 1936 la città di Taranto venne consacrata all'icona della Madonna della Salute, da cui il santuario prende la sua attuale denominazione. I gesuiti continuarono a gestire il culto nel tempio fino al 1992, anno in cui lasciarono la città.


L'icona che dà il nome al tempio è una copia seicentesca, realizzata con ogni probabilità dal pittore leccese Antonio Verrio, della Salus populi romani, icona bizantina attribuita dalla tradizione a san Luca e venerata nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. La sua sistemazione consueta è sull'altare maggiore della chiesa. 

Nel luglio 2014, tuttavia, il santuario è stato chiuso al culto, quindi l'icona viene venerata dai fedeli nella cappella del Santissimo Sacramento della Cattedrale di San Cataldo.

    mercoledì 1 luglio 2015

    La Signora di Tutti i Popoli


    LA SIGNORA, LA MADRE DI TUTTI I POPOLI

    “CON QUESTO TITOLO SALVERÀ IL MONDO”
    (20 Marzo 1953)

    Nelle apparizioni di Amsterdam, la Madre del Signore ha chiesto di essere invocata con il nuovo titolo di “SIGNORA DI TUTTI I POPOLI”. Nel 1996 Mons. H. Bomers, vescovo di Haarlem-Amsterdam, e Mons. J. M. Punt, vescovo ausiliare, dopo aver consultato la Congregazione per la Dottrina della Fede, hanno emesso un decreto che autorizza la venerazione della Madonna con tale nuovo titolo.

    Se consideriamo che nei suoi messaggi Maria ha citato oltre 150 volte il suo nuovo titolo, dobbiamo concludere che esso deve avere un'importanza capitale. Naturalmente questa non è la sede per citare tutti questi brani, ma alcuni tra i più importanti possono aiutarci a capire perché Maria ha atteso fino al 1950 con la rivelazione del suo nuovo TITOLO, e il suo significato.
    Fin dal primo messaggio, Maria annuncia: “Mi chiameranno ‘Signora’, ‘Madre’” (25.03.1945), ma questo non era ancora il titolo completo. Solo dopo che, il 1° novembre 1950, Pio XII ebbe proclamato il dogma dell’assunzione di Maria in Cielo, nel messaggio successivo ella si fece conoscere con il suo nuovo titolo: “Figlia, sto su questo globo perché desidero essere chiamata la Signora di tutti i Popoli”. (16.11.1950)

    Il motivo per cui nei cinque anni trascorsi dalla sua prima venuta non ha mai menzionato il suo nuovo nome, lo spiega la Madonna stessa: “Perché compare solo adesso nel mondo il titolo «la Signora di tutti i Popoli»? Perché il Signore ha atteso questo tempo. Gli altri dogmi dovettero precedere, così come ha dovuto precedere la vita della Signora di tutti i Popoli. Tutti i dogmi precedenti comprendono la vita e la dipartita di Maria. Ai teologi basterà questa semplice spiegazione”. (5.10.1952)
    Già in una delle frasi precedenti, Maria motiva il suo nuovo titolo con le parole del Figlio: “Nostro Signore Gesù Cristo, in punto di morte, … diede ai popoli … Maria ... Disse: «Donna, ecco tuo figlio! Figlio, ecco tua Madre!», conferendo così a Miriam o Maria questo nuovo titolo”. (5.10.1952)

    Chi legge attentamente i messaggi rileva che, in pratica, il nuovo titolo riassume la vocazione di Maria quale Corredentrice, Mediatrice di grazie e Avvocata.
    Per dimostrarcelo, Maria pone sovente il suo nuovo nome di SIGNORA DI TUTTI I POPOLI in diretta relazione con Corredentrice, Mediatrice e Avvocata. “La Signora di tutti i Popoli sta ritta nel centro del mondo davanti alla croce. Viene in questo tempo con questo nome quale Corredentrice, Mediatrice e Avvocata”. (31.12.1951) “Ho posto i miei piedi fermamente sul globo perché in questotempo il Padre e il Figlio vuole portarmi in questo mondo come Corredentrice, Mediatrice e Avvocata”. (31.05.1951)
    E un po’ più oltre, nel medesimo messaggio: “Il Padre e il Figlio vogliono inviare in questo tempo Maria, la Signora di tutti i Popoli, quale Corredentrice, Mediatrice e Avvocata”.

    Da: P. Paul Maria Sigl,
    Die Frau aller Völker 'Miterlöserin Mittlerin Fürsprecherin'
    Amsterdam - Roma, 25 marzo 1998