giovedì 23 febbraio 2017

Latiano (BR) - Maria SS. di Cotrino


STORIA DELL'AFFRESCO MARIANO
La bellissima e antica effigie della Madonna di Cotrino

La realtà storica del Santuario di Cotrino si fonda sulla presenza di una meravigliosa effigie della Vergine Maria. Si tratta di una stupenda icona di epoca bizantina che, dopo vari rimaneggiamenti e soprattutto dopo il restauro ultimato nel settembre del 1965, mostra ai devoti e ai tanti pellegrini il volto tenero di una Madre con in braccio il suo Bambino (Madre della tenerezza o glicofilusa), in un atteggiamento mirabilmente affettuoso, espresso dal contatto delle guance. Gli occhi a mandorla della Vergine sono rivolti verso il pellegrino, riflettendo uno sguardo amoroso e profondamente materno, quasi a voler indicare la possibilità anche per lui di essere partecipe di tanta intimità e amorevolezza. Il capo della Vergine e del Bambino sono ornati della sacra aureola. Il Bambino ha lo sguardo rivolto verso la Madre, ma con la sua mano destra, in un atteggiamento benedicente, esorta il devoto a lasciarsi afferrare dalla stupenda atmosfera orante e amorosa, creata dai due protagonisti. Probabilmente, le attuali linee di contorno, vistosamente artefatte, e le campiture di colore, impoverite o distrutte, conservano solo una vaga memoria della originaria stesura, dei cui ripetuti rifacimenti hanno risentito in particolare i tratti somatici dell’icona. Ad uno sguardo d’insieme, tuttavia, è possibile ancora oggi rendersi conto della maestosità artistica e del grande valore dell’immagine mariana di Cotrino. Anche se essa non è isolata nel suo genere, ricollegandosi, per i suoi tratti e caratteristiche, alle tantissime Madonne di stile bizantino, presenti in terra d’Otranto ad opera dei monaci basiliani, quella di Cotrino è, tuttavia, un’immagine insigne e peculiare, a motivo della sua storia e della sua grande devozione da parte del popolo di Latiano e delle popolazioni limitrofe. 

I ritocchi e i vari rimaneggiamenti, subiti dall’effigie lungo i secoli, sono testimoniati dall’immagine su tela, conservata nel coro del monastero e realizzata dal pittore Salvatore Murra (1909-1972), su cui si legge la seguente iscrizione: Effigie Madonna di Cotrino ritratta dall'affresco prima dello stacco e del restauro operati nel 1965. E, infatti, le pratiche per il restauro del prezioso affresco furono avviate nel 1961 dall'allora priore padre Alacrino Velocci e proseguite dal successore, il padre Filippo Agostino, sotto la direzione del sorprintendente di Bari, il dott. Francesco Schettini. Nel 1965 la soprintendenza di Bari inviò un tecnico per operare lo stacco dell'immagine dall'abside e portarla a Bari per gli opportuni interventi. Dopo vari mesi di pazienti lavori, e precisamente nel settembre 1965, l'immagine originale della Vergine, applicata su tela e liberata dalle sovrastrutture posteriori, riappare in tutto il suo primitivo splendore, e viene, quindi, ricollocata nel suo posto originario. Però, in seguito, si preferì sostituire l'originale con una copia perfetta, realizzata dal padre Agostino Caputi, che ancora oggi è collocata sulla parete centrale del presbiterio dell'antico santuario. In seguito alla costruzione del nuovo Santuario, nell'anno 1992, l'affresco originale restaurato e incorniciato in una preziosa cornice bronzea, realizzata dall'artista Carmelo Conte, venne posizionato sulla parete centrale del presbiterio. Le dimensioni del tutto sproporzionate rispetto alla parete e all'intera struttura della nuova chiesa, nonché l'architettura del tutto moderna, rendevano necessaria la realizzazione di un'immagine armoniosa con l'insieme architettonico. E fu così che nel 2006, invece dell'affresco, prendeva posto nel Santuario l'artistico mosaico, raffigurante la Vergine di Cotrino, realizzato dall'artista Alessia Cataldo della ditta Domus Dei di Roma (tratto dal sito http://www.santuariodicotrino.it/).

Visita il santuario


lunedì 20 febbraio 2017

Taranto (TA) - Il terremoto del 20 febbraio 1743


Era il 20 febbraio 1743, esattamente duecento- settantaquattro anni fa. Erano le 16,30 del pomeriggio, sereno, calmo. Ad un tratto… le case iniziano a muoversi, un sinistro boato echeggia per i vicoli… 
‘U tramòte!!!” Il terremoto! 
Tre forti scosse di magnitudo compresa tra sesto e settimo grado della scala Richter, con epicentro nel Canale d’Otranto, provocarono morte e distruzione in Grecia e nel Salento.

E si: non ci siamo fatti mancare proprio nulla, anche un terremoto di tremende proporzioni!

Passato alla storia come il “Terremoto di Nardò”, il sisma si fece sentire anche dalle nostre parti, e in maniera piuttosto forte. Nel volume di Mario Baratta, “I terremoti in Italia”, egli dice che “il terremoto d’Oriente del 1743 fu rovinoso o quasi in terra d’Otranto…Nardò più degli altri paesi della penisola salentina risentì rovine”. Infatti la comunità neretina fu la più martoriata dalla furia del movimento tellurico, dove l’intensità raggiunse il nono grado della scala Mercalli. Il numero esatto delle vittime resta un mistero: secondo il notaio De Carlo si ebbero 228 morti e 400 infortunati gravi, il Liber mortuorum della chiesa cattedrale neretina parla invece di 112 vittime (occorre tener conto però che non fu possibile estrarre dalle macerie tutte le vittime e che nei registri della mortalità non venivano considerati i bambini di età inferiore a 2 anni). Ingenti danni si verificarono a Sava (al Santuario della Madonna di Pasano), a Maruggio (alla Chiesa Madre, con il rosone completamente distrutto), a Lizzano (in buona parte del centro storico e al Castello marchesale, che subì una forte inclinazione), a Carosino (alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie); a Manduria vi fu una sola vittima, come riporta il sacerdote Leonardo Trentini nella sua opera «Manduria Sacra».

A seguito del movimento tellurico, si generò anche uno tsunami nel Mediterraneo. In particolare nel porto di Brindisi le acque si ritirarono improvvisamente, ma non si conosce con precisioni gli effetti dannosi prodotti dal maremoto: la mancanza di documentazioni storiche è dovuta probabilmente al fatto che l’area costiera interessata direttamente dal fenomeno, quella compresa tra Brindisi e Santa Maria di Leuca, all’epoca era quasi disabitata per via delle numerose paludi.


Si ritenne che il numero di vittime fu comunque basso a fronte dell’intensità del sisma, tanto che in quasi ogni comunità si volle credere alla protezione dei propri Santi Protettori. Si rafforzò da qui, quindi, quello stretto legame folkloristico e religioso tra molte popolazioni salentine e la devozione ai Santi Patroni: a Nardò, ad esempio, nacque la ricorrenza del 20 febbraio in devozione a San Gregorio Armeno che si celebra ogni anno. Secondo la credenza popolare, si attribuisce al Santo il miracolo di aver salvato gran parte della cittadinanza. La leggenda narra che la statua di San Gregorio Armeno, posta sulla sommità del sedile cittadino di Piazza Salandra, abbia ruotato verso la direzione dell’epicentro, per sedare appunto il catastrofico sisma; a Manduria all’indomani del terremoto, dalla Confraternita di S. Leonardo e S. Sebastiano, fu commissionata la statua della Madonna Immacolata, detta Madonna del Terremoto, tuttora presente nella Chiesa di S. Leonardo. La popolazione di Manduria, per lo scampato pericolo, fece erigere, inoltre, nei pressi del Largo Osanna (ora giardino pubblico), una colonna con la statua in pietra dell’Immacolata. Sulla porta pubblica detta “Porticella”, dove oggi sorge l’attuale orologio, fu dipinto un affresco raffigurante il distrutto campanile della chiesa matrice e, tra le macerie, la mano protettrice della Vergine Immacolata.


E anche Taranto subì qualche danno, non tanti: qualche piccolo crollo, ma molta paura. A metà del XVIII secolo Taranto contava 11.526 abitanti: non si registrano nè vittime nè feriti.

I danni più ingenti li subì solo la chiesa e il convento di San Francesco di Paola, allora situato fuori le mura. In una perizia redatta il 26 agosto 1743 da Lorenzo Agliarolo da Grottaglie, “magister murator”, conservata nell'Archivio Arcivescovile, per la riparazione della chiesa e del convento, si legge che “per la rovina accagionata dall’orribil terremoto sortito nel mese di febraio del corrente anno 1743, il Convento, e chiesa dei PP. Minimi di questa città ritrovansi nella maggior parte nell'evidente pericolo di rovinare, e precisamente la detta chiesa trovasi notabilmente lesa, anziché rovinata nella lamia grande di mezzo, nella lamia laterale e nel muro laterale dalla parte della via pubblica.”

Poiché Taranto aveva subito pochissimi danni, mentre i dintorni contavano morti e feriti, tutti attribuirono all'intercessione dell’Immacolata la protezione della città; il Sindaco dell’epoca, Scipione Marrese, decise di onorare la Madonna con un triduo di preghiere da tenersi ogni anno nel mese di febbraio in Cattedrale.

Ma l’Immacolata fu venerata come Patrona minore della città, mettendola quasi in secondo piano dopo il Patrono principale S. Cataldo. Bisogna aspettare il 1943 perché l’Immacolata diventasse “Patrona Principale di Taranto insieme e come S. Cataldo”. Fu l’Arcivescovo Mons. Bernardi, che propose alla Sacra Congregazione dei Riti l’Elezione della Vergine a Patrona Principale di Taranto con S. Cataldo. La proposta fu approvata il 12 febbraio 1943 e il 20 dello stesso mese fu murata una lapide nella chiesa di S. Michele che ricorda l’evento.

Ma perché nella chiesa di S. Michele si custodisce il venerato simulacro dell’Immacolata?

Dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, al 1578, quando per la prima volta a Taranto viene eretta una confraternita con il titolo dell’Immacolata Concezione in una cappella della chiesa di S. Francesco d’Assisi, come ci fa sapere Ambrogio Merodio nella sua “Istoria Tarantina”: “Vi è ancora una devotissima compagnia sotto l’invocazione dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima Vergine, li fratelli della quale sono tutti persone nobili e civili, che hanno pensiero di questuare per la città per sovvenimento delli poveri carcerati, come anco di assistere alli condannati a morte”. Un secolo dopo l’erezione della confraternita, fu commissionata a Napoli la bella statua che giunse a Taranto nel febbraio del 1679, come recita il Merodio: “li sopraddetti fratelli fecero venire da Napoli una devotissima statua di detta purissima Madre di Dio, che fu ricevuta in Taranto come dono del cielo con generale processione nel mese di settembre del 1679”. 

La statua, di legno, ha il volto di una giovane, con lo sguardo leggermente rivolto verso l’alto e col piede che schiaccia il dragone; le mani non congiunte sul petto, ma protese verso destra. È una caratteristica questa che ha visto numerose interpretazioni: la più famosa vuole che la Madonna spostò le mani verso destra per allontanare il terremoto del 1743 dalla città che era sotto la sua protezione. Una bella leggenda !
Col passare degli anni la devozione verso l’Immacolata aumentò e si rese necessario una sede più ampia. Nella seconda metà del ‘700 la Confraternita si trasferì nella vicina chiesa di S. Michele, mentre il simulacro della Vergine fu affidato alle monache claustrali dette Cappuccinelle, che abitavano l’attiguo convento della chiesa di S. Michele; il convento di S. Francesco d’Assisi, intanto, fu incorporato dal demanio dello stato, mentre la statua della madonna restò nel monastero delle Cappuccinelle fino alla sua chiusura, avvenuta nel 1861 o nel 1864. Dopo ciò fu sistemata sull’altare maggiore della chiesetta di S. Michele, dove si trova ancor’oggi.
E ancora oggi la cittadinanza tutta, nel mese di febbraio, onora l’Immacolata con un triduo di preghiere per ringraziarla della protezione che ha avuto e che ancora ha per la nostra Taranto. E non dimentichiamolo mai!!! (articolo di Benedetto Maria Mainini pubblicato su http://confraternitadelcarmine.blogspot.it/).


domenica 19 febbraio 2017

Tortona (AL) - Nostra Signora della Guardia

Il Santuario della Madonna della Guardia

 
Il Santuario sorge sugli antichi resti della chiesa dedicata alla Beata Vergine delle Grazie, risalente al XI secolo, tenuta dai padri Benedettini prima e dai Francescani poi. Nel 1418 San Bernardino da Siena venne qui a predicare e la chiesa da lui prese il nome di “La Madonna di San Bernardino” , ma intorno al XVI secolo iniziò un periodo di degrado, i fedeli tortonesi, però, continuarono ad andare in pellegrinaggio al santuario chiedendo favori alla Madonna, che spesso li accontentava; per cui, in ringraziamento dei favori ricevuti nel 1585 fu costruito un pilone a quattro facciate, sul luogo della chiesa originaria. Nel 1607 a seguito delle insistenti richieste della popolazione il vescovo Monsignor Gambara fece costruire un santuario più grande attorno al recente pilone e a breve per meglio accogliere i pellegrini,fece costruire un ponte sul torrente Ossona, che separa il rione San Bernardino dalla città. In breve tempo si susseguirono diversi lavori di abbellimento e ampliamento: si dipinse la chiesa, si innalzò la cupola, si costruì il portico e la piazza circondata da colonne di pietra.
Nel 1802 i padri agostiniani, succeduti ai francescani nel 1662, furono cacciati da Napoleone che adibì il santuario a casa privata. Già danneggiato il santuario rischiava di andare in rovina, solo una piccola parte veniva ancora utilizzata come chiesa per adorare la Madonna.

Nel 1893 don Orione vi aprì un colleggetto per i suoi ragazzi e già pensava di realizzarvi il santuario che conosciamo. Il santuario attuale infatti deve la sua costruzione alla volontà di don Luigi Orione, che, nato in un sobborgo vicino Tortona nel 1872, durante la Grande Guerra fece un voto alla Madonna, promettendole la costruzione di un Santuario, se avesse fatto tornare salvi i soldati della città; il voto venne pronunciato il 29 agosto del 1918 e il 4 novembre si proclamò la fine della guerra. Nell'aprile 1928 iniziarono i lavori di costruzione del Santuario che terminarono nel 1931, ma ancora la statua di bronzo non poteva essere ultimata a causa della mancanza di fondi. Don Orione, non si arrese, andò casa per casa a chiedere mestoli, pentole e tutto ciò che di rame possedesse la popolazione tortonese. Gli oggetti raccolti furono fusi e parteciparono alla costruzione della Madonna chiamata infatti anche Madonna delle pentole rotte. Don Orione però, non vide mai il compimento della statua, poiché venne completata solo nel 1959, quasi 20 anni dopo la morte del santo.

Alla benedizione della statua momentaneamente adagiata sul sagrato (28 agosto 1958) era presente il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, che di lì a pochi mesi divenne papa Giovanni XXIII. Quando l’anno dopo, il giorno del 1° anniversario, la statua venne sistemata sulla cima della torre, il papa volle di nuovo essere presente e in questa occasione pronunciò un radiomessaggio a tutti i fedeli. La statua fin da lontano si presenta in tutta la sua grandiosità: alta 14 metri, poggia su una torre di 60 metri di altezza costruita dietro il santuario; vi è raffigurata Maria con in braccio Gesù Bambino, con un braccio sollevato quasi a proteggere idealmente tutta Tortona. Opera dello scultore Narcisio Cassino, pesa 120 quintali ed è il simbolo della città, nonché la più grande costruzione in bronzo fuso presente al mondo. La torre è visitabile e permette al visitatore di godere di un bellissimo panorama della città e delle montagne intorno. Una piccola piazzetta e una lunga scalinata portano alla porta principale, dove si giunge all'ingresso del santuario; al suo interno una grande volta, poggia su colonne marmoree, guidando il visitatore verso un’altra statua dedicata alla Madonna, custodita da un tempietto dietro l’altare principale, che si raggiunge con le grandi scale simmetriche. 


A sinistra un imponente organo per le messi solenni e a destra l’ingresso della cripta, spaziosa chiesa dedicata alla Vergine Addolorata, in cui oltre ai resti di insigni servi di Dio, veniva custodita la tomba di don Orione, fino al 1965, quando venne riesumato il corpo avvenuta; da quel momento la tomba si trova sul lato destro del santuario. Sono custodite nella cripta numerose statue di santi, come quelle rappresentanti San Giuseppe, San Luigi Gonzaga, Santa Rita, Santa Teresina di Gesù Bambino, San Pio da Pietrelcina, ai quali era molto devoto Don Orione, proclamato santo nel 2004 da Papa Giovanni Paolo II. Di grande interesse il bronzo, opera di Arrigo Minerbi, che raffigura il santo in punto di morte che benedice i suoi discepoli, i quadri ad olio che rappresentano episodi della vita di don Orione e cimeli appartenenti al santo e ad altri personaggi. Il Santuario è stato consacrato dal vescovo di Tortona il 24 agosto 1991, che lo ha dedicato a Dio in onore della Madonna, venerata come “Madonna della Guardia” e il 1° ottobre 1991, Papa Giovanni Paolo II, insignì il Santuario del titolo di Basilica Minore (Articolo tratto dal sito http://www.viaggispirituali.it/ che ringraziamo).

Visita il sito ufficiale

Il 29 agosto, giorno del voto di don Orione alla Madonna, si celebra ogni anno, la festa del Santuario.

sabato 11 febbraio 2017

Notre Dame de Lourdes


Beata Vergine Maria di Lourdes
11 febbraio - Memoria Facoltativa

apparizioni 1858

Clicca per vedere il post su Lourdes del 2016

Questa memoria si collega alla vita e all'esperienza mistica di Maria Bernarda Soubirous (santa Bernadetta), conversa delle suore di Nevers, favorita dalle apparizioni della Vergine Maria (11 febbraio – 16 luglio 1858) alla grotta di Massabielle. Da allora Lourdes è diventata mèta di intenso pellegrinaggio. Il messaggio di Lourdes consiste nel richiamo alla conversione, alla preghiera, alla carità. (Mess. Rom.)



 


Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico

Martirologio Romano: Beata Maria Vergine di Lourdes, che, a quattro anni dalla proclamazione dell’Immacolata Concezione della beata Vergine, l’umile fanciulla santa Maria Bernardetta Soubirous più volte aveva visto nella grotta di Massabielle tra i monti Pirenei sulla riva del Gave presso la cittadina di Lourdes, dove innumerevoli folle di fedeli accorrono con devozione. 


Lourdes ricorda le apparizioni mariane più famose della storia. 

Esse avvennero nel 1858 ed ebbero come protagonista una ragazza di quattordici anni di nome Bernadette Soubirous. La Vergine le apparve per ben diciotto volte in una grotta, lungo il fiume Gave. Le parlò nel dialetto locale, le indicò il punto in cui scavare con le mani per trovare quella che si rivelerà una sorgente d’acqua, al contatto con la quale sarebbero scaturiti molti miracoli.

Un momento importante fu quando, in un’apparizione avvenuta il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, alla ripetuta richiesta di Bernadette, la Vergine disse di essere l’Immacolata Concezione, venendo così a confermare il dogma del concepimento immacolato di Maria promulgato da papa Pio IX l’8 dicembre 1854 (quattro anni prima).
Ma chi era Bernadette Soubirous? Una ragazza gentile, delicata, cagionevole di salute, cresciuta in una famiglia poverissima, la quale, al tempo delle apparizioni, abitava in un luogo molto umido e malsano. Talmente malsano che, essendo stato già una prigione, si era pensato di abbandonarlo perché troppo inospitale perfino per i detenuti.
Ciò che avvenne a Lourdes lo conosciamo dalle dettagliate deposizioni che Bernadette dovette fare dinanzi alla Commissione Diocesana incaricata di esaminare i fatti.
Tutto ebbe inizio giovedì 11 febbraio 1858, quando Bernadette si recò a raccogliere legna secca nel greto del fiume Gave, insieme ad una sorella e ad una loro amica. Il gruppetto, costeggiando la riva del fiume, giunse dinanzi ad una grotta, ma li separava da essa un piccolo canale. Le compagne di Bernadette lo attraversarono senza esitazione; ella invece non poté mettere i piedi nell’acqua gelata a causa della sua gracilissima salute. Ad un tratto la sua attenzione fu richiamata da un rumore simile a un colpo di vento. Istintivamente si giro versò gli alberi pensando che il rumore fosse venuto da quella parte e invece notò che gli alberi erano completamente immobili. Seguì un secondo rumore, capì che proveniva dal cespuglio che si trovava nella grotta. Fu allora che la ragazza vide una figura bianchissima che aveva l’aspetto di una signora. Questa le fece cenno di avvicinarsi, ma la fanciulla non ebbe il coraggio di farlo. Sorpresa e turbata, non sapeva cosa fare. Bernadette si stropicciò ripetutamente gli occhi pensando che si trattasse di un’allucinazione, ma la Signora era sempre lì, dinanzi alla sua vista. Un’ispirazione le fece tirare dal tascone la sua corona di Rosario e iniziò a recitarlo…e la Signora si unì alla preghiera. Al termine del Rosario l’apparizione scomparve.

Le compagne non avevano visto nulla, né tantomeno sospettarono di qualcosa. Bernadette chiese loro se avessero visto; ovviamente la risposta fu negativa. Sulla strada del ritorno, Bernadette accennò qualcosa alla sorella. Lo stesso fece alla sera con la madre, la quale, però, cercò di convincere la fanciulla ch’era stata solo vittima di un’allucinazione e le ordinò di non tornare più alla grotta. Intanto la sorella non tenne il segreto e riferì alle sue compagne: in breve tempo molte persone vennero a conoscenza di quello che Bernadette aveva visto. Infatti, domenica 14 febbraio, diverse ragazze della sua stessa età chiesero a Bernadette di tornare alla grotta insieme a lei. Ella si rifiutò per non disobbedire alla mamma; ma le ragazze parlarono con la donna e ne ottennero il permesso. Intanto in Bernadette cresceva la paura: e se si trattava di spiriti malefici? Corse subito in chiesa per procurarsi dell’acqua benedetta. Giunse poi alla grotta e avvenne una nuova apparizione. Per tre volte asperse la grotta con l’acqua benedetta: la Signora non si mosse e sorrise. La ragazza allora estrasse la corona e iniziò a recitare il Rosario.
Il 18 febbraio l’apparizione chiese a Bernadette di tornare alla grotta per quindici giorni consecutivi, le raccomandò di andare a dire ai sacerdoti di costruire una chiesa sul luogo delle apparizioni. La ragazza fu fedele all’appuntamento.
Il 24 e 25 febbraio la Signora invitò Bernadette a mangiare dell’erba, a fare dei gesti di penitenza e le ordinò di scavare con le mani sul lato sinistro della grotta. La fanciulla trovò dell’acqua, la Signora le disse di bere ed ella obbedì: portò l’acqua torbida alla bocca, si lavò e poi la bevve.
Il 25 marzo la Signora disse finalmente il suo nome. L’apparizione restò immobile, mostrandosi nell’atteggiamento della Vergine raffigurata nella famosa medaglia miracolosa rivelata a santa Caterina Labourè. La Signora sollevò le mani, le congiunse all’altezza del petto, levò gli occhi al cielo e disse: «Io sono l’Immacolata Concezione».
La Madonna promise a Bernadette la felicità, ma non in questo mondo. A Nevers la veggente visse da religiosa il messaggio di penitenza e di preghiera che aveva ricevuto alla grotta. Morì santamente il 16 aprile 1878, all’età di trentatré anni; età significativa visto le enormi sofferenze che contrassegnarono la sua vita. Fu beatificata nel 1925 e canonizzata nel 1933.
Le apparizioni di Lourdes vennero ufficialmente riconosciute dal vescovo di Tarbes il 18 febbraio del 1862. Ben presto fu eretta una grande chiesa così come la Vergine aveva richiesto.
Lourdes divenne subito il più celebre dei luoghi mariani. Un ufficio speciale (le Bureau médical) fu incaricato di vagliare scientificamente le guarigioni che iniziarono a verificarsi immediatamente. Di miracoli finora ne sono stati riconosciuti una settantina, ma di fatto sono molti di più. Ancora più numerose sono le conversioni. 


La risposta a qualsiasi utopia
Pio IX nella Bolla Ineffabilis Deus con cui promulgò il dogma dell’Immacolata Concezione dice chiaramente che la Vergine con i suoi privilegi è l’antidoto a tutti gli errori e a tutte le eresie. Così scrive: «La nostra bocca è piena di gioia e le Nostre labbra di esultanza, e rendiamo e renderemo sempre i più umili e i più vivi ringraziamenti a nostro Signore Gesù Cristo, per averci concesso la grazia singolare di potere, sebbene immeritevoli, offrire e decretare questo onore, questa gloria e questa lode alla sua santissima Madre. E poi riaffermiamo la Nostra più fiduciosa speranza nella beatissima Vergine, che, tutta bella e immacolata, ha schiacciato il capo velenoso del crudelissimo serpente, e ha portato la salvezza al mondo; in colei che è gloria dei profeti e degli apostoli, onore dei martiri, letizia e corona di tutti i santi; sicurissimo rifugio e fedelissimo aiuto di tutti coloro che sono in pericolo; potentissima mediatrice e riconciliatrice di tutto il mondo presso il suo Figlio unigenito; fulgidissima bellezza e ornamento della Chiesa e della sua saldissima difesa. Riaffermiamo la Nostra speranza in colei che ha sempre distrutto tutte le eresie, ha salvato i popoli fedeli da gravissimi mali di ogni genere, e ha liberato Noi stessi da tanti pericoli, che ci sovrastano. Noi confidiamo che ella voglia, con la sua validissima protezione, fare sì che la nostra santa madre, la Chiesa cattolica, superate tutte le difficoltà e sconfitti tutti gli errori, prosperi e fiorisca ogni giorno più presso tutti i popoli e in tutti i luoghi, dal mare al mare, e dal fiume sino ai confini della terra, e abbia pace, tranquillità e libertà completa (…)».  
Dunque, la Vergine è colei che distrugge tutte le eresie, perché è colei che ci ha donato il Salvatore permettendo la Redenzione della più grande catastrofe di tutti i tempi: il peccato originale. Ritorniamo a Lourdes. La Provvidenza non sceglie a caso i luoghi delle apparizioni. In quei tempi la Francia era la patria del positivismo filosofico. Tale corrente affermava che solo la conoscenza sensibile potesse permettere la conoscenza della verità, se mai la verità potesse essere davvero conosciuta. Dunque un materialismo ed un sensismo radicali, che ebbero ripercussioni anche sulla concezione dell'uomo e della sua libertà. Il positivismo, infatti, portò a ritenere che l'uomo fosse totalmente determinato dalla società: una società buona renderebbe l'uomo buono, una società cattiva renderebbe l'uomo cattivo. Invece a Lourdes la Vergine, confermando il dogma dell'Immacolata Concezione, venne a ricordare al mondo la verità del peccato originale, ovvero la verità della libertà e della responsabilità umane. Quale società può essere migliore del paradiso terrestre? Eppure l'uomo, anche nel paradiso terrestre, è stato capace di peccare. Questo perché l’uomo è libero. Certamente la società può influenzarlo ma non determinarlo. Dunque, prima di agire sulle società, bisogna agire sul cuore dell’uomo, per una continua conversione dell'uomo stesso.
Pio IX, spiegando ai cardinali il valore dell’Immacolata Concezione il giorno dopo la promulgazione del dogma, così disse: «La grandezza di questo privilegio varrà moltissimo anche a confutare coloro, i quali negano che la natura umana si sia corrotta per la prima colpa ed amplificano le forze della ragione al fine di negare o di sminuire il beneficio della rivelazione. Faccia, infine, la Vergine Beatissima, la quale sconfisse e distrusse tutte le eresie, che si svella dalle radici e si distrugga anche codesto perniciosissimo errore del razionalismo, il quale, in questi tempi infelicissimi, tanto affligge e tormenta non solo la civile società, ma anche la Chiesa» (Singulari quadam, Allocuzione al Concistoro del 9 dicembre 1854). Il celebre pensatore spagnolo Donoso Cortes afferma che dalla negazione del peccato originale nascono tutti gli errori, perché dalla negazione del peccato originale nascono tutte le utopie. Così scrive in una sua lettera: «La negazione del peccato originale è uno dei dogmi fondamentali della Rivoluzione. Supporre che l'uomo non sia caduto nel peccato originale significa negare, e si nega, il mistero della Redenzione e della Incarnazione, il dogma della personalità esteriore del Verbo e il Verbo stesso. Supporre l'integrità naturale della volontà umana, da una parte, e non riconoscere, dall'altra, l'esistenza di altro male e di altro peccato che il male ed il peccato filosofico, significa negare, e si nega, l'azione santificante di Dio sull'uomo e con essa il dogma della personalità dello Spirito Santo. Da tutte queste negazioni deriva la negazione del dogma sovrano della Santissima Trinità, pietra angolare della nostra fede e fondamento di tutti i dogmi cattolici». La negazione del peccato originale vuol dire la possibilità che l’uomo sia per natura buono e che ciò che lo contamini siano solo le strutture sociali, per cui sarebbe possibile, qualora si creasse una sorta di “società perfetta”, il trionfo totale del bene e della completa bontà dell’uomo stesso. Insomma: l’essenza di ogni utopia, ma anche la convinzione, tipicamente moderna, secondo cui l’uomo possa, con il suo agire (in questo caso con il suo agire politico e sociale), essere “salvatore” di se stesso. 
La Vergine a Lourdes indica invece due prospettive: 1) Quella del Cielo come unico fine dell’uomo. 2) Quella dell’eliminazione del peccato come principale scopo dell’agire umano. Quella del Cielo come unico fine dell’uomo. A Bernadette l’Immacolata disse: «Non ti prometto la felicità quaggiù, ma in Paradiso». Il che significava ricordare all’uomo che la legittima speranza di migliorare la vita terrena non poteva essere sostituita con la pretesa di eliminare totalmente il male da questa stessa vita. Sappiamo che il positivismo filosofico alimentò l’utopia di un possibile mondo senza malattia e senza morte, utopia che poi naufragò tragicamente soprattutto a causa della catastrofe della Grande Guerra. Quella dell’eliminazione del peccato come principale compito dell’agire umano. L’uomo può diventare buono principalmente con la conversione; le strutture sociali e il progresso medico scientifico hanno senz'altro un valore importante ma certamente relativo: ciò che conta è la santità. Ed ecco perché Lourdes è diventata anche la vera oasi della sofferenza fisica, che, nella tenerezza della Vergine Immacolata, può trovare straordinariamente la guarigione (i miracoli), ma ordinariamente trova di certo la forza per andare avanti e la luce per capire la relatività della vita terrena in comparazione alla pienezza della vita del Paradiso (di Corrado Gnerre).