E' una struttura in legno: volto bruno ed occhi penetranti. Nella tradizione dell'iconografia mariana si riallaccia all'antico tema della Madonna col Bambino seduta in trono.
La Madonna (alt. cm. 107) è legno d'olmo, mentre il bambino (alt. cm. 40) è legno di noce. La colorazione caratteristica è dovuta ad una imprimitura di gesso levigato e policromo (smalto scuro).
La Madonna (alt. cm. 107) è legno d'olmo, mentre il bambino (alt. cm. 40) è legno di noce. La colorazione caratteristica è dovuta ad una imprimitura di gesso levigato e policromo (smalto scuro).
I vari restauri, succedutisi nei secoli, ne hanno alterato i tratti originali. In base ai tratti stilistici non molto salienti, si possono fissare alla statua di Canneto le seguenti caratteristiche: scultura in legno del secc. XIII-XIV, bizantineggiante, molto popolare, probabile opera dell'intaglio abruzzese.
Il 19 marzo 1948 la Madonna per la prima volta nella storia del Santuario lasciava la sua sede secolare per la “Peregrinatio Mariae”.
Nel settembre-ottobre del 2000, in occasione dell'Anno Giubilare, la Vergine SS.ma, accolta con commossa e gioiosa partecipazione dai fedeli, si rendeva nuovamente pellegrina nelle comunità parrocchiali delle diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo, di Isernia e di Montecassino, per infondere in esse rinnovato vigore nel cammino verso la santità.
Il 21 agosto 2004, per il 50.mo anniversario della sua solenne incoronazione, la venerata immagine della Madonna lasciava il Santuario e scendeva per la prima volta nella Valle, alle sorgenti del Melfa, sotto un cielo stellato, per camminare con il popolo devoto tra le luci dei flambeaux e le dolci melodie dei canti.
Per una migliore valorizzazione della statua, nel giugno 2004, si decideva di sostituire l'antica urna con una base in bronzo patinato con riflessi dorati, raffigurante il canneto e la roccia da cui scaturì la sorgente d'acqua così come tramandato dalla tradizione.
Il 19 marzo 1948 la Madonna per la prima volta nella storia del Santuario lasciava la sua sede secolare per la “Peregrinatio Mariae”.
Sei anni dopo, il 19 settembre 1954, il venerandi simulacro era solennemente incoronato a Sora dal Cardinale Aloisi Masella, a conclusione del 1° Congresso Mariano Interdiocesano, presente una folla immensa accorsa da ogni dove.
Nel settembre-ottobre del 2000, in occasione dell'Anno Giubilare, la Vergine SS.ma, accolta con commossa e gioiosa partecipazione dai fedeli, si rendeva nuovamente pellegrina nelle comunità parrocchiali delle diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo, di Isernia e di Montecassino, per infondere in esse rinnovato vigore nel cammino verso la santità.
Il 21 agosto 2004, per il 50.mo anniversario della sua solenne incoronazione, la venerata immagine della Madonna lasciava il Santuario e scendeva per la prima volta nella Valle, alle sorgenti del Melfa, sotto un cielo stellato, per camminare con il popolo devoto tra le luci dei flambeaux e le dolci melodie dei canti.
Per una migliore valorizzazione della statua, nel giugno 2004, si decideva di sostituire l'antica urna con una base in bronzo patinato con riflessi dorati, raffigurante il canneto e la roccia da cui scaturì la sorgente d'acqua così come tramandato dalla tradizione.
Il tutto poggia su di una base di sostegno realizzata in marmo circolare.
Il Santuario di Canneto
collegati con il link del santuario
La Storia e la leggenda di Silvana
Secondo una leggenda di cui è difficile stimare la reale antichità - che appare per la prima volta in una lirica del 1869 del poeta settefratese Aniceto Venturini ed è poi documentata dettagliatamente da uno scritto del 1894 del monaco benedettino inglese padre Beda, che da Montecassino si sarebbe messo al seguito di pellegrini di cui aveva udito il canto e giunto a Settefrati avrebbe appreso della leggenda la sera del 20 agosto, ospite dell'anziano parroco Loreto Terenzio - una pastorella di nome Silvana, mentre pascolava le sue pecore vide una Signora splendente che le ordinò di andare subito dall'arciprete di Settefrati per chiedergli di edificare una chiesa dedicata alla Madonna. La bambina si mostrò preoccupata per il gregge, soprattutto perché doveva essere portato a bere; la Signora la rassicurò: "All'acqua ci penserò io" e, infilando la mano alla base della roccia, ne fece sgorgare una sorgente freschissima. Silvana, stupita dal miracolo, si affrettò verso il paese per raccontare la storia e a chiedere ai compaesani di andare a vedere il prodigio. I pochi che la seguirono trovarono la sorgente e, invece della Signora, una statua, davanti a cui si misero subito a pregare. Non vedendoli tornare, gli altri paesani, preoccupati, andarono a cercarli, e li trovarono ancora in preghiera.
Poiché la statua era molto bella, per non abbandonarla alle intemperie decisero di portarsela in paese, ma appena ebbero imboccato il sentiero si appesantì e man mano che proseguivano pesava sempre di più, finché i portatori, sfiniti dalla fatica, la appoggiarono a una roccia, dove lasciò impressa l'impronta del capo. La roccia con la sua concavità è ancora oggi visibile e il luogo è chiamato "Capo della Madonna", a poche centinaia di metri dal santuario.
La leggenda riportata dal padre Beda contiene molti elementi rintracciabili in numerose narrazioni folcloriche e forse anche tracce implicite del culto pagano. Un primo elemento significativo a questo proposito è che la Signora non appare nel luogo dove oggi sorge il santuario mariano, ma nel luogo dove sorgeva il tempio di Mefite, come hanno poi chiarito definitivamente i rinvenimenti archeologici del 1958. Un altro è che il nome stesso della pastorella, allora probabilmente non molto diffuso specie nei ceti popolari, suggerisce un sintomatico significato di "abitatrice del bosco", forse di ascendenza letteraria arcadica. Non è neppure escluso, anche se allo stato degli atti non è provabile, che possa trattarsi di una tipica "tradizione inventata" di origine colta. Il più accurato studioso della storia del Santuario, Dionigi Antonelli, la riconduce senza esitazioni al clima creatosi dopo gli "eventi strepitosi di Lourdes", tanto è vero che prima del 1869 non se ne trova traccia in alcuna fonte.
La storia di Canneto nei documenti
Rescritto di Niccolò IV vescovo di Sora del 1288
La più antica attestazione documentaria della chiesa di Canneto risale al 1288: si tratta di un rescritto di papa Niccolò IV con il quale è confermata per il monastero di Santa Maria di Canneto la regola benedettina. È accertato che nella stagione invernale i monaci risiedevano a Settefrati, finché poi il monastero non fu abbandonato del tutto nel 1392. In tempi successivi alla chiesa era legata un'eremita, e questa usanza, attestata a partire dal XVII secolo, è sopravvissuta fino ai primi decenni del secolo scorso. I documenti precedenti il rescritto di Niccolò IV, tutti relativi al periodo tra il 700 e l'800, contenuti nel Chronicon Volturnense, tra cui una concessione della chiesa ai monaci di San Vincenzo al Volturno attribuita a Carlo Magno, non sono considerati autentici; ma in ogni caso testimoniano un legame tra il monastero di Canneto e il grande cenobio benedettino posto in prossimità delle sorgenti del Volturno; anche la toponomastica conferma questo legame, dal momento che il sentiero che dalla Valle di Canneto conduce alla valle del Volturno attraversa l'altopiano del Meta in una località denominata "Pian dei Monaci". Nel 1475 i cardinali Bartolomeo Roverella e Giuliano Della Rovere, con una bolla denominata Deum placare, conservata nell'archivio di Montecassino, concessero un'indulgenza di cento giorni ai pellegrini che si recavano a Canneto in determinati giorni festivi, tra cui l'ottava dell'Assunta, cioè il 21-22 agosto, e facevano un'offerta per il mantenimento dell'edificio. Già nel 1574 lo storico Prudentio di Alvito testimonia che la festa durava cinque giorni e nel 1639 abbiamo già la conferma che il 22 agosto ne rappresentava il culmine.
La chiesa
L'attuale edificio di culto conserva scarsissime testimonianze delle epoche precedenti. La facciata risale agli anni venti del secolo scorso, e tutto il resto del santuario è stato completamente rifatto negli anni settanta, con una linea architettonica che ha dato luogo a molte polemiche circa l'effetto devastante che l'insieme rappresenta per il paesaggio. Altri interventi (abside e trono marmoreo della Madonna) erano stati effettuati nel secondo dopoguerra. Nel piano sotterraneo del santuario sono conservati pochi elementi architettonici del secolo scorso, tra cui il vecchio portale di ingresso su cui un'iscrizione tramanda la memoria del rifacimento compiuto nel 1857 per la munificenza del re Ferdinando II di Borbone, e una discreta collezione di ex voto.
(Notizie tratte dal sito http://www.madonnadicanneto.it/sito/ e da Wikipedia)
Nessun commento:
Posta un commento