giovedì 25 giugno 2015

Caivano (NA) - L'Orante di Campiglione




E’ la Madre di Dio con le mani alzate in atteggiamento di preghiera. 

E’ un’immagine antichissima, il tipo della 

Madonna Orante 


una donna in piedi, con le braccia aperte e la palma delle mani rivolta verso il cielo - già raffigurata nelle primitive catacombe romane - chiaro simbolo dell’anima cristiana che loda e adora. 
La Madonna Orante è rappresentata nell'arte paleocristiana, sia occidentale che orientale; nei mosaici orientali di Costantinopoli, Venezia, Torcello, Ravenna, nell'Italia Meridionale, nel famoso Codice di Rabula (Codex Rabulensis, a. 586, Biblioteca Laurenziana di Firenze), in moltissime basiliche, come nella benedettina capuana di Sant’Angelo in Formis, e nell’iconografia tradizionale della Madonna della Libera, tavole, affreschi e statue rappresentanti il tipo dell’Orante che libera il Popolo.
Questa icona della Vergine Orante era veneratissima a Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, nel quartiere di Blacherne, dove fu costruita una celebre chiesa con lo stesso nome per custodire la reliquia del santo Velo della Vergine, il maphorion, portato da Gerusalemme sotto il regno di Leone I ( 457- 474 ).
(Cfr. Egon Sendler, Le icone bizantine della Madre di Dio, Milano, 1995, p. 104 ss.).

A Costantinopoli, questa Icona mariana non è più unicamente la Vergine che prega, ma è la Vergine che supplica:” Per difendere la nostra causa, ella stende sul mondo le sue mani immacolate”, come dice il patriarca Fozio, descrivendo una Vergine di questo tipo nella Nea, la nuova basilica di Costantinopoli, edificata da Basilio il Macedone (876-886) all’interno del Grande Palazzo”. (Cfr. E. Sendler, Le icone …, p. 104 ).

In Russia, invece, questo tipo di Icona mariana è venerato col nome di “Muro indistruttibile” o Muro incrollabile, è l’onore, la forza della città cristiana (Cfr. Georges Gharib, Le icone mariane, Roma 1988, p. 93).

La Blachernitissa (la Signora-Regina di Blacherne) non è solo l’Orante, ma essa è anche l’icona della festa dell’Ascensione. Con un posto riservato in mezzo agli apostoli, ma con missione distinta dai principi-capi (gli Apostoli) della Chiesa: con il volto rivolto al fedele-spettatore, Ella innalza le mani verso il Figlio-Pantokrator, che sale al cielo avvolto in un aureola-mandorla di luce. Così la Madre, simbolo di salvezza e della Chiesa stessa, diventa mediatrice tra i fedeli e il Figlio suo Gesù” (Cfr. E. Sendler, Le icone …, p. 105). In verità il modello di questa scena cristologica e mariana ha la sua origine in Palestina, la Terra di Gesù.
Nessun altro tipo di icona è stato così spesso rappresentato, perché la Blachernitissa (come affrescata a Campiglione) esprime il potere della Madre di Dio che intercede come una regina presso il Figlio Messia.

La Madonna Orante è la Vergine supplice per difendere la causa del Popolo cristiano, è l’Avvocata del Popolo fedele, Colei che continuamente intercede.

L’affresco-icona di Campiglione è il frutto di una tradizione ecclesiale in cui l’artista volutamente s’inserisce; l’abside mariana di Caivano racconta con la luce e i colori medioevali la fede e la devozione di un popolo fortemente ancorato alla predicazione evangelica che in queste terre atellana ha mosso i primi passi, con i vescovi atellani Canione, Elpidio ed Importuno, primi evangelizzatori delle popolazioni che formano il territorio della diocesi aversana.
Nella scena caivanese della raffigurazione dell’Ascensione con Maria e gli Apostoli, sovrastata dal Pantokrator con i quattro evangelisti, è raffigurata la Chiesa - il nuovo popolo dei credenti che vive nel tempo e nella storia degli uomini, Maria ha i piedi a terra con gli apostoli, ma proiettata verso l’alto.
E’ la Beata Vergine Maria sempre orante, che ci viene incontro, mentre il Figlio Gesù Cristo è in gloria, come Mèta e Giudice Misericordioso.
Il messaggio di Campiglione è quello di tutti i santuari mariani della cristianità, come il messaggio dei santuari della Campania che “nasce dalla fede, si nutre della vita quotidiana, si mostra nell’arte, nella cultura e nelle opere di carità e assistenza, conforta la fragilità dei sofferenti, alimenta la speranza cristiana dei semplici e tende sempre a congiungere cielo e terra per realizzare il mistero cristiano della salvezza degli uomini e delle donne di ogni tempo” (Ugo Dovere, in Santuari della Campania, Napoli 2000, p. 36).

Il Santuario di Campiglione

Campiglione è il santuario più antico della diocesi di Aversa, con una storia remotissima e ricca di tradizioni. Il documento più antico risale al VI secolo. S. Maria di Campiglione è menzionata in una lettera di San Gregorio Magno al vescovo di Atella, Importuno, scritta nel 592, dove si parla della Ecclesia Sanctae Mariae Campisonis, quella che è comunemente detta “Maria Santissima di Campiglione”. È ricordata nelle Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, quando il suo rettore era il presbitero Iohannes de Marco (nel 1324).
Secondo la tradizione, lo sviluppo del Santuario si ha nel XV secolo, quando una povera vedova di Caivano accendeva ogni sera una lampada davanti all’icona della Vergine affrescata nell’abside. Essendo stato commesso un omicidio presso la casa della donna, ne fu incolpato il suo unico figlio, condannato a morire sulla forca nel luogo stesso del delitto. La madre desolata ricorse alla Madonna e, mentre pregava dinanzi all’icona, questa staccò il capo dal muro, come tuttora si vede, quasi in segno di assenso alla preghiera; nello stesso tempo, mentre sulla piazza era pronto il patibolo per l’esecuzione capitale, un messo giunse con la grazia sovrana. Tutto ciò sarebbe avvenuto nel 1483. Lo strepitoso prodigio rese celebre in tutta la regione il Santuario, che divenne meta di pellegrinaggi.
La chiesa, il 29 luglio 1559, venne affidata ai Frati Predicatori o Domenicani – Ordine mendicante già presente nella città vescovile di Aversa con il Convento angioino dedicato a San Ludovico IX istituito nel 1278 sotto il pontificato di Niccolò III - religiosi che successivamente ingrandirono il sacro edificio di Campiglione e vi rimasero fino al 1807, epoca della soppressione napoleonica. Per un secolo, poi, l’hanno officiata i sacerdoti secolari della diocesi di Aversa. Nel 1905, infine, il vescovo di Aversa affidò nuovamente il Santuario a religiosi, chiamandovi i Carmelitani dell’antica osservanza, che lo custodiscono tuttora.

L’attuale facciata del sacro edificio, a due registri, con tre portali d’ingresso, è caratterizzata da due torri campanarie laterali. L’interno si presenta a tre navate con cappelle laterali. È in stile barocco, con una fascia di trabeazione che percorre la navata principale. Ha una grande volta a botte con dipinti di epoca recente.








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