domenica 6 maggio 2018

Pietrelcina (BN) - Madonna della Libera


LA MADONNA DI PADRE PIO


Un viaggio attraverso i festeggiamenti dedicati alla Madonna della Libera di Pietrelcina. Una religiosità valorizzata da importanti momenti rituali in cui la musica diviene “termometro della passione devozionale”.
L'apparato festivo nel nostro paese è in continua evoluzione: fioriscono, nascono e o si trasformano compositi cerimoniali che propongono diversi connubi o, comunque, la compresenza e la giustapposizione di elementi relativamente eterogenei.
Partendo dall'analisi della trasformazione di una festa sannita, ci si sofferma sugli elementi caratterizzanti, che aggiungono alla sua già complicata struttura altri interessanti elementi da analizzare. A Pietrelcina si festeggia la Madonna della Libera anche detta “a Madonna d´austo”, “a Madonna de carre”, “a Madonna di tre Dicembre”, “a Madunnella nosta”, “a Madonna de Grazie sotto il titolo della Libera”. Il tutto per indicare un simulacro, un culto, ma, soprattutto, una forte identità caratterizzante. Il culto della Madonna, venerato dal popolo Pietrelcinese, ha origini antichissime. Già nel tredicesimo secolo l’imperatore Federico II, come si evince da una pergamena custodita nell'archivio di Loreto a Montevergine, concedeva il patronato della Madonna su Pietrelcina.

Nel XVI secolo esistevano una cappella ed una confraternita intitolate a S. Maria della Libera, con cui se ne gestiva le rendite e se ne curava il culto. Lo statuto ci informa, tra l’altro, su quattro ricorrenze in cui si solennizzava la festa, sugli indumenti che dovevano indossare i confratelli, sulle loro regole comportamentali e su un palio portato nelle processioni dal cosiddetto Gonfaloniere.

Con la legge del 15 agosto 1867 n° 3848, ai sensi della quale lo stato italiano aboliva le confraternite religiose e ne incamerava le rendite, la confraternita della Libera scomparve e lasciò il posto ad un comitato di Pietrelcinesi (“masti e’ festa”) che ancora oggi cura l’aspetto civile della festa.

Un tema dello scolaro Francesco Forgione, passato poi alla storia come S. Pio da Pietrelcina, ci fornisce importanti notizie su come si svolgeva la festa a fine Ottocento: 
“la prima domenica di Agosto come sempre si solennizza la festa della Madonna della libera con la solita pompa. Suonano il concerto cittadino e quello dell'89esimo reggimento ... Allietano la festa parecchi giochi ... la corsa dei cavalli, la marcia sulla corda, il tiro a segno ed un teatrino”.
Attualmente la festa patronale della Madonna della Libera si svolge in due date: il 3 Dicembre (data in cui ci fu il miracolo della liberazione dal colera nel 1854) e la prima domenica di Agosto (la vera festa caratterizzante dei "Pucinari"). Quella di Dicembre, ad eccezione della fiera del bestiame, è quasi del tutto religiosa. Quella che si svolge ad Agosto, considerata la festa patronale vera e propria, era una volta incentrata tutta intorno alla raccolta del grano, contesto situazionale, che aveva prodotto i vari riti di ringraziamento (volo dell’Angelo, corsa dei cavalli, gara delle “carre” di grano, benedizione delle messi, ecc). Con la trasformazione del mondo rurale che l’ha prodotta, la festa si è connotata di qualità residuali dove tuttora è leggibile il contesto originario.

Foto storica tratta dal sito http://www.madunnellanostra.it/
La festa ha inizio con la novena durante la quale i più devoti e qualche messalizzante nei nove giorni antecedenti alla festa, si recano in chiesa alle cinque del mattino per nove giorni e partecipano alla veglia della vigilia.
L´antivigilia è il giorno in cui ha inizio anche il rito civile, scandito dai primi botti del "fuochista" e dalla banda cittadina che passa attraverso le bancarelle disposte lungo corso P. Pio. Centro focale della festa è la statua della Vergine che viene "vestita" dai membri del comitato festa e da alcune devote la notte dell´antivigilia con un abito aureo frutto delle offerte dei devoti e degli ex voto in oro e viene situata sull'altare maggiore.

Nella domenica della festa si celebra la messa solenne, officiata da più sacerdoti, e la processione.
Il lunedì della Madonna, è caratterizzato dalla messa per gli emigranti, che si svolge al mattino, e dal concerto di una star nazionale, che si svolge la sera.
Con l´estrazione del biglietto della lotteria si concludono i festeggiamenti.
Il momento cruciale delle celebrazioni è senz'altro rappresentato dalla processione e, quindi, dall'ingresso della Madonna nel mondo reale, fuori dal “tempio”. La Madonna viene portata in processione alle cinque del pomeriggio mentre, nelle ricorrenze particolari, come nella vecchia tradizione, la madonna esce a mezzogiorno. Gruppi di otto persone che si avvicendano, portano il simulacro per le vie del paese. Il percorso, prima in senso orario e poi in senso antiorario, descrive quasi due cerchi passando per ogni quartiere. Il parroco, benedicendo le campagne, invoca la protezione per ciascuna zona. La disposizione dei processionanti vede susseguirsi i gonfalonieri delle varie associazioni, la banda musicale, l’officiante con crocifisso, il clero, le autorità civili e militari, il simulacro e i fedeli (fino agli anni sessanta gli uomini precedevano le donne).


La musica interviene a scandire e a rilevare le diverse fasi della festa, divenendo il termometro della passione devozionale, avvicendando il fervore popolare ed il legame con l’ortodossia cattolica. La banda è il mezzo della produzione musicale, che alterna il coro dei partecipanti alla celebrazione. Pietrelcina vanta una forte tradizione bandistica e questa, almeno fin dalla fine del 1800, era il veicolo della quasi totalità delle rappresentazioni musicali. Ciò lascia supporre che in origine gli Inni alla Madonna, specie quelli di natura popolare, fossero “musicati” semplicemente dall’insieme dei fedeli in coro (a cappella) che si tramandavano la conoscenza oralmente. Nel corso del secolo appena trascorso, l’effetto omologatore della banda non è riuscito a cancellare del tutto la tradizione orale che, ancora oggi, in alternanza ai brani classici intonati dai bandisti, che pure contrappuntano con intermezzi di estrazione profana, si esprime con la sua partecipazione.


Nel corso della nostra ricerca sono emersi almeno tre Inni dedicati alla Madonna della Libera di Pietrelcina grazie ai quali è possibile effettuare un analisi temporale del cerimoniale e degli aspetti socio-culturali che lo hanno generato.



Punto di partenza della nostra ricerca per la documentazione dei riti legati alla Madonna e dei suoi canti è rappresentata da “o masto e festa” un membro autorevole del comitato festa, egli, infatti, custodisce le partiture dei brani dedicati alla Patrona fornendo e li fornisce alle bande che di anno in anno vengono ingaggiate per i festeggiamenti. Consuetudine che si interrompe allorquando è la banda locale ad accompagnare la Madonna.

E' interessante notare come la tradizione vuole che l’Inno sia stato scritto da un musicante cieco del Fortore (probabilmente di Molinara ) il quale, per guadagnarsi da vivere, frequentava le varie feste della zona, prestando la sua opera artistica.
In questo caso senza voler fare improbabili comparazioni con la tradizione classica, va sottolineata la valenza del mendicante cieco come elemento ricorrente in diversi contesti culturali.
Secondo diverse fonti orali da noi contattate, il suonatore cieco in una “Festa da Madonna” di inizio novecento insistette così tanto col suo omaggio musicale alla Madunnella da incontrare il favore dei “pucinari” che lo adottarono come inno della festa.

Un detto molto diffuso tra gli anziani di Pietrelcina recita “...i pezzienti e Mulinara!” Diviene suggestivo legare la massima all’episodio del musicante cercatore, sebbene ogni considerazione va comunque affrontata valutando i contesti sociali che lo hanno generato e quindi attraverso le motivazioni dall'ovvio respiro campanilistico delle piccole comunità rurali. Secondo i pietrelcinesi intervistati molti abitanti del fortore erano soliti raggiungere il paese più vicino a Benevento (Pietrelcina, appunto) approfittando dei vantaggi di un maggior “benessere”. Libero M., ottantenne pietrelcinese, ricorda che in occasione della festa, arrivavano persone dell’alto fortore con evidenti difficoltà, i quali a suo dire al posto delle scarpe usavano legare sacchi e stracci ai piedi.

Tra le persone contattate molti degli anziani hanno riferito con orgoglio della pratica della “cerca” da parte dei paesi vicini e aggiungendo oppure omettendo particolari più o meno significativi, hanno associato questa al periodo della festa della Madonna e al “signore cecàtu che veneva da fòre”.
La cecità è la caratteristica più ricorrente del ricordo del musicante che quasi lo specializza (per i contemporanei la musica poteva rappresentare l’unica e l’ultima attività che fosse permessa ad un uomo con quell’handicap) e che gli ritaglia un ruolo di tutto rispetto nella tradizione locale, non a caso la musica dei ciechi di Raffaele Viviani è collocata temporalmente nello stesso periodo che ha generato l'inno.


L’Inno trova la sua collocazione nella processione, sebbene venga intonato anche in altre ricorrenze riguardanti la Madonna. La processione è il fulcro della festa ed i canti rappresentano il sentore della passione dei partecipanti. Come già accennato, la banda è la protagonista di ogni produzione musicale, quindi, partecipa attivamente all’intero tragitto del corteo processionale. Da diversi decenni, la banda intona anche gli Inni che in passato erano cantati a cappella. Lungo il percorso della sfilata, i bandisti, eseguono, alternandoli, brani religiosi, pezzi classici e marce. L’Inno ha la funzione di coinvolgere, convogliare la passione e l’attenzione dei partecipanti richiamandone il sentimento e la concentrazione, ed esaltando alcuni momenti topici. Esso viene intonato in pochi e significativi momenti del tragitto della processione e molto spesso è il frutto dell’iniziativa di un singolo o di un gruppo che, dopo i primi versi, trova l’appoggio di tutti i devoti. Il momento più emozionante e più coinvolgente è rappresentato dal ritorno in chiesa della statua, occasione in cui viene ripetuto l’Inno con la massima partecipazione fisica ed emotiva dei partecipanti. L’Inno, tradizionalmente intonato a cappella dai partecipanti, è, nelle ultime ricorrenze, cantato da un mezzosoprano che, dall’alto di un balconcino prospiciente la piazza principale del paese, è ascoltato in un silenzio riverenziale; l’atmosfera è interrotta dal lungo applauso che chiude l’esibizione.

Nell’agosto del 2008 all’Inno della Madonna della Libera è seguita l’esecuzione della evidentemente più celebre e riconoscibile “Ave Maria” di Schubert. Entrambi i brani sono intonati su un accompagnamento registrato. Questo arricchimento va capito nell’intento di impreziosire la festa dandole una veste sempre più originale ed un’organizzazione impeccabile. Tutto ciò, pur “abbellendo” complessivamente la festa, soffoca l’iniziativa popolare che, in questo contesto, è soggetta alla standardizzazione della ricorrenza, quasi si trattasse di un evento. Se ad un abitante di un paese vicino si domandasse un parere in merito, egli inquadrerebbe la cosa nell’abitudine dei pietrelcinesi di voler essere sempre “speciali” (in senso ironico), avendo dalla propria parte maggiori possibilità di mezzi, non solo economici, ma anche per questioni relative alla figura di Padre Pio. Il titolo originale dell’Inno preso in considerazione è Canzoncina alla Madonna della Libera ed i contenuti del suo testo esprimono messaggi di grazia e di protezione, secondo i canoni più consueti della modalità devozionale di approccio al sacro. In questo testo è palese l’elemento campanilistico e l’utilizzo di vocaboli dotti, come “allevia”, “ognor”, consuetudine tipica della tradizione popolare.

Dagli anni Ottanta, il culto per la Madonnella nostraè “socialmente” e “devozionalmente” mutato e dall'analisi emerge una certa cesura creata tra le passate generazioni, le nuove e i devoti esterni che nel frattempo sono comparsi. Se per le prime la Madonna, sia dal punto di vista sociale che religioso, è l’elemento d’appartenenza, unificante e distintivo, un nuovo orientamento segue il periodo storico. L'elemento San Pio da Pietrelcina, ha dato, una nuova visibilità alla Madonna, che per molti delle nuove generazioni e per i fedeli provenienti da altre località che si sono aggiunti ai pietrelcinesi nella devozione è diventata la Madonna di Padre Pio. Il paese, nei primi anni ottanta, comincia ad acquisire visibilità grazie al suo famoso santo scomparso pochi anni prima. I suoi fedeli provenienti da tutto il mondo scoprono la Madonna della Libera, destinandole una nuova funzione e un nuovo significato.

E’ in questo clima che si concretizza l’opera di padre Alimonti del santuario della Madonna dei Sette Dolori di Pescara. La città abruzzese, in questi anni, stringe rapporti molto stretti con Pietrelcina, condividendo con essa le occasioni religiose ed in particolar modo la ricorrenza mariana. E’ lo stesso padre Alimonti che, in omaggio alla devozione pucinara per la sua Madonnella, scriverà un altro Inno Madonnella nostra. E’ un testo di estrazione, in un certo senso, “colta”, e, soprattutto, deriva da un soggetto esterno a Pietrelcina; suggerimento, questo, sul quale occorrerebbe indagare per chiarire quanto l’autore si sia ispirato alla tradizione o, ancora di più, all’immagine che il paese dava di sé al momento dell’omaggio alla Madonna liberatrice.

Il linguaggio esprime esaltazione, fervore e dedizione, presentando qualche spunto universalistico. Le strofe sono descrittive, ed esaltano le caratteristiche “estetiche”, le virtù materne e miracolose della Madonna (celebrandone l’armonia quasi con vanto campanilistico). Il ruolo di padre Pio, espressamente citato nel testo, va letto nella direzione dell’acquisita affermazione del santo che s’impone a nuovo rappresentante della sfera religiosa del paese. Il canto non è riuscito a sostituire il tradizionale Inno (Canzoncina alla Madonna della Libera), sebbene negli anni successivi alla sua comparsa, fu compresente nei riti di celebrazione della patrona.

Francesco Forgione
(foto tratta dal Web)
Scoprire una festa patronale ed i suoi aspetti rituali offre un’occasione importante per una riflessione profonda sulla religiosità popolare. Andando a ritroso nella storia, si scoprono una devozione ed un legame con la Madonna protettrice dai tratti ancora più indigeni, dove la ricorrenza e, in generale, il legame con la stessa, sono ancora più caratterizzanti e ci parlano in modo più evidente di quella comunità composta da contadini ed allevatori che non hanno ancora perso quella identità popolare che parla di fatica, attività ludiche e religiose, con qualche retaggio delle pratiche magiche Custode di tutta questa eredità è il più antico Inno alla Madonna della Libera di Pietrelcina, sopravvissuto, purtroppo, solo grazie ad una vecchia registrazione audio degli anni settanta. Con molta probabilità, l’Inno è il primo canto dedicato alla Madonna dopo l’evento miracoloso del 1854, ed è una perfetta testimonianza della trasformazione che ebbe il cerimoniale a causa di quell'evento, quando la “festa della Madonna delle carre” che era la festa del ringraziamento divenne la festa della Madonna che libera dal colera. La tesi è avvalorata sia dai contenuti del testo che dalla testimonianza dell’intervistata, al momento della registrazione novantenne, che affermava di aver imparato dalla madre “u’viécchiu càntu da Madonna”. In esso la celebrazione viene sostituita dall’invocazione. Il popolo si rimette alla “vuluntà da Madonna” ed il fatalismo può essere sconfitto solo con la supplica e con l’intervento miracoloso che Pietrelcina aveva da poco vissuto dopo aver attraversato il dramma del colera. E’ un approccio al sacro che accentua tratti tipicamente affettivi, femminili e materni, con la loro connessione ai culti agrari ciclici.

Ad ulteriori ricerche si rimanda una curiosità storica, come è ben noto dagli archivi parrocchiali e comunali, fino agli anni ottanta dell'ottocento tutti gli uomini pietrelcinesi portavano come secondo nome Maria, quale è l'origine della tradizione e cosa ne ha segnato la fine. (Articolo a cura di Mario De Tommasi e Luigi Giova e tratto dal sito http://www.madunnellanostra.it/)


Nessun commento:

Posta un commento