Le origini pagane della festa
In Sicilia non esiste paese che non festeggi «con mercati, canti, processioni, pellegrinaggi, musiche, fuochi, luminarie (…) e con gli inevitabili tamburi» (1) il proprio santo patrono. Ragion per cui anche la cittadina di Custonaci non poteva in alcun modo rimanere esclusa da questa diffusissima e consolidata tradizione Isolana. Visto e considerato peraltro che da diversi secoli si professa nel suo territorio il culto verso la Vergine Maria, che risulta a sua volta intimamente legato, come si vedrà meglio in seguito, al più antico culto per Venere ericina.
Del resto «il bisogno di protezione e di tutela per superare le difficoltà e i pericoli dell'esistenza, è stato sempre vivo negli uomini fin dai tempi più remoti. Già prima dell'avvento del cristianesimo, le divinità pagane erano oggetto di culto, un culto che si esprimeva attraverso una serie di manifestazioni rituali di carattere commemorativo e festivo, che più tardi appariranno anche nella cultura cristiana» (2). Per secoli e secoli infatti in quello stesso Agro ericino dove oggi prende territorialmente vita Custonaci si svolsero i festeggiamenti (Anagòghie e Katagòghie) in onore di Venere ericina, con i quali si celebrava «la partenza della dea insieme colle sue colombe per la Libia e quindi il suo ritorno dopo nove giorni. (…) Ma giungeva intanto la nuova religione in Sicilia e la dea era cacciata dall'antica sede. Ai piè del monte Erice sorgeva [infatti] il tempio della Vergine Maria e i ministri del nuovo culto creavano la tradizione che il vecchio tempio ericino era miracolosamente crollato la notte stessa della nascita di Gesù» (3).
In realtà, nonostante ad Erice la devozione verso Maria di Nazareth risalga, secondo il Castronovo, al IV secolo dell'era cristiana «prima sotto il titolo di Nostra Signora della Neve, poscia in quel della Stella, indi in quello dell'Assunta e finalmente nel XVI sec. in quello di Custonaci» (4), per la chiesa ericina il tentativo di diffondere il suo culto si rivelò assai più difficoltoso del previsto. I chierici del "monte" ebbero infatti modo di rendersi conto abbastanza facilmente che per sbaragliare la devozione verso Venere ericina era necessario intervenire con qualche espediente anche sulle sue celebrazioni annuali (5), poiché tali festeggiamenti richiamavano ancora «da tutte le contrade vicine le popolazioni dell'Agro, che accompagnavano l'immagine della Dea per le tortuose vie cittadine fino al suo luogo di residenza» (6).
Ecco perché i «giurati» della città si videro costretti, attraverso una petizione, a chiedere al Viceré l'autorizzazione a nominare due «maestri» che sovrintendessero l'annuale ricorrenza di ferragosto e che in pratica «foro ordinati per lo Sommo Pontefice, tando era per estirpare et radicitus distrudiri lo concorso grande delle genti, le quali veniano a vedere lo Templo della Dea Venus» (7). A seguito di tanta sollecitudine, e non poteva essere diversamente, la sostituzione dei due culti ed in particolare delle due feste fu portato a compimento, ma non senza lasciare un retaggio religioso e culturale tra gli abitanti dell'Agro ericino. Il clero fu costretto infatti a fare buon viso a cattivo gioco, mantenendo «sotto il cristianesimo riti che avevano attraversato i secoli e che evidentemente erano duri a morire» (8).
Non è che poi si tratti di nulla di eccezionale, tant'è vero che diversi "sicilianisti" tra cui Andrea Camilleri riconoscono, senza scomporsi più di tanto, che «certe feste religiose appartengono per alcune manifestazioni più alla latata pagana dei siciliani che a quella cattolica» (9). Ecco perché non appare per nulla inverosimile l'inizio, con buona probabilità nel 1572, delle festività in onore di Maria SS. di Custonaci proprio con un pellegrinaggio da Custonaci ad Erice, quasi a perpetuare le antiche tradizioni pagane: «Venere era festeggiata [infatti] dagli ericini e dai forestieri nel suo immaginario ritorno dai lidi africani; e Maria SS.ma viene celebrata dagli ericini e da moltissimi altri nei suoi reali trasporti in Monte San Giuliano dalla sua residenza sull'erma collina di Custonaci» (10). Non può, e non deve, assolutamente stupire di conseguenza se nel corso dei secoli i «trasporti» furono spesso concomitanti con le annuali celebrazioni, anche perché «il desiderio degli ericini di poter festeggiare il sacro dipinto nella propria città portò (…) al frequente trasporto del quadro (…) in uno scenario biblico per luoghi e per fede» (11).
Il Culto per Maria Santissima di Custonaci
Attorno alla metà del sedicesimo secolo il clero ericino, sulla spinta di una sempre maggiore compartecipazione popolare, decise di cancellare per sempre l'antico culto pagano verso Venere ericina e di sostituirlo con quello cristiano per Maria SS. di Custonaci nel frattempo "approdata" presso la baia del Bukuto. Dalla versione dello storico Cordici infatti «una nave veneziana, che portava quella santa figura, tempestata dal mare e conosciutasi in pericolo grande, per voto de' marinai di averla a lasciare in quella ripa, dove la avesse abbandonata la fortuna, scampò il naufragio, ma bonacciandosi l'onda, accostatosi il legno al feudo Sanguigno, là lasciarono l'immagine raccomandandola ai paesani. Questi per tema dei Turchi corsari non avessero un giorno a pigliarsela, la condussero fra terra, dove ora è la sua chiesa» (12). Naturalmente è impossibile suffragare con prove d'autenticità la leggenda dello sbarco della taumaturgica effige. In quel frangente storico, grazie ai più "sicuri" trasporti via mare, numerose immagini sacre, quadri o statue, giungevano prodigiosamente sulle coste del "mondo cristiano". Tant'è vero che il Pitrè ci ricorda che in Sicilia abbastanza frequentemente "toccava terra" qualche «sacra immagine, [che] raccolta da cristiani, vien messa sopra un carro, lasciata a discrezione dei buoi che vi sono attaccati. I buoi si fermano in un dato luogo, né v'è modo né forza, per aizzarli che si faccia, di rimuoverli più oltre. Lì vuol rimanere la sacra immagine, e lì si costruisce una chiesa che deve accoglierla; lì verranno pellegrinando gl'infermi, i bisognosi, gli afflitti devoti. Il sito corrisponde ad un poggio, ad una collina, alla sommità di un monte, quasi tra cielo e la terra, donde la voce di chi prega giunga più direttamente ai celesti, dove non la turbi la spensieratezza de' soliti gaudenti»(13). Al di là comunque dell'aspetto leggendario il culto di Maria SS. di Custonaci, a seguito dei numerosi miracoli ottenuti per sua intercessione, si estese nel corso dei secoli in tutto il territorio dell'Agro ericino. Già dal 1630 Monte S. Giuliano (l'attuale Erice), attraverso una deliberazione municipale, elesse la Madonna di Custonaci a Patrona principale, ma fin dal 1574 aveva ottenuto dal papa Gregorio XIII il patronato sul miracoloso Quadro.
Anche Trapani, sede della Diocesi e capoluogo della provincia, il 24 aprile 1776 a seguito di un periodo di prolungata siccità, placato dall'intervento "divino" dell'Immacolata, la eleggeva a sua Patrona. Il culto di Maria SS. di Custonaci nel frattempo crebbe considerevolmente anche negli ambienti pontifici infatti il 27 agosto del 1752 fu incoronata, con decreto e beneplacito del Papa Benedetto XIV, dal Capitolo Vaticano, mentre il 21 luglio 1784 venne approvato da Pio VI l'Ufficio e la Messa propria ed infine nel 1844 il Papa Gregorio XVI istituì l'Altare Privilegiato perpetuo quotidiano. La devozione verso la Madonna di Custonaci non si limitò naturalmente al solo Agro ericino. Si ebbe infatti, a seguito della riproduzione di diverse copie del Quadro, una notevole diffusione del culto in buona parte dell'Isola (Favignana, Castelvetrano, Sciacca ecc) ed anche all'estero (Spagna, Francia, Tunisia e nelle lontane Americhe). Ancora oggi del resto la venerazione per Maria SS. di Custonaci non sembra diminuire, ne è testimonianza la notevole partecipazione popolare con cui i devoti, in occasione degli annuali festeggiamenti del mese di agosto, manifestano il proprio legame spirituale verso la Madre del Cristo.
I Festeggiamenti di Ieri e di Oggi
Secondo diverse fonti storiche le festività in onore di Maria SS. di Custonaci presero il via nel 1572 ed a tal proposito ci ricorda Salvatore Corso che «per secoli l'unica festa a scadenza fissa rimase quella dell'8 dicembre [festa dell'Immacolata Concezione](…) giorno festivo che al Monte venne solennizzato a partire dal 1630, con l'elezione della Madonna di Custonaci a Patrona. (…) Le prime tracce di uno spostamento della festa ad agosto risalgono al 1752, allorché (…) bisognava predisporre i solenni festeggiamenti dell'incoronazione con un triduo di fatto iniziato sabato 26 agosto. Incoronazione che avvenne lunedì 28 agosto mentre l'indomani si effettuò il ritorno al Santuario»(14). Nei decenni successivi, senza apparentemente una vera ragione, divenne consuetudine che la festa si svolgesse negl'ultimi giorni del mese estivo (mercoledì 29 agosto nel 1759, giovedì 31 agosto nel 1769 e giovedì 27 agosto nel 1778), il che indusse il Vescovo Ugo Papè a concedere, il 30 giugno del 1785, la Messa e l'Ufficio proprio nell'ultimo mercoledì di agosto (ultimam feriam quartam mensis augusti cuiuslibet anni). Al di là comunque dello spostamento delle celebrazioni in favore di Maria SS. di Custonaci da un periodo all'altro dell'anno è certo che si trattava di qualcosa di unico nel suo genere, tanto da far sostenere al Pitrè che «non v'è certo persona della provincia di Trapani che ignori la leggenda (…) della Madonna [di Custonaci], in onore della quale si solennizzano ogni anno quattro giorni principiando dalla domenica che precede l'ultimo mercoledì d'Agosto. (…) La festa non è delle comuni, perché consiste in una cavalcata (…) inventata da due ecclesiastici e da due laici del Monte» (15).
Santuario Maria Santissima di Custonaci |
Le considerazioni appena espresse dal Pitrè non si limitano, per nostra fortuna, ad accennare soltanto l'esistenza dei festeggiamenti, ma proseguono in un'accurata descrizione: «in Erice sin dal 1737 si celebrava (…) una processione a cavallo, tratta da qualche pagina della Sacra Scrittura in onore della Madonna di Custonaci, di cui in quella antica città si venera un'antica immagine di bellissima fattura.
Le cavalcature sono muli; i cavalieri, ericini; le comparse, abiti di tanto splendore che più belli forse non se ne videro mai in siffatti spettacoli per tutta la Sicilia; perché quanto di prezioso in anelli, cerchietti, smaniglie, corone, gioielli e minuterie di ogni foggia possiede la famiglia e il parentato del cavaliere o che esso può raccogliere da' conoscenti e dagli amici, tutto serve per ornargli la persona, particolarmente il capo, solito esser coperto di codeste gioie, le quali al chiarore delle moltissime faci onde vanno i personaggi preceduti e accompagnati danno meraviglioso effetto»(16). «Questa mescolanza» prosegue il Pitrè «di sacro e profano, di cristiano e di pagano fu sempre una delle maniere ordinariamente seguite dai compositori di siffatte processioni ideali. (…) La descrizione, per quanto breve, della festa è finita ed io non ho parlato ancora d'uno spettacolo che fa un tutto insieme con la cavalcata. (…) Giacché è da sapere che questa trae la sua ragione da un carro in onore della Madonna, (…) per lo scafo [si] usa una barcaccia piantata su ruote e sormontata da una macchina a forma di torricella, in cima alla quale è un quadretto di Maria, venerando avanzo d'antichità, e alla base quattro giovanotti figuranti da angeli, che vengono cantando un inno di gloria per Lei. Non i soliti animali tirano questo carro, ma uomini del popolo e quanti altri possono, mentre le donne lo seguono indistintamente a piedi ignudi»(17). E' evidente che ad Erice in quei giorni si doveva respirare un clima decisamente surreale, non a caso Salvatore Giurlanda sostiene che «la solennità e la pompa, in ogni celebrazione, nelle sfilate, comportavano la partecipazione di una cornice enorme di popolo. La cavalcata, il carro contenente copia del Quadro di Maria SS. di Custonaci, i suonatori ed i gruppi cantori, preceduti dalle Compagnie di molte centinaia di componenti con torce, senato, soldati e fedeli dietro, l'altare con la Santa Croce nella Loggia, spazio nei monasteri predisposto per esibizioni musicali, fuochi d'artificio: tutto contribuiva a creare atmosfera fastosa, di gioia diffusa, fermenti di emozioni forti, rapimento di canto e di preghiera»(18). Le celebrazioni in onore di Maria SS. di Custonaci, come abbiamo avuto modo di vedere, fanno quindi indiscutibilmente parte della tradizione e della storia delle popolazioni dell'Agro ericino, in linea del resto con la forte caratterizzazione regionale dove «il culto mariano è assai diffuso (…) e folle continue di pellegrini devoti visitano i famosi santuari»(19). Ed è certamente la naturale conseguenza delle considerazioni appena espresse se i custonacesi, con la grande passione e generosità che da sempre li contraddistingue, hanno continuato a tributare ininterrottamente l'annuale omaggio alla loro Patrona. Anche se questo avvenne per ovvi motivi a partire solo dal 1948 quando, con l'ottenimento dell'autonomia amministrativa, la città di Custonaci iniziò a solennizzare "in proprio" la Vergine Maria. L'attuale festa, mantenendosi peraltro assai fedele alla tradizione ericina, si articola ovviamente nei quattro giorni che precedono l'ultimo mercoledì di agosto in un'alternanza tra manifestazioni artistiche, sportive, folcloristiche e vibranti processioni religiose. La domenica da avvio infatti ai festeggiamenti veri e propri con la serata finale del Festival Internazionale del Folklore, che ormai da diversi anni è diventato un appuntamento irrinunciabile dell'estate custonacese. Il lunedì si rievoca invece il leggendario approdo del Quadro di Maria SS. di Custonaci presso le rive della "Cala Bukuto" che, sotto un'incantevole pioggia di fuochi pirotecnici, viene accolto da canti religiosi e da melodie di giubilo intonate dalla banda musicale cittadina. L'immagine sacra viene quindi portata in processione fino al Santuario di Custonaci, realizzando, grazie all'iridescenza di centinaia di ceri votivi, uno straordinario effetto visivo. Il martedì prevede solitamente, nel solco delle tradizionali feste ericine, la sfilata sacro-allegorica dei "personaggi" che, curati nei minimi particolari, rievocano alcuni episodi biblici. Il mercoledì infine è l'ultimo dei quattro giorni dedicati alla festa ed è riservato all'evento religioso vero e proprio con lo svolgimento della solenne processione per le vie cittadine. Il rientro nella tarda serata del Quadro di Maria SS. di Custonaci presso la sua santa dimora consente finalmente ai membri del comitato organizzatore di rinfrancarsi dopo diverse settimane di duro lavoro, mentre ai numerosi pellegrini accorsi non resta che ammirare, in un'atmosfera di straordinaria spiritualità, l'evoluzione dei giochi pirotecnici destinati a suggellare la conclusione degli annuali festeggiamenti.
il prof. Dino Grammatico (Presidente dell'I.S.S.P.E.);
il sac. Rosario Vanella (Arciprete del Santuario Maria SS. di Custonaci);
il sig. Giovanni Noto (Presidente del Consiglio Comunale di Custonaci).
(1) Giuseppe Pitrè, Feste patronali in Sicilia, Palermo 1900.
(2) Maria Adele Di Leo, Feste patronali di Sicilia, Roma, Newton & Compton editori S.r.l. 1997.
(3) Emanuele Ciaceri, Culti e miti nella storia dell'antica Sicilia, Catania 1910.
(4) Giuseppe Castronovo, Le glorie di Maria SS. di Custonaci, 1861.
(5) Del resto anche per la solenne festa del Natale avvenne qualcosa di simile. Inizialmente infatti la data variava a seconda delle città, solo nel 330 venne scelto il 25 dicembre per contrapporre il Natale cristiano alla festività pagana della nascita del sole (Natalis Solis Invicti).
(6) Gaspare Scarcella, I Santi di Sicilia, Antares Editrice 2001.
(7) Vito Carvini, De origine, antiquitate et statu Regiae matricis Ecclesiae ac inexpugnabils Eryci hodie Montis S. Juliani, Palermo 1687.
(8) Lorenzo Zichichi,Storia di Erice, Palermo, Sellerio 2002.
(9) Andrea Camilleri, Biografia del figlio cambiato, Milano, Rizzoli 2000.
(10) Giuseppe Castronovo, Le glorie … Op. cit.
(11) Vito Vaiarelli, Custonaci la riviera dei marmi, Palermo 1983.
(12) Antonio Cordici, Istoria della Città del Monte Erice.
(13) Giuseppe Pitrè, Feste patronali … Op. cit.
(14) Salvatore Corso, Custonaci identità di un territorio, Trapani 2000.
(15) Giuseppe Pitrè, Feste patronali … Op. cit.
(16) Giuseppe Pitrè, Spettacoli e feste popolari, Palermo 1881.
(17) Giuseppe Pitrè, Feste patronali … Op. cit.
(18) Salvatore Giurlanda, Maria SS. di Custonaci - Il Culto di ieri e di oggi, Trapani 1996.
(19) Santi Correnti, Proverbi siciliani sulle donne e sull'amore, Roma, Newton & Compton 1999.
(Articolo tratto dal sito web http://www.trapaninostra.it/. Ringraziamo altresi l'autore dell'opuscolo "I FESTEGGIAMENTI IN ONORE DI MARIA SS. DI CUSTONACI" Dalle origini ai giorni nostri - a cura di Fabrizio Fonte)
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