Essendo divenuta la cella troppo piccola per i numerosi pellegrini, nel 1852 Lamberto Vaselli e Zeffirino Leonardi furono incaricati da un privato cittadino di edificare in quel luogo una chiesa. Nuovi interventi si ebbero a partire dal 1913 su iniziativa dei fratelli don Pio e don Tomaso Sanchini, impegnati nella direzione del santuario. Attualmente si stanno apportando al santuario ulteriori modifiche, tra cui l’ampliamento del parcheggio, che al momento consta di 200 posti auto.
L'affresco è di scuola riminese del sec. XIV, un semibusto della Vergine ritratta mentre allatta il Bambino. Nel 1798 il complesso devozionale fu indemaniato; nell'occasione andò disperso un notevole numero di tavolette votive. Attualmente nel santuario si conservano circa un migliaio di ex-voto. La raccolta è composta da: dipinti votivi (si tratta di 17 tavolette di carta, cartone, latta e legno datate dal 1898 al 1917, racchiuse in una vetrina. Ogni dipinto è corredato da una narrazione dattiloscritta dell’evento raffigurato; tali didascalie sono state realizzate nel 1981 dalla Cooperativa Restauratori di Ravenna); fotografie (alcune di queste, incorniciate e decorate dalle suore di clausura, appartengono al periodo compreso fra il 1940 e il 1943 e ritraggono militari che si affidano alla Madonna di Bonora al momento di partire per la guerra); alcuni fucili che, esplosi tra le mani dei cacciatori, non danneggiarono il volto di chi li imbracciava; un’immagine di Maria ricamata con fili di 16 colori da tale Giuseppe Bianchi (nel 1943, durante la campagna di Albania, questi rimase prigioniero in India per un lungo periodo durante il quale realizzò personalmente l’immagine, al cui interno si può leggere ricamata la seguente iscrizione: MATER DIVINAE GRATIAE VENERATA NELL’INSIGNE SANTUARIO DI BONORA); manufatti di oreficeria, perlopiù cuoriformi; una sagoma di legno a forma di manopola, alla quale tale Giuseppina Bigucci di Passano, affetta da tubercolosi, dovette tenere fissata per cinque mesi la mano destra, onde evitare che si rattrappisse, prima della guarigione avvenuta il 12 maggio del 1928; stampe incorniciate (Cfr. Stafoggia Arcangelo, Il santuario della cella di Bonora, Rimini 1906, pp. 13 – 28, in cui si descrivono 37 guarigioni avvenute tra il 1835 e il 6 giugno 1905).
Storia del Santuario |
In un atto notarile del 7 ottobre 1409 si legge che tale Bonora Ondidei dona ai religiosi del terz'ordine di S. Francesco una piccola cella con oratorio, luogo ove egli già da tempo conduceva vita di preghiera. Nell'oratorio era dipinta un’immagine della Vergine col Bambino commissionata dallo stesso Bonora: da qui il titolo del santuario. Tra l’anno 1409 e il 1652 la giurisdizione sulla Cella di Bonora era del terz'ordine francescano, tra il 1652 e il 1798 al terz'ordine subentrarono le monache Convertite o del Sacro cuore.
Nel 1798 il complesso santuariale fu indemaniato (andarono persi nell’occasione numerosissimi ex-voto) e la cella rimase chiusa fino al 1835. Per tutto il periodo non è mai cessata la pratica di andare a visitare la Madonna della Cella di Bonora e di fermarsi a pregare al di fuori della porta. Nel 1835 l’Arciprete di Montefiore D. Domenico Rovetti piamente aveva progettato di far tagliare il muro, ove era dipinta l’immagine, per trasportarLa nella Chiesa Parrocchiale. Nell’istante medesimo la Montefiorese Rossi Annunziata, da sette anni ammalata gravemente e senza speranza di guarire, dopo breve preghiera otteneva la guarigione. Il lavoro venne sospeso. (Madonna di Bonora, Montefiore Conca, 21 Aprile 1946): è il primo miracolo documentato, cui fecero seguito numerose altre guarigioni (cfr. scheda 12). Essendo divenuta la cella troppo piccola per i numerosi pellegrini, nel 1852 Lamberto Vaselli e Zeffirino Leonardi furono incaricati da un privato cittadino di edificare in quel luogo una chiesa. Dal 1944 al 1949, poiché il seminario diocesano era stato distrutto durante i bombardamenti del secondo conflitto mondiale, il santuario accolse i seminaristi di Rimini.
In un atto notarile del 7 ottobre 1409 si legge che tale Bonora Ondidei dona ai religiosi del terz’ordine di S. Franceso una piccola cella con oratorio, luogo ove egli già da tempo conduceva vita di preghiera. Nell’oratorio era dipinta un’immagine della Vergine col Bambino commissionata dallo stesso Bonora: da qui il titolo del santuario.
Nel 1946 si festeggiò il XX anniversario della solenne incoronazione della Madonna del santuario di Montefiore da parte del Patriarca di Venezia Pietro La Fontaine. I festeggiamenti si svolsero a partire dal primo maggio con pellegrinaggi quotidiani e con omelie mattutine e vespertine. Il giorno 12 maggio si ebbe un’intera giornata di celebrazioni. Programma: celebrazione ininterrotta di messe presso l’altare della beata Vergine della Divina Grazia a partire dalle h. 6.00; alle h. 8.30 messa celebrata dal Vescovo; alle h. 10.00 cresima; alle h. 11.00 messa pontificale del Rettore, Canonico Emilio Pasolini, assistito da S. E. il Vescovo; alle h. 15.00 intrattenimento in omaggio a S. E. il Vescovo in occasione delle sue nozze d’argento sacerdotali; alle h. 17.00 il rosario e le litanie cantate seguiti dalla processione col Santissimo Sacramento e dal discorso del Vescovo con benedizione finale.
In un atto notarile del 7 ottobre 1409 si legge che tale Bonora Ondidei dona ai religiosi del terz’ordine di S. Franceso una piccola cella con oratorio, luogo ove egli già da tempo conduceva vita di preghiera. Nell’oratorio era dipinta un’immagine della Vergine col Bambino commissionata dallo stesso Bonora: da qui il titolo del santuario.
Nel 1946 si festeggiò il XX anniversario della solenne incoronazione della Madonna del santuario di Montefiore da parte del Patriarca di Venezia Pietro La Fontaine. I festeggiamenti si svolsero a partire dal primo maggio con pellegrinaggi quotidiani e con omelie mattutine e vespertine. Il giorno 12 maggio si ebbe un’intera giornata di celebrazioni. Programma: celebrazione ininterrotta di messe presso l’altare della beata Vergine della Divina Grazia a partire dalle h. 6.00; alle h. 8.30 messa celebrata dal Vescovo; alle h. 10.00 cresima; alle h. 11.00 messa pontificale del Rettore, Canonico Emilio Pasolini, assistito da S. E. il Vescovo; alle h. 15.00 intrattenimento in omaggio a S. E. il Vescovo in occasione delle sue nozze d’argento sacerdotali; alle h. 17.00 il rosario e le litanie cantate seguiti dalla processione col Santissimo Sacramento e dal discorso del Vescovo con benedizione finale.
ARTICOLO IN MISCELLANEA – Pezzoli Stefano, ‘Repertorio generale dei Santuari in Emilia Romagna’, in Arte e Santuari in Emilia Romagna 1987, pp. 179 – 239. (Per la diocesi di Rimini sono descritti i seguenti santuari: Cella di Bonora).
Dal 1944 al 1949, poiché il seminario diocesano era stato distrutto durante i bombardamenti del secondo conflitto mondiale, il santuario accolse i seminaristi di Rimini. Dal 1944 al 1949 si riscontra nel santuario la presenza dei Paolotti di Rimini.
Tra l’anno 1409 e il 1652 la giurisdizione sulla Cella di Bonora era del terz'ordine francescano, tra il 1652 e il 1798 al terz'ordine subentrarono le monache Convertite o del Sacro cuore; dal momento però che né al terz'ordine né alle monache non è data facoltà di esercitare la cura delle anime, è da intendere che nella fattispecie si facesse riferimento al clero secolare. Nel 1798 il complesso santuariale fu indemaniato e la cella rimase chiusa fino al 1835.
Dal 1944 al 1949, poiché il seminario diocesano era stato distrutto durante i bombardamenti del secondo conflitto mondiale, il santuario accolse i seminaristi di Rimini. Dal 1944 al 1949 si riscontra nel santuario la presenza dei Paolotti di Rimini.
Tra l’anno 1409 e il 1652 la giurisdizione sulla Cella di Bonora era del terz'ordine francescano, tra il 1652 e il 1798 al terz'ordine subentrarono le monache Convertite o del Sacro cuore; dal momento però che né al terz'ordine né alle monache non è data facoltà di esercitare la cura delle anime, è da intendere che nella fattispecie si facesse riferimento al clero secolare. Nel 1798 il complesso santuariale fu indemaniato e la cella rimase chiusa fino al 1835.
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