mercoledì 15 luglio 2015

Tursi (MT) - Maria SS. Regina di Anglona


Il Santuario Maria SS.ma di Anglona

E' uno dei Santuari mariani più antichi della Basilicata.
E' situato su di un colle alto 263 m., il sito e' conosciuto fin dai tempi ellenici perché vi sorgeva Pandosia, capitale degli Enotri.
Le notizie storico-letterarie sono state confermate dai ritrovamenti archeologici, soprattutto dalla necropoli rinvenuta negli anni 1977-1978, che data all'VIII sec. a.c.

Nel suo territorio avvenne lo scontro tra le Legioni romane, guidate dal Console Levino, e le truppe di Pirro, re dell'Epiro, venuto in Italia in soccorso dei Tarantini. 

Nel fiume Agri, invece, che bagna il suo territorio, trovò la morte Alessandro il Molosso, zio del famoso Alessandro Magno.

Il Santuario dedicato alla Natività della Vergine Maria, comunemente detta "Madonna di Anglona", costruito tra l'XI e il XII secolo in pietra tufacea di stile misto gotico e romanico, è monumento nazionale dal 1931 ed elevata a Basilica Minore da S.S. Papa Giovanni Paolo II il 17.5.1999.

Di questo sobrio Santuario, oltre al ciclo degli affreschi risalenti al periodo della costruzione e ad altri del XV secolo, sono da ricordare il campanile quadrangolare con bifore a doppia colonnina, l'abside semicircolare con archetti pensili ed il magnifico portale sormontato con figure di volti umani, i simboli dei quattro evangelisti con al centro l'Agnello e ai lati le figure dei Santi Pietro e Paolo.
Il Santuario è meta quotidiana di fedeli e visitatori.


La parete destra della navata centrale è decorata interamente da un ciclo di affreschi raffiguranti scene della Genesi. Queste scene sono realizzate su due fasce orizzontali che si prolungano per tutta l'estensione della parete. Narrano la creazione del mondo e dell'universo, la creazione di Adamo ed Eva, il peccato originale, la storia di Caino e Abele, di Noè di Abramo fino a Giacobbe e Giuseppe. Queste ultime scene sono meno leggibili all'osservatore profano, perché molto deteriorate.
La parete dirimpettaia, invece, appare nuda. Essa tuttavia, doveva presentare originalmente scene del Nuovo Testamento. Sono sopravvissute solo due scene. Nei timpani disposti tra gli archi sono raffigurate figure di profeti con artigli, mentre nei sottarchi si snoda una vasta teoria di anacoreti orientali. Sui pilastri sono rappresentati i Santi del calendario occidentale dal lato della navata centrale e Santi del calendario orientale, sul versante della navatella laterale. Vi si può ammirare particolarmente un bellissimo San Sebastiano Martire.
Nell'absidiola della navatella sinistra è rappresentato un volto di Cristo Pantocratore sormontato da un agnello immolato, in piedi, secondo la visione dell'Apocalisse. Sullo stesso lato, affrescato sul pilastro dell'arco trionfale. troviamo la figura ieratica di San Giovanni Crisostomo. Gli affreschi in genere possono essere datati al XIII-XIV secolo. Sono certamente posteriori invece gli affreschi raffiguranti i santi occidentali.
1543: Papa Paolo III instaura la Diocesi di Anglona-Tursi, unendo i territori delle due cittadine.
1976: Anglona-Tursi divenne Tursi-Lagonegro, alla Diocesi soppressa fu consegnato il titolo di Diocesi titolare, che tuttora conserva.


Rabatana

Anche se la tradizione attribuisce ai Saraceni l' edificazione di Tursi, centro del Materano a 210 m s.l.m., e oggi popolato da 5718 abitanti, in realtà è il suo quartiere Rabatana il luogo in cui quelle genti islamiche si installarono, per meglio controllare sia il vicino borgo di Anglona che le sottostanti valli del Sinni e dell' Agri.
Questo quartiere testimonia urbanisticamente - e al pari di Tricarico ove insistono ben due rioni arabi, la Rabata e la Saracena - la conseguenza delle gravi minacce, poi delle invasioni e, quindi, della lunga permanenza di popolazioni islamizzate provenienti dall'Africa settentrionale, più note col nome di Berberi, che vennero coinvolte nell'espansione dell’Islam verso l’Occidente cristiano in funzione di contingenti maghrebini islamizzati. Nel corso dei secoli IX-X da Bari, sede di un loro emirato dall’ 847 all'871, gli Arabi infatti si spinsero all'interno dell'Italia meridionale ed anche della Basilicata, sfruttando le valli come zone più percorribili, per compiervi rapine e fare prigionieri da destinare come schiavi nei centri dell’impero islamico mediterraneo, nel momento della sua massima espansione.
A detta di cronisti, come Lupo Protospata, e secondo le poche fonti documentarie disponibili, gli stanziamenti arabi furono consistenti e di lunga durata in molti centri del medio bacino del Bradano e del Basento, nel basso Potentino da Pietrapertosa ad Abriola e nella Valle dell'Agri. Le consistenti tracce architettoniche, oltre che linguistiche, d'impronta arabo-musulmana che vi si riscontrano e che, essendo attualmente poco esplorate risultano più soggette alla perdita e all'oblìo, dimostrano come non si trattò solo di nuclei di soldati, ma anche di vere comunità di mercanti e di artigiani che, sfruttando il loro predominio politico-militare, trassero vantaggi per incrementare ed espandere i loro commerci.
Senza entrare nel merito del fenomeno storico, gli Arabi impiantarono comunque dei veri presidi, ancora oggi leggibili in modo eclatante nel tessuto urbano di Tursi, Tricarico e Pietrapertosa. Si tratta di quartieri che la tradizione e le fonti scritte connotano come Rabatana, Rabata, Ravata richiamando il fascinoso ribàt maghrebino.
La Rabatana di Tursi si presenta come la parte più alta dell'abitato altomedievale, che insiste sulla cima di un terreno argilloso ma in posizione iperdifesa: è un intrico edilizio su cui domina il Castello, imponente costruzione, ormai ridotto in rovine e di cui si riconosce solo la base della torre. Nei tempi successivi alla presenza araba, perduta la sua funzione di fortezza, esso avrebbe svolto quella di residenza del feudatario e poi quella di rifugio dei briganti.


Un passaggio sotterraneo lo metteva in comunicazione con la Chiesa di Santa Maria Maggiore dove si venera la Madonna dell’Icona, attributo che le deriva da un trittico del trecento attribuito alla scuola di Giotto, rappresentante la Vergine col Bambino al centro e ai lati San Giovanni Battista e la Maddalena. Essa da semplice parrocchia fu eretta in Collegiata con bolla del Pontefice Paolo III del 26 marzo 1546. La sua prima costruzione risale al IX°-X° sec. ad opera dei Basiliani. L'arredo mobile interno annovera un'acquasantiera in pietra lavorata (1513) e, nella cappella, a sinistra dell'altare maggiore, un trittico su tavola della fine del secolo XIV, raffigurante la "Madonna col Bambino" e ai lati "storie della Maddalena e vita di Gesù". La chiesa presenta una cripta completamente affrescata con immagini di sibille, profeti e santi, opera di una personalità dell'ambito di Simone da Firenze. Vi sono conservati ancora un presepe in pietra del XV° secolo, opera di Altobello Persio, un sarcofago in pietra con uno stemma raffigurante San Giorgio, appartenuto prima alla famiglia dei nobili tursitani De Giorgiis e poi ai Doria e due memorie dipinte sui muri: una in versi elegiaci, mentre l’altro è un’epitaffio composte da Pitrantonio De Giorgiis nel 1546, e la tela raffigurante l' "Incoronazione di Maria" datata alla metà del XVI secolo.
Se al percorso storico e al suo specifico carattere umano ed urbano affianchiamo il percorso mentale ed affettivo, l'antico borgo saraceno della Rabatana di Tursi è indubbiamente legato alla poesia dialettale di Albino Pierro ed in particolare alla sua 'A Ravatèna. In questi versi il rione tursitano - abitato dal ceto più povero ed in quelle condizioni di promiscuità tra uomini ed animali, già evidenziate da Levi per i Sassi di Matera e da Scotellaro per la Rabata di Tricarico - riammette, nella sua consistenza fisica, la nozione delle radici primigenie, che sembrano perpetuare, all'interno delle consuetudini quotidiane, temperamenti sanguigni e costumi tenaci (Notizie tratte dal sito Web  http://web.tiscali.it/ghostnet/santuario_di_anglona.htm).


(Si ringrazia Filippo Calciano 
per la donazione delle immaginette)








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