venerdì 31 maggio 2019

Porto Venere (SP) - Madonna Bianca



Santuario della Madonna Bianca

Il santuario della Madonna Bianca, già chiesa parrocchiale di San Lorenzo, è un edificio religioso cattolico situato nel comune di Porto Venere, tra via della Chiesa e piazza San Lorenzo, in provincia della Spezia.
Situato in posizione dominante il centro storico e vicino al castello Doria, il santuario è sede della parrocchia dei Santi Pietro e Lorenzo della diocesi della Spezia-Sarzana-Brugnato.
La Madonna Bianca, festeggiata solennemente il 17 agosto, è patrona della comunità di Porto Venere. Secondo le fonti storiche l'originaria chiesa fu eretta a partire dal 1098 per opera dei Genovesi, seguendo lo stile romanico, in un luogo dove in antichità sorgeva probabilmente un tempio dedicato a Giove; l'edificio fu consacrato nel 1130 da Papa Innocenzo II. Alla fine del XIV secolo ereditò il titolo parrocchiale dalla chiesa di San Pietro.  Nel 1340 vi si sviluppò un incendio che danneggiò la chiesa che, nel 1494, venne parzialmente distrutta dall'incursione degli Aragonesi. Per tali motivi la chiesa fu sottoposta a continui restauri in un periodo che va dal 1494 al 1582. Questi interventi di restauro consistettero nella sostituzione delle colonne in marmo portoro con colonne in marmo bianco, nella demolizione della torre nolare del presbiterio e relativa sostituzione con cupola ottagonale, ricostruzione del campanile a fianco dell'abside e sostituzione di quest'ultimo con un coro quadrato allungato. 

Santuario della Madonna Bianca (Foto 1)
La Madonna Bianca 


(Foto 2)
Il culto religioso verso la Madonna Bianca è legato ad un evento miracoloso, così come racconta la leggenda popolare, verificatosi nel 1399 durante l'occupazione francese nel borgo marinaro portovenerese invaso dalla peste. La tradizione afferma che un certo Lucciardo, un paesano, invocò davanti ad un'immagine raffigurante la Vergine Maria la liberazione di tale malattia e, improvvisamente, i colori del quadro s'illuminarono splendendo. Vedendo nello strano fenomeno un probabile evento miracoloso, legato alla sparizione della pestilenza attribuita alla Madonna, il dipinto fu trasportato nella vicina chiesa di San Lorenzo dando inizio alla devozione dei fedeli verso l'immagine e verso la Madonna Bianca, intitolazione derivante dal chiarore della pelle raffigurato nel dipinto, patrona della comunità. Annualmente in occasione della festa patronale di Porto Venere, celebrata il 17 agosto e dedicata alla Madonna Bianca, per le vie del borgo si svolge alla sera una fiaccolata processionale.

All'interno è ancora oggi conservato in una cappella il presunto quadro miracoloso ritraente la Vergine Maria - dipinta su una pergamena – denominata Madonna Bianca per il chiarore della pelle. Il dipinto, la cui storia è sintetizzata in un manoscritto del 1672, raffigura Maria seduta sul trono con il Bambino Gesù reggente un rotolo di carta con la scritta Madre, quel che te piace mi contenta pur chel peccator dal mar far si penta.

(Foto 3)
Nel quadro sono inoltre raffigurati due santi, il primo identificabile in San Cristoforo mentre il secondo - aggiunto in seguito - è ancora oggi sconosciuto. 
Secondo un accurato restauro, effettuato recentemente, l'opera pittorica sarebbe risalente al XIV secolo e solo in seguito colorato con colori a tempera. L'immagine è collocata al centro di un'ancona dello scultore Mino da Fiesole.
Sono altresì conservati oggetti e arredi del XIV e XVI secolo e opere pittoriche come il trittico del Crocifisso raffigurante la Vergine Maria con san Giovanni ai piedi della croce di Gesù o il polittico di San Martino (Tratto da Wikipedia).

Araldi del Vangelo



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giovedì 30 maggio 2019

Scanno (AP) - Maria SS. del Carmine



La Chiesa del Carmine

Il sacro edificio, situato sulla discesa San Rocco, nei pressi dell’omonima piazza, è noto come chiesa del Carmine, poiché sede della confraternita dallo stesso nome e custode della statua della Madonna del Carmine, particolarmente venerata in paese. Essa viene infatti festeggiata la terza domenica di luglio con una solenne processione lungo le pittoresche stradine del borgo, alla quale partecipano numerose confraternite provenienti da vari paesi. Qui sono conservate anche le statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, che vengono fatte sfilare la sera del Venerdì Santo in un suggestivo corteo, accompagnato dalle note di un toccante Miserere.
La chiesa è il risultato dell’unione di due diversi edifici sacri: il SS. Sacramento, che sorgeva nell'area della costruzione odierna e l’antica San Rocco, che aveva l’ingresso sul largo dell’Olmo, nella zona soprastante il fabbricato attualmente adiacente ad essa. Non si hanno notizie certe sulle chiese originarie: quella di San Rocco è menzionata in alcuni documenti risalenti agli inizi del XVI secolo, che la descrivono come ricca di cappelle e dotata del privilegio del battistero. Entrambe vennero demolite ed unificate per dar luogo all'edificio attuale probabilmente alla fine del XVII secolo.
L’edificio ha subito modifiche nel corso dei secoli, tra cui l’abbattimento nel 1909 del campanile medievale - per consentire il passaggio della rotabile per Villetta Barrea - e la sua sostituzione con quello attuale, avvenuta vent'anni più tardi. 

Chiesa del Carmine (Foto 1)
La facciata, in parte intonacata, è ripartita in tre ordini da due cornici in pietra, differenziandosi così dal modello di suddivisione in due campate diffuso a Scanno. Racchiusa entro paraste angolari, si conclude con un coronamento a mensole in pietra, riscontrabile anche nella chiesa di Santa Maria della Valle. Il portale attuale, in stile cinquecentesco, presenta ai lati due colonne ioniche a fusto liscio poggianti su alti piedistalli; è sormontato da un timpano spezzato, al centro del quale un’edicola, coronata da un analogo motivo, ospita un medaglione ovale con tracce di affresco raffigurante la Vergine. A destra e a sinistra del portale sono visibili due cornici a quarto di cerchio, presumibilmente resti dei fornici del porticato che precedeva l’originaria chiesa del SS. Sacramento. Nella porzione mediana del fronte campeggia un’iscrizione in latino con l’invocazione alla Vergine del Carmelo: MATER ET DECOR CARMELI ORA PRONOBIS; sotto la cornice di coronamento si apre un finestrone rettangolare. Sulla facciata dell’edificio adiacente, un gigantesco affresco raffigura San Cristoforo. Il campanile tripartito a pianta quadrata, visibile sul lato sinistro della chiesa prospiciente la piazza San Rocco, presenta nella zona inferiore una nicchia contenente la statua in pietra di San Leonardo, in quella mediana un orologio e, al di sopra di questo, la cella campanaria con arco a tutto sesto.

Scanno (Foto 2)

La chiesa, a pianta longitudinale, è ad un’unica navata, introdotta da un atrio porticato scandito da tre arcate a tutto sesto e coperto da altrettante piccole volte a crociera. 

Facciata della Chiesa (Foto 3)
Sul lato destro, entrando, della parete di controfacciata sono stati reimpiegati elementi del preesistente edificio, quali una finestrella per le elemosine, riquadrata da una cornice in pietra scolpita con scena dell’Annunciazione e testine angeliche - databile presumibilmente al XVI secolo - e la lapide posta alla sua sinistra, che ricorda un rifacimento effettuato nel 1565. La cantoria lignea posta più in alto, in legno intagliato e dorato, ospita un pregevole organo datato 1763. Lungo le pareti ad intonaco spiccano le dorature che impreziosiscono gli elementi decorativi: cornici, paraste con capitelli compositi e trabeazione modanata, sopra la quale si imposta la volta a botte lunettata, in cui si aprono finestre a sesto ribassato. Sopra l’altare in marmo addossato alla parete di destra è alloggiata la statua di San Rocco, contitolare della chiesa. Il popolare Santo taumaturgo è qui rappresentato, secondo la tradizionale iconografia, nell'atto di indicare una piaga sulla coscia e in abiti da pellegrino. Lungo la parete di sinistra è posto l’altare sopra il quale è collocata la statua della Madonna Addolorata; sotto la mensa è adagiata, entro una teca, la statua del Cristo Morto. Sullo stesso lato, procedendo verso il presbiterio, il pulpito ligneo dal quale una tradizione locale vuole che San Bernardino da Siena predicasse durante la Quaresima del 1423. Al di sotto, è degno di nota il confessionale in legno finemente scolpito, probabilmente della fine del Settecento. L’area presbiteriale, sopraelevata, termina con un’abside semicircolare coperta da un catino decorato in stucco con motivi a losanghe e rosette. Sull'altare maggiore, in marmo, un’edicola timpanata custodisce all'interno di una teca la statua lignea della Madonna del Carmine, di scuola napoletana del Seicento, donata alla confraternita dalla principessa di Scanno, Francesca Tocco nella seconda metà del Seicento (Tratto da http://www.visit-scanno.it/poi/926/chiesa-di-san-rocco-o-madonna-del-carmine/3#sthash.MRV0uuIZ.dpbs).

Articolo sulla Chiesa del Carmine


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mercoledì 29 maggio 2019

Reggio Emilia (RE) - Beata Vergine della Ghiara



La miracolosa Immagine della 
Beata Vergine della Ghiara

Ha origini antichissime a Reggio Emilia e nel reggiano la devozione alla Madonna. Ne e' prova la stessa cattedrale, che ha il titolo di "Santa Maria Assunta". 
Numerosissime in tutta la diocesi sono le chiese e gli oratori dedicata alla Vergine, per non parlare delle edicole sacre e delle maestà. Ancora oggi, poi, sono visibili su abitazioni private dipinti, ceramiche, terrecotte rappresentanti Maria Santissima. 
Documentata e' pure la presenza di varie confraternite mariane.

"La miracolosa Immagine"
Nel 1569 un devoto cittadino reggiano, Ludovico Pratissoli, fece eseguire dal celebre pittore Lelio Orsi un disegno raffigurante la Beata Vergine con il Bambino. Infatti sul muro di cinta dell'orto dei Padri Servi di Maria, presenti a Reggio Emilia sin dal 1313, era un'antica immagine - ormai divenuta illeggibile - raffigurante la Beata Vergine. Nel 1573 lo stesso Pratissoli incaricava il pittore reggiano Giovanni Bianchi, detto il Bertone, di tradurre in affresco il disegno dell'Orsi sul Cantone de' Servi, cioe' sul muro dell'orto. Oggi una memoria marmorea ricorda il luogo ove era ubicato il dipinto, essendo questo stato solennemente traslato nella chiesa. Nel 1595 Giulia Tagliavini otteneva la custodia dell'Immagine divenuta meta frequente di devoti; nel frattempo era stata resecata dal muro e portata entro una piccola cappella edificata con le offerte dei fedeli.

Facciata del tempio della Beata
Vergine della Ghiara (Foto 1)
"Il Primo Miracolo"
Il 29 aprile 1596 avveniva il Primo Miracolo: per intercessione della Beata Vergine, davanti alla cui Immagine pregava, un giovane diciassettenne di nome Marchino, nativo di Castelnovo ne' Monti - località dell'Appennino Reggiano - muto dalla nascita otteneva la parola. Il prodigioso avvenimento provocò un notevolissimo concorso di fedeli. Iniziarono anche i pellegrinaggi delle confraternite.

"L'approvazione del Papa"
Il vescovo Claudio Rangoni istruì il processo canonico con sollecitudine; gli atti furono inviati a papa Clemente VIII, che approvò il miracolo, come risulta da una lettera del 29 luglio 1596 della Sacra Congregazione dei Riti, nella quale venivano pure autorizzati i pellegrinaggi.

"I miracoli si moltiplicano"Pochi giorni dopo, il 5 maggio, a Fivizzano (Massa) Margherita detta "la Caugliana", da diciotto anni inferma e obbligata a giacere nel letto, guarì dopo aver invocato la Madonna di Reggio. Vari sono i miracoli ottenuti per intercessione della B.V. della Ghiara consistenti nel riacquistare la parola e l'udito: "Fa udire i sordi e parlare i muti" (Marco 7,37); tra questi: il quattordicenne Andrea di Castelnovo Sotto, muto dalla nascita (28 maggio 1596); la carpigiana Santa de Marchi, sordomuta dalla nascita (15 agosto 1596). Di questi miracoli, come di numerosi altri, esistono attestazioni nei processi canonici, in documenti autorevoli e nelle stampe. Altri miracoli riguardano i seguenti prodigi: i ciechi vedono (Mt 11,5), i morti risorgono (Mt 11,5), gli zoppi camminano (Mt 11,5). Particolare rilevante e' che frequentemente i miracolati sono bambini o giovanetti.
Di vari miracoli esiste nel Tempio una documentazione iconografica nelle grandi "tele dei miracoli" eseguite a poca distanza di tempo. Particolare fu la protezione accordata alla città dalla Madonna invocata sotto il titolo di "Beata Vergine della Ghiara" in occasione della peste del 1630. Di tale protezione pote' godere anche la vicina città di Modena che alla Madonna di Reggio elevo' la pregevolissima "Chiesa del Voto".
La Madonna della Ghiara venne invocata anche in occasioni di calamita' naturali, come il fortissimo terremoto del 1832.

Volta della Chiesa (Foto 2)
"Il voto cittadino del 1945"

Non mancò neppure in occasione del secondo conflitto mondiale la benigna protezione della Vergine della Ghiara alla città di Reggio nell'Emilia.
Infatti il 15 aprile 1945 il vescovo Mons. Eduardo Brettoni innalzava nel Tempio un solenne "voto sacro della citta' di Reggio e suburbio alla Beata Vergine della Ghiara per ottenere protezione e conforto nei pericoli incombenti, per le offese del fronte e per la violenza delle civili discordie". Esso consisteva nell'impegnarsi per sette anni a celebrare in modo solenne, come giorno festivo, la festa del Primo Miracolo (29 aprile) e ad innalzare in uno dei quartieri operai della periferia, privi di chiesa, un tempio votivo dedicato alla Beata Vergine con il titolo di "Regina Pacis". La città venne risparmiata; il voto venne rispettato e negli anni '50 veniva realizzata la chiesa. Una memoria perenne dell'avvenimento e' assicurata da un'iscrizione latina nel monumento marmoreo collocato sul fianco destro del Tempio della Ghiara, posto ove era stato dipinto dal Bertone il dipinto raffigurante la Beata Vergine con il Bambino (Notizie storiche a cura di Giuseppe Adriano Rossi)

Foto 3
Il Primo Miracolo
29 APRILE 1596

La devozione popolare di erigere piloni e tempietti lungo le strade ed ai crocicchi, con raffigurata la Santa Vergine nelle più svariate forme, è all'origine del Santuario della Madonna della Ghiara. Giovanni de’ Bianchi, detto Bertone da Reggio, dipinge nel 1573, su uno di questi piloni, l'Immagine della Madonna, in sostituzione di un'altra immagine, ormai sbiadita e corrosa dal tempo. 

Il disegno gli è fornito da un bravo artista della scuola del Correggio, Lelio Orsi, e rappresenta la Vergine seduta su di un sasso, in un luogo solitario, ai piedi di un monte coperto di verde vegetazione, piegata, con le mani giunte in devota preghiera, verso il Bambino, pure seduto su un guanciale, con le braccia aperte e lo sguardo sorridente verso la Madre. 

L'affresco si trova sul muro di recinzione dell'orto del convento dei Padri Serviti, ricavato nel vecchio greto ghiaioso del torrente Crostolo, deviato oltre la cinta delle mura cittadine dal lontano 1200. Di qui il nome dato all'Immagine: Madonna della Ghiara, o Ghiaia. La bella e devota Immagine attira la devozione dei fedeli che accorrono ogni giorno numerosi a pregare ed a supplicare la Madonna che si dimostra sensibile alle richieste con numerose grazie; ben presto si sente la necessità di erigere una piccola cappella per proteggere l'Immagine dalle intemperie e per favorire l'afflusso dei devoti. Il 9 aprile 1596 l’affresco, staccato dal muro di cinta, viene portato processionalmente nella cappella costruita nel recinto del Convento dei Serviti. Il 29 dello stesso mese avviene il primo strepitoso miracolo che apre la serie di numerose altre grazie concesse dalla Madonna della Ghiara, e che segna l’inizio della costruzione dell'attuale grandioso Santuario, tra i più insigni monumenti del Barocco emiliano.

Tempio della B.V. della Ghiara
Marchino, un ragazzo di 16 anni, orfano di padre e di madre, residente a Reggio presso due sposi che lo tengono come figlio, è completamente sordo e muto fin dalla nascita, privo addirittura della lingua. La sua richiesta insistente alla Madonna è quella di poter udire e di poter parlare come gli altri suoi compagni. Il 14 aprile di quell'anno, Domenica di Pasqua, Marchino, accompagnato dalla signora Caterina, moglie di Sebastiano Ciano, inizia un pellegrinaggio a Loreto, da dove ritorna il 25 aprile, festa di S. Marco, dopo una sosta alla Madonna del Piratello di Imola. A Loreto Marchino ha il presentimento chiaro che la Madonna lo avrebbe guarito.(1) Il 29 aprile, lunedì della seconda Domenica dopo Pasqua, è davanti all'Immagine della Madonna della Ghiara, e prega fervidamente con il cuore, poiché non può farlo con la bocca. Ad un tratto sente nelle sue membra un calore esuberante ed avverte spuntare qualcosa di insolito nella sua bocca ed invadergli il palato. Fuori di sé dalla gioia, grida a gran voce, per tre volte: Gesù, Maria!


La notizia che Marchino, senza lingua in bocca dalla nascita, sordo e muto, davanti alla Madonna ha parlato e parla ancora, ha la lingua in bocca ed ode tutto, come se non fosse mai stato muto e sordo, si diffonde in un baleno per la città e manda tutti in delirio di amore: tutti corrono dalla Madonna. 
Nei giorni seguenti si verificano altre guarigioni; l’entusiasmo dei fedeli raggiunge le stelle. Viene subito iniziato un formale processo alla presenza di teologi, giuristi e medici, per verificare l’autenticità dei fatti. Un mese dopo, il 30 maggio, Marchino è davanti all'Inquisitore di Parma che lo interroga su ogni particolare. 

Il manoscritto originale dell'interrogatorio si trova nell'Archivio della Curia Vescovile di Parma; altri importanti manoscritti sull'argomento sono conservati nell'Archivio del Tempio della B.V. della Ghiara (filza LXXXVI - fasc. 29); copia degli atti processuali sul miracolo di Marchino si conserva nell'Archivio di Stato di Reggio, e vi è motivo di credere che sia fedelissima.
Terminato il processo canonico, il Vescovo ne spedisce subito gli atti al Papa Clemente VIII che fa rispondere dalla S.Congregazione dei Riti, con lettera del 22 luglio 1596: i Consultori della Congregazione dei Riti “... sono di parere che non solo la detta divotione loro, o frequenza del popolo, debba essere tollerata, ma che si possa aiutare et permettere con qualche dimostrazione pubblica...”. L’originale del rescritto, a firma del Card. Paleotto, è nell'Archivio della Curia vescovile di Parma.
Il moltiplicarsi dei fatti prodigiosi e l'approvazione da parte di Roma, favoriscono la devozione ed i pellegrinaggi dei fedeli, tanto che, l'anno seguente, il 6 giugno 1597, viene solennemente posta la prima pietra del Santuario che sarà eretto su disegno dell'architetto Alessandro Balbi di Ferrara. La pianta del Tempio è a croce greca, eccetto il braccio di ponente, leggermente allungato per accogliere il Coro; elegante e maestosa è la Cupola che si innalza sopra un bel cornicione, adorna di varie file di pilastri, e nell'interno tutta stucchi e dorature.
Il 12 maggio del 1619 vi è trasferita, con solenne processione, l'Immagine della Vergine. Alla testa della processione cammina un devoto cappuccino: è Fra Angelo Maria, il piccolo Marchino che si è consacrato alla Madonna nella vita religiosa, in riconoscenza della guarigione ottenuta.

(Articolo di Don Mario Morra SDB (Salesiani di Don Bosco) tratto dal sito www.mariadinazareth.it/)


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martedì 28 maggio 2019

Faenza (RA) - Beata Vergine delle Grazie



Madonna delle Grazie

La Beata Vergine Maria, col titolo di Madonna delle Grazie è Patrona principale della Diocesi di Faenza-Modigliana.

Tale fu proclamata nel 1931 e incoronata “Nomine Pontificis” e riconfermata anche quando alla Diocesi di Faenza fu unita alla diocesi di Modigliana.

La sua festa si celebra il sabato che precede la seconda domenica del mese di maggio.

La cronaca latina del convento di S. Andrea in Vineis, composta negli ultimi decenni del XV secolo, dice che l’Immagine della Madonna delle Grazie fu dipinta nella Chiesa di S. Andrea “in Vineis” (attuale chiesa di San Domenico), nel 1412, come immagine votiva per la liberazione da una pestilenza, liberazione ottenuta per le preghiere espiatrici fatte in quel luogo, dopo l’apparizione della Vergine Maria a certa signora Giovanna. La Vergine sarebbe apparsa in atteggiamento ritto, con le braccia aperte e tenendo nelle mani tre frecce spezzate, ad indicare la collera di Dio fermata per l’intercessione delle preghiere di Maria. La cronaca testimonia che questo fatto avvenne nel 1412.

Nel 1765 l’Immagine fu portata dalla Chiesa di San Domenico nella Cattedrale e collocata nella Cappella del transetto, dedicata allora ai santi apostoli Pietro e Paolo, e fu affidata alla Confraternita che da allora ne cura il culto.

Ricordiamo in particolare i momenti in cui la città vide l’intervento miracoloso della Celeste Patrona:
1630. Una pestilenza devastò l’Italia settentrionale (la peste del Manzoni), ma si fermò a nord-ovest della città e Faenza rimase illesa.
Il 18 maggio 1631 il card. Cennini, Vescovo di Faenza incoronò l’Immagine della B.V. delle Grazie e la città offrì le chiavi d’argento.
1781. Faenza fu colpita da un terribile terremoto, ma non vi fu neppure una vittima. Fu istituita allora, come ringraziamento, la "Festa annuale del Voto", il 4 Aprile, festa che ancora si celebra.
1835. Faenza fu liberata dal Colera. Come ringraziamento l’Immagine della B. V. delle Grazie fu posta sulle cinque porte della città.

L’Immagine della B. V. delle Grazie é venerata anche a Varsavia dove fu portata, a metà del 1600, da un missionario faentino e il suo culto si è diffuso tanto che nel 1653, a rendimento di grazie per la liberazione dalla peste, fu inviato come Ex Voto a Faenza lo stendardo detto “Votum Varsaviae” che tuttora pende dalla cupola del Duomo.

Nel 1985, la cappella della Madonna (nel transetto della Cattedrale) fu dichiarata Santuario Diocesano dal Vescovo Mons. Francesco Tarcisio Bertozzi.

Cattedrale di San Pietro Apostolo di Faenza (Foto 1)
Nel 1991, per la celebrazione decennale, il venerdì precedente la Festa solenne, si é svolto il Pellegrinaggio Cittadino a partire da quattro punti della città, idealmente le quattro porte, riunendosi in Cattedrale dove il Vescovo con il clero e i fedeli rinnovò l’Atto di Affidamento della città e Diocesi alla Vergine delle Grazie. Mons. Francesco Tarcisio Bertozzi ha stabilito che questo rito si compia ogni anno come voto alla nostra Madre e Regina.

Link Cattedrale Faenza
Ricordiamo infine la solenne consegna che il Papa Giovanni Paolo II lasciò ai Faentini, alla fine della Celebrazione tenuta in piazza, in occasione della sua visita alla Romagna il 10 Maggio 1986: “Lascio alla vostra città e Chiesa di Faenza questa missione che viene espressa con il nome amatissimo della Madonna, Maria, Vergine Madre di Dio, delle Grazie. Vorrei offrirvi di nuovo questo CARISMA con cui la vostra Chiesa vive da tanti secoli e che viene espresso con questa Immagine, tradizione, religiosità e devozione alla Madonna delle Grazie”.

La B. Vergine delle Grazie
nella Storia

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lunedì 27 maggio 2019

Cursi (LE) - Maria Santissima dell'Abbondanza



Santuario Madonna dell’
Abbondanza

Origine del Santuario

Situato ad un miglio circa dal paese, il Santuario sorge a limite di feudo quasi nello stesso punto dove sin dal secolo decimosesto era ubicata una piccola Cappella “aconella” denominata S. Maria del Melito. 

La sua origine risale alla prima metà del secolo decimosettimo (1640-42), epoca caratterizzata da funeste calamità pubbliche che tanti lutti diffusero in Italia e in Europa. 

Le guerre e la peste mietevano vittime senza numero e la carestia faceva mancare il pane “quotidiano”. Neppure il Salento fu risparmiato dalla desolazione comune.


L’evento straordinario e prodigioso

Su tutto il territorio di Cursi non pioveva da nove mesi. Era passato l’inverno e la primavera sembrava non giungere mai: squallide le campagne, arse e affamate le bestie; tristi i cuori dei Cursiati nella prospettiva di una estate senza raccolto.
Una mattina d’aprile dell’anno 1640 Biagio Orlando Natali, un uomo della nostra gente, ha la brutta sorpresa di non trovare più le sue giovenche impazzite per l’arsura e la fame. Si mette alla ricerca affannosa ma per quanto camminasse, nessuna traccia. Torna a casa fradicio di stanchezza e di sudore. Ha la disperazione e la bestemmia nel cuore e sulle labbra, ma non si arrende. Dopo breve riposo riprende il cammino e la ricerca, mentre un impulso interiore lo spinge a dirigersi per la via di Muro Leccese.

Foto 1 (Esterno del Santuario)
Povero Biagio Orlando Natali! Cerca le sue giovenche e non sa di andare incontro alla luce. Ce n’é tanta; è giorno e il sole è alto e il cielo è tutto azzurro. Eppure lui ora fissa una luce lontana, distinta che vince lo splendore del sole, che ha tutta la potenza di un invito e lo investe, lo illumina, gli segna la via. Man mano che Biagio si avvicina quella luce prende contorni, assume una fisionomia. 
È una Signora bellissima, radiante di luce. Ha sul braccio il figlio, bellissimo. Mai vista una Signora così, un Bimbo così! L’uomo della Provvidenza cade istintivamente in ginocchio: è stordito dalla luce e dall'intensità dell’emozione
«Alzati — Esorta la Signora — non temere. Sono la Regina del Cielo. Prenderò Cursi sotto la mia protezione e ve ne darò subito un segno. Và, dì al Parroco che col popolo venga qui in processione. In questo luogo voi mi costruirete un Tempio e io vi porrò la mia dimora: resterò sempre con voi».
Biagio si leva, si sente rinnovato nel corpo e nell’anima e corre, corre ad annunziare a tutti il messaggio ricevuto.  Il Parroco lo accoglie per primo e quando lo sente parlare: «oh, grida, la bella Signora è venuta anche da me, mi è apparsa in sogno e mi ha detto le stesse cose». Verità a confronto! 

Le campane suonano a festa e tutti si precipitano con la curiosità e l’ansia di sapere cosa è accaduto e quando sanno dell’evento straordinario si incamminano pregando verso il luogo dell’apparizione. È il primo e più devoto pellegrinaggio della storia di Cursi. Giunti sul posto, «qui — dice Biagio — qui l’ho vista. Io andavo disperato, in cerca delle mie giovenche quando mi è venuta incontro una luce…». Tutti guardano il punto indicato, come per vedere anche loro. Il sole è alto e il cielo un immenso azzurro. Oh, se apparisse ancora quella luce, se ognuno potesse vederla…! E invece… una nuvola piccola piccola spezza l’armonia di quell'immenso azzurro, si fa grande, avanza, si spande sempre più, copre il cielo, oscura il sole… e l’acqua cade. Quanta pioggia.

Per tre giorni continui. È la promessa mantenuta! È l’acqua fresca del miracolo! Arriverà la stagione dei frutti e il 1640-41 rimarrà nella Storia di Cursi e dei Paesi vicini come l’anno del grande raccolto, l’anno dell’abbondanza. Quale titolo si darà alla splendente Signora apparsa a Biagio Orlando Natali?

Foto 2 (Interno del Santuario)
La chiameremo «MADONNA DELL’ABBONDANZA» - acclama tutta la gente. Ecco la nostra Patrona, la nostra Protettrice. Ben presto la notizia dell’Apparizione si diffuse nei paesi circostanti e i Pellegrini accorsero numerosi da tutto il Salento per chiedere grazie alla Vergine. Con le offerte dei devoti si eresse un piccolo Santuario che successivamente venne distrutto quasi completamente e in modo ancora prodigioso.

Distruzione e ricostruzione del Santuario
Correva l’anno 1708. Angelo Macchia, giovane di Cursi, tornando dal suo podere agricolo «Plenzano» venne sorpreso da un furioso temporale e trovò scampo nel Santuario. Ma l’uragano infuriò proprio lì e sembrava che tutto volesse travolgere. Angelo, in ginocchio, pregava con tutta l’anima ed ecco una bellissima Signora — è la stessa di Biagio Orlando Natali — che lo prende per mano, lo conduce verso la porta, lo incoraggia con un sorriso e gli comanda di allontanarsi. Il giovane tremante si avventura sulla vecchia strada tra pioggia, raffiche di vento e scroscio di fulmini. Avanza un po’, poi la bufera, più forte di lui, lo sbatte per terra ma è salvo. Voltandosi indietro come per supplicare la Madonna scorge il Santuario in fiamme, “era come una fornace”.

Foto 3 (Processione, Festa)
Angelo è fuori pericolo. Più tardi risponderà di sì alla chiamata del Signore che lo vuole suo Sacerdote e si dedicherà completamente a diffondere la devozione a Maria. Ma anche i Cittadini di Cursi sono salvi. La Vergine Santa aveva agito da parafulmine. La sua casa era andata in rovina ma i figli di Cursi erano stati risparmiati da un terribile castigo divino: è l’interpretazione comune del fatto. La materna protezione di Maria, toccata ancora una volta con mano, spinse tutti i fedeli, in una gara stupenda, a ricostruire il Tempio più bello e maestoso di prima. È come lo vediamo ai nostri giorni.

Il Santuario, «con pianta a croce greca sormontata da un tamburo circolare e coperta da cupola» gode degli stessi privilegi della Patriarcale Basilica Romana di S. Maria Maggiore. 

Al suo interno si ammirano:
  • Un pregevolissimo AFFRESCO «MADONNA COL BAMBINO» di stile greco bizantino (XV Secolo) situato al centro dell’Altare Barocco. La Pala dell’Altare, dono del Principe Cicinelli, é stata realizzata da Donato CHIARELLO (1650)
  • li soave e caro SIMULACRO DELLA VERGINE DELL’ABBONDANZA, opera lignea di Scuola Napoletana
  • I DIPINTI di F. Verri raffiguranti i momenti forti della vita della Vergine e le due Apparizioni.

La “Memoria” dell’Apparizione della Vergine Santa a Biagio Orlando Natali si celebra solennemente ogni anno nella seconda Domenica di Luglio. Nel Giovedì dopo la Domenica di Pasqua si ricorda il PATROCINIO DI MARIA SS. DELL’ABBONDANZA

(Tratto da “Santuario Maria SS. dell’Abbondanza” di Don Totò Mileti. Anno Mariano 1988.)

Gli autori del Blog invitano a leggere la nota in calce allo stesso.
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vogliono ringraziarli. Questo blog non ha finalità commerciali 
ed è gestito al solo scopo di diffondere tutto l'amore e la 
venerazione alla Santissima Madre di Gesù, di Dio e Madre Nostra. 
Per qualsiasi segnalazione interverranno immediatamente. Grazie.


domenica 26 maggio 2019

Caravaggio (BG) - Santa Maria del Fonte


L’apparizione della "B. M. V. della Fonte" 
e il Santuario di Caravaggio 

Il Santuario della Madonna di Caravaggio – propriamente detto della "Beata Maria Vergine della Fonte" – è indubbiamente il più noto e frequentato dei Santuari mariani della Lombardia.

L’apparizione della Vergine, nell’ora del vespro del 26 Maggio 1432, a Giannetta, una donna del popolo che si è recata a falciare l’erba nel prato di Mazzoleno ed è angosciata per gli abituali maltrattamenti di un marito rozzo, acquista ben presto un rilievo di ‘pacificazione universale’.

‘Cronache’ – o ‘leggende’ – narrano il fatto dell’apparizione della Vergine a questa " donna di nome Giannetta, di 32 anni d’età, figlia di un certo Pietro Vacchi e sposa di Francesco Varoli, da tutti conosciuta per i suoi virtuosissimi costumi…" .

Il racconto viene così ricostruito: "[Giannetta] era tutta presa da pensiero di come avrebbe potuto riportare a casa quei fasci d’erba, quand’ecco: vide una Signora bellissima e ammirevole, di maestosa statura, venire dall’alto e fermarsi proprio vicino a lei.

Il Santuario della "Beata Maria Vergine della Fonte" a Caravaggio (immagine tratta dal web) 

Colpita dall'aspetto così venerando della nobile Signora, stupefatta Giannetta esclamò: ‘Maria Vergine!’. – E la Signora a lei: 

"Non temere, figlia, perché sono davvero io. Fermati e inginocchiati in preghiera". E con le lacrime agli occhi (che, secondo la testimonianza di Giannetta, erano e a lei parvero come oro luccicante) soggiunse: "L’altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini. Essi fanno ciò che è male ogni giorno più, e cadono di peccato in peccato; ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe[…]". La Vergine diceva tutte queste parole a mani aperte e come afflitta. – Giannetta disse: ‘La gente non crederà a me’. – La clementissima Vergine rispose: "Alzati, non temere! Tu riferisci quanto ti ho ordinato; io confermerò le tue parole con segni così grandi che nessuno dubiterà che tu hai detto la verità". Detto questo, e fatto il segno di croce su Giannetta, scomparve ai suoi occhi. 

Tornata immediatamente a Caravaggio, Giannetta riferì quanto aveva visto e udito. Perciò molti, credendo a lei, cominciarono a visitare quel luogo e vi trovarono una fonte sorgiva mai veduta prima da nessuno [da qui il nome di "Beata Maria Vergine della Fonte" dato al Santuario]. Da allora, alcuni malati, e ancor più numerosi successivamente, si recarono a quella fonte confidando nella potenza di Dio […]". Proprio per la portata universale del ‘messaggio’ della Vergine apparsa a Caravaggio – indicato nel ‘segno’ della fonte di grazia per la guarigione dai mali spirituali e fisici dell’umanità – il Santuario che qui sorge è diventato nei secoli luogo di culto, di pellegrinaggi di malati, di opere di misericordia: come una ‘Lourdes’ in Italia. 

Il ‘Sacro Speco’, cuore del Santuario.

Come a Lourdes, a Loreto e in altri grandi Santuari mariani, gli ammalati trovano a Caravaggio benevola accoglienza e premurosa assistenza. Specialmente per essi è sorto l’Ospizio dei Pellegrini, un grande complesso recettivo. E per essi, prima ancora, si è data una sistemazione al ‘Sacro Fonte’, posto nel sotterraneo del Santuario, arricchito dall'opera di artisti in una mirabile e preziosa cornice di suggestiva bellezza.
 

Sopra il ‘Sacro Fonte’ – nella ‘cella’ centrale della parte sotterranea – sta il grande quadro dell’Apparizione, che riporta la scena del 26 Maggio 1432, nella luce del tramonto infuocato, tra Angeli osannanti. Sulla ghiera marmorea che incornicia la vasca, due Angeli bronzei recano in mano fronde di mirra e di ulivo, a simboleggiare la penitenza chiesta dalla Vergine come prezzo della pace promessa. 
La costruzione dell’attuale Tempio-Santuario ebbe inizio tra gli anni 1575-1580, sotto la direzione di Pellegrino Tibaldi, architetto che si ispirava al grande maestro Michelangelo. L’opera durò fino al 1700 circa; ma è soltanto nel 1975 – nel IV Centenario degli inizi dell’edificazione – che fu completato il grandioso complesso che costituisce oggi Santuario ed edifici annessi: una costruzione che si estende sul braccio traversale di un’immensa area a croce, che ne viene divisa in quattro piazzali, dei quali i tre maggiori sono circondati da portici. 


L’edificio del Santuario è a croce latina, sormontato, alla crociera, da una solenne Cupola (alta 68 metri), sotto la quale l’Altare divide la chiesa in due corpi distinti: verso ponente la parte maggiore e verso levante la minore, che sarebbe il vero e proprio Santuario, in vista del ‘Sacro Speco’dell’Apparizione, cuore del Santuario stesso. Sulla soglia dello ‘Speco’ sta l’ispirata iscrizione latina: 
"Adfuit hic Virgo – fixit vestigia plantae;
laetitiaque gemens – fonte rigatur humus" 
[Apparve qui la Vergine e lasciò l’impronta dei suoi piedi;
e la terra, piangendo di letizia, s’aperse a un fonte]

Intanto, per la sua grande portata storica, l’Apparizione di Caravaggio si è elevata su innumerevoli altre; e il culto della "Madonna di Caravaggio" si è diffuso per tutta l’Italia, in altri Paesi d’Europa e, fin oltre gli Oceani, nelle Americhe, in Africa e nelle Indie, sulle vie dei tanti prodigi che continuamente la Vergine elargisce a chi l’invoca sotto questo titolo, e dovunque giunga l’acqua della inesausta fonte miracolosa.
Si calcola che non meno di due milioni di Pellegrini ogni anno sostino davanti a "Nostra Signora della Fonte", provenienti dall'Italia, dalla Svizzera e da altri Paesi esteri di più forte emigrazione italiana.
Particolarissima devozione alla "Madonna di Caravaggio" s’irradia, dal Santuario di Caxias do Sul, sullo Stato del Rio Grande del Sud del Brasile, che nel 1948 proclamò la Vergine di Caravaggio Patrona principale dello Stato.
Le Celebrazioni mariane nel Santuario si hanno nella ricorrenza dell’Annunciazione, il 25 Marzo, dell’Assunzione, il 15 Agosto, e della Natività di Maria, l’8 Settembre. Non ci si dimentica nemmeno di celebrare una ‘seconda Apparizione’ della Vergine avvenuta il 29 Settembre 1710.

Ma la grande Festa, preceduta da una solenne Novena di preparazione, è quella del 26 Maggio, Anniversario dell’Apparizione della Vergine all'umile donna del popolo, Giannetta (Tratto dal sito web http://www.stpauls.it/).

Sito ufficiale del Santuario

sabato 25 maggio 2019

Seminara (RC) - Maria SS.ma dei Poveri



Basilica Santuario della Madonna dei Poveri di Seminara 

[…] Il recente restauro, con le analisi scientifiche fatte sulla statua, ha potuto stabilire come data alla quale farla risalire il XII secolo. Questo dato scientifico mi porta a non prendere in considerazione altre narrazioni antecedenti a questa data, che non hanno possibilità di verifica provata, per cui è a partire da questo periodo che si può fare una riflessione documentata, anche dal punto di vista del culto e della devozione, sulla Madonna dei Poveri di Seminara. Questo dato scientifico, che sarà oggetto di approfondimento offrendoci una lettura esauriente di quanto ha detto la statua con il restauro, se confrontato con quanto tramanda la tradizione popolare, ci aiuta a capire che quest’ultima non è del tutto leggendaria ma ha un fondamento storico comparabile col dato scientifico. Tra il dato che la tradizione ci offre e il dato scientifico la differenza è minima. Narra infatti la tradizione che il ritrovamento è avvenuto in maniera casuale un martedì della Settimana Santa tra la fine del sec. XI e l’inizio del sec. XII. Tale data la si può identificare con l’inizio della pubblica venerazione da parte dei fedeli e quindi con l’inizio del culto alla Beata Vergine Maria, madre dei Poveri. Da questi pochi dati e inserendo l’evento nel contesto del mondo culturale e religioso della Calabria dell’XI-XII secolo possiamo avere degli elementi significativi sul culto della Madonna dei Poveri. La Calabria, e in modo particolare la Piana delle Saline, è stato territorio di grande sviluppo culturale, politico-sociale e religioso soprattutto grazie al monachesimo, che è vivo in Calabria fin dai tempi di Cassiodoro e cioè dal V secolo in poi. 

Particolare della statua (Foto 1)
Una comunità di monaci molto numerosa vi era certamente al tempo di San Gregorio Magno, perché Gregorio, nel 591, scriveva al Vescovo di Taureana, Paolino, di voler riunire in un unico monastero a Messina i monaci sbandati in seguito all’arrivo dei Longobardi. Dal secolo VII in poi molti monaci vennero dall'Oriente in Calabria per sfuggire alle invasioni arabe e alla persecuzione iconoclasta. Tra i secoli IX e XI larghe schiere di monaci scapparono dalla Sicilia araba, varcarono lo Stretto di Messina e vennero a stabilirsi a Reggio e alle falde dell’Aspromonte e in modo particolare a Seminara, S. Cristina, Sinopoli Vecchio, Melicuccà. 
«Nel secolo IX, vicino a Seminara, che forse allora cominciò ad acquisire l’importanza poi goduta dalla città nei secoli successivi, c’erano almeno altri due luoghi di culto: S. Pantaleone, frequentato da S. Elia il Giovane e il tempio di S. Maria del Buon Approdo, dove lo stesso Santo si recò col discepolo Daniele (…). Sembra che un’ampia opera di vitalizzazione monastica, sviluppatasi attorno ai centri Maggiori di Seminara, Melicuccà e Oppido, abbia ormai interessato tutta la parte centrale delle Saline, cioè il territorio attraversato dai molti affluenti del Petrace» 

Interno del Santuario (Foto 2)
La presenza di questi monaci è stata apportatrice di una vita religiosa e culturale che ha vivificato tutto il territorio rendendola appetibile a tutti. Ciò che caratterizzava questi monaci era la preghiera e il lavoro. Con la preghiera si rivolgevano a Dio per aiuto e protezione e con il lavoro essi venivano incontro alla popolazione, costretta a subire non solo ruberie, saccheggi, incendi e devastazioni da parte dei Saraceni ma anche gli effetti delle carestie, dei disastri sismici, dell’esoso fiscalismo di rapaci esattori di imposte. 

Basilica della Madonna dei Poveri (Foto 3)
I monaci di Calabria sono impegnati in ogni genere di lavoro: contadini, calligrafi, copisti, artigiani, miniaturisti, cesellatori, pittori, architetti, muratori, sarti, tessitori, arcolai, vasai in rame, in ferro e in terracotta, pescatori. Lavoravano particolarmente la terra, diradavano la foresta, incanalavano le acque, intensificavano le colture. Di questa spiritualità si sono nutrite le popolazioni di Calabria perché i monaci venivano condotti come da un invisibile potere verso le folle sulle quali esercitavano un’invincibile forza, quella della povertà, della preghiere e della laboriosità. La terra della Piana, dove numerosi erano i monasteri, è stata una terra feconda di virtù umane e sociali. Essa deve alla presenza del monachesimo tutta la sua ossatura religiosa ed economica. In questo contesto è nato il culto alla Beata Vergine Maria Madre dei Poveri perché nella figura della Madre del Signore erano sintetizzati tutti i valori evangelici che i monaci si sforzavano di vivere e di incarnare nella loro vita e di proporre a modello di tutti i fedeli del luogo. La devozione alla Madonna dei Poveri non è sorta magicamente per un ritrovo casuale, ma ha avuto un retroterra significativo per coltivare quei valori che nel leggendario ritrovamento sono significati: l’apertura al mistero di Dio nell’esperienza della vita povera dei contadini, la laboriosità esistenziale nella ricerca della legna, la pari dignità tra le persona senza privilegi di casta o di ceto nel ruolo dei poveri nello spostare la Statua; tutti valori che ritroviamo nella devozione popolare alla Madonna dei Poveri che, se per qualche tempo si sono persi, con il restauro possono diventare opportunità di riproposizione al popolo. Quanto narra la tradizione è la traduzione in forma popolare e semplice, perché sia comprensibile da tutti, di un evento di fede di grande portata teologica che riflette la dimensione culturale alta che si respirava attorno ai monasteri della Piana. 

Simulacro della Madonna dei Poveri dopo il restauro (Foto 4)
Circa l’origine del culto alla Madonna dei Poveri, rimontando esso a tempi molto remoti, non si trovano notizie storiche ben definite e criticamente accertate. Esiste però una pia tradizione che non contenendo, almeno sotto l’aspetto dell’ortodossia, alcunché d’inverosimile e di contraddittorio, possiamo accettare senz’altro, tanto più che si presenta su sfondo storico. 

Nella tradizione popolare c’è un fatto comune a tutte le tradizioni che sono sorte attorno ad un santuario e che troviamo, a titolo di esempio, a Polsi, alla Madonna della Grotta di Bombile, a Seminara, a Tindari e persino a Santiago di Compostela in Spagna e cioè la difficoltà di trainare l’immagine; questa ha un valore esemplare e ci indica la difficoltà umana di penetrare il mistero di Dio se non si hanno particolari qualità interiori come la semplicità, la povertà, il senso della propria precarietà e in questo senso ci viene in aiuto la Bibbia che indica i poveri e i piccoli come coloro che possono trovare Dio a scapito dei ricchi e dei potenti. 
Le notizie storiche sul culto alla Madonna dei Poveri nel periodo medievale sono poche. Si sa con certezza che nel 1325 esisteva a Seminara una chiesa intitolata alla Madonna dei Poveri; di altro non si sa se non qualche notizia fornita dal Vescovo Marco Antonio del Tufo in visita pastorale a Seminara nel 1586 a fare delle ricerche storiche serie su questo periodo potrebbe offrire sorprendenti notizie per colmare questo vuoto. 
Certamente il culto alla Madonna dei Poveri ha varcato i confini del territorio andando oltre la stessa Calabria, “fu il simulacro più venerato in tutta l’Italia meridionale fino alla fondazione del santuario di Pompei nel 1875”
I numerosi canti in onore della Madonna dei Poveri che venivano cantati dai contadini nel loro quotidiano lavoro dei campi teneva desto nel cuore l’amore alla Madonna in attesa della stagione dei pellegrinaggi a Seminara a metà di agosto, a piedi, per omaggiare la Madre dei Poveri; questi pellegrinaggi imponevano enormi sacrifici fisici perché i pellegrini provenivano non solo dai paesi limitrofi ma dalla locride, dal vibonese, dal reggino e dal messinese. L’incoronazione della statua della Madonna nel 1905 è una tappa miliare del culto alla Madonna di Seminara. La solennità dell’avvenimento ha fatto incrementare la presenza dei pellegrini che in questa circostanza, come riportano le cronache del tempo, furono migliaia. 


L’amore alla Vergine Maria quando è autentico lo si vive nei momenti di gioia e di dolore come avvenne qualche anno dopo dall’incoronazione, il 28 dicembre 1908, con il terribile terremoto di Reggio e Messina che distrusse Seminara provocando oltre 100 morti. 


Questa tragedia unì a Maria di più il popolo, soprattutto seminarese, il quale ogni anno fa memoria in questo giorno con una breve e silenziosa processione penitenziale di preghiera implorante (Articolo di Elio Buggè, che ringraziamo – tratto dal web https://www.youreporter.it).


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