sabato 16 aprile 2016

Cerro Maggiore (MI) - Maria Immacolata della Boretta


Immaginetta donata da Lilli Marmo
Non si trova, all'origine del nostro Santuario, né un'apparizione di Maria, né una sorgente d'acqua miracolosa, ma, con certezza, la radice profonda della fede dei nostri padri e questo basta per rendercelo caro. 
I Cerresi la chiamano ancora "Chiesa della Boretta", perché la prima cappella, identificata nei documenti come "giesuolo de la Madonna", fu costruita all'inizio del 1500 sopra un terreno il cui proprietario si chiamava Boretta.
Un manoscritto, conservato nell'archivio parrocchiale, c'informa che quel primo edificio era già molto malandato, quando, nel marzo del 1596, un gruppo di uomini "mossi da buon spirito" chiese al parroco di potersi riunire in una confraternita, allo scopo di impiegare in opere religiose sia il tempo festivo che le proprietà di ognuno. Il permesso fu accordato e fu per iniziativa di tale confraternita che il 21 settembre del medesimo anno avvenne la cerimonia della posa della prima pietra, benedetta dal parroco don Antonio Lupo, a fondamento di una "giesa de la Madonna de la Concezione", di maggior ampiezza rispetto alla precedente, ma di minori dimensioni rispetto a quella attuale e senza campanile.
La chiesa fu aperta al culto tre anni dopo, proprio l'8 dicembre, festa liturgica dell'Immacolata e la confraternita religiosa, dall'abito bianco e dalla mantellina azzurra, avrebbe costituito nei secoli il principale organo gestore e finanziatore della chiesetta. Essa, infatti, si adoperò ogni anno con impegno per solennizzare la festa dell'Immacolata, programmando la predicazione della novena, la celebrazione di una messa con i cantori e lo sparo dei mortaretti, di sera, come chiusura della festa.
Il 16 giugno 1617, il cardinale Federico Borromeo (di cui parla anche il Manzoni ne "I Promessi sposi") visitò la parrocchia di Cerro e notò che la piccola chiesa era senza campanile; ordinò quindi, per iscritto, di innalzarne subito uno. Passarono però ben trentasei anni prima che venisse realizzato un canpaniletto con una sola campana.
In seguito, la solerte confraternita prese un'altra importante decisione: quella di costruire una nuova chiesa, di maggiore ampiezza. Subito acquistò il terreno necessario ed il nobile Carlo Corneliani affidò il lavoro di progettazione al noto architetto milanese Giovanni Angiolo Caslini, già ideatore della nostra chiesa parrocchiale.
Sorse, così, l'attuale chiesa, a forma ottagonale con cupola, capolavoro sì di stile barocco, ma sobrio ed elegante: un gioiello d'arte incastonato fra le case di Cerro tra il 1758, anno della posa della prima pietra, ed il 1774, anno dell'inaugurazione. 




La chiesa, capace di contenere fino a 300 persone, risultò lunga 33 m., alta 16 m. e con una larghezza massima di 18 m.
Non fu dimenticato il campanile, questa volta a due campane, anche se terminava solo all'altezza della cella campanaria.
Accurato fu lo studio dell'illuminazione naturale con l'apertura di ampi finestroni, in un tempo in cui non esisteva ancora l'illuminazione artificiale; risultò ottima anche l'acustica per l'organo, posto nella cantoria sopra il portale d'entrata. Toccò al parroco don Dornenico Vitelli l'onore di benedire la nuova chiesa, per delega del Card. Pozzobonelli. 

Erano trascorsi pochi anni dall'ultimazione dell'opera, quando l'editto austriaco riguardante la soppressione delle confraternite religiose e l'incameramento dei beni da parte dello Stato fece temere il peggio, cioè il passaggio della chiesa Boretta al governo austriaco e la destinazione della stessa ad uso profano.
Facendo appello ai più vivi sentimenti religiosi, l'allora parroco, don Baldassare Taverna, e gli amministratori comunali, tra i quali i nobili De Conturbia, seppero dimostrare, con uno scritto ai governanti, che la chiesa era necessaria sia per la vita religiosa della parrocchia, sia per essere una sede adeguata alle adunanze del Consiglio Comunale.
Per quella volta tutto andò per il meglio, o quasi, in quanto la chiesa passò alle dipendenze del parroco, il quale, però, per pagare i debiti, fu costretto a vendere l'organo della Boretta, per 775 lire, alla chiesa parrocchiale di Gazzada, in provincia di Varese.
Purtroppo, in un'altra occasione, e precisamente nell'agosto 1848, non ci fu lieto fine; non si riuscì, cioè, ad evitare la profanazione del luogo sacro da parte delle truppe austriache, le quali, timorose di un'insurrezione in provincia, simile a quella gloriosa delle Cinque Giornate di Milano (marzo 1848), si erano stanziate anche nella nostra zona.
Il motivo di tale occupazione è forse da ricercarsi nel fatto che all'insurrezione milanese avevano partecipato, come dicevano le cronache, alcuni Cerresi.
E' documentato che il cerrese Angelo De Angeli partecipò alla Prima Guerra d'indipendenza nel 1848, prendendo parte alle battaglie di Mozambano, di Mantova, di Verona e di Peschiera. Con lui vi erano: Cerini Carlo, Donati Gian Maria, Gianazza Giuseppe, Lucchini Giacomo, Mariani Angelo e Roveda Angelo. (Documento dell"Archivio Comunale).
Passarono alcuni anni e, terminata la seconda guerra d'indipendenza (1859) con la cacciata degli Austriaci, i Lombardi si sentirono di nuovo cittadini liberi nella propria Patria. Terminato il periodo di occupazione, i Cerresi si preoccuparono di restaurare e rendere più bella "la casa della Madonna" (così infatti molti anziani chiamavano significativamente la chiesa della Boretta).
Accanto ad essa sorse l'abitazione per il cappellano, che ogni mattina celebrava la messa nella chiesa adiacente. Nel 1874 il santo parroco don Aquilino Marelli fece innalzare un solido e decoroso altare, con tanto di balaustra, ad opera dello scultore Innocente Candiani di Milano. Fece collocare, inoltre, le statue di San Carlo e di Sant'Ambrogio nelle nicchie laterali (notizie da www.reginamundi.info).


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