lunedì 31 maggio 2021

Francavilla Fontana (BR) - Maria Santissima della Fontana


Maria Santissima della Fontana

Maria Santissima della Fontana è la patrona della città di Francavilla Fontana (in dialetto francavillese: "Matonna Tì La Funtana") (Diocesi di Oria). La festa principale è il 14 settembre.

Agli inizi del regno di Roberto I d'Angiò, era principe di Taranto suo fratello Filippo d'Angiò. Un giorno quest'ultimo, recandosi a Casevetere (borgo originario di Francavilla Fontana), si recò insieme alla sua corte verso villa del Salvatore, per una battuta di caccia. Tra i cacciatori, c'era un certo Elia Marrese, che vedendo un cervo, gli scoccò una freccia che stranamente ritornò indietro, anziché colpire la preda. Meravigliato per questo evento prodigioso, si accorse che il cervo era genuflesso ad una fonte, come se venerasse qualcosa. Avvertito il principe, quest'ultimo fece diradare la selva e si accorsero che vi era una piccola grotta, sulla quale vi era l'immagine della Vergine Maria con un bambino in braccio. Il principe meravigliato, si prostrò a terra e venerò insieme al suo seguito la Madonna e decise che da allora tutti la venerassero sotto il titolo di Maria della Fontana. La scoperta di questa sacra immagine avvenne il 14 settembre 1310. Qualche anno dopo, con Breve apostolico del 23 agosto 1332 di papa Giovanni XXII, si concesse l'indulgenza plenaria a tutti i fedeli che avessero visitato l'immagine il 14 settembre di ogni anno. Il principe ordinò di edificare una chiesa in onore della Vergine della Fontana. (Notizie tratte da Wikipedia)

Basilica del SS. Rosario

Culto della Madonna della Fontana
Il principe di Taranto Filippo D'Angiò (1278 – 1332), dopo la morte di Carlo II, decise di far visita ai suoi possedimenti, tra cui i casali che circondano l'attuale città di Francavilla. Per meglio conoscere siffatte terre, inoltre, organizzò una battuta di caccia con i baroni e con esperti cacciatori della zona. 


Un mattino, dunque, il principe si inoltrò dentro la selva che circondava la Villa del Salvatore, conosciuta anche con il nome di Bosco di Rodio, seminato di folti cespugli ed alberi. Tra i cacciatori della spedizione vi era mastro Elia Marrese, il quale, perlustrando il territorio, si accorse di un cervo, genuflesso, che si rinfrescava nei pressi di una fontana. 

Il cacciatore, desideroso di farne preda, scoccò dall'arco una freccia la quale, invece di ferire l'animale, ritornò indietro. Sbigottito, Elia si avvicinò e vide il cervo genuflesso non per bere, come aveva inizialmente pensato, ma come se accanto alla Fonte venerasse qualcosa di sacro, nascosto tra i cespugli. Intanto il principe, accorso insieme agli altri cacciatori, fu informato dell'accaduto e immediatamente diede ordine di diradare quella parte di selva da cespugli e da rami frondosi per capire la causa di quel prodigio. Una volta ripulita la zona, agli occhi dei presenti apparve una piccola grotta lunga otto palmi, ed in fondo un muro alto quattro palmi e lungo sei, ove apparve dipinta l'immagine della Madonna con Bambino in stile bizantino. Dopo la scoperta dell'immagine il principe ordinò che si fabbricasse ivi una chiesa che, da allora, fu conosciuta come chiesa della Madonna della Fontana. In seguito, tramite gli uffici di Bertrando, vescovo di Oria, papa Giovanni XXII concesse, con il Breve Apostolico del 23 agosto 1332, l'indulgenza plenaria a tutti i fedeli che avessero visitato detta immagine il 14 settembre.


Il culto della Madonna della Fontana, patrona della città, ritrovò nuovo slancio dopo il terremoto del 20 febbraio 1743, quando fu ricostruita la chiesa, trasferita l'icona sull'altare della navata destra ed acquistata la statua della processione. Alla Madonna della Fontana va riferito anche il miracolo del rinverdimento degli ulivi, che si festeggia ogni 24 gennaio, ricordato anche in una tela nella chiesa Matrice del pittore Domenico Carella. Recentemente è stata ripristinata anche la cavalcata storica, lungo le vie del centro, che rievoca la scoperta dell'immagine.

Francavilla e il culto della
Madonna della Fontana


domenica 30 maggio 2021

San Benedetto del Tronto (AP) - Immacolata


Devozione all'Immacolata Concezione

Grande importanza assume per i sambenedettesi la commemorazione solenne dell’Immacolata Concezione, che si svolge annualmente con una novena nei giorni che precedono l’otto dicembre. Nella memoria collettiva del borgo marinaro un tempo, e della cittadina rivierasca oggi, da una generazione all’altra, attraverso informazioni, testimonianze orali e scritte, permane il ricordo del voto fatto dalle autorità sambenedettesi, in nome del popolo, nel lontano 10 luglio 1855. Nel momento in cui San Benedetto era attraversata da un’epidemia colerica, che produceva tanti lutti e disperazione, ai piedi della Statua della Madonna dell’Addolorata nella Chiesa di San Benedetto Martire, il Governatore del tempo lesse una preghiera carica di devozione e di speranza nell’intercessione miracolosa della Vergine. In quell’estate del 1855 il colera tornato a diffondersi prepotentemente in Paese, dopo averlo visitato appena un anno prima, attraverso un marinaio di ritorno da Ancona, uccise quattrocento persone circa. Dal centro marinaro, a poco a poco, si diffuse in tanti centri del Piceno e dello Stato Pontificio.


I sambenedettesi, pertanto, con quella preghiera fecero solenne voto all’Immacolata Concezione, che ancor oggi viene rispettato come segno di gratitudine a Maria, poiché a Lei fu attribuito il miglioramento della situazione nonché la completa scomparsa dell’epidemia. L’anno seguente, quando ormai il colera era divenuto solo un triste ricordo, si fece costruire una statua dell’Immacolata in cartapesta. 
Trent’anni più tardi, però, un analogo dramma tornò a ripetersi, con la ricomparsa del colera ai primi di agosto del 1886. I sambenedettesi tornarono a rivolgersi alla loro Madre Celeste. Seppur di proporzioni più contenute rispetto all’epidemia precedentemente diffusasi (che vide un’estensione territoriale dalla costa picena fino all’entroterra umbro) e sconfitto con maggiore celerità, il colera del 1886 andava ad infierire prepotentemente su quelle stesse famiglie che erano già state decimate nel 1855. E furono colpiti e uccisi in gran numero, nel 1886, proprio i figli di quelle madri che erano morte di colera trent’anni prima. Altra devozione molto sentita dai sambenedettesi è per la Madonna di Loreto. Infatti il simulacro della “Madonna de j cuppette” (“Madonna sulle tegole”) viene portato in processione per le sole vie del “Paese Alto”, stavolta dai bambini. Il simulacro rappresenta una casetta che ricorda la “Santa Casa di Loreto”, con la Madonna ed il bambinello seduti sul tetto munito di campaniletto, è anch’esso in carta pesta ed è dello stesso autore della Statua dell’Immacolata.

Comunque questa devozione si sviluppò già agli inizi del secolo XVII da Castignano ad Acquaviva, da Cossignano a Cupra Marittima, a Grottammare ed altri centri della diocesi. Particolare è il caso di Ripatransone ove la devozione per la Vergine Lauretana prende il nome di “Madonna di San Giovanni” per via della confraternita lì sorta espressamente.
Il 30 maggio 1893, con decreto vescovile, il vescovo Giacinto Nicolai elevò la Madonna di S. Giovanni a Patrona della Città di Ripatransone e di tutta la diocesi.


sabato 29 maggio 2021

Amelia (TR) - Maria SS.ma Assunta in cielo


Itinerario Mariano Amelia

Ad Amelia e nel suo territorio il culto mariano ha da sempre costituito un saldo punto di riferimento nella maturazione spirituale dei fedeli, la stessa città è consacrata alla Madonna; tante le chiese, le immagini, le edicole Mariane.
Sulla stessa porta principale di accesso alla città, porta Romana, nel 1703 fu posta la seguente iscrizione: “CIVITAS MARIAE VIRGINIS IN NOMINE JESUS A TERRAEMUTU LIBERATA A.D. MDCCIII” con la quale la città di Amelia rende grazie alla Vergine Maria per averla salvata da un terribile terremoto che nel 1703 sconvolse l’Italia Centrale. Sopra la scritta è altresì presente un’immagine dell’Assunta attribuita a Mario di Amelia (sec. XV). Nel centro storico  possiamo citare: 
La chiesa di Santa Maria dei Laici o chiesa dell´Ospedaletto, dove nel secolo XIII venne fatto erigere dall'omonima confraternita un piccolo ospedale a sollievo dei poveri e dei pellegrini. La piccola chiesa attualmente in forme cinquecentesche conserva un immagine della Madonna con il Bambino, molto venerata nel secolo scorso, attribuita a Taddeo Zuccari. Al piano superiore c'è un importante affresco (sec. XVI) attribuito alla Scuola Senese raffigurante S. Maria dei Laici il quale rappresenta Maria che copre con il suo mantello tutti coloro che si affidano a lei.


La Chiesa della Madonnina nella quale si venera un´immagine particolare di Maria: la Madonna è infatti rappresentata nell´atteggiamento di dare il latte al Bambino Gesù; è infatti conosciuta come Madonna del Latte. Si tratta di una devozione molto antica: le donne si rivolgono ad essa per ottenere abbondanza di latte a nutrimento delle loro creature Si tratta di un affresco del XV sec. asportato da un arco di un vicolo della città.

La Chiesa della Madonna della Visitazione della Confraternita di San Girolamo in Posterola. La chiesa conserva un affresco prima collocato sopra una della porte della città. L´immagine era molto venerata poiché la Vergine concedeva favori e grazie tanto che i papi Paolo III (1548) e Innocenzo X (1646) concessero molte indulgenze ai fedeli che avessero pregato dinanzi ad essa.

La Cattedrale di Santa Maria Assunta costruita nel punto più alto della città, dove presso l’altare maggiore è custodita la piccola tavola dipinta dell’Assunta, preziosa opera trecentesca attribuita a lungo al pittore senese Duccio di Boninsegna e successivamente ad un anonimo pittore locale. L’immagine per un’antica tradizione viene esposta alla venerazione dei fedeli nei mesi di maggio ed agosto con una solenne processione il giorno 15.
Chiesa della Madonna delle Cinque Fonti. La piccola chiesa fu costruita nel sec. XV per onorare un immagine della Madonna affrescata in una edicola. Sulle pareti esistono tuttavia altre quattro immagini della Vergine in atteggiamenti diversi. Si tratta di ex voto dipinti tra il 1400 e l’inizio del 1500. Il Santuario della SS Annunziata. Nella chiesa dell’omonimo convento francescano, si conserva una bella Annunciazione di Domenico Bruschi (1889) che sostituì quella realizzata da Piermatteo d’Amelia (sec. XV) ora al museo Gardner di Boston.


Il Santuario della Madonna delle Grazie nella frazione di Foce si trova il bel santuario della Madonna delle Grazie (sec XVII). Esso conserva un’immagine della Madonna tutt’oggi molto venerata (sec. XV) che un tempo si trovava in una edicola costruita ai piedi del colle, presso il torrente Beccio. Il 13 maggio 1629 la Sacra Immagine fu solennemente e miracolosamente, traslata in paese dove venne costruito l’attuale Santuario e dove il 13 giugno 1859 fu incoronata su nulla osta del papa Pio IX a testimonianza dei tanti fatti prodigiosi avvenuti per intercessione di Maria.

(Articolo tratto dal sito http://www.comune.amelia.tr.it/index.php?option=com_ content&view=article&id=136&Itemid=62)


venerdì 28 maggio 2021

Pesaro (PU) - Madonna del Carmine


Santuario Beata Vergine del Carmine

Fondato il monastero della Purificazione dalla Duchessa di Pesaro Vittoria Farnese nel 1527, la Chiesa della Purificazione della Beata Vergine, meglio nota come chiesa del Carmine, rappresenta all’interno della città di Pesaro l’unico edificio sacro di tipo claustrale ancora officiato.
La struttura, originariamente annessa al monastero delle Serve di Maria, fu realizzato tra il 1738 e il 1773 in sostituzione della chiesa originaria posta all’angolo dell’attuale via Mengaroni – Corso XI Settembre, che era totalmente in rovina per la grande umidità proveniente dal vicino vallato.
I lavori furono eseguiti su progetto del frate conventuale Padre Giuseppe Tranquilli, che proprio in quegli anni collaborava con Luigi Vanvitelli nella ricostruzione del non lontano monastero benedettino di Santa Maria Maddalena.
La chiesa del Carmine ha subito negli anni tante vicissitudini: chiusure, passaggi di proprietà, abbandoni fino ad essere usata come officina da fabbro ferraio.
Nel 1982 la struttura, curata per 35 anni con dedizione dal rettore Mons Aurelio Ferri, fu chiusa per pericolo di crollo. Solo il 16 luglio 1986 fu possibile riaprirla al culto grazie all’interessamento di un comitato civico che in tre anni, con la collaborazione del comune di Pesaro, promosse importanti lavori di restauro.

La struttura si sviluppa su una pianta a croce greca. L’interno, in perfetto stile tardo barocco marchigiano, è il risultato di una eccellente armonia di archi, cornici capitelli e festoni culminanti nella maestosa cupola ottagonale in mezzo al quale campeggia così come nelle gelosie di legno intagliato e dorato, il monogramma dell’ordine dei Servi di Maria.
Tutti i capitelli gli ornati i festoni che oggi sono ricoperti da uno strato di calce bianca erano in origine dorati come gli angeli e le cornici degli altari laterali .


L’altare maggiore di marmo e stucco, addossato alla parete di fondo del presbiterio attualmente reca un ovale rappresentante la Madonna del Carmelo, mentre originariamente vi era collocato il dipinto della presentazione al tempio titolare di questa chiesa attribuito alla scuola del Veronese ora collocato all’altare di sinistra.

All’altare di destra è collocato una grande crocifisso ligneo del XVII secolo proveniente dalla vicina chiesa del Pio Suffragio, ora non più officiata.

In origine questo altare era dedicato alla Beata Vergine Addolorata e davanti ad esso il 19 giugno 1800 vi sostò in preghiera il sommo pontefice Pio VII e alcuni decenni dopo, nel maggio 1857, la chiesa ebbe l’onore di accogliere un altro papa, Pio IX, il marchigiano Giovanni Maria Mastai Ferretti. Il pontefice, in visita alla città di tre giorni, chiese di visitare la chiesa e il monastero della purificazione dove lasciò in dono alle monache una borsa con 60 scudi.
La devozione e il culto alla Madonna del Carmine nel quartiere del borgo e della città si può collocare al 1628 e in questa chiesa ai primi del secolo XIX, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi, i padri carmelitani lasciarono la città affidando a fedeli laici congregati sotto il titolo di Pia Unione del Carmine la custodia del quadro e dell’antica statua della Beata Vergine.

La Pia Unione del Carmine trovò presto la propria sede nella chiesa della Purificazione, dove rimase anche in seguito all’indemaniazione dell’edificio (1860), alla soppressione del monastero (1886) e alle numerose e diverse destinazioni che la chiesa subì nell’ultimo secolo.
Ancora oggi la Pia Unione continua a dedicarsi alla venerazione e alla diffusione del culto della Beata Vergine del Carmine, che annualmente trova il suo culmine nella festa del 16 luglio preceduta da una novena.

Nel 1999, per volontà di Mons. Angelo Bagnasco allora Arcivescovo di Pesaro, la chiesa del Carmine è tornata al suo status di Rettoria autonoma e fu affidata alle cure del rettore don Giuseppe Scarpetti.

In questi anni sono stati eseguiti diversi restauri, tra cui quello del campanile, nonché la benedizione delle vecchie e nuove campane che raggiunsero così il numero di 9, costituendo l’unico concerto campanario della Provincia di Pesaro e Urbino.

Attualmente il responsabile della Rettoria è don Stefano Brizi, Vicario Generale.

(Notizie tratte dal sito dell'Arcidiocesi di Pesaro https://www.arcidiocesipesaro.it/santuario-beata-vergine-del-carmine-pesaro/)


giovedì 27 maggio 2021

Trapani (TP) - Madonna di Trapani

La Madonna di Trapani

"Ogni fiume ha la sua sorgente, ogni albero ha la sua radice"

Risalire alla "sorgente" circa l'arrivo a Trapani del simulacro della Madonna è un'impresa ardua. I documenti storici scarseggiano; pare che una grave epidemia, a metà del '400, abbia convinto i responsabili della Sanità Pubblica a dare alle fiamme suppellettili, libri, scritti del convento, ch'era stato adibito a ricovero degli appestati.

“Per l’ingiuria dei tempi e per la negligenza degli scrittori ci è ignota la venuta di questa santa immagine”.

Da un documento, si deduce che la statua della Madonna dovevasi trovare a Trapani prima del 1345, in una cappella denominata di “Nostra Donna”. La statua della Madonna era già al suo posto nel 1428, quando Anna de Sibilia, nel suo testamento, ordina ad un argentiere di confezionare per “l’immagine della Madonna una corona d’argento bella e bene lavorata dal peso di circa cinquecento grammi”.


Diverse sono le leggende fiorite intorno ad essa e al suo arrivo nella città di Trapani. Una di queste racconta che la Madonna, scolpita a Cipro e venerata a Famagosta (città sulla costa orientale dell’Isola), giunse a Trapani “su nave pisana nel 1291, ond’è più agevolmente a tenerlo siccome di pisana scultura”.

Si suppone che la scultura della Madonna di Trapani s’inserisce nel flusso migratorio d’importazione di opere richieste dai committenti pisani che avevano i loro fondaci nella Sicilia occidentale e che a Palermo, come a Trapani, facevano giungere con le loro navi non solo prodotti commerciali, ma anche artistici.



Le radici culturali della Madonna di Trapani si collocano, dunque, attraverso il suo autore, nel contesto della cultura figurativa toscana dell'avanzato Trecento. L’attribuzione è alla bottega del Pisano, i cui rappresentanti sono Nino e il padre Andrea Pisano. La statua della Madonna dovette giungere a Trapani tra il 1342, data della costruzione della Chiesa trecentesca dell’Annunziata.
L’immagine della Madonna di Trapani, che i trapanesi venerano con grande amore e con grande venerazione è una statua di marmo pario, monolitica, alta metri 1,65 circa e finemente lavorata, tanto che “lo scultore seppe incarnare nel simulacro di Maria la potenza religiosa e la meditazione scientifica” che i bizantini avrebbero chiamato “Elousa”, Madonna della Tenerezza, e che i trapanesi, del resto, chiamarono per tanto tempo “Madonna della Grazia” - da sempre esercita un forte richiamo di fedeli e visitatori, che ha determinato anche l'ampio sviluppo e rinnovamento, attraverso i secoli, del cenobio carmelitano, circa un secolo prima del suo arrivo.

La beata Vergine è rappresentata ritta, in piedi: con il braccio sinistro regge il Bambino, e porge la destra al Figlio che accosta la sua mano al seno della Madre. Il suo volto è “particolarmente amabile”. Gli occhi, pieni di misericordiosa bontà, non sono rivolti verso il Figlio, ma verso coloro che la contemplano. Il suo sguardo è dolce e manifesta “quell’arcano sentimento dolce e amabile”. Il suo capo è leggermente inclinato. Indossa una tunica e un largo manto “pieghevolmente raccolto”. Sul capo indossa il velo. Questo velo, che le copre il volto e ricade sulle spalle, lascia scorrere i capelli che ornano il delicato volto della Madonna, lasciandole scoperta una parte del collo. Il Bambino è tenuto in braccio alla Madre come su un trono. Indossa una tunica che scende sino ai piedi. I suoi capelli sono folti e ricci. Ha il volto di un bambino maturo, come conviene a un Dio eterno; i suoi occhi guardano sereni e fiduciosi verso la Madre, mentre tende la mano sinistra alla mano destra della Madre.

Questa immagine illustra il dogma della maternità divina di Maria. È “l’icona dell’Incarnazione”: presenta Maria come la grande testimone dell’incarnazione del Figlio di Dio; ricorda la centralità salvifica dell’umanità del Verbo eterno e richiama la bontà misericordiosa della Madre di Dio e degli uomini.

Essa, per la finezza dei tratti e per la grande serenità dello sguardo si contempla volentieri, senza mai stancarsi: ha una bellezza più che umana, è accogliente, entra nel cuore, infonde fiducia, tanto che il conte di Albadalista, viceré di Sicilia, dopo averla lungamente contemplata disse: “Chi la vuol veder più bella vada in paradiso”, e il marchese Pietro Fuxardo, anch’egli viceré di Sicilia, esclamò: “Mai mi cadrà dal cuore questa Vergine di Trapani”.
Nel secolo scorso, l’immagine della Madonna era ornata di una smagliante veste ricoperta dagli innumerevoli e preziosissimi ex voto che ne celavano le fattezze.

Come ogni immagine, anche la statua della Madonna di Trapani, prezioso patrimonio dei trapanesi, è da considerarsi un sacramentale della presenza divina, un simbolo efficace di protezione e di vittoria sul male.



Solenne Incoronazione
Memorabile resta nella storia del Santuario, tra le tante degne di ricordo, la data di domenica 14 marzo 1734, giorno in cui, esauditi i desideri di tutto un popolo, la Statua della Madonna col Bambino fu incoronata con Decreto del Capitolo di San Pietro in Vaticano: era la prima cerimonia del genere che si celebrava in Sicilia!

Infatti, i frati Carmelitani, spinti dalla crescente venerazione del popolo di Dio verso la Vergine “di Trapani” per mezzo del quale otteneva (ed ottiene tutt’oggi) innumerevoli grazie dal Signore, inoltrarono la richiesta al Capitolo Vaticano il 23 febbraio del 1669 di incoronarla poiché “a niun altrui delle migliori immagini che si adorano in questo Regno di Sicilia è stata mai da detto Rev.mo Capitolo accordata una tal grazia”.

In questo progetto i Frati trovano sostegno sia dal Vescovo di Mazzara che dal Senato. La richiesta ufficiale viene presentata al Capitolo Vaticano dal Vescovo diocesano che con lettera autografa si fa garante di una sintetica relazione preparata dai frati sull’antichità, sui miracoli e sulla devozione alla Madonna di Trapani.

Il Capitolo Vaticano il 22 aprile 1733 commissiona all’argentiere romano Giacomo Gardini le due corone d’oro da inviare a Trapani. Le corone sono già pronte il 31 luglio dello stesso anno. La data fissata per l’incoronazione è il 15 agosto 1733, solennità dell’Assunzione di Maria. Tale evento doveva essere coronato da debita preparazione e relativa solenne cerimonia. Prelato delegato, dal Capitolo Vaticano, “con tutte le facoltà necessarie” per incoronare la statua della Madonna è il trapanese S. Ecc. Mons. Giuseppe Barlotta Ferro, principe di san Giuseppe e Vescovo di Tiletta. Le corone arrivano a Trapani il 14 agosto 1733 e poiché a causa di questo ritardo non si poterono fare i preparativi, la solenne incoronazione fu rimandata al 14 marzo dell’anno successivo l’incoronazione, celebrando solennemente il 15 agosto il millennio della sacra immagine.

Il popolo si prepara intensamente a questa “privilegiata funzione” con un solenne triduo in onore della Madonna. Per concessione di Papa Clemente XII, tutti i fedeli che, confessati e comunicati, visitano “pie hac religiose” il santuario e partecipano “al Triduo delle funzioni da praticarsi in detto solenne giorno dell’incoronazione, possono ricevere l’indulgenza plenaria”.

Ricorrendo il II° centenario della prima incoronazione della sacra immagine, papa Pio XI, in via del tutto eccezionale, con lettera Apostolica dell’8 giugno 1934, “in segno di riconoscenza verso tale singolare Madre e protettrice”, diede “mandato di nuovamente incoronare... con corona d’oro il Simulacro della Beata Vergine Maria di Trapani”. Il solenne rito ebbe luogo il 10 agosto 1934 e fu presieduto dal Card. Luigi Lavitrano, Arcivescovo metropolita di Palermo.

La Beata Vergine Maria, denominata
"Madonna di Trapani" è dichiarata il 26 febbraio 1790 Patrona della Città dal Senato e dal popolo insieme al concittadino Sant'Alberto, dichiarato Patrono Principale ancor prima,
8 dicembre 1576. 

Il Patronato cittadino della Vergine Maria è confermato il 13 maggio 1908 dal papa San Pio X ed esteso anche a tutta la Diocesi per interessamento del Vescovo carmelitano di Trapani S.Ecc. Mons. Francesco M. Raiti.

Il 30 gennaio 2006, con Decreto della Sacra Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti, in virtù delle facoltà datele da papa Benedetto XVI, è confermata Patrona Principale della Diocesi di Trapani.

(Articolo tratto dal sito del Santuario http://www.madonnaditrapani.it/it/63/la-madonna-di-trapani)

Se vuoi approfondire


mercoledì 26 maggio 2021

Genova (GE) - Nostra Signora della Guardia


Santuario di Nostra Signora della Guardia

Conosciuto semplicemente come Santuario della Madonna della GuardiaE' il più importante santuario mariano della Liguria ed uno dei più importanti d'Italia.

Edificato sulla vetta del monte Figogna, a 804 m s.l.m., è situato nel territorio del comune di Ceranesi, a circa 20 km da Genova. Il santuario, retto attualmente da mons. Marco Granara, è così chiamato poiché il monte sul quale sorge, era nell'antichità un punto strategico per l'osservazione di navi o di eserciti nemici. Sulla terrazza antistante il santuario è situato un punto panoramico dal quale, nelle giornate limpide, si può ammirare il panorama sulla sottostante città di Genova con un raggio che si apre sulle riviere di ponente e di levante.

Papa Benedetto XV elevò il santuario al rango di basilica minore. Il Santuario della Madonna della Guardia sorge sul Monte Figogna a 804 metri di altezza in Val Polcevera. È uno dei Santuari più famosi d’Italia e d’Europa e il Papa genovese Benedetto XV lo decorò del titolo di Basilica. Dalla vetta del Figogna si ammira uno dei panorami più vasti d’Italia. Ai tempi dei romani vi era una stazione di guardia ove si facevano le segnalazioni occorrenti al movimento delle truppe lungo le strade imperiali, da qui il nome dato al Santuario. Il 29 agosto 1490 la Vergine Maria apparve su questo monte ad un umile contadino, Benedetto Pareto, del paese di Livellato, nel cui territorio si trovava il Monte Figogna (dal greco «Monte dei faggi»), chiedendo che fosse eretto un tempio in suo onore. Fu costruita una prima cappella sul luogo della Apparizione, successivamente una più vasta sulla cima del Monte, tra il 1528 e il 1530. Altri miracoli si succedettero nei secoli a seguire, che accrebbero la devozione alla Madonna della Guardia.

Accanto al Santuario fu costruito un ospizio per i pellegrini che, sul finire del Settecento, assunse grandi proporzioni. L’attuale tempio, iniziato nel 1868, fu portato a termine nel 1889 su disegno del milanese ingegner Luigi Bisi.
È in stile rinascimentale, a croce latina, con tre navate, divise da otto archi a tutto sesto, sorretti da pilastri rivestiti di marmo ed ha una cupola ottagonale alta 40 metri che dà luce alla chiesa. Lo scultore genovese Antonio Ricchino (1899) scolpì la bella edicola, che sormonta l’altare maggiore, in marmo bianco, in cui si venera il bel gruppo in legno dello scultore genovese Antonio Canepa.
Il 10 giugno 1894, in nome di Papa Leone XIII, monsignor Reggio, arcivescovo di Genova, pose sul capo della Madonna e del Bambino Gesù le corone d’oro.
Nel 1944 l’interno dell’edicola fu rivestito di mosaico in oro zecchino e nella parte inferiore furono sistemati angeli oranti e quattro grandi statue simboliche.
Nel 1899 fu ultimata la costruzione della torre campanaria su cui, nel 1927, fu posto il grandioso concerto «della Vittoria». Opera pregevole di marmo è il pulpito di Achille Vanessa (1893) scolpito ed intarsiato di marmi policromi.
Completano l’arredo il colossale organo del 1915, sontuosamente decorato e il coro con doppio ordine di stalli in legno di noce, finemente intagliati con riquadri e pannelli.
Degna di rilievo la decorazione della volta con affreschi di Sant’Agata raffiguranti l’episodio dell’Apparizione e il commento dell’Ave Maria, in otto momenti. L’interno della cupola e il catino absidale presentano affreschi dell’Arzuffi. Nel 1632, il giorno della Madonna Assunta, si inaugurò la statua marmorea della Madonna sull’altare maggiore del Santuario; più tardi trasferita nella cappella dell’apparizione, dove tuttora viene venerata. (Articolo di Cristina Siccardi,


Storia del Santuario

Il Santuario di Nostra Signora della Guardia si trova a oltre 800 metri d’altezza.
Già luogo importante nel periodo romano, divenne meta di pellegrinaggi sul finire
del ’400 quando la Vergine apparve a un contadino del luogo.

Tutto inizia il 29 agosto 1490. Benedetto Pareto, contadino di Livellato in Valpolcevera, porta al pascolo il suo gregge sulla vetta del Monte Figogna, come fa ogni giorno. È in quella sua concreta quotidianità e nel suo ambiente di vita, che la Madonna gli si manifesta. Per Benedetto si tratta di un incontro straordinario e semplice al tempo stesso. Non si domanda tanto come sia possibile che gli appaia la Madonna ma piuttosto, di fronte alla evidenza, come sia possibile che la Madre di Dio appaia a lui, un contadino nascosto nella storia e in un luogo di periferia, e gli chieda di costruire una cappella. Maria lo rassicura e lo incoraggia. 

Benedetto trova una prima resistenza nella moglie, che lo mette di fronte alle sue responsabilità: “Tutti sanno che sei un uomo semplice, ora diranno che sei anche pazzo”. Benedetto riflette e desiste. Poi però cade da un albero e si riduce in fin di vita. Maria gli appare nuovamente e lo risana. Di fronte al miracolo della guarigione inspiegabile, mentre i medici ne avevano diagnosticato la morte imminente, tutta la famiglia si unisce al compito di Benedetto: costruire! E c’è di più: la bellezza di questa storia sta anche nel fatto che i suoi protagonisti la testimoniano davanti ad un notaio, pochi decenni dopo i fatti: la famiglia ha voluto mettere nero su bianco, con uno scritto civile, un fatto soprannaturale, per dire: è accaduto davvero, credeteci!
La Memoria del Principio, atto notarile del 1530 nel quale alcuni conoscenti di Benedetto Pareto testimoniano sulla veridicità dell’apparizione della Madonna al contadino di Livellato.
E ci hanno creduto in tanti, dal 1490 in poi! Migliaia di costruttori con Maria, piccoli e grandi per una scala di valutazione umana ma tutti pietre angolari della ‘cappella’ che Maria voleva. Perché Benedetto non poteva immaginare che la sua piccola costruzione, ancora oggi visibile, era solo un punto di partenza, un simbolo. Dalla sua disponibilità prese avvio un grande movimento di riforma popolare della fede, che contagiò le comunità della valle, scese al mare e a Genova, coinvolse il clero locale, superò i confini liguri, viaggiò in Italia e diede il suo contributo in tutto il mondo, muovendosi accanto ai liguri emigranti e missionari. Determinò cambiamenti, moltiplicò la grazia, spinse a conversioni e santità… fino a giungere addirittura nel cuore della cattolicità, nei Giardini del Vaticano, dove la Madonna della Guardia ha una cappella.
Nel frattempo il primo manufatto di Benedetto crebbe e si moltiplicò. Sempre più fedeli salivano a quella che fin dalle origini fu chiamata la “Madonna della Guardia”, con tutti i mezzi di locomozione ma soprattutto a piedi: gli otto chilometri in salita che portano alla vetta divennero così un “pellegrinaggio”, su strada sterrata prima e asfaltata poi, che moltissimi facevano a piedi nudi. Per accogliere tutti si costruì un primo santuario, che tuttavia presto non bastò: così nel 1890 si edificò la Basilica attuale, frutto di un grande concorso di popolo, opera di fatica, con squadre di uomini da tutta la vallata e dalla città che prestavano giornate intere per portare in vetta materiali e costruire, e con sacerdoti dediti e innamorati, come don Francesco Montebruno, il prete con la tonaca bianca di calce, educatore di schiere di giovani sbandati, capomastro in odore di santità. Il lavoro fu lungo e paziente: la nuova basilica era già a buon punto quando si scoprì che il terreno cedeva. Fu demolita e rifatta. Tutto si fece perché Maria aveva chiesto una casa e perché tutti intuivano che sarebbe stata casa di tutti. Ecco. Questa è la casa in cui anche tu oggi puoi entrare. A questo punto sai che non è il frutto scontato di una tradizione popolare un po’ sempliciotta ma il risultato di una grande storia di popolo, in cui moltissimi hanno speso fatica. Per fede e con concretezza. La nostra storia, la storia dei semplici.


L’anniversario dell’Apparizione della Madonna si celebra il 29 agosto. L’ultima domenica di maggio si tiene la festa dei Fiori, commemorativa dell’inaugurazione della nuova chiesa avvenuta il 26 maggio 1890. La Festa dell’Incoronazione si celebra la seconda domenica di giugno.


martedì 25 maggio 2021

Bisacquino (PA) - Maria SS. del Balzo


“Un miracolo dell’architettura di un tempo”

Nella parte alta del paese di Bisacquino è precisamente alle falde del monte Triona sorge il santuario della “Madonna del Balzo” la cui costruzione, è legata ad una serie d’eventi miracolosi.

Il sacro balzo
Si narra che l’immagine della Madonna (quella che fu ritrovata sul monte) fosse portata per ben tre volte in paese e ogni volta fosse sparita e poi ritrovata sul sacro Balzo. La prima volta in Matrice per venerarla, e poi si ritrovò. Un’altra volta si pensò di dare una cappella lungo la via Sacra per poterla lì collocare, ma si verificò la stessa sparizione. La terza volta si tentò di posizionare la Madonna in un posto più accessibile rispetto a quello del ritrovamento, più precisamente dove oggi si trova la Cappelletta a metà strada della Via Sacra; ma questa volta l’immagine sparì e fu ritrovata sulla rocca fortunata da dove era partita. Così fu manifesto il luogo dove doveva sorgere il Santuario.


L’immagine della Madonna è stata scoperta su un balzo della montagna da un pastore di Bisacquino che di nome faceva Vincenzo Adorno, il quale aveva notato per diversi giorni una luce brillante che usciva da alcuni massi. Si narra che nella primavera del 1664 due giovani contadini, attraversando il Triona, scorsero nel cavo della rupe, scoperta prima dall'Adorno, l'immagine di Maria. Meravigliati la guardano, l'ammirano, si sentono spinti a venerarla. Ma di li a poco, con la volubilità propria della giovinezza, essi si danno al gioco così appassionatamente, da trascurare del tutto quel che avevano ammirato poco prima. Anzi uno di loro avendo perduto nel gioco chi sa qual miseria, accecato dal furore, da di piglio a una falce e la scaglia di punta sulla fronte della Vergine. 

Ma il sacrilegio nell'atto stesso del suo gesto beluino cade a terra fulminato, morto, mentre dalla fronte della Vergine ferita spicciano miracolosamente delle vive gocce di sangue. Si immagini il terrore del compagno! Dovette sulle prime rimanere stordito. immobilizzato da una dolorosa sorpresa mai provata prima. Poi con tutto l'essere in tumulto corse, come pazzo, giù per la china pericolosa verso il paese, verso la casa dell'infelice. Con occhi fuori dalle orbite, pallido, affannato balbettò parole senza senso, confuse il racconto della meravigliosa scoperta dell'immagine con quello della morte improvvisa del giovane. I genitori, i parenti stentarono dapprima a capire, poi da quel groviglio di frasi mozze trassero, terribile, l'evidenza dell'avvenimento doloroso e alzarono alte grida. La notizia si sparse in pochi minuti: dolore e stupore commossero il paese intero. Subito i genitori, seguiti da una folla di parenti e di amici, accorsero, dietro la scorta del giovane, sul luogo della sventura a trovano il figlio cadavere. Nuovi pianti nuove grida. Ma l'amor materno, anche questa volta, suggerì una di quelle preghiere che il mondo reputa folli, ma che sforzano il Cielo. La madre raccogliendo tutte le forze della sua fede abbraccia il figlio esanime e volgendosi all'immagine della Vergine, Le domanda perdono a grazia per il figlio. Sono così ardenti i suoi sospiri, così appassionato il suo dolore, così viva la sua fiducia, che Maria non esita a compiere il miracolo. In breve il cadavere si rianima e il giovane torna alla vita tra le voci di gioia e di ringraziamento dei parenti, del popolo e della fortunata madre in particolare.


Di qui nacque l’idea di costruire una chiesa nel luogo stesso del miracolo. La difficoltà nella costruzione stava nel fatto che il luogo del ritrovamento era scosceso e su un balzo, ma la chiesa venne eretta ugualmente grazie al progetto di un bisacquinese Pietro Scalora che prima creò un bastione, costruì parecchi vani da muri di grande spessore in modo di ovviare alla conformazione del terreno che scendeva a picco sulla vallata e poi edificò la chiesa che ancora oggi è meta di fedeli. La devozione e la grande fede per la madonna apparsa, ha fatto sì che venisse costruita un'opera imponente in una posizione quasi impossibile.

Per la costruzione del santuario sono state impiegate notevoli risorse economiche raccolte interamente dai fedeli e dagli abitanti del paese. Durante la sua costruzione, la madonna rinnovò i prodigi, compiendo un miracolo che salvò la vita al manovale Giovanni Rosato che era caduto da un’impalcatura di notevole altezza e raccolto privo di vita dai suoi compagni di lavoro. Il manovale fu deposto in un corbello davanti all'immagine della madonna e dopo pochi istanti si risvegliò come fosse stato preso da sonno senza alcuna frattura e pieno di vita.
L’effige della madonna, prima incastonata nel masso ed incorniciata da eleganti decorazioni, fu murata all’interno della chiesa nel 1681 per volontà del Canonico Bartolomeo Di Giorgio. L’immagine della madonna sull’altare è stata riprodotta in un secondo tempo da un prete che aveva visto la vera immagine della madonna. Quasi a centro dell’eremo venne costruito costruiscono un campanile, che più tardi fu arricchito da un orologio donato da Rosario Scibetta (per una grazia ricevuta) che oggi segna il tempo e i suoni giornalmente si odono in tutta la valle. La chiesa interamente misura 15 m di lunghezza per 9.30 m di larghezza lo spessore delle mura di 1,30 m; l’antico portone della chiesa è stato rivestito da pannelli di bronzo commissionati da alcuni fedeli e poi realizzati dall’architetto Giuseppe Marino al quale si devono anche i bassorilievi laterali. 

Accanto alla chiesa vi è la sacrestia che attraverso una scala comunica con un’ala della costruzione (Eremo), che all’interno è provvista di un lunghissimo corridoio da dove si accede alle sette stanze ed è attiguo ad un grande terrazzo con una vista panoramica mozzafiato, visto che cade a strapiombo alle falde della montagna. Il terrazzo è posizionato su un arco sopra il portone d’entrata che è realizzato in ferro battuto di buona fattura è costruito recentemente da un artigiano Bisacquinese, con metodi antichi (senza saldatura). All’interno c’è un grande spiazzo e nel mezzo di questo un pozzo d’acqua munito di una carrucola e una catena con un secchio di rame, che serve a dissetare i tanti pellegrini che arrivano al santuario. Oggi con l’avvenuta ristrutturazione dello spiazzo, la ringhiera è stata realizzata con pilastri costruiti in pietra a facce vista con in mezzo una richieda posizionata che dà la possibilità di godere di un panorama suggestivo e bello di tutta la valle del Belice, incontrando alla vista tutti quei paesi posizionati in quell’area. Accanto alla chiesa si trova un piccolo locale adibito alla vendita d’immagini sacre, coroncine e oggetti con l’immagine della madonna del balzo. Il locale attiguo alla chiesa era utilizzato dagli eremiti (monaci) che avevano oltre l’obbligo di custodia i locali della chiesa, anche il compito della questua (raccolta) nelle campagne. Il primo padre che abitò all’interno dell’eremo fu quel Vincenzo Adorno che aveva scoperto l’immagine da giovane, l’ultimo è stato frate Antonio Ferlisi, conosciuto come fra ‘Ntoni.


La festa principale del paese è dedicata alla Madonna del Balzo protettrice del Paese, in suo onore viene svolta la quindicina. Per i primi quindici giorni d’agosto i fedeli e in particolare i giovani del paese, la mattina alle prime ore del giorno (all’alba) salgono per la via Crucis, chi con le scarpe e chi a piedi nudi, questo dipende dal tipo di devozione che si ha e del tipo di richiesta fatta alla Madonna del Balzo per grazia ricevuta o per grazia da ricevere, per mezzo delle preghiere che vengono recitate durante la strada e completate dentro la chiesa al cospetto diretto della Madonna.

Link di approfondimento

lunedì 24 maggio 2021

Noci (BA) - Madonna della Scala


Il Monastero

L’abbazia Madonna della Scala, si trova in territorio di Noci (Bari) e diocesi di Conversano – Monopoli. È situata nella zona delle Murge a 400 msl, a circa uguale distanza da Bari, Taranto e Matera. Il monastero fu iniziato l’8 agosto 1930 su progetto dell’architetto Ugo Zanchetta e poi proseguito dall’ingegnere p. Agostino Lanzani, monaco benedettino. L’edificio si presenta come una costruzione massiccia in pietra collocata sulla cima della collina omonima, isolata in mezzo alla campagna circostante. All’interno un ampio chiostro immette al refettorio, alla chiesa, al corridoio (lati Sud Est) delle celle, alla foresteria sul lato nord del chiostro. La chiesa, costruita in stile romanico pugliese, fu benedetta dall’ab. Emmanuele Caronti (1954), poi consacrata dall’arcivescovo M. Magrassi nel XV centenario di S. Benedetto (1980). L’edificio si innesta a una preesistente chiesetta romanica del sec XIII residuo di una grangia cassinese. La collina, apparsa arida ai fondatori, adesso si presenta ricoperta di olivi e conifere. Davanti al monastero si trova l’elegante villa Lenti con un ampio giardino, che ora funge da foresteria esterna per gruppi e famiglie.



La Storia
La storia dell’abbazia inizia nella festa di S. Benedetto dell’11 luglio 1930, quando il fondatore, l’abate Emmanuele Caronti del monastero di S. Giovanni Ev. d Parma, accompagna i primi monaci nella villa di Donna Laura Lenti Bacile, generosa benefattrice che donò terreni e denaro per la costruzione del monastero. 

Mentre il cenobio si costruiva, i monaci dimoravano in paese a Noci nella canonica dell’arciprete Vito Intini, per trasferirsi poi definitivamente nel nuovo monastero il 18 luglio 1932. Il monastero fu inaugurato il 5 agosto 1932 dall’abate Caronti. Fino al 1962 la comunità sostenne vari disagi per povertà economica, mancanza di acqua potabile e di elettricità, e inoltre requisizioni di locali durante la guerra. Le vocazioni comunque non mancarono e nel 1941 divenne priorato eleggendo il primo priore nella figura del p. Ceci. La comunità nel 1954 , divenuta abbazia , eleggerà sempre il p. Ceci come suo primo abate. A lui sono poi succeduti gli abati Zaramella, Magrassi (divenuto nel 1972 arcivescovo di Bari), Baroffio, Bianchi , Ogliari e l’attuale Gustino Pege.

Le Attività
Oltre al tempo dedicato all’Opus Dei e alla lectio Divina, i monaci della Madonna della Scala sono impegnati anche in alcune attività materiali a culturali. In monastero opera un laboratorio di restauro del libro, viene curata una grande biblioteca e un archivio (storico e musicale) consultabili anche da studiosi esterni. Alla Madonna della Scala si pubblica la rivista La Scala e opera una casa editrice omonima che ha pubblicato numerosi libri, con la collana editoriale Scintile e due collane dell’archivio (Quaderni di archivio e Multimedia dell’Archivio).I monaci si dedicano poi a lavori agricoli (in particolare la coltivazione e la raccolta di mandorle e olive, tipici della zona). Viene curata l’ospitalità a singole persone o a gruppi con finalità spirituali nella foresteria interna al monastero e in quella esterna in Villa Lenti. Vengono organizzati ritiri, esercizi e corsi vari.
(Notizie tratte dal sito https://www.benedettinisublacensicassinesi.org/project/abbazia-madonna-della-scala-noci/)