lunedì 29 giugno 2015

Castellammare di Stabia (NA) - Santa Maria di Pozzano



La Madonna di Pozzano è l'appellativo con cui si venera, nell'omonima basilica santuario a Castellammare di Stabia, il quadro raffigurante la vergine Maria, seduta in trono, nell'atto di allattare il Bambino Gesù, risalente all'XI - XIII secolo; è insieme a San Catello, compatrona della città stabiese.

La tradizione vuole che a seguito dell'iconoclastia, il quadro della Madonna di Pozzano, secondo gli storici una copia della Madonna di Costantinopoli, fosse stato nascosto in un pozzo, sulla collina di Pozzano. Diversi secoli dopo, alcuni contadini che risiedevano nei pressi del pozzo, ormai abbandonato e ricoperto di rovi, videro ardere per diverse sere una fiamma, ma impauriti non osarono avvicinarsi; alcuni giorni dopo, un gruppo di pescatori, intenti a trainare sulla spiaggia le barche a causa dell'arrivo di un temporale, fu protagonista di un'apparizione della Madonna, ricoperta da un velo bianco, che li invitava a cercare il pozzo e a recuperare la sacra immagine aggiungendo poi:



« In quel sito voglio in mio onore edificata una chiesa, e gli stabiesi possono essere sicuri che in essa godranno tutto il favore del mio patrocinio. »

I pescatori, credendo si trattasse di un'allucinazione, non eseguirono l'invito della vergine, la quale si ripresentò la sera successiva: gli uomini, spaventati, corsero dal vescovo, il quale aveva avuto la stessa visione in sogno. Organizzata una processione, in poco tempo, dopo aver rimosso grandi quantità di rovi, fu ritrovato il pozzo ed al suo interno un involucro che conteneva l'effigie della Vergine, miracolosamente ben conservata, nonostante l'umidità del luogo. Tuttavia questa leggenda è stata in parte smentita, soprattutto circa le origini del quadro, che ha una datazione posteriore rispetto alla fine dell'iconoclastia.

L'opera, in stile bizantino-costantinopolitana, così è stata definita nel 1952 da Francesco di Capua, è alta 131 centimetri per 71 di larghezza ed è eseguita su tela di bisso, fatta poi aderire su tavole di legno: la raffigurazione rappresenta la vergine Maria seduta su un trono, poggiato su una nuvola, con in braccio Gesù bambino mentre viene allattato; lo sguardo della vergine, con il capo coronato da dodici stelle è rivolto verso lo spettatore, mentre quello del bambino verso la madre.

I due personaggi sono entrambi vestiti con abiti in rosa-rosso e portano collane e corone ed inoltre la Madonna è coperta da un manto celeste, la cui parte inferiore è decorato con stelle; ai bordi laterali del quadro sono raffigurati in piccole lunette i dodici apostoli. Di fattura anonima, l'opera nel corso degli anni è stata attribuita a San Luca, ad un ignoto pittore greco ed alla scuola toscana; la tela è stata completamente restaurata nel 1995.


giovedì 25 giugno 2015

Caivano (NA) - L'Orante di Campiglione




E’ la Madre di Dio con le mani alzate in atteggiamento di preghiera. 

E’ un’immagine antichissima, il tipo della 

Madonna Orante 


una donna in piedi, con le braccia aperte e la palma delle mani rivolta verso il cielo - già raffigurata nelle primitive catacombe romane - chiaro simbolo dell’anima cristiana che loda e adora. 
La Madonna Orante è rappresentata nell'arte paleocristiana, sia occidentale che orientale; nei mosaici orientali di Costantinopoli, Venezia, Torcello, Ravenna, nell'Italia Meridionale, nel famoso Codice di Rabula (Codex Rabulensis, a. 586, Biblioteca Laurenziana di Firenze), in moltissime basiliche, come nella benedettina capuana di Sant’Angelo in Formis, e nell’iconografia tradizionale della Madonna della Libera, tavole, affreschi e statue rappresentanti il tipo dell’Orante che libera il Popolo.
Questa icona della Vergine Orante era veneratissima a Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, nel quartiere di Blacherne, dove fu costruita una celebre chiesa con lo stesso nome per custodire la reliquia del santo Velo della Vergine, il maphorion, portato da Gerusalemme sotto il regno di Leone I ( 457- 474 ).
(Cfr. Egon Sendler, Le icone bizantine della Madre di Dio, Milano, 1995, p. 104 ss.).

A Costantinopoli, questa Icona mariana non è più unicamente la Vergine che prega, ma è la Vergine che supplica:” Per difendere la nostra causa, ella stende sul mondo le sue mani immacolate”, come dice il patriarca Fozio, descrivendo una Vergine di questo tipo nella Nea, la nuova basilica di Costantinopoli, edificata da Basilio il Macedone (876-886) all’interno del Grande Palazzo”. (Cfr. E. Sendler, Le icone …, p. 104 ).

In Russia, invece, questo tipo di Icona mariana è venerato col nome di “Muro indistruttibile” o Muro incrollabile, è l’onore, la forza della città cristiana (Cfr. Georges Gharib, Le icone mariane, Roma 1988, p. 93).

La Blachernitissa (la Signora-Regina di Blacherne) non è solo l’Orante, ma essa è anche l’icona della festa dell’Ascensione. Con un posto riservato in mezzo agli apostoli, ma con missione distinta dai principi-capi (gli Apostoli) della Chiesa: con il volto rivolto al fedele-spettatore, Ella innalza le mani verso il Figlio-Pantokrator, che sale al cielo avvolto in un aureola-mandorla di luce. Così la Madre, simbolo di salvezza e della Chiesa stessa, diventa mediatrice tra i fedeli e il Figlio suo Gesù” (Cfr. E. Sendler, Le icone …, p. 105). In verità il modello di questa scena cristologica e mariana ha la sua origine in Palestina, la Terra di Gesù.
Nessun altro tipo di icona è stato così spesso rappresentato, perché la Blachernitissa (come affrescata a Campiglione) esprime il potere della Madre di Dio che intercede come una regina presso il Figlio Messia.

La Madonna Orante è la Vergine supplice per difendere la causa del Popolo cristiano, è l’Avvocata del Popolo fedele, Colei che continuamente intercede.

L’affresco-icona di Campiglione è il frutto di una tradizione ecclesiale in cui l’artista volutamente s’inserisce; l’abside mariana di Caivano racconta con la luce e i colori medioevali la fede e la devozione di un popolo fortemente ancorato alla predicazione evangelica che in queste terre atellana ha mosso i primi passi, con i vescovi atellani Canione, Elpidio ed Importuno, primi evangelizzatori delle popolazioni che formano il territorio della diocesi aversana.
Nella scena caivanese della raffigurazione dell’Ascensione con Maria e gli Apostoli, sovrastata dal Pantokrator con i quattro evangelisti, è raffigurata la Chiesa - il nuovo popolo dei credenti che vive nel tempo e nella storia degli uomini, Maria ha i piedi a terra con gli apostoli, ma proiettata verso l’alto.
E’ la Beata Vergine Maria sempre orante, che ci viene incontro, mentre il Figlio Gesù Cristo è in gloria, come Mèta e Giudice Misericordioso.
Il messaggio di Campiglione è quello di tutti i santuari mariani della cristianità, come il messaggio dei santuari della Campania che “nasce dalla fede, si nutre della vita quotidiana, si mostra nell’arte, nella cultura e nelle opere di carità e assistenza, conforta la fragilità dei sofferenti, alimenta la speranza cristiana dei semplici e tende sempre a congiungere cielo e terra per realizzare il mistero cristiano della salvezza degli uomini e delle donne di ogni tempo” (Ugo Dovere, in Santuari della Campania, Napoli 2000, p. 36).

mercoledì 24 giugno 2015

Medjugorje ed il suo miracolo quotidiano

Oggi ricorre il 34° anniversario della prima apparizione a Medjugorie (24 giugno 1981). In questi giorni c'è stata anche una polemica scaturita da alcune parole del Papa che ha detto: "La Madonna non fa la postina a orari prestabiliti" evidentemente riferendosi anche ai veggenti di Medjugorie. Qui, senza voler mancare di rispetto al Santo Padre, raccogliamo una riflessione di uno studioso cattolico.

 Medjugorje, il miracolo che nessuna inchiesta può cambiare
Chiusa l'indagine sulle apparizioni della Madonna. Ma il verdetto non interessa: ecco perché

Novità per Medjugorje. Venerdì scorso ha ufficialmente concluso i suoi lavori la Commissione internazionale di inchiesta, istituita da Benedetto XVI e presieduta dal cardinale Camillo Ruini, sulle apparizioni della Madonna iniziate nel 1981. I risultati dello studio di questa Commissione, che ha interrogato i protagonisti e molti testimoni, sono adesso nelle mani della Congregazione per la dottrina della fede.

Ci sarà un pronunciamento? Forse. Ma cosa c’è da aspettarsi? Dovrebbero essere del tutto improbabili sia una bocciatura che condanni il fenomeno Medjugorje come una truffa da cui guardarsi; sia un riconoscimento ufficiale della soprannaturalità delle apparizioni, che non può essere fatto finché il caso è in svolgimento.

La prima ipotesi è da escludere per una miriade di motivi che sono sintetizzati nel criterio di giudizio fornito da Gesù stesso nel Vangelo: «non c’è albero buono che dia frutti cattivi, né albero cattivo che dia frutti buoni. Ogni albero si riconosce dai suoi frutti» (Lc 6, 43-44).

I frutti di Medjugorje sono straordinari. Questo fenomeno - come ebbe a dire Vittorio Messori - rappresenta «il maggior movimento di masse cattoliche del postconcilio». E soprattutto il maggior movimento di conversione di massa, perché da più di trent’anni lì si verificano miriadi di conversioni: tanti tornano alla fede, ai sacramenti, alla preghiera e alla penitenza, in un mondo che invece ha imboccato velocemente la china opposta, quella dell’anticristianesimo accanito.

A Medjugorje si torna alla fede della Chiesa, perfettamente ortodossa, fedele al Papa e ai vescovi. 

Un fatto molto significativo se si considera che sono dilagate, nel postconcilio, dottrine eretiche, disobbedienza e resa alle ideologie, non solo fra i fedeli, ma anche fra teologi ed ecclesiastici (provocando apostasia, abbandoni di massa del sacerdozio, scismi chiassosi e silenziosi).

Il miracolo delle tantissime conversioni è stato accompagnato anche - come nei Vangeli e in tutte le grandi apparizioni - da segni straordinari, come le tante guarigioni inspiegabili dal punto di vista della medicina, le quali forniscono l’evidenza della presenza della Madonna.

Anche di recente un italiano di 37 anni, Cristian, sposato e con due figli, ammalato di Sla dal 2008, arrivato da Cosenza a Medjugorje il 22 settembre in pellegrinaggio, immobilizzato su una sedia a rotelle, alla collina delle apparizioni ha ricominciato a camminare e ora sta tornano alla vita normale. Sono in corso tutte le verifiche scientifiche e i medici sono sbalorditi perché è noto che dalla Sla non è umanamente possibile guarire.

Un altro segno nel segno, della bontà di Medjugorje, è rappresentato dalla quantità di vocazioni che proprio da lì sono fiorite. Anche in questo caso in controtendenza rispetto a quanto accade dovunque.

Il movimento di evangelizzazione che è nato dalle apparizioni di Medjugorje peraltro si diffonde con tantissimi gruppi di preghiera in tutto il globo e anche con nuovi sistemi missionari che hanno una forte incidenza fra la gente: basti pensare al fenomeno rappresentato in Italia da “Radio Maria”, che è forse il mezzo di evangelizzazione (e di formazione cristiana) più efficace e capillare nel nostro Paese (e “Radio Maria” è ormai arrivata in altri settanta Paesi del mondo).

Non a caso Giovanni Paolo II, che era personalmente un convinto sostenitore di queste apparizioni, arrivò a dire: «Medjugorje è il centro spirituale del mondo».

Il 24 novembre 1993, ricevendo i vescovi dell’Oceano Indiano e poi conversando con loro a cena, il Pontefice - a proposito dei messaggi della Madonna a Medjugorje - disse: «Questi messaggi sono la chiave per comprendere ciò che avviene e ciò che avverrà nel mondo».

Naturalmente papa Wojtyla non volle forzare le tappe. Anche perché la Chiesa non può riconoscere l’autenticità di un fatto soprannaturale mentre è ancora in corso. Le apparizioni infatti continuano ancora e questo è il principale motivo per cui non c’è assolutamente da attendersi che la Chiesa riconosca oggi ufficialmente Medjugorje.

Oltretutto per la dottrina della Chiesa anche apparizioni riconosciute come Lourdes o Fatima sono proposte ai credenti come aiuto alla fede, ma non sono vincolanti. Non è obbligatorio per un cattolico credervi.

La rivelazione cristiana infatti si è conclusa con la morte dell’ultimo apostolo e tutti gli avvenimenti soprannaturali che, nel corso dei secoli, hanno “mostrato” la permanente presenza di Gesù Cristo vivo e operante fra i suoi, nella Chiesa, aiutano la fede, fanno “toccare con mano”, ma non aggiungono nulla alla rivelazione.

Dunque cosa c’è da attendersi dall'eventuale pronunciamento della Congregazione per la dottrina della fede? Probabilmente una posizione attendista, simile a quella che assunsero, con la dichiarazione di Zara del 10 aprile 1991, i vescovi della ex Jugoslavia.

Questa fu la formula che usarono: «Sulla base delle indagini finora condotte, non è possibile affermare che si tratti di apparizioni o di rivelazioni soprannaturali».

Diversamente da ciò che potrebbe sembrare, questa formula («finora non è possibile affermare che si tratti di apparizioni») non era affatto una bocciatura: lo sarebbe stata se invece i vescovi avessero dichiarato: «affermiamo che non si tratta di apparizioni soprannaturali». Se avessero cioè usato la formula «consta della non soprannaturalità delle apparizioni di Medjugorje» (quella che era sostenuta dal vescovo di Mostar).

domenica 21 giugno 2015

Tindari (ME) - Maria Santissima di Tindari


Madonnina bella
benvenuta tra noi

L'origine della devozione alla Madonna Bruna sembra infatti risalire al periodo della persecuzione iconoclasta.
Secondo la tradizione, una nave di ritorno dall'Oriente, tra le altre cose, portava nascosta nella stiva un'Immagine della Madonna perché fosse sottratta alla persecuzione iconoclasta. Mentre la nave solcava le acque del Tirreno, improvvisamente si levò una tempesta e perciò essa fu costretta ad interrompere il viaggio ed a rifugiarsi nella baia del Tindari, oggi Marinello.
Quando si calmò la tempesta, i marinai decisero di riprendere il viaggio: levarono l'ancora, inalberarono le vele, cominciarono a remare, ma non riuscirono a spostare la nave. Tentarono, ritentarono, ma essa restava ferma lì, come se fosse incagliata nel porto.
Essi allora pensarono di alleggerire il carico, ma , solo quando, tra le altre cose, scaricarono la cassa contenente il venerato Simulacro della Vergine, la nave poté muoversi e riprendere la rotta sulle onde placide del mare rabbonito.
Sono sconosciuti i luoghi di provenienza e di destinazione dell'Immagine sacra.
Partita la nave che aveva lasciato il carico, i marinai della baia di Tindari si diedero subito da fare per tirare in secco la cassa galleggiante sulla distesa del mare. Fu aperta la cassa e, con grande stupore e soddisfazione di tutti, in essa fu trovata la preziosa Immagine della Vergine. 
Sorse il problema ove collocare quell'Immagine. Si decise di trasportare il Simulacro della Vergine nel luogo più alto, il più bello, al Tindari, dove già da tempo esisteva una fiorente comunità cristiana.
La tradizione che fa arrivare la statua della Madonna a Tindari all'epoca degli iconoclasti, probabilmente verso la fine del secolo VIII o nei primi decenni del secolo IX, trova motivo di credibilità nel fatto che Tindari fu sotto la dominazione dei Bizantini per circa tre secoli (535-836); che la Sicilia si oppose con energia all'eresia degli iconoclasti; che a Tindari, essendo stata sede di diocesi per circa cinque secoli, fosse fiorente la professione della fede cristiana, e quindi facile l'accoglienza della sacra immagine.
Detta ipotesi, oltre che nel contesto storico, trova ancora una qualche consistenza in un'ininterrotta tradizione pressoché unanime.
Il colle del Tindari, così suggestivo, santificato dalla presenza della Madonna, divenne così il sacro, mistico colle di Maria.
S'ignora l'autore dell'Immagine, né è possibile definire l'epoca in cui fu scolpita. Considerando lo stile e tenendo conto che la Madonna tiene tra le braccia il divin Bambino, si potrebbe concludere che essa rimonti ad un'epoca posteriore al Concilio di Efeso in cui fu definita la divina maternità diMaria; quindi probabilmente la statua è stata scolpita in Oriente tra il quinto e il sesto secolo.
La Madonna è rappresentata seduta, mentre regge in grembo il Figlio divino, che tiene la destra sollevata, benedicente. Ella inoltre porta in capo una corona di tipo orientale, una specie di turbante, ricavato nello stesso legno, decorato con leggeri arabeschi dorati.
Migliaia e migliaia di fedeli sono passati dinanzi alla Vergine pietosa, che per tutti ha avuto un sorriso ed una grazia (tratto dal sito web http://www.santuariotindari.it/nuovoSant.htm).








martedì 16 giugno 2015

Viggiano (PZ) - Madonna Nera del Sacro Monte

"SONO BRUNA, MA BELLA"
(dal Cantico dei Cantici)

Il Santuario della Madonna Nera del sacro Monte di Viggiano, in provincia di Potenza, è il più importante ed uno dei più antichi della Lucania. La sua storia risale all'inizio della predicazione del Vangelo nelle città romane di Grumentum e Venusia.
Alla caduta dell’Impero Romano la regione passa sotto la dominazione bizantina; lo stesso nome di Basilicata, dal greco Basileus re, lo indica. Sono i Monaci Basiliani, che vengono dall'Asia Minore per sfuggire alle persecuzioni contro il culto delle Immagini, ed alla invasione araba, a portare nell'Italia meridionale il culto e la devozione alla Madonna, con le tipiche Icone bizantine.

Con tutta probabilità la statua della Madonna dal volto olivastro è scolpita intorno al 500 d.C. per essere venerata nella cattedrale di Grumentum con il titolo di S. Maria Assunta.(1)

In tre successive incursioni, i Saraceni assediano la Città, fino alla sua completa distruzione nel 1050. Dalle “Memorie Grumentine-Saponariensi” scritte nel 1736 dal Notaio Niccolò Ramaglia di Saponara e rimaste tuttora inedite, sappiamo che«quella poca gente che dal barbaro furore ebbe scampo» si disperdono fuggiaschi per i monti. Anche il Vescovo ed il Clero fuggono, portando con sé la Statua dell’attuale Madonna di Viggiano, particolarmente cara alla popolazione, e pensano bene, nel corso della fuga, di farla nascondere sulla vetta del monte, luogo maggiormente sicuro per la sua conservazione.

Qualche secolo dopo, sconfitti i Saraceni, e tornata la normalità nella regione con l’arrivo dei Normanni, giunge il momento di andare a riprendere sul monte la sacra Immagine. Sicuramente qualche famiglia di profughi di Grumento, rifugiati in Viggiano, ha conservato la notizia del nascondimento della Statua che viene ritrovata grazie all'apparizione di fuochi che compaiono sistematicamente in un determinato luogo.

È facile immaginare la grande gioia dei testimoni di quel ritrovamento, soprattutto perché constatano che la Statua si è conservata intatta, anche se sotterrata a poca profondità, senza particolari accorgimenti, avvolta in un semplice sudario. Festosamente viene portata in Viggiano e collocata in una prima chiesa chiamata di “Santa Maria del Deposito”.

Sorge così la tradizione di festeggiare la Madonna due volte all'anno: la prima domenica di maggio quando dal Santuario di Viggiano la Statua nell'urna settecentesca viene portata sulla Vetta dove rimane quattro mesi, e la prima domenica di settembre, quando dal monte ritorna in Viggiano.

L’Immagine originaria, rinvenuta sul Monte, consta solamente, come confermano i recenti restauri, del busto e del volto bellissimo di colore olivastro, dai lineamenti molto addolciti, che viene sistemato in una prima Statua policroma. 

Sono gli Spagnoli nel milleseicento, a sistemare definitivamente la Statua, con una perfezione rara, sul modello identico alla loro Madonna di Monserrat, aggiungendovi, sulle ginocchia, il Bambino Gesù benedicente, con in mano il globo del mondo. Anche nella mano destra della Vergine è posto il globo, a significare il suo titolo di Regina, mentre l’altra mano è aperta a proteggere come Madre i suoi figli. Rivestita di oro zecchino la sacra Immagine rappresenta la Gran Madre di Dio, la Teothocos dei Greci.

Nel 1890, la venerata Statua è solennemente incoronata per autorità di Papa Leone XIII, e 75 anni dopo Papa Paolo VI proclama la Madonna del Sacro Monte di Viggiano, Patrona e Regina della Lucania. La Bolla papale così sintetizza la devozione alla Madonna Bruna di Viggiano:

«È noto che nel territorio delle diocesi di Potenza e Marsico esiste un Tempio Sacro, quasi augusta reggia, carissimo a tutto il popolo della Lucania, dedicato alla Beatissima Madre di Dio Maria SS.ma del Sacro Monte di Viggiano. Ivi infatti si trova il Simulacro venerando, immagine per antichità e bellezza dell’Augusta Vergine, reggente il Fanciullo Gesù; tale Simulacro, come viene assicurato, fu trovato prodigiosamente indicato da una fiamma celeste, sul vicinissimo Monte, che è tra i più alti monti della Lucania; e Maria SS.ma sotto lo stesso titolo, dato a Lei ed insieme al tempio ed al luogo, fu sempre proclamata e venerata come Patrona e Regina di tutta la Regione» (di Don Mario Morra SDB).


sabato 13 giugno 2015

Sacro Cuore di Maria

Festeggiamo oggi il "Cuore Immacolato di Maria". Memoria mariana di origine devozionale, istituita da Pio XII, l'odierna celebrazione ci invita a meditare sul mistero di Cristo e della Vergine nella sua interiorità e profondità. Maria, che custodisce le parole ed i fatti del Signore meditandoli nel suo cuore (Lc 2,19), è dimora dello Spirito Santo, sede della sapienza (Lc 1,35), immagine e modello della Chiesa che ascolta e testimonia il messaggio del Signore.

Il promotore della festa liturgica del Cuore Immacolato di Maria fu S. Giovanni Eudes (1601-1680) che già verso il 1643, la cominciò a celebrare con i religiosi della sua congregazione. Nel 1668 le festa e i testi liturgici furono approvati dal cardinale legato per tutta la Francia, mentre Roma si rifiutò più volte di confermare la festa. Fu solo dopo l’introduzione della festa del S. Cuore di Gesù nel 1765, che verrà concessa qua e là la facoltà di celebrare quella del Cuore di Maria, tanto che anche il Messale romano del 1814 la annovera ancora tra le feste “pro aliquibus locis”. Papa Pio XII estese nel 1944 la festa a tutta la Chiesa, a perenne ricordo della Consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, da lui fatta nel 1942. Il Culto del Cuore Immacolato di Maria ha ricevuto un forte impulso dopo le apparizioni di Fatima del 1917. 

Immaginetta Serie ARS
Egim n.53 (in alto a dx n. 47) 
Memoria facoltativa il giorno dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù. 
La vicinanza delle due feste riconduce a S, Giovanni Eudes, il quale nei suoi scritti non separò mai i due Cuori di Gesù e di Maria e sottolinea l’unione profonda della madre col Figlio di Dio fatto carne, la cui vita pulsò per nove mesi ritmicamente con quella del cuore di Maria.
La Liturgia della festa sottolinea il lavorio spirituale del cuore della prima discepola di Cristo e presenta Maria come protesa, nell'intimo del suo cuore, all'ascolto e all'approfondimento della parola di Dio. Maria medita nel suo cuore gli eventi in cui è coinvolta insieme a Gesù, cercando di penetrare il mistero che sta vivendo: conservare e meditare nel suo cuore tutte le cose, le fa scoprire la volontà del Signore, come un pane che la nutre nell’intimo, come un’acqua zampillante in un fecondo terreno. Con questo suo modo di agire, Maria ci insegna a nutrirci in profondità del Verbo di Dio, a vivere sfamandoci e abbeverandoci di lui e soprattutto a trovare Dio nella meditazione, nella preghiera e nel silenzio. Maria, infine, ci insegna a riflettere sugli avvenimenti della nostra vita quotidiana e a scoprire in essi Dio che si rivela, inserendosi nella nostra storia (di Nino Grasso, tratto da www.Santiebeati.it).

mercoledì 10 giugno 2015

Rapallo (GE) - Il Transito di Maria Santissima



Si tratta di una minuscola tavoletta di 18 per 15 cm, leggermente arcuata nella parte superiore, dipinta a guazzo, con colori stemperati in acqua. Su di uno sfondo sferico di color giallo sfumante in roseo si eleva un trono turchino, striato da una raggiera d’oro che termina in alto con sei stelle. Ai lati due Angeli si appoggiano con la destra al trono e con la sinistra indicano con reverenza la figura centrale. Un’unica aureola d’oro circonda tre teste unite di profilo e distinte: sono la raffigurazione della SS. Trinità. Nel petto della figura di sinistra brilla un minuscolo viso. Il manto che avvolge la veste della Trinità, alla sinistra della figura contrassegnata dal viso, risale ed avvolge una fanciullina aureolata, simbolo dell’anima: nell’aureola si leggono due gruppi di lettere greche in oro HP OY, che significano Madre di Dio. Ai piedi della figura centrale, su un sudario rosso porpora, giace il corpo della Madonna: una veste nero-turchina lascia scoperti i piedi ed avvolge il corpo fino al capo; sopra la veste un manto dello stesso colore lascia scoperti il viso, il collo e le mani incrociate. Un’aureola d’oro dà risalto al biancore del volto e del collo; sulla spalla sinistra, le solite sigle greche in oro HP OY.
Dal lato del capo della Madonna, un vecchio venerando, aureolato d’oro, con i capelli bianchi e la barba fluente, con il grande palio dalle croci nere, tiene un libro aperto sulle braccia. Dall’altro lato, dodici figure – tre aureolate d’oro – fissano gli occhi stupiti sul viso di Maria; l’ultima figura in basso, agita un turibolo. Sul pavimento dieci ramoscelli di rose e di altri fiori con foglioline verdi.
Diciannove anni dopo la scoperta, nel dicembre 1574, alcuni naufraghi di Ragusa, saliti a ringraziare la Madonna di Montallegro, riconoscono la tavoletta per quella scomparsa da Ragusa proprio nel 1557, e la rivendicano come propria. Il tribunale di Genova, dopo diciotto mesi, la restituisce, ed essi esultanti la portano sulla loro nave, ma il mattino seguente, quando stanno per salpare, si accorgono che la tavoletta che avevano gelosamente racchiusa nella stiva, non c’era più. Era ritornata sul monte, segno che là era stata recata misteriosamente e che là voleva rimanere.


domenica 7 giugno 2015

Matera (MT) - Maria SS. della Bruna


La Madonna della Bruna è la protettrice della città di Matera. La festa patronale a lei dedicata si festeggia il 2 luglio di ogni anno da più di 600 anni, quando papa Urbano VI, già arcivescovo di Matera, istituì nel 1389 la festa della Visitazione; da quella data in poi i festeggiamenti in onore della Madonna, già esistenti nella città di Matera da qualche secolo, furono effettuati in coincidenza con il giorno della festa della Visitazione, che originariamente era appunto il 2 luglio.

Non chiare sono le origini della festa la cui storia, tramandata di generazione in generazione, si è arricchita col tempo di innumerevoli varianti. Una di queste leggende racconta che una giovane e sconosciuta signora chiese ad un contadino di farla salire sul suo carretto per accompagnarla a Matera. Giunta alla periferia della città, nella zona dell'attuale chiesa dell'Annunziata di Piccianello, scese dal carretto e chiese al contadino di portare un suo messaggio al vescovo, in cui diceva di essere la madre di Cristo. Il Vescovo insieme al clero ed al popolo accorse subito ad accogliere la Vergine, e vi trovarono una statua; così la statua della Madonna fu fatta entrare in città su un carro trionfale addobbato.

Madonna della Bruna (foto personali, scatti n. 1 e 2 del 07.06.2015)

L'origine della tradizione della distruzione del carro invece è narrata da un'altra leggenda, secondo la quale i Materani, per evitare che il quadro della Madonna fosse rubato e distrutto dai Saraceni che assediavano la città, lo nascosero prima su un carretto e poi, messo in salvo il quadro, distrussero loro stessi il carretto pur di non far cadere le sacre immagini nelle mani di quegli infedeli. 

Maria SS. della Bruna
Alcuni storici locali, invece, sostengono che intorno all'anno 1500 il conte Giovan Carlo Tramontano, all'epoca signore di Matera, avesse fatto grandi promesse al popolo materano per dare maggiore solennità alle celebrazioni del 2 luglio, compreso un carro nuovo ogni anno. I cittadini materani così, per mettere alla prova il mal sopportato tiranno, assaltarono il carro trionfale costringendo il conte a mantenere la sua promessa. Le prime testimonianze concrete sull'esistenza di un carro trionfale rimandano tuttavia all'anno 1690.

Relativamente al nome "Madonna della Bruna" sono attribuite diverse ipotesi: la prima è che derivi dal termine alto-medioevale longobardo brùnja che era la corazza, la protezione dei cavalieri, quindi il nome avrebbe il significato di Madonna della difesa; altri invece sostengono che derivi da Hebron, città della Giudea dove la Vergine si recò per la visitazione a santa Elisabetta; infine un'ultima ipotesi, meno accreditata, è che il nome derivi dal colore del viso della Vergine.

Gli inserimenti profani come il carro navalis e la sua violenta distruzione, affiancatisi col tempo all'intimità e solennità religiosa originaria, fanno di questa festa un evento interessante che affonda le sue radici in antichissime rappresentazioni che si tenevano in molti paesi del Mediterraneo; nella stessa cultura greca era ricorrente celebrare anche feste nuziali attraverso dei carri trionfali, delle "navi su ruote" riccamente decorate.

 
Madonna della Bruna (foto personali, scatti n. 3 e 4 del 07.06.2015)

La statua della Madonna è ubicata all'interno di una teca nel transetto della cattedrale a lei dedicata. Nella stessa cattedrale un affresco che la raffigura, di scuola bizantina e risalente al XII secolo, si trova sull'altare sito all'ingresso della navata sinistra.

sabato 6 giugno 2015

Nostra Signora di Coromoto


Nostra Signora di Coromoto o Vergine di Coromoto è uno degli appellativi con cui i cattolici chiamano Maria a seguito di alcune presunte apparizioni della stessa avvenute in Venezuela nel 1652. Il culto della Vergine di Coromoto è particolarmente diffuso in Venezuela, nazione di cui è patrona.
Quando la città di Guanare, capitale dello stato di Portuguesa, fu fondata nel 1591 gli indigeni che abitavano nella regione, i Cospes, fuggirono verso la selva a nord dalla città per sfuggire ai conquistadores rendendo difficile l'evangelizzazione che la Chiesa cattolica aveva intrapreso.
La tradizione colloca la prima apparizione di Maria l'8 settembre 1652 nella selva dove erano fuggiti gli indios che avrebbe chiesto al cacicco dei Cospes, l'indio Coromoto (e a sua moglie), "Andate alla casa dei bianchi e chiedete loro che vi infondano l'acqua sulla testa per potere andare al cielo" cioè di farsi battezzare.
Secondo la tradizione orale, il cacicco raccontò il tutto al suo encomendero, don Juan Sánchez; questi gli chiese che si preparasse con la sua tribù per ricevere la catechesi ed il battesimo entro otto giorni.
Vari indigeni cospes si convertirono e si fecero battezzare, ma non il cacicco, che fuggì. La leggenda colloca a questo punto la seconda apparizione di Maria: Coromoto, reso cieco dall'ira, avrebbe alzato il braccio per afferrarla, ma ella sarebbe sparita.
La tradizione vuole che l'apparizione si sia materializzata in un marchio fatto di fibra di albero che successivamente recuperato, viene venerato nel santuario nazionale di Nostra Signora di Coromoto.
Nel racconto Coromoto viene morso da un serpente velenoso: tornato a Guanare, sul punto di morire, domanda il battesimo che gli viene amministrato da un barinese. Con il nome di Angelo Custode e guarito dal veleno, Coromoto chiese agli indigeni cospes che sotto il suo comando si erano opposti ai conquistatori, di battezzarsi.
Papa Pio XII, nel 1950, dichiarò Nostra Signora del Coromoto patrona del Venezuela. Papa Giovanni Paolo II incoronò la statua nella sua visita al santuario mariano di Guanare e papa Benedetto XVI elevò il santuario nazionale di Nostra Signora di Coromoto al rango di basilica minore (Wikipedia).


giovedì 4 giugno 2015

Cagliari (CA) - Santuario di Nostra Signora di Bonaria




« Assisti, o Maria, la gente di quest'isola, che a te ricorre fiduciosa, presso il tuo Santuario di Bonaria, chiedendo soccorso nelle lotte tra il bene e il male che agitano il nostro mondo odierno. » 

dalla preghiera alla Madonna di Bonaria scritta da Giovanni Paolo II in occasione della sua visita al Santuario il 
20 ottobre 1985

Il santuario di Nostra Signora di Bonaria è un complesso religioso della città di Cagliari situato in piazza Bonaria, in cima al colle omonimo.

Santuario mariano più importante della Sardegna per la Chiesa cattolica, è costituito da una chiesa piccola (il vero e proprio "santuario", di origini trecentesche) a cui si affianca un tempio più grande, elevato alla dignità di basilica minore da Pio XI nel 1926. Il santuario della Vergine di Bonaria è officiato dai padri mercedari, che abitano l'adiacente convento, ed è sede parrocchiale del quartiere di Bonaria.


Secondo la leggenda, il 25 marzo 1370 una nave partita dalla Catalogna fu sorpresa da una tempesta. I marinai decisero allora di gettare in mare tutto il carico, tra cui una pesante cassa. Appena la cassa venne gettata in mare, la tempesta si placò.

La cassa approdò quindi a Cagliari, proprio sotto il colle di Bonaria; i frati del convento, apertala, vi trovarono una statua in legno di carrubo della Vergine Maria che tiene con una mano in braccio il Bambino Gesù e nell'altra ha una candela accesa Santa Maria della Candelora. La devozione alla statua miracolosa si diffuse immediatamente in tutta la Sardegna, specie tra i marinai che la invocano come protettrice.

Narra infatti sempre la leggenda che la navicella d'avorio, offerta in ringraziamento alla Vergine da una devota, che era stata appesa davanti alla statua con una corda di canapa, avesse iniziato a muoversi segnando i venti che spiravano fuori dal golfo di Cagliari e che i marinai, prima di prendere il mare, si recassero sempre nel santuario.

I conquistadores spagnoli diedero per devozione il suo nome alla capitale dell'Argentina, Buenos Aires. Il 13 settembre 1907 papa Pio X proclamò la Madonna di Bonaria patrona massima della Sardegna.

Cento anni dopo, nel 2007, si è celebrato il centenario di tale proclamazione, conclusosi il 7 settembre 2008 con la solenne celebrazione presieduta da papa Benedetto XVI, giunto in visita pastorale a Cagliari (l'annuncio ufficiale dell'evento è stato dato alla Sardegna intera dall'arcivescovo di Cagliari Giuseppe Mani nella messa della Natività nel duomo, il 25 dicembre 2007).

Il 22 settembre 2013 papa Francesco ha visitato il santuario della Madonna di Bonaria per la sua prima visita pastorale. La festa di Nostra Signora di Bonaria viene celebrata il 24 aprile (notizie tratte da Wikipedia).






mercoledì 3 giugno 2015

Massafra (TA) - Santuario Mariano Madonna della Scala e Villaggio rupestre


Massafra (TA) - S. Maria Prisca,
poi della Cerva ed ora della Scala
Affresco del XIII sec. (cartolina)
Madonna della Scala è uno degli appellativi con cui la Chiesa cattolica venera Maria, madre di Gesù.

La Madonna della Scala venerata a Massafra è la principale protettrice della cittadina jonica.

Secondo la leggenda, Marco e Pietro evangelizzarono la Puglia. Si recarono anche a Massafra, dove edificarono una cripta dedicata alla Vergine Madre di Cristo nella Valle Rosarum. I massafresi nel 102 in questa cripta fecero dipingere un'immagine della Madonna, che venne detta della Prisca. Nell'anno 324 ci fu un forte terremoto che colpì i villaggi di Massafra, Petruscio, Turio e Pasifo, e fece crollare le cripte della gravina. Tra queste venne distrutta quella della Madonna Prisca.

Circa un secolo dopo dei cacciatori s'imbatterono in una cerva. Tentarono di catturala, ma la videro inginocchiata sopra un grosso macigno. Quegli uomini ripulirono il masso e vi trovarono il dipinto della Madonna col Bambino. Dopo averla contemplata due di loro andarono al paese per comunicare la buona nuova, di aver ritrovato quel sacro dipinto. I massafresi portarono in una solenne processione la sacra icona nella chiesa del paese, ma, all'indomani l'immagine era ritornata al primitivo sito, facendo così intendere che in quel luogo doveva essere custodita. Il popolo le costruì una chiesetta, e diede alla sacra icona il titolo di Madonna della Cerva.

Un'altra leggenda, più tarda, dice che in occasione della festa si recavano spontaneamente, alla chiesa, due cerve, madre e figlia. La madre appena giunta scoppiava, e le sue carni venivano cotte e date ai migliaia di pellegrini moltiplicandosi miracolosamente. Mentre la figlia entrava nella chiesa e si inginocchiava dinanzi all'icona della Vergine.

Chiesa rupestre Madonna della Buona Nuova
Il 20 febbraio 1743, alle ore 23 avvenne uno spaventoso terremoto. Molte città della Provincia di Taranto vennero colpite. Massafra rimase illesa, e la devozione popolare attribuì lo scampato pericolo all'intercessione della Vergine. Venne così istituita una festa in ricordo, da svolgersi ogni anno in quel giorno e a quell'ora dovevano suonare le campane.

Nel 1776 con la Bolla di papa Pio VI la Madonna della Scala venne nominata patrona e protettrice di Massafra, e la sua prima solenne festa venne celebrata il 20 ottobre di quello stesso anno. Poi il vescovo di Mottola, Cesare Ortiz-Cortez pontificò che le feste in onore della Madonna fossero due: una religiosa il 20 febbraio, ed una civile la prima domenica di maggio, mese mariano per eccellenza.

Nella primavere del 1899 la Beata Vergine aiutò la popolazione massafrese, che il 5 aprile si riversò nel santuario a chiedere l'intercessione contro la siccità (da Wikipedia).

Massafra (TA) - Madonna della Buona Nuova
presso il Santuario della
Madonna della Scala (cartolina)
Nel cuore dell’ampio villaggio rupestre di Massafra affacciato sulla Gravina della Madonna della Scala, vicina all’omonimo santuario, la Chiesa della Madonna della Buona Nuova, o del Crocifisso, è stata parzialmente demolita nell’Ottocento.

Dell’originario impianto trecentesco, è oggi visibile, quasi integro, il vano absidale coperto da una volta a botte su pianta quadrangolare, sotto il quale spicca il monumentale affresco del Cristo Pantocratore, tra la Vergine e San Giovanni Battista, anch’esso risalente al Trecento.

Il resto dell’apparato iconografico vanta preziose raffigurazioni come l’affresco stilisticamente più interessante della Madonna della Buona Nuova, attribuito a un pittore pugliese di scuola toscana, databile al Duecento, e numerosi affreschi ritraenti Santa Lucia, 


San Vito e Santa Caterina, che riportano iscrizioni esegetiche in lettere gotiche maiuscole (tratto da http://www.viaggiareinpuglia.it/).

Si ringrazia il caro amico Cataldo Montemurro

per il materiale (cartoline ed immaginette) donato al sito.

martedì 2 giugno 2015

Mesagne (BR) - Santuario Beata Vergine del Monte Carmelo





Il Santuario, edificato nel 1305, sorge su una grotta di origine naturale con copertura in carparo, che nel VI secolo venne trasformata in cripta e dedicata a S. Michele Arcangelo. I Carmelitani istituirono la fondazione di Mesagne nel 1521, costruendo il Convento e ampliando la Chiesa. Nello stesso anno commissionarono al pittore Francesco Palvisino la tela della Madonna del Carmine. 

Nel 1651 la Madonna del Carmine venne proclamata patrona di Mesagne. 

I Carmelitani tornarono al Santuario nel 1951, dopo un lungo periodo di assenza.

La Chiesa è in stile gotico-normanno, a pianta rettangolare, ed è divisa in senso longitudinale da una navata centrale, rifatta in età barocca. All'esterno le forme sono tendenzialmente ogivali. Nel 1305 vennero completate sui muri perimetrali le decorazioni pittoriche. 

Di notevole interesse le tele del XVII e XVIII secolo, tra le quali spiccano quelle del pittore Diego Oronzo Bianco di Manduria. All'interno sono conservati un magnifico Crocifisso ligneo e il corpo di S. Ilario.


Basilica del Carmine - Mesagne (BR) (visita il sito)

lunedì 1 giugno 2015

Laterza (TA) - Maria SS. Mater Domini




L'apparizione

Tratto da CARRERA F. - PASCALE M., La Mater Domini e Laterza, Castellaneta 1987.

Antichi documenti dell'epoca raccontano che il 1650 fu un anno davvero eccezionale per Laterza. Marzo regalò ai Laertini una nevicata come non si ricordava a memoria d'uomo. I vecchi, davanti al camino, raccontarono dei tempi passati e di altre nevicate. In campagna i pascoli rimasero coperti per molti giorni e le scorte di cibo negli ovili erano ormai esaurite. Le 7000 pecore del marchese D. Giambattista D'Azzia, private della fresca erba primaverile, erano ormai allo stremo delle forze. Alcune non resistettero e della loro morte fu incolpato dal Marchese il massaroPaolo Tria. A nulla valsero le giustificazioni del pover'uomo; né la dimostrazione di lunghe, estenuanti ricerche quotidiane in tutte le campagne circostanti attenuò le ire del padrone. Paolo era un uomo buono, onesto e profondamente cristiano. Le sdegnate accuse del Marchese e le minacce di gravi danni e castighi lo portarono ad un profondo stato di disperazione. La pena che provava per quelle povere bestie e la fede nel Signore lo portavano però al mattino a cercare ancora qualche occhio di terra libero dalla neve. Era il 23 marzo e Paolo, sempre più triste e con negli occhi I'immagine delle povere bestie che morivano, vagava per la campagna alla ricerca di erba. Per caso si trovò a passare in contrada S. Francesco e ricordandosi di un'antica chiesa sotterranea abbandonata, dedicata a santa Domenica,


la cercò, si fermò all’ingresso della grotta, quasi completamente chiuso dai rovi e in cui trovavano ormai rifugio serpenti ed altri animali, si inginocchiò e pregò intensamente il Signore. A Lui volle, affidare le sue pene. Era nel pieno fervore della preghiera quand'ecco improvvisamente apparirgli, davanti alla grotta, la Madonna. Rimase abbagliato dalla viva luce che circondava quella dolcissima figura di Madre con sul braccio sinistro il suo Bambino. Con la mente confusa e con un nodo di commozione che gli stringeva la gola piegò la testa, sentendosi indegno di posare lo sguardo su quella divina immagine. «Alza il viso e guardami bene; non temere figlio caro» - gli disse la Vergine: - «Entra nella grotta, va e guardati intorno. Troverai su di un muro la mia immagine dipinta tale e quale tu ora mi vedi». Dette queste parole, così come era apparsa, improvvisamente scomparve. Paolo rimase sbigottito e senza fiato. Avrebbe desiderato che tale visione fosse durata più a lungo. Le parole che gli erano state rivolte, però, furono come balsamo ed il suo cuore fu pervaso da immediata serenità. Con negli occhi ancora la tenera immagine, si chiese come mai la S.S. Vergine aveva privilegiato proprio lui, umile e povero massaro, e non gente nobile e magari più degna. In preda a questi interrogativi si aggirava per la grotta che gli appariva più rischiarata del solito, quasi che una parte della luce dell'apparizione fosse rimasta ad illuminarla. Fu alzando gli occhi che vide dipinta sul muro affrescato, prima buio, l’immagine di Maria perfettamente simile a quella che gli aveva parlato. Il desiderio di rivederla era appagato. Era lì e non sarebbe più andato via quel dolce volto che avrebbe intenerito e rasserenato, a vederlo, i cuori di tutta la gente. Un mantello d'azzurro cielo scendeva dal capo e, incorniciando il viso, cadeva morbido sulle spalle e sulle braccia della Vergine. Le copriva la veste bianca e parte del Bambino Gesù, che, in abito bianco e nella sinistra la luce della fede, alzava la mano destra in atto benedicente. 

Madonna col Bambino - Tela nella Sagrestia del Santuario

Nella parte bassa c'era un fanciullo in atto supplichevole e a destra della Madonna si leggeva la scritta:


MAT. DNI. IC. XC.,
abbreviazioni delle seguenti parole in latino:
MATER DOMINI JESU CHRISTI
e cioè:
MADRE DEL SIGNORE GESÙ CRISTO


Paolo, incantato, si inginocchiò, davanti alla bellissima immagine e pregò con fervore. Chiese di aiutarlo e a Lei affidò i suoi problemi e le sue angosce. Tutte le pene che lo avevano afflitto per tanti giorni e che gli avevano tolto il sonno per tante notti, improvvisamente svanirono. «Madre Santissima» - implorò, - «sono stato ingiustamente accusato dal Marchese, e questo mi rattrista, ma più mi addolora la morte per fame delle mie povere pecore. La neve copre ormai da tanti giorni I'erba dei pascoli e il tempo non accenna a migliorare. Ti prego, Madre del Signore e di tutte le genti, ti prego, aiutami, aiuta questo tuo figlio disperato». Non era ancora svanito il suono delle proprie parole che udì la stessa voce delicata e ferma di prima: «Alzati figlio! Alzati e vai! Vai dal Marchese, egli ora sa che tu non hai colpa. Vai e porta le tue pecore a pascolare, la neve si è sciolta e nella campagna c'è erba in abbondanza. E va dalla gente e dì loro che qui, in questa grotta, c'è la mia immagine e che tutti quelli che entreranno a chiedermi grazie saranno da me consolati». Paolo si alzò ed uscì dalla grotta e sotto i suoi piedi, invece della neve, trovò soffice ed abbondante erba. Andò al palazzo e fu accompagnato alla presenza del Marchese che, in piedi, già lo attendeva sorridente. Per un istante si guardarono negli occhi e, senza dir parola, si abbracciarono. «Fratello» -, sentì poi Paolo, - perdonami per le ingiuste accuse». Felice e confuso, nulla disse di quanto era accaduto nella grotta, né seppe mai che la Madonna era apparsa anche al Marchese a rasserenargli l’animo. Con la mente confusa da così grande avvenimento, tanto da considerarlo un sogno, il pover'uomo tornò al suo gregge e alla vita di tutti i giorni senza raccontare ad alcuno dell'apparizione di Maria Vergine.