lunedì 27 marzo 2017

Imola (BO) - Beata Vergine del Piratello


"NON AVER PAURA STEFANO,
SONO PROPRIO LA MADONNA, LA MADRE DI DIO" 
27 marzo 1483

Un pio pellegrino, di nome Stefano Mangelli, percorre solitario la «strada regale», che da Bologna conduce alle città di Romagna. Viene da Cremona ed è diretto a Loreto, per venerare la santa Casa di Nazareth, dove il Verbo si è fatto carne. A mano a mano che avanza, il pellegrino non manca di rendere omaggio alle tante immagini della Madonna che incontra per via e di accendere una candela davanti a ciascuna di esse. Il Giovedì Santo del 1483, quell'anno cadeva il 27 marzo, ed era ancora una rigidissima giornata d’inverno; il pellegrino arriva a tre miglia da Imola, dove scorge, all'incrocio con una strada secondaria, un rozzo pilastro, fiancheggiato da un piccolo pero «un Piradel», che custodisce, in una finestrella, un’immagine di Maria col Bambino, dolce e materna. La località, a causa di quel piccolo pero «un Piradel», si chiama «il Piradello o Piratello». Il pellegrino si accosta a compiere il rito consueto di recitare una preghiera e di accendere una candela, quando accade un fatto meraviglioso: la sua candela si rovescia e si spegne, ma subito dopo, come per mano di un angelo, si risolleva e si riaccende da sé. Lo stupore del pellegrino si accresce, quando ode distintamente una voce dolcissima, che gli dice di andare alla vicina città a dire alla gente che lei, «la Immacolata Maria Regina di vita eterna», vuole essere venerata in quel luogo. 

«Non aver paura, Stefano, sono proprio la Madonna, la Madre di Dio. Se quelli non ti credono, mostra queste»;

mentre la Madonna gli parla, Stefano sente che la sua casacca si riempie di rose, nonostante la stagione ancora fredda. Con la gioia nel cuore e la certezza che Maria gli abbia veramente parlato, il pellegrino percorre d’un fiato le tre miglia che lo separano dalla città e si presenta al Magistrato, al quale narra l’accaduto. Il fascio di rose freschissime, che si ritrova in grembo, nonostante il rigidissimo inverno, vale a dissipare ogni dubbio sulla veridicità del messaggio che egli reca.

Le campane suonano a distesa, anche se in quel giorno il loro suono è vietato dalle leggi liturgiche. Il popolo accorre sulla piazza maggiore, non sapendo se quel suono indichi un fatto di guerra o un fatto di pace. Indescrivibile è la gioia di tutti, quando il pellegrino, agitando il fascio di rose, proclama ad alta voce il Messaggio di Maria. Un’immensa folla si avvia verso il miracoloso pilastro, preceduta dal pellegrino, dal Magistrato e dal Vicario del Vescovo. I miracoli si susseguono e l’entusiasmo dei fedeli cresce incontenibile; è subito eretta una tettoia a protezione del Pilastro e davanti, un altare per la celebrazione della Messa.
Il pellegrino riparte quasi subito, per soddisfare il suo voto al Santuario di Loreto, e poi torna a Cremona, dove ha la sua famiglia ed i suoi affari.(1)

I Signori di Imola e di Forlì, Girolamo Riario e Caterina Sforza, che si trovano a Roma, informati del fatto, provvedono ad una migliore custodia del pilastro ed alla devozione sempre crescente della gente, invitando al Piratello i «Romiti di Valverde», cioè i Frati del Terzo Ordine della Penitenza di S. Francesco, che essi ben conoscono, perché a Forlì i Frati hanno il romitorio proprio nei pressi del loro castello. 

La conquista disarmata

Tra i primi Frati che giungono al Piratello vi è il beato Geremia Lambertenghi da Como, uomo veramente santo, dedito alla contemplazione ed alla penitenza; la venuta dei Frati segna un incremento incessante nello sviluppo del Santuario, dove i miracoli non si contano più.
Lo storico contemporaneo Andrea Bernardi, detto il «Novacula», ci parla di tanti miracoli stupendi ed infiniti, fra i quali ricorda la guarigione di una sua nipote, affetta da un gran male agli occhi.
Il Papa Innocenzo VIII, nel 1490, scrive che «per intercessione della sua genitrice, il Signore Nostro Gesù Cristo, in questo luogo, mostrò frequentemente miracoli di ogni sorta».
Nel 1500, sulla povera città di Imola si addensano nubi di tempesta. Cesare Borgia muove da Bologna con un poderoso esercito di mercenari, per riconquistare le città di Romagna che si sono ribellate al Governo Pontificio. L’esercito si accampa al Piratello, in attesa di sferrare l’attacco e mettere a ferro e fuoco la ribelle città di Imola, difesa da Caterina Sforza. Ma, come egli stesso scrive, viene a sapere che «la potenza dell’Altissimo, benché ovunque diffusa, pure per la mediazione dei religiosi che vi abitano (è evidente l’allusione al beato Geremia, superiore della comunità terziaria) frequentemente esaudisce coloro che pregano e li soddisfa con grazie miracolose». Pertanto, «acceso da singolare zelo di devozione», fa voto di completare la chiesa, di erigere una cappella in onore della Concezione di Maria e di dotarla con perpetua dote, se gli sarà concesso di conquistare Imola senza far ricorso alle armi, e così avviene. Negli animi degli assediati in Imola non vi è più ormai alcuna volontà di combattere per la signoria di Caterina; il comandante, Giovanni Sassatelli ben volentieri sottoscrive il patto di resa ed apre le porte della città. Cesare Borgia mantiene il suo voto: fa costruire la Cappella, abbellendola con un prezioso dipinto, attribuito a Leonardo da Vinci, nel quale vuole essere raffigurato lui stesso, genuflesso, implorante la protezione della Vergine. Di questo dipinto però si è persa ogni traccia, ma è certo che esso rimane nel Santuario fino al tempo della soppressione napoleonica.


Alessandro VI, venuto a conoscenza del fatto, nel 1501 ricolma il Santuario di vari privilegi, dato che «i fedeli – scrive – qui confluiscono volentieri perché conoscono di essere più abbondantemente rifocillati dai doni della grazia celeste». I privilegi furono poi confermati da Giulio II, che nel 1504 viene a venerare la Madonna del Piratello e si ferma a pranzo con i frati. (2)

Francesco Guidi da Montefiore, un frate del terz’ordine, che vive per molti anni al Piratello, da testimonianze raccolte, agli inizi del ’600, scrive che le vaste pareti della chiesa, costruita ad opera soprattutto del beato Geremia, erano letteralmente tappezzate da migliaia di tavolette ex voto per grazie ricevute, ma che nel 1557 i soldati francesi, accampati all'interno della chiesa, le hanno bruciate in gran parte per riscaldarsi.

Ai suoi tempi si contano ancora, appese ai muri della chiesa, più di quattrocento tavolette dipinte, attestanti altrettanti fatti miracolosi avvenuti per intercessione di Maria.
Fra Francesco ricorda in particolare una nave artisticamente scolpita, appesa alla volta della chiesa, a testimoniare l’intervento prodigioso della Madonna, nel salvataggio dei naufraghi, segno che la devozione alla Beata Vergine del Piratello si è diffusa anche in Paesi lontani.
Ricorda pure l’ex voto di Fra Bartolomeo Garganello, un frate terziario, che, mentre da Lodi si trasferisce al convento del Piratello, lungo la strada, sulle rive dell’Adda, è aggredito dai malandrini. Il povero frate è bastonato, ferito con una coltellata alla gola e poi gettato nell’Adda.
Fra Bartolomeo si raccomanda allora alla Beata Vergine del Piratello, che gli appare, «con le sue proprie mani lo caccia fuori dal fiume», e in un baleno lo fa trovare al Piratello. Poiché non può inghiottire cibi solidi, i frati suoi compagni lo nutrono per qualche giorno di brodo e pane grattugiato, con un cannello, attraverso la ferita della gola. Gli rimane così il soprannome di fra “Garganello”.

Con i miracoli cresce la devozione alla Vergine, e nel 1617 la città di Imola vuole che la Madonna del Piratello, in occasione delle Rogazioni, si trasferisca nella chiesa Cattedrale, come da anni si è soliti fare nella vicina Bologna, con la Madonna di S. Luca. In quell’anno, nella piazza Maggiore, la Madonna del Piratello riceve la corona d’argento per mano del Vescovo di Imola, Mons. Paleotti. Il 15 agosto 1714, è collocata sul capo della Vergine Santa la corona d’oro, decretata dal Capitolo Vaticano il 2 novembre 1711.

La protezione di Maria si manifesta in modo speciale nei tempi duri della Rivoluzione Francese. Il 22 agosto 1798 viene soppresso il convento del Piratello ed espulsi i quindici frati che lo abitano, ad eccezione di P. Luigi Masotti di 86 anni. Ma non per questo la città smette di onorare la sua Madonna e di celebrare le sue feste. Alla fine di maggio del 1799, i cittadini di Imola insorgono contro i francesi ed abbattono gli alberi della libertà; ottocento francesi, guidati dal Generale Hullin, uno dei più spietati rivoluzionari che si era distinto nella presa della Bastiglia, sono mandati a punire la città. Il Vescovo, il Cardinale Barnaba Chiaramonti, che il 14 marzo del 1800 sarà eletto Papa con il nome di Pio VII, muove incontro alle bande nemiche; al Piratello scongiura la Vergine Santa che salvi Lei la sua città, e poi va incontro al Generale. Si ripete il miracolo accaduto al tempo di Cesare Borgia: anche questa volta la città è risparmiata.
Nell’aprile 1814, il Papa Pio VII torna dall’esilio, e fa sosta al Piratello per ringraziare la Madonna. Qui lo incontrano il clero e il popolo. L’entusiasmo giunge a tal punto che, staccati i cavalli, gli stessi fedeli di gran corsa trainano la carrozza del Papa in città.

Patrona dei pellegrini

La Madonna ha scelto un pellegrino, Stefano Mangelli per affidargli il messaggio, che è alla radice della devozione del Santuario del Piratello, luogo di tante grazie di Maria per i suoi fedeli. Per questo Ella è venerata come la Patrona dei Pellegrini.
“Tutti siamo in cammino per le vie del mondo, verso la nostra ultima destinazione, che è la patria celeste", ci ricorda il Papa Giovanni Paolo II, "Quaggiù siamo solo di passaggio. Per questa ragione, nulla può darci il senso profondo della nostra vita terrena, lo stimolo a viverla come una breve fase di sperimentazione e insieme di arricchimento, quanto l’atteggiamento interiore di sentirsi pellegrini. I santuari mariani, sparsi in tutto il mondo, sono come le pietre miliari poste a segnare i tempi del nostro itinerario sulla terra: essi consentono una pausa di ristoro nel viaggio, per ridarci la gioia e la sicurezza del cammino, insieme con la forza di andare avanti, come oasi del deserto, nate ad offrire acqua ed ombra” (dal discorso del 19 marzo 1982) (Tratto dalla rivista "Maria Ausiliatrice" del marzo 2004)
1) Don Mario Morra, SDB1 G. F. Cortini, La Madonna del Piratello presso Imola, seconda edizione, riveduta dall’Autore, (Imola, Galeati 1939); Romeo Galli, La vera origine del santuario del Piratello (1489-1543), con illustrazioni e documenti inediti, (Bologna, Mareggiani 1943).
2) Morresi Giovanni, La Madonna del Piratello nella storia degli imolesi 1483-1983, (Imola, Galeati 1983). 
Visita il sito ufficiale del Santuario

Santuario Località Piratello - Via Emilia Ponente 27 - IMOLA
Telefono della Parrocchia 0542 40455

domenica 12 marzo 2017

Agazzano (PC) - Beata Vergine del Pilastrello


Santuario Beata Vergine del Pilastrello

Accanto al torrente Luretta troviamo il santuario Beata Vergine del Pilastrello sulla strada che porta a Rezzanello. Lo troviamo citato per la prima volta in un documento risalente al 1630. Un certo Riccardo Rossi aveva trasportato l’immagine della Madonna di Loreto sul muro di una costruzione di sua proprietà.

Nel 1630 dopo l’epidemia di peste Rossi fece costruire una chiesetta donando una parte della sua eredità forse a causa di una grazia ricevuta. Egli fece porre all'interno del santuario l’immagine della Vergine di sua proprietà. Nel corso del tempo la Madonna attirò molti fedeli e la devozione si localizzò sempre più trasformando la Madonna di Loreto in “Madonna del Pilastrello”. Essa fu quindi ufficialmente riconosciuta nel 1644 quando si tenne una solenne processione.

Su volere del Vescovo Scalabrini nel 1902 si decise di edificare un nuovo santuario di fronte al sito dove era custodita l’antica immagine. All'edificazione del tempio parteciparono anche i popolani che dedicarono con zelo il loro tempo libero per dedicarlo a giornate lavorative gratuite. La prima statua del Pilastrello fece ingresso nel santuario nel 1923. La statua viene oggi spostata solamente durante l’ultima settimana di Maggio quando viene trasportata nella vicina chiesa parrocchiale per poi essere riportata in processione al santuario. L’ultimo intervento risale al 2000 quando vennero eseguiti lavori di consolidamento grazie all'interessamento del parroco Don Mario Boselli (tratto dal sito http://www.viaggispirituali.it/).


AGAZZANO (PC) - 29100 - TEL. 0523 - 976677
BEATA VERGINE DEL PILASTRELLO



sabato 4 marzo 2017

Varese (VA) - S. Maria del Monte, Monastero delle Romite


Affresco di Stefano Maria Legnani, sec. XVIII
Monastero delle Romite Ambrosiane

Nel XV secolo il monte sopra Varese era una distesa di boschi e radure selvagge, con qualche casupola e alcune grotte, dove trovava riparo chi voleva dedicarsi a una vita di meditazione e solitudine ai piedi dell'antico Santuario. A questa comunità si aggiunse, intorno al 1450, un'orfana quindicenne di Verbania, Caterina Moriggi, decisa a votare la propria vita alla preghiera. Sopravvissuta alla peste, Caterina accolse nel 1454 un'altra giovane fedele, Giuliana Puricelli da Verghera di Samarate, iniziando con lei un'intensa attività di preghiera e assistenza ai pellegrini, che salivano al Santuario sempre più numerosi. In particolare al pellegrino assetato veniva offerta l'acqua ristoratrice, secondo una tradizione ancor'oggi rispettata.

Il 10 novembre 1474 Papa Sisto IV, su richiesta delle due donne, concesse l'autorizzazione a costruire il monastero. Il 10 agosto 1476 le romite divennero monache con la professione di fede, osservando la Regola di Sant'Agostino, le Costituzioni dell'Ordine di Sant'Ambrogio di Nemus e ottenendo il diritto di celebrare l'ufficio liturgico secondo il rito ambrosiano. Caterina morì il 6 aprile 1478 e alla guida del monastero le successe Benedetta Biumi. Il monastero, costruito grazie alla munificenza dei Visconti, crebbe d'importanza e le monache aumentarono di numero. Fu aperta una scuola, poi trasformatasi in collegio.

Nel 1798 la Repubblica Cisalpina tolse alle monache il riconoscimento religioso e si dovette attendere il 1822 per ripristinare il monastero e il collegio. Nel 1969, infine, la scuola fu soppressa definitivamente, restituendo alle Romite l'originaria identità di contemplative in regime di stretta clausura.

Attualmente le romite sono una quarantina, coltivano gli orti e allevano animali da stalla. Nel 1969 è nato il laboratorio di restauro sotto la guida di Carlo Alberto Lotti dove le madri operano per salvare dalla rovina preziose opere d'arte, bisognose di particolari cure. Alcune di loro studiano e preparano la liturgia e il Canto Ambrosiano, altre seguono con costanza il lavoro d'archivio e di biblioteca.

Annesso al Monastero è stato creato un Centro di Spiritualità per chi desidera vivere qualche ora o giorno di preghiera o di silenzio. Con questo servizio le Romite offrono la possibilità di un incontro con Dio nella preghiera.

Visita il Monastero